Autori | Giana, Luca, and Marta Longhi |
Anno Compilazione | 2002 |
Anno Revisione | 2015 |
Provincia | Alessandria.
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Area storica | Acquese.
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Abitanti | 1733 [ISTAT 2001].
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Estensione | 17,65 Kmq.
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Confini | A nordi Rocchetta Palafea e Montabone, a est Terzo, a sud Melazzo, Castelletto d’Erro e Ponti, a ovest Monastero Bormida.
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Frazioni | Roncogennaro, Croce, Gaiasco, Levata [ISTAT 2001].
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Toponimo storico | L’alternanza tra la forma Bistagnum e la forma Bestagnum è costante in tutta la documentazione medievale; rarissima la forma Bestannum [solo metà secolo XI, Cartario alessandrino, vol. I, doc. 9 del 1052].
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Diocesi | Acqui.
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Pieve | Non citata tra le più antiche pievi acquesi di X secolo, presso Bistagno si attesta almeno dal XII secolo una pieve, retta da un arciprete e intitolata a Santa Maria [cfr. Le carte medievali, doc. 35 del 1181; doc. 78 del 1231].
Questa pieve coincide con quella eretta nei pressi di Bistagno sulla via "Aemilia Scauri" [Arata 2000, pp. 103-117]. L’attuale chiesa pievana intitolata a S. Maria della pieve o dell’Assunta fu edificata sulle «fondamenta dell’antica Plebe» nel 1719 [AC Bistagno, n. 10, f. 40, ordinati, 20 maggio 1719]. Fu abbandonata nel XIX secolo, usata come alloggio per le truppe e adibita a magazzino durante la prima guerra mondiale; fu restaurata nel 1936.
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Altre Presenze Ecclesiastiche | La parrocchia di Bistagno è intitolata a San Giovanni Battista. Forse in origine San Giovanni era ubicata presso il castello di Bistagno. L’attuale parrocchia fu eretta nel 1605 per ordine del vescovo Camillo Beccio sulle rovine di un’antica chiesa chiamata Santa Maria della Plebe. L’altra chiesa parrocchiale presente nel territorio di Bistagno è intitolata a Sant’Ambrogio e si trova nella frazione di Roncogennaro.
La chiesa di Santa Maria della pieve o dell’Assunta è situata a metà strada tra Bistagno e Terzo. Prima di passare alle chiese campestri si possono citare: la cappella dell’oratorio della SS. Trinità, intitolata a Santa Caterina e edificata nei pressi della chiesa parrocchiale (sede della Confraternita della SS. Trinità 1782) [ASVA, Bistagno Parrocchia di San Giovanni Battista, fald. 4, cart. 1, fasc. 9], l’oratorio di Sant’Anna [ASVA, Bistagno Parrocchia diSan G. Battista, fald. 4, cart. 5, fasc. 4] e l’oratorio di Sant’Antonio fondato nel 1650.
Nel luogo, nel corso del Medioevo, si registra la presenza di diverse chiese: San Donato; San Marciano (oggi scomparsa) e San Giovanni, titolo trasferito alla nuova parrocchiale [Le carte medievali, doc. 251 del 1343; doc. 285 del 1373].
Le chiese campestri erano sei. La chiesa intitolata a Sant’Antonio, scomparsa a fine Cinquecento [Mottura 1996, p. 59]. La chiesa campestre di San Donato nel Rocchino è situata invece presso un guado del Bormida ed è una delle attestazioni più antiche dei primi insediamenti dell’area [Arata 2000, p. 105]. Il beneficio della chiesa di San Donato era, in età moderna, soggetto agli ufficiali del comune. La chiesa di San Rocco è posta all’entrata del castello di Bistagno per chi proviene da Montabone. La chiesa di San Paolo è sulla strada in direzione di Monastero in valle Abbate presso la località Gavazzolo [AC Bistagno, n. 10, f. 40, ordinati, 13 e 30 agosto 1720].
Sono registrate inoltre le presenze di una chiesa campestre di San Sebastiano, ormai scomparsa, demolita nel 1772 per ragioni militari, posta tra la pieve e il castello, una cappella di San Carlo [ASVA, fald. 1, cart. 2] e una cappella di San Francesco [1619, ASVA, Bistagno Parrocchia di San G. Battista, fald. 3, cart. 2, fasc. 1].
Erano presenti le congregazioni: della Morte, detta anche di Santa Maria del Suffragio, del Santissimo Sacramento o del Carmine, di Carità [AC Bistagno, n. 14, f. 54, ordinati, 4 dicembre 1848], la Compagnia del SS. Sacramento, la Confraternita del Santo Spirito (1750) e la congregazione di sacerdoti [ASVA, Bistagno Parrocchia di San G. Battista 1723, fald. 1, cart. 2, fasc. 10].
Era inoltre presente un Monte di Pietà deliberato da un’ordinanza comunale del 29 giugno 1597 [AC Bistagno, n. 1, f. 8 ordinati, 29 giugno 1597]. L’attività del Monte di Pietà è documentata sia nell’archivio comunale che nell’archivio storico vescovile a partire dagli anni Trenta del Seicento (1639-1726) [ASVA, Bistagno Parrocchia diSan G. Battista, fald. 4, cart. 4, fasc. 2]. La normativa di gestione del Monte di Pietà prevedeva che fosse gestito da un “ufficiale regolatore” e un consigliere nominati ogni due anni.
Infine, il 10 settembre 1873, venne istituita la Società operaia di Mutuo Soccorso che svolse, tra le altre, il compito di fornire lo spazio politico, essendo il luogo deputato ai comizi elettorali.
