Oleggio

AutoriColombo, Emanuele
Anno Compilazione2007
Anno RevisioneVERSIONE PROVVISORIA
Provincia
Novara
Area storica
Novarese
Abitanti
12.191 (5.946 maschi, 6.245 femmine: ISTAT 2001).
Estensione
37,8 kmq (ISTAT 2001).
Confini
A nord Mezzomerico e Marano Ticino, a est Lonate Pozzolo e Vizzola Ticino, a sud Bellinzago Novarese, a sud-ovest Momo, a ovest Vaprio d’Agogna.
Frazioni
Il comune comprende le frazioni di Bedisco, Canton della Lanca, Gaggiolo, Le Fornaci, Loreto, S. Gaudenzio, S. Giovanni e le cascine Bellaria, Bellini, Bolognini, Bouscio, Giamminola, Isola di Caprera, Isola Gola, Malfatta, Moioli, S. Antonio, Sciaroli, Vandona.
Toponimo storico
Nel 973 figura in un documento il nome di Oleggio Scarulfo, «Olegio qui dicitur Scarulfi» (Gavinelli 1983).
Diocesi
Fa parte della diocesi di Novara, vicariato di Oleggio.
Pieve
Oleggio è attestata come capo di pieve dal 1133, anno di una bolla di papa Innocenzo II che nomina le varie pievi della diocesi (Andenna 1977). In seguito resta sede di vicariato. Dal 1878 il vicariato di Oleggio ha sotto di sè le cinque parrocchie del borgo e le parrocchie di Bellinzago (il cui parroco è tuttavia esentato dal ritiro dell’olio sacro nella chiesa pievana, tradizionale atto di sottomissione al vicario (AD Novara, AC, 290/I, vescovo Balbis Bertone, [1758]), Cavagliano, Dulzago, Marano, Mezzomerico, Castelletto di Momo (Viviani).
Altre Presenze Ecclesiastiche
L’attestazione più antica riguarda la basilica di S. Michele e risale al 973 (Viviani 1983). La parrocchiale è la chiesa dedicata ai SS. Pietro e Paolo, visitata dal vescovo Speciano nel 1590 (e già parrocchiale all’epoca), al cui interno nel 1758 sono erette la società della Dottrina cristiana, la confraternita del S. Rosario, quella del SS. Sacramento, la confraria dello Spirito Santo. L’arciprete nel 1850 ha un vicecurato, tre coadiutori ed è anche vicario foraneo. Sul territorio esistono poi l’oratorio della beata Vergine di Loreto, costruito nel 1607 su disegno di Pellegrini, con due altari; l’oratorio di S. Eusebio, di un altare, esistente già nel 1595; l’oratorio di S. Cristoforo, ricordato da mons. Bascapé nel 1595; l’oratorio di S. Maria della Mercede o della Annunziata, in origine una cappella dipendente da S. Michele, che prima del 1462 era parrocchiale di Galnago; l’oratorio dell’Annunziata, sede dell’omonima confraternita, dentro il quale c’è anche l’ospedale, di cinque altari, nel 1808 dichiarata succursale della parrocchia; l’oratorio dei SS. Fabiano e Sebastiano, demolito nel 1858; l’oratorio del SS. Crocifisso; l’oratorio di S. Donato, visitato già dal Bascapé nel 1595, dipendente dall’abbazia di Sesto che era di proprietа dell’Ospedal maggiore di Milano (ancora nel 1758 è sotto il suo giuspatronato); l’oratorio di S. Anna in Bedisco a 2 km a nord dal borgo, costruito verso il 1600 e dotato di due altari; l’oratorio della SS. Trinità, citato nel 1468 e ricostruito nel 1550, distante un miglio dalla parrocchiale; l’oratorio di S. Antonio abate, ricordato nel 1590, 1 km a nord di Oleggio e dotato di un altare; l’oratorio di S. Lorenzo alle fornaci, del 1650 circa, in origine una cappella dipendente da S. Michele, dotato di tre altari; l’oratorio della beata Maria Vergine del monte Carmelo, con un solo altare; l’oratorio di S. Quirico e Julitta, visitato da Bascapé nel 1595; l’oratorio di S. Michele, antica parrocchiale di Oleggio; l’oratorio di S. Stefano, sito nell’omonimo cantone e citato nel 989 come basilica; la chiesa di S. Giovanni Battista, «dicta alle cassine di S. Giovanni», anticamente nota come S. Giovanni ad fontes; l’oratorio di S. Gaudenzio, citato per la prima volta nel 1061 e dotato di tre altari; l’oratorio di S. Bernardo, già visitato dal Bascapé; l’oratorio di S. Bartolomeo; l’oratorio di S. Maria in Gaggiolo; l’oratorio di S. Rocco; l’oratorio di S. Lorenzo al pozzo; l’oratorio di S. Grato, visitato da Bascapé nel 1595. Bascapé nel 1595 e Gentile nel 1853 segnalano inoltre un oratorio campestre di S. Giacomo. Una chiesa della Sacra famiglia fu costruita nel 1895.