Una parte delle terre di Bistagno furono donate all’abbazia di Spigno da Anselmo, figlio del marchese Aleramo [a.991; Casalis 1833-1856] e confermate ad essa nel XII secolo da papa Alessandro III [Casalis 1833-1856; Merlone 1995, pp. 85-91].
Con un documento del 21 maggio1266 papa Clemente IV convalida i possessi e privilegi della chiesa di Betlemme: «in diocesis aquensis eccl. sancti Donati de Bestagno». La presenza della chiesa di Betlemme nell’area persiste nei secoli successivi, poiché nel 1414 la prebenda di San Donato veniva concessa dal vescovo di Betlemme all’arciprete della pieve di Bistagno, che a sua volta s’impegnava a pagare un affitto annuo al vescovo [Monumenta aquensia, vol. I, col. 516, n. 82].
Si ha inoltre notizia di un ospedale nel luogo di Bistagno cui il vicario generale del vescovo di Acqui, il fondatore, fece una commenda nel 1364 [Monumenta aquensia, vol. I, col. 334, n. 314]. Un nuovo rettore dell’ospedale viene nominato dal vescovo Enrico nel 1398 [Monumenta aquensia, vol. I, col. 731].
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Assetto Insediativo | Attestato come locus e fundus nell’X secolo [Merlone 1995, pp. 85-91] Bistagno viene incastellato per opera dei vescovo acquesi nel XII secolo e nel secolo successivo subisce una trasformazione insediativa che ne incrementa l’estensione e la popolazione, aggregando tre piccoli borghi in un unico territorio [Panero 1996]. Il “locum Bistagni”, composto anticamente da case sparse più o meno attorno al guado sul Bormida nei pressi della pieve di Santa Maria, venne ricostituito e fondato nel 1253, sulla rocca del Palliolo, dal vescovo di Acqui Enrico (v. Luoghi scomparsi, Comunità). Prima di questa risistemazione insediativa il principale nucleo demico dell’area era Roccagennaro (Roccazenerio), località autonoma e incastellata.
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Luoghi Scomparsi | I nuclei demici originali che diedero vita all’attuale centro di Bistagno, di proprietà della chiesa aquese (presso “Colle de Bestagno”, a.1256) [Le carte medievali, doc. 105] sparsi e mal collegati con la sovrastante rocca, furono abbandonati e la loro popolazione fu aggregata in un solo villaggio dalla forma trinagolare [Casalis 1833-1856]. Il riferimento di Casalis può essere ad un atto del novembre 1253 con cui il nuovo vescovo di Acqui, Enrico, autorizzava i consoli del comune di Bistagno, allo spostamento del borgo sulla rocca sopra il fiume Bormida, più precisamente sul «vadum de Paliolis» posto sotto la sua giurisdizione [Monumenta aquensia, vol. I, col. 227, n. 213]. Non vi sono altre notizie di luoghi scomparsi tranne per la chiesa campestre di San Sebastiano che venne smantellata nel 1772.
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Comunità, origine, funzionamento | Il primo documento noto in cui si faccia cenno all’esistenza di consoli e di un comune è del 1254: si tratta della rifondazione del borgo ad opera del vescovo di Acqui che, comunque, passa attraverso il consenso dei consoli e del consiglio (per un totale di 65 cittadini) convocato in seduta plenaria e pubblica [Monumenta aquensia, vol. 1, col. 227, n. 213]. Altre sporadiche attestazioni di personale comunale si hanno in documenti trecenteschi [Monumenta aquensia, vol. I, col. 303 n. 296 del 1346]. L’autonomia comunale, seppure in qualche modo sottoposta all’autorità vescovile, pare avere una solidità che forse manca ad altri piccoli centri della regione, dal momento che la comunità porta avanti le sue battaglie con rappresentanti propri anche in presenza dei castellani vescovili (vedi Liti territoriali, Feudo).
Il comune era sottoposto fiscalmente alla Camera Ducale di Casale. Gli ordinati comunali lasciano tracce delle attività comunali a partire dal 1537. Il consiglio comunale, in carica annuale e composto da sedici consiglieri, prevedeva un rituale d’elezione in cui intervenivano i tre poteri istituzionali presenti in loco: feudale, comunale ed ecclesiastico. L’elezione del consiglio avveniva alla presenza del podestà che fungeva da fiduciario del feudatario (per il Cinquecento un Della Rovere). Il podestà interveniva pesantemente sulle delibere del consiglio facendosi promotore della politica marchionale dei Della Rovere. I quattro consiglieri, eletti dal consiglio in carica, dopo essersi portati in processione nella chiesa parrocchiale per invocare lo Spirito Santo, scelgono ognuno tre consiglieri. I quattro consiglieri eletti procedevano anche alla nomina di un estimatore, un curatore dei beni vaganti e due ufficiali della Chiesa [AC Bistagno, n. 1, f. 8 ordinati, 31 dicembre 1598 e 14 gennaio 1577].
Tra il 1733 e il 1750 viene riformata l’elezione del consiglio comunale e equiparata alla "forma stabilita per la Città di Acqui". Il sistema immesso svincola il consiglio dal rituale che prevedeva la processione nella chiesa. I consiglieri vengono ridotti a dodici più due sindaci da essi eletti [AC Bistagno, n. 11, f. 43].
Nel 1848, sotto il Regno di Vittorio Emanuele II, la nomina per l’elezione del sindaco e dei consiglieri viene uniformata a quella che sarà del Regno d’Italia [AC Bistagno, n. 14, f. 56 ordinati, 4 dicembre 1848].
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Statuti | Gli statuti di Bistagno risalgono al 1580 e furono concessi il 12 luglio da Guglielmo marchese di Monferrato. La pubblicazione risale al 1620. I bandi campestri risalgono invece al 1649 [AC Bistagno].
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Catasti | I catasti compilati nel 1646, 1749, 1882 e un libro dei trasporti del 1830 con diversi aggiornamenti relativi, in particolare, agli ultimi anni del XIX secolo [AC Bistagno].
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Ordinati | Gli ordinati comunali a partire dal 1537 fino al 1900 [AC Bistagno].
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Dipendenze nel Medioevo | Nel 960 l’imperatore Ottone dona il luogo alla famiglia Colombi conti di Cuccaro, insieme ad altre corti e luoghi nel Monferrato [Cartario alessandrino, vol. III, doc. 450].
Nulla si sa fino alla metà del secolo XI, quando l’imperatore Enrico III concede alla chiesa d’Acqui la giurisdizione su diverse località, fra cui Bistannum [Le carte medievali, doc. 9 e doc. 17 del 1052], che viene confermata un secolo dopo dal papa Adriano IV [Le carte medievali, doc. 28 del 1156].
Il territorio viene incastellato per intervento vescovile nel XII secolo e da quel momento le presenze signorili si fanno più rarefatte: soggette alla presenza sempre più consistente dell’episcopio acquese che trasforma Bistagno in uno dei suoi centri amministrativi.
Già dalla metà del Duecento, e per circa un secolo e mezzo, molti documenti emanati dal vescovo di Acqui vengono redatti nel castello episcopale di Bistagno [Monumenta aquensia, vol. I, col. 682; vol. III, p. 233, doc. 924 ter; Le carte medievali, docc. 15, 16, 250, 253 e 267]; questo elemento ci permette di identificare Bistagno quale sede vescovile preferenziale, dopo la città di Acqui, dove si svolgono anche importanti atti: un esempio si ha con la sottomissione di Matteo Scarampi al vescovo e conte di Acqui o con il trattato tra il vescovo e i marchesi del Carretto riguardo alcune località [Monumenta aquensia, vol. I, col. 296, n. 291].
D’altronde, sicuramente fino al 1347 vi risiede il vescovo Guido II, fuggito da Acqui durante le lotte tra guelfi e ghibellini (1343), nonostante l’anno successivo, proprio a Bistagno, sia alcuni Acquesi sia l’abate di San Pietro, a nome di parte della città, prestino giuramento di fedeltà [Monumenta aquensia, vol. I, col. 299, n. 293 e col. 300, n. 294].
Il castello è oggetto di trattative nel 1340 tra il vescovo di Acqui Ottobono del Carretto e gli usurpatori Belengeri e altri fuoriusciti acquesi [Monumenta aquensia, vol. I, col. 719]. Poco dopo la disputa si allarga e il vescovo acquese, Guido di Incisa, deve arrivare ad un compromesso per i beni e i redditi collegati ai castelli di Bistagno, Terzo, Castelletto e Ronchozenario con i marchesi del Carretto e quelli di Incisa [AST, Corte, Monferrato, Feudi per A e B, m.7, Bistagno, fasc.1, 1343 maggio 2- 1343 luglio 19], suoi parenti. In questo periodo si ha inoltre notizia di un castellano di Bistagno (Guglielmo di Oddino d’Incisa, 1346) [Le carte medievali, doc. 15] e di un dominus, Corradino Bistagno di Bistagno, ministro della chiesa di San Giovanni, non l’attuale parrocchiale [Le carte medievali, doc. 251]. Il primo, indicato come castellano vescovile, proprio nel 1346 condanna il comune a pagare una somma a una certa Domenica Arminia. Nel documento il vescovo d’Acqui Guidone si definisce "episcopus et comes" [Monumenta aquensia, vol. I, col. 303, n. 296]. Ancora nel 1361 egli risulta essere castellano episcopale [Monumenta aquensia, vol. I, col. 322, n. 310].
Nel 1202 Bistagno era stata inoltre segnare un confine ideale, insieme alla località di Santo Stefano, rispetto ai beni alcuni marchesi del Carretto di Ceva e di Ponzone, in una convenzione fra il marchese del Carretto – a nome anche di Guglielmo marchese di Ceva e di Enrico marchese di Ponzone – e gli Alessandrini: fra le altre cose, questi ultimi promettono di difendere e aiutare i marchesi non consentendo che da Bistagno in avanti si edifichi alcuna terra e, nel caso, che ogni edificio venga distrutto [Cartario alessandrino, voll. I-II, doc. 211; cfr. Monumenta aquensia, vol. I, col. 126, doc. 109].
Nonostante dunque l’esistenza di un comune organizzato, il vescovo pare essere l’unico padrone del luogo di Bistagno almeno fino agli anni Sessanta del Trecento, come risulta da diversi documenti [Monumenta aquensia, vol. I, col. 234, n. 221 del 1258; col. 722 del 1270; Le carte medievali, doc. 267 del 1349], fra cui l’impegno di alcuni beni vescovili nel luogo in seguito a un prestito avuto dai marchesi di Ponzone [Le carte medievali, doc. 270 del 1352]. Lo stesso atto di rifondazione del borgo (1254) ne è un’esplicita attestazione, trattandosi di un accordo fra le parti che comprendeva, da parte degli abitanti, il riconoscimento della piena autorità episcopale (giustizia civile e penale) e dunque anche del pagamento del fodro al vescovo [Monumenta aquensia, vol. I, col. 227, n. 213]. In questo caso l’autorità del vescovo è sottolineata elencando una serie di obblighi da parte della popolazione. Ancora un secolo dopo (1352) il vescovo si preoccupa di esercitare il diritto di fodro sugli abitanti di Bistagno, i quali però risultano essere disubbidienti a riguardo [Monumenta aquensia, vol. I, col. 316, n. 304].