Nel 1850 esistono due parrocchiali: S. Michele Arcangelo, con annesso cimitero, iniziata nel 1822 e finita nel 1831 e SS. Pietro e Paolo, che rimane chiesa pievana. Dopo la Prima guerra mondiale viene nominato un priore per curare l’addobbo delle chiese e curare le feste patronali e le cerimonie per ognuna delle dieci frazioni in cui è suddiviso il territorio. Le fabbricerie vengono riordinate e stabilite per S. Stefano, S. Giovanni, S. Gaudenzio, S. Eusebio, S. Maria Assunta a Loreto, SS. Trinità, Motto Grizza, Gaggiolo, Fornaci, Bedisco, S. Grato, S. Lorenzo, S. Michele.
Nel 1954 il vescovo Gilla riordina la chiesa oleggese su cinque parrocchie: SS. Pietro e Paolo, S. Maria Assunta a Loreto, S. Lorenzo diacono alle Fornaci, S. Anna al Bedisco, S. Giovanni Battista. Dopo il Concilio Vaticano II del 1962 viene costituita in Oleggio una giunta parrocchiale laica per coadiuvare l’arciprete (AD Novara, AC, 290/I, vescovo Balbis Bertone, 1758, integrato da: 32, vescovo Bascapé, 1595; 89, vescovo Taverna, 1618; 435, vescovo Gentile, 1853; Viviani; Viviani 1983; Fiori 1977).
A Oleggio operavano inoltre diverse confraternite. Si contano quella dei SS. Fabiano e Sebastiano, fondata nel 1550, dotata di un proprio oratorio, che vanta nel 1757 350 membri, cessata nel 1975; del SS. Nome di Gesù, eretta il 31 marzo 1603 dal domenicano Paolo Innocenzo su delega di Bascapé nell’altar maggiore della parrocchiale; del SS. Rosario, costituita nel 1580, con una sua cappella del Rosario nella parrocchiale, che nel 1758 aveva 500 soci circa, attiva ancora nel 1963; quella dell’Annunziata, costituita il 5 luglio 1585 nella chiesa di S. Maria detta del Castello, poi in Annunziata, con 300 iscritti nel 1758 e 100 nel 1840, i quali vestono un abito azzurro; quella del SS. Crocifisso, eretta nell’omonimo oratorio il 5 ottobre 1622, aggregata all’arciconfraternita del SS. Crocifisso in Roma nel 1626 che nel 1758 ha 100 membri che vestono di nero; quella del Suffragio, eretta l’11 settembre 1724 da sacerdoti e confratelli di altre confraternite; quella delle figlie di Maria Immacolata, fondata nel 1860, che venne aggregata all’arciconfraternita di S. Agnese fuori le mura a Roma nel 1896 e usava l’oratorio della Beata Vergine nella parrocchiale; infine quella del del SS. Sacramento, sorta nel 1551 ed eretta nella parrocchiale, che nel 1758 pare avesse ben 600 membri, in cui nel 1977 confluiscono tutti gli iscritti ad altre confraternite (Viviani; AD Novara, AC, 290/I, vescovo Balbis Bertone, 1758).
Si segnalano inoltre diverse opere pie, congregazioni ed enti laicali d’ispirazione religiosa di vario tipo. Tra le prime c’è la confraria del Santo Spirito, i cui quattro deputati erano scelti dalla comunità e i beni della quale passano all’ospedale nel 1820; la Pia opera per la soppressione dell’accattonaggio, fondata nel 1892; l’Opera di provvidenza per fanciulle, fondata nel 1923. Esistono inoltre svariate “opere pie” secentesche sorte da legati pii: la Ferrabino (1638), la Tosi per fornire di indumenti invernali i poveri (1671), la Fastino Bernardo per maritare zitelle di sua discendenza (1671), la de Nigris (Opera della beata Vergine Maria), chiamata anche Casa dei poveri, per elemosinare, la Gola Donato (1616), per maritare, la Mazzeri don Francesco per dotare, la Carlo Federico Vandone in favore del clero del vicariato di Oleggio, la Pietro Alberto Vandone (arciprete) per la distribuzione di sale ai poveri (Viviani). Vi era un ospedale, dapprima sito all’interno della chiesa dell’Annunziata e amministrato dalla confraternita dell’Annunziata e nel 1850 sostituito da uno nuovo e gestito dalla Congregazione della Carità (ASNo, Ospedale civile di Oleggio, cartt. 1 e 106). A inizio Novecento operavano inoltre sul territorio alcune congregazioni, circoli e unioni, tra cui la Congregazione delle figlie di Maria (istituita nel 1926), i Terziari francescani (regolarizzati il 17 luglio 1887 ma nati qualche anno prima), le Suore della Carità (fondate nel 1840 e che nel 1925 ricevettero in gestione l’Istituto delle fanciulle provvedute), l’Unione donne cattoliche, la Pia Unione del transito di S. Giuseppe, le dame di S. Vincenzo, il Circolo giovanile cattolico, il Circolo Verjus, la Congregazione del Suffragio, la Pia Unione delle ancelle del SS. Sacramento (Viviani).
Molto ricca era anche la presenza di regolari. A Oleggio esisteva un monastero femminile di S. Giuseppe, di clarisse, di cui Balbis Bertone nel 1758 raccomanda la vendita di tutti gli immobili posseduti nel borgo per sanare debiti insoluti per circa 22.000 lire. Il monastero