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Feudo | Nel 1264 il vescovo Guido infeuda il luogo alla famiglia Garelli; la famiglia Incisa possiede quote di giurisdizione e porzioni patrimoniali che in parte sotto il controllo della famiglia, in parte sotto quello della mensa episcopale persistono per tutto il Basso Medioevo e l’età moderna (v. Dipendenza medioevo). Nel 1347 ne viene investito il marchese Teodoro di Monferrato in seguito alla difesa fattane durante le lotte fra guelfi e ghibellini. Un decennio dopo la località torna nelle mani del vescovo che conferma i beni della famiglia Garelli nel 1360 [Monumenta aquensia, vol. I, col. 321, n. 309]. Il 29 luglio 1383 sempre il vescovo commenda il «castrum Bistagni» insieme a Castelletto d’Erro e Roncogennaro, con le giurisdizioni annesse, a Teodoro, trattenendo per sé, tuttavia, il ricavato del fodro e dei mulini, dei forni, dei pedaggi e degli affitti provenienti dai beni della chiesa nel luogo suddetto [Monumenta aquensia, vol. I, col. 374, n. 355]. Nel 1429 Gian Giacomo del Monferrato cede Bistagno a Gaspare Spinola, come pagamento di un prestito, e nel 1458 il messo di Guglielmo di Monferrato, «Commissario al di là del Tanaro del nobile Signor Nicolasio dei Guasco», vende al vescovo di Acqui, Thomaso de Regibus, il «castrum Bistagni» per 1500 ducati d’oro. Con questa vendita Bistagno ritorna in possesso dei vescovi acquesi.
Conquistata da Amedeo VIII, Bistagno è resa al marchese con la pace del 1435, dopo essere stata infeudata temporaneamente ai marchesi Malaspina [AST, Corte, Monferrato, Feudi per A e B, m. 7, Bistagno, fasc. 3, 1432 febbraio 27], nel 1491 è infeudato al nobile Giovanni della Rovere di Savona, nipote di Sisto IV. A partire da questa infeudazione i Della Rovere mantengono stabilmente il feudo fino all’Ottocento, nonostante vi fossero ancora nel Seicento le rivendicazioni della mensa acquese sul feudo di Bistagno.
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Mutamenti di distrettuazione | Passato sotto il controllo della Chiesa di Acqui e dei marchesi di Monferrato fino alla conquista di Amedeo VIII nel 1435 Bistagno diventa ufficilamente parte del marchesato di Monferrato, nonostante il vescovo potesse ancora vantare alcuni diritti in esso. Il legame con il Monferrato si manterrà stabile fino al 1703.
I Savoia aspirano a conquistare Bistagno, sicuro avamposto per controllare il transito verso la riviera e verso la pianura. Nel 1703, Vittorio Amedeo II di Savoia ottiene Bistagno, con il trattato di Vienna, consolidandone il possesso nel 1706. La provincia di Acqui, istituita negli anni Trenta del Settecento, comprende una zona che grosso modo corrisponde ad un quadrilatero che va da Mombaruzzo a Rocchetta di Cairo e da Ovada a Perletto.
Il 30 aprile 1796 le truppe napoleoniche entrano a Bistagno. Tra il 1799 e il 1805 Bistagno rientra nel dipartimento del Tanaro e, in seguito al riordino dei dipartimenti del 1805, passa al dipartimento di Montenotte in cui rimarrà fino al 1814 [Chabrol 1824, vol. I, p. 309].
Anche Bistagno seguì le sorti della provincia di Acqui: nel 1815 fu creata la provincia di Acqui, nel 1848, il Regno di Savoia ristrutturò nuovamente l’assetto amministrativo della zona e buona parte della provincia di Acqui venne fatta confluire in quella di Savona. Nei primi mesi del 1858 viene istituito il mandamento di Bistagno composto da Bistagno, Castelletto d’Erro, Montabone, Ponti, Rocchetta Palafea e Sessame. Tale istituzione prevedeva una Guardia Nazionale, le carceri mandamentali e la giudicatura (in seguito questa sarà l’area di pertinenza della Pretura).
A partire però dal 1860, la ristrutturazione amministrativa del Regno di Savoia smembra la provincia di Acqui: parte in quella di Savona e parte in quella di Alessandria. Bistagno rimase da quel momento nella provincia di Alessandria.
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Mutamenti Territoriali | Vi è un tentativo non riuscito di mutamento territoriale nel 1940 quando Bistagno rifiuta la proposta di aggregazione di Castelletto d’Erro a Bistagno con il nome di Castelletto di Bistagno. Il comune di Bistagno contava allora 3000 abitanti e Castelletto d’Erro 500. I due comuni vennero quindi mantenuti distinti [AC Bistagno, ordinati, 30 marzo 1940].
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Comunanze | Si può citare la sentenza del 1385 ad opera del vicario del marchese di Monferrato relativa ai confini con Terzo e al territorio di Cartosio che sembra essere sotto il controllo (o all’interno dei confini) di Bistagno. Tali confini erano già stati definiti in un precedente arbitrato del vescovo di Acqui e così vengono confermati. La lite riguarda piuttosto il pascolo e i possessi che alcuni abitanti dei due luoghi hanno sulle terre dell’altro e che devono essere immuni da fodri e tasse e devono rientrare rispettivamente sotto la giurisdizione di Bistagno o di Terzo. Non è ben chiaro, ma la comunanza pare riguardare solo il territorio di Cartosio ed esclusivamente il pascolo di bestiame [Monumenta aquensia, vol. III, p. 251, doc. 1192 bis].
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Liti Territoriali | Verso la fine del Trecento (1385) gli uomini di Bistagno, rappresentati dal sindaco Rolando Bozzella, sono in lite con il comune di Terzo circa i rispettivi confini in direzione del territorio di Cartosio [Savio 1967, vol. III, p. 251, doc. 1192 bis].
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AC Bistagno. (Archivio comunale di Bistagno) L’archivio comunale risulta riordinato nel 1964.
Bistagno compare nelle carte dell’Archivio di Stato di Torino [AST], Corte relative ai diplomi e alle concessioni tra il 1300 e il 1600. Solo nel fondo Paesi per A e B ritroviamo la documentazione ottocentesca su Bistagno. Non abbiamo notizia invece di Bistagno nella documentazione fiscale.
Il fondo Bistagno dell’archivio storico vescovile di Acqui è cospicuo e comprende due fondi: uno parrocchia e uno processi.
I notai inventariati nel distretto di Bistagno dal 1729 al 1857 sono undici: Barone Domenico Ambrogio 1729-1748, Domino Gio Antonio Amedeo 1818-1817, Ferraris Gaetano 1748-1791, Ferraris Giacomo 1748-1815, Galleazzi Gio Battista 1815-1865, Gallone Carlo 1754-1796, Gatti Giovanni 1843-1863, Monti Tommaso 1800-1857, Saracco Francesco Antonio 1815-1848, Saracco Francesco Antonio 1741-1793, Saracco Pietro Maria 1768-1834.
I notai inventariati nell’archivio notarile del Monferrato dal 1541 al 1698 sono ventitré: Arcasio Donato 1561-1602, Arcasio Francesco 1579-1615, Arcasio Gio Antonio 1632-1680, Arcasio Gio Battista 1582-1684, Barberis Bartolomeo 1651-1691, Barone Antonio 1630-1646, Barone Giacomo 1570-1596, Bella Giovanni 1616-1636, Bozelli Agostino 1571-1592, Domini Camillo 1608-1617, Domini Giulio 1654-1687, Fazone Bartolomeo 1566-1586, Fazone Giacomo 1585-1612, Ferraris Pietro Innocenzo 168-1696, Manzo Gio Marco 1541, Omino Antonio 1565-1592, Omino Gio Battista 1530-1572, Travaglio Gio Battista 1640-1679, Viazi Stefano 1594-1600, Zolla Gaspare Francesco 1684-1698, Zolla Oddone 1619-1643, Zolla Paolo 1553-1579, Zolla Pietro 1602-1617.
Se si osserva la quantità di notai per i due periodi analizzati si deduce che sono presenti fino a sei notai contemporaneamente tra la seconda metà del XVIII secolo e i primi decenni del XIX secolo. Per quanto riguarda invece i notai del Monferrato, attestati con un solo notaio che arriva a rogare fino al 1698, sono presenti otto notai contemporaneamente tra la seconda metà del XVI secolo e la seconda metà del XVIII.
A Vicennes sono conservate le carte relative alla ricognizione del 1805 di alcuni paesi della Val Bormida di Spigno per realizzare la carta generale dei campi di battaglia o «carte des marches» di Rodolphe Schouani, capitano ingegnere geografo dell’esercito. Le lettere di risposta dei sindaci all’inchiesta sono conservate a Vicennes [SHAT, mr. 1364].
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Bibliografia | Arata A., L’incastellamento in Val Bormida: localizzazione e riferimenti documentari, in Incastellamento, popolamento e Signoria rurale tra Piemonte meridionale e Liguria. Seminario di Studi: fonti scritte e fonti archeologiche, Acqui Terme, 17-18-19 novembre 2000, a cura di F. Benente, Bordighera-Acqui Terme 2000.
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Bosio B., La “charta” di fondazione e donazione dell’abbazia di S. Quintino di Spigno (4 maggio 991),Visone 1972.
Le carte medievali della chiesa d’Acqui, a cura di R. Pavoni, Genova 1977.
Chabrol de Volvic F., Statistique des provinces de Savona, d’Oneille, d’Acqui et de partie de la province de Mondovì, formant l’ancien département de Montenotte, Paris 1824.
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Fontana L., Bibliografia degli statuti dei comuni dell’Italia superiore, Torino 1907.
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Manno A., Il patriziato subalpino. Notizie di fatto storiche, genealogiche, feudali ed araldiche desunte da documenti, Civelli, Firenze 1895-1906, 2 voll. e 27 dattiloscritti, vol. I, ad vocem.
Merlone R., Sviluppo e distribuzione del patrimonio aleramico (sec. X e XI), in «BSBS», 105 (1992), pp. 635-689.
Mottura Giraud P. D., Stralci di vita e costumi monferrini in Valle Bormida, fra narrativa e storia (1537 – 1905), Mondovì 1996.
Oliveti L., Le pievi medioevali dell’Alta Val Bormida, in «Rivista Ingauna e Intemelia», 27 (1972), nn. 1-4, pp. 17-34.
Panero F., Villenove e progetti di popolamento nel Piemonte meridionale. Fra Nizza Monferrato e Bistagno (sec. XI - XIII), in Economia, società e cultura nel Piemonte bassomedioevale. Studi per Anna Maria Meda Patrone, Torino 1996.
Pavoni R., Ponzone e i suoi marchesi, in Il Monferrato crocevia politico, economico e culturale tra Mediterraneo e Europa. Atti del convegno internazionale, Ponzone, 9-12 giugno 1998, a cura di G. Soldi Rondinini, Ponzone 2000, pp. 15-56.
Provero L., Dai marchesi del Vasto ai primi marchesi di Saluzzo. Sviluppi signorili entro quadri pubblici (secoli XI-XIII), Torino 1992 (BSSS 209).
Sereno C., Monasteri aristocratici subalpini: fondazioni funzionariali e signorili, modelli di protezione e di sfruttamento secoli X-XII, in «BSBS», 96 (1998) pp. 397-448 e 97 (1999), pp. 5-66.
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Torre A., Il consumo di devozioni. Religione e comunità nelle campagne dell’Ancien Régime, Venezia 1995.
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Descrizione Comune | Bistagno I dati ISTAT sulla popolazione del 1991 indicano 1737 abitanti, il periodo in cui il luogo è maggiormente popolato è il 1951 in cui compaiono 2380 abitanti. Tranne nel 1921, in cui si censisce la presenza di 3000 abitanti, i dati precedenti indicano fino al 1881 un’oscillazione tra i 2000 e i 2300 abitanti. Il dato del 1921 venne utilizzato nel 1940 per respingere la proposta di aggregazione del comune di Bistagno con Castelletto d’Erro in un unico comune di Castelletto di Bistagno. La forte identità dimostrata dal consiglio comunale di Bistagno [ordinati [30 marzo 1940]] permise ai due comuni di rimanere autonomi.
Se osserviamo la distribuzione della popolazione nelle frazioni si nota un progressivo abbandono delle località decentrate, mentre nel centro rimane piuttosto simile. La popolazione, tra il 1951 (2380 abitanti) e il 1961 (2147) diminuisce di 233 abitanti, nel centro però si verifica una perdita solo di 38 abitanti. Occorre però precisare che non sono le case sparse a perdere abitanti, come rivelano i dati del 1961 (case sparse 1030 abitanti, Bistagno 1011 abitanti), ma i nuclei delle frazioni che subiscono lo spopolamento maggiore. Nel 1991 le case sparse continuano a mantenere livelli di popolazione superiori rispetto alle frazioni ma perdono abitanti rispetto al centro (case sparse 631 e Bistagno 939).
Si confermerebbe il dato nazionale che registra un calo drastico della popolazione a partire dal 1961.
Le case sparse di Bistagno costituiscono il nucleo originario dell’insediamento. Infatti prima della fondazione del centro abitato di Bistagno (1253) era la frazione Roncogennaro a costituire il nucleo insediativo di riferimento nella zona. Roncogennaro e Bistagno sono sempre state subordinate ad Acqui che, per la sua vicinanza, ha sempre fornito il centro delle varie forme politiche. Una villa "Runco" viene indicata tra quelle concesse da Ugo e Lotario ad Aleramo nel 935 insieme alla curtis di Foro e compare anche nel castello e poderia che nel 1116 Enrico V concede alla chiesa di Acqui [Arata 2000, p. 105]. Bistagno invece viene indicata come «locus fundus» nella carta di fondazione dell’abbazia di S. Quintino e nel 1052 nelle concessioni di Enrico III ad Acqui [Merlone 1995, pp. 85-91]. Nel 1202, nella pace tra Alessandrini e Ottone del Carretto, viene nominata una "villa locus et castrum Bistagni", e si presuppone però che la popolazione non abitasse nei pressi del castello ma nella pianura del Bormida nei pressi della pieve, ove transitava la via "Aemilia Scauri" e dove sono state ritrovate tracce di un insediamento romano [Arata 2000, p. 105].
Il castrum collinare voluto dall’episcopio acquese diventa il centro di un nuovo abitato quando, nel 1253, un centinaio di nuclei familiari si trasferirono nella villa nuova di Bistagno. Questa operazione non appare una costruzione con intenzioni difensive, ma piuttosto un accentramento della popolazione per consolidare il potere vescovile nella zona. La politica di centralizzazione del vescovo benedettino Enrico sembra essere rivolta a raggruppare le tre borgate sparse sulla collina verso Roncogennaro e a porle al centro di una zona strategicamente e commercialmente molto significativa. Bistagno è il luogo in cui le barche traghettavano, da una riva all’altra del Bormida, i convogli carichi provenienti dalla riviera ed è il luogo del controllo dei transiti.
La vocazione fortemente commerciale di Bistagno è attestata per tutta l’epoca moderna, anche il funzionario napoleonico Chabrol conferma questa caratteristica locale. Chabrol, in un primo momento, descrive Bistagno come un avamposto militare di Acqui, edificato "per opporre maggiore resistenza alle incursioni delle fazioni che devastavano i confini del Monferrato"; poi passa ad elencare le risorse naturali del luogo e subito rivela che, oltre all’agricoltura, gli abitanti sono quasi tutti mulattieri pronti a "trascurare la coltivazione specialmente quando in Piemonte il grano è abbondante" [Chabrol 1824, p. 309]. Dalla relazione compilata in occasione della carta "des marches" disegnata da Rodolphe Schouani, si ha conferma di quanto descritto da Chabrol.
I Savoia controlleranno in modo capillare i traffici e le vie commerciali e le regolano limitando i benefici goduti sia nei feudi imperiali che in quelli monferrini. È infatti una politica del disordine sociale che caratterizza il funzionamento dei porti franchi della Val Bormida. Spesso proprio la faida e il banditaggio sono un’espressione di questa politica [Torre 1986, pp. 778 e sg.].
Mi pare significativo osservare che tra tutte le cappelle campestri di Bistagno quella di San Donato, situata su un guado in direzione di Monastero, ci fornisce indicazioni precise sull’uso della devozione a Bistagno. La cappella era beneficio dei consiglieri comunali e come tale spettava a questi la cura della cappella. Nell’archivio storico vescovile di Acqui sono descritti dissapori tra gli agenti della comunità e il parroco. La denuncia degli agenti della comunità contro il parroco verte sull’accusa di inadempienza nei confronti della parrocchia e della cappella [ASVA, Bistagno Parrocchia di S. G. Battista, fald. 37, cart. 1, fasc. 2]. Il problema si ripresenta nel 1750 quando nuovamente i consiglieri lamentano che il clero di Bistagno diserta la festa di S. Donato e non celebra le funzioni sacre [AC Bistagno, n. 43, f. 17, ordinati, 2 e 5 marzo e 5 luglio 1750]. La cappella di San Donato era stata edificata nei pressi del ponte dell’Erca dove sorgeva l’osteria Bettolino: il punto di ritrovo delle carovane di mulattieri che si recavano a Savona per trasportare il sale che veniva poi depositato ad Acqui. L’osteria Bettolino sopravvisse alla soppressione del 1838, ordinata dall’Intendenza di Acqui, ciò indica che il luogo era estremamente importante e strategico. Il culto di san Donato aveva istituito una fiera che, tranne durante le soppressioni in caso di guerra, è attestata fino al XX secolo.
Occorre prima però fare un passo indietro e ritornare alla metà del XVII secolo per contestualizzare le denunce sopra citate dei consiglieri contro il clero locale. Nel 1648 i consiglieri comunali avevano inviato una supplica al vescovo affinché permettesse di dotare la cappella campestre di reliquie in modo da poter celebrare le messe nella cappella. Il parroco però si era opposto alle proposte dei consiglieri e questo conflitto aveva prodotto le denunce di inadempienza citate sopra. Nel 1750, il clero diserta in massa la festa di san Donato e si rifiuta di celebrare le funzioni della festività. Questo episodio porterà negli anni successivi alla progressiva perdita del culto di san Donato e all’abbandono della cappella. Gli ordinati comunali ci illustrano però le ragioni del conflitto tra consiglieri e clero di metà Settecento.
Tra il 1733 e il 1750 viene riformato il procedimento di elezione del consiglio comunale. Precedentemente il meccanismo di elezione del consiglio prevedeva che i quattro consiglieri, i più votati da tutti i quattordici che costituivano il consiglio comunale, si recassero in processione in chiesa e, alla presenza del podestà dei Della Rovere e dei sacerdoti della parrocchia, nominassero tre consiglieri ciascuno, più due consoli, due funzionari estimatori e due ufficiali dei beni vacanti. Questi ultimi avevano incarichi simili "ai massari della Chiesa o del Comune" [AC Bistagno, n. 1, f. 8, ordinati [31 dicembre 1598]]. Tra il 1721 e il 1731 venne sostituito il sistema di elezione dei consiglieri; mancano gli ordinati di questo periodo ma il meccanismo di elezione è ben documentato a partire dal 1733. Sostanzialmente viene ridotto il numero dei consiglieri a dodici tra i quali i due che hanno ottenuto più voti svolgono le funzioni di sindaco. La riforma elettorale però si conclude nel 1750 con l’ulteriore riduzione dei consiglieri a sei più un solo sindaco. L’elemento che differenzia maggiormente i sistemi elettorali è l’assenza del clero della parrocchia nel momento dell’elezione del consiglio. Vengono abrogate sia la processione in parrocchia sia la nomina dei consiglieri nella stessa. È proprio in questo periodo che assistiamo alla defezione della festa e ai contrasti tra la comunità e il clero della parrocchia [ASVA, Bistagno, Parrocchia di S. G. Battista, 172-1783, fald. 7, cart. 3, fasc. 1].
È l’archivio vescovile a fornirci le informazioni sulle relazioni tra clero e comunità. È possibile leggere un numero considerevole di processi contro i sacerdoti di Bistagno, in particolare nella seconda metà del XVII e i primi del XVIII; le accuse sono varie: usura, furti, violenze, porto d’armi, frodi, truffe e comportamenti immorali [tra i 64 processi contro sacerdoti, quasi tutti istruiti tra il 1650 e il 1720, cfr. per esempio: ASVA, Bistagno Processi, 1677 Processo contro don Carlo Ferraris per ingiurie e minacce, fald. 9, cart. 1, fasc. 11; 1669 – 1670, Processo contro don Bonino per mancato pagamento del pedaggio sul fiume Bormida, fald. 9, cart. 1, fasc. 13; 1670, Processo contro Achille De Filippi per furto di alberi in Regione Gallinara, fald. 9, cart. 1, fasc. 14; 1677, Causa contro l’arciprete Francesco Ferrari per frode sulle misure del grano, fald. 11, cart. 1, fasc. 24; 1692, Processo contro don Guido Mallo ed altri chierici di Bistagno per cattiva condotta e disobbedienza verso le disposizioni della Curia, fald. 15, cart. 1, fasc. 6].
Questa azione disciplinare nei confronti del clero locale sembra terminare con l’acquisizione dei Savoia del 1703, infatti dal 1703 al 1720 il clero comincia a scomparire dalle carte processuali. Viene ripristinato un ordine sociale tra clero e laici, ma non mi pare lecito leggere queste carte solo come un’operazione di disciplinamento del clero. I reati in cui il clero è coinvolto nascono in un periodo in cui il vescovo è in lite con la comunità di Bistagno. Le accuse mosse a sacerdoti sono però accuse tipiche dell’attività commerciale. Sostanzialmente le accuse mosse contro i sacerdoti sono quelle di non comportarsi come sacerdoti ma come commercianti.
Si può leggere questa situazione considerando una lite, in corso per tutto il XVII secolo, per la gestione dei frutti della masseria dell’Opera Pia Cartesio che culmina nel 1685. Nel 1685 i consiglieri entrano in lite con il vescovo di Acqui per la gestione dell’Opera Pia Cartesio. Tale opera si prefiggeva lo scopo di gestire diciassette stara di grano da distribuire alle giovani ragazze spose per il matrimonio. L’attività caritativa dell’Opera Pia Cartesio era stata istituita nel 1583 da Giorgio Della Rovere. La masseria di Cartesio, posta nella parte orientale di Bistagno nella pianura verso Acqui, aveva una grande rendita ed era stata posta sotto la protezione del vescovo di Acqui che la considerava appartenente alla mensa vescovile. Il conflitto nasce perché la distribuzione delle rendite non avveniva in Bistagno ma ad Acqui presso la curia, sottraendosi al controllo dei consiglieri. Già a partire dal 1630 si erano verificati scontri tra i parroci e il vescovo contro i consiglieri con interdetti e chiusura delle chiese [AC Bistagno, n. 4, f. 25, ordinati [29 luglio 1636]]. In gioco, come rilevano gli ordinati comunali [AC Bistagno, n. 8, f. 36, ordinati [22 giugno 1681]], non c’erano i diciassette stara di grano ma tutti gli altri frutti della masseria: fieno, legno, noci, uva, castagne, che pervenivano alla curia vescovile. Questo era il motivo per cui i consiglieri accusavano il vescovo di defraudare le doti delle ragazze di Bistagno [AC Bistagno, n. 8, f. 36, ordinati [13 novembre 1685]]. Dopo una lite con il vescovo, che si era svolta ad Acqui tra il vescovo stesso e i due consiglieri Rocco Spingardo e Antonio Piazza, i sindaci requisirono i beni della masseria e il 14 novembre 1685, il vescovo fece «serrar tutte le Chiese di questo luogo». I due sindaci si rivolgono a Casale per chiedere aiuto alla Ducal Camera che li arresta e li imprigiona [AC Bistagno, n. 8 f. 36, ordinati [15 dicembre 1685]]. Solo dopo altre due spedizioni diplomatiche i sindaci verranno scarcerati. La lite non si ricompose e, nonostante la comunità di Bistagno continuasse a richiedere parte dei frutti dell’opera Pia, non farà più atti di rappresaglia verso la mensa vescovile.
Alcune famiglie di Bistagno, tra le più pubbliche, investono in devozione già a fine Cinquecento e al termine del periodo critico delle controversie tra clero e comunità. Tre famiglie: Zola nel 1695, Ferraris nel 1721 e Arcasio nel 1753, richiedono al vescovo una conferma dei loro benefici sulle rispettive cappelle della parrocchia. Tutte e tre le famiglie appartengono al notabilato locale. Gli Zola (oppure Zolla negli inventari notarili) rogano a Bistagno tra il 1553 e il 1689 e sono costantemente presenti tra i consiglieri comunali già a partire dal 1550. I notai della famiglia Arcasio rogano a Bistagno dal 1561 al 1684, mentre i Ferraris dal 1681 al 1815. Alessandro Arcasio era anche, ad inizio XVII secolo, il medico del paese.
Gli ordinati comunali concernenti il termine dei lavori catastali [AC Bistagno, n. 11, f. 46, ordinati 23 gennaio 1782], conclusi nel 1781, ci descrivono un territorio diviso in: "campivo di pianura 1,306,99, prativo 133,84, vignato 1,405,38, boschi cedui zerbidi e cespugli 655,33, ghiaie del fiume 63,51, castagneto 9,14, strade pubbliche 18,42 e alveo del fiume 90,15". Tutti i catasti riportano che non ci sono terreni adibiti a pascolo. Le immunità feudali (sempre suddivise in campive, prative, vignato, bosco ceduo e ghiae del fiume) contano giornate 72,21,2, le immunità della parrocchia di Bistagno 105,78,0, ed infine le immunità dell’Opera Pia Cartesio contano 116,93,9. Questo territorio produceva grano (eminette 6900), meliga (eminette 4484), castagne (eminette 884), vino (eminette 4500), fieno (brente 4500) e galette (bachi da seta rubbi 572).
Un’idea dei confini comunali ci proviene da due elenchi delle strade: uno del 1606, che però non ci fornisce indicazioni precise, e uno del 1824 che invece ci informa in modo preciso delle strade pubbliche di pertinenza comunale. Riporto le nove strade inventariate nel 1824 perché significative per delimitare con precisione le aree di pertinenza del comune: strada Monastero e Sessame (1449 m da Corneta a Gavazzolo), strada di Ronco Zennaro (5095 m da Rossintoro a Rocchetta Palafea), strada di Montabone (4223 m da Rossintoro a Montabone), strada di Terzo (3495 m dalla porta del castello e Rossintoro a Terzo), strada della Panasca (1154 m dalla porta del castello alla Chiappetta), Strada del Rochino (647 m dal ritorno della Morra al Bormida tende al luogo di Melazzo a mezza costa), strada di Gaiasco (2124 m dalla fornace a Gaiasco in collina], Strada Bormiotti [1942 m dalla chiesa della pieve alla borgata Bormiotti e per Montabone).
Le vicende del periodo napoleonico fino all’unificazione d’Italia vedono Bistagno seguire le sorti e i mutamenti della provincia di Acqui. Anche per la sua vicinanza geografica la dipendenza sembra solida.
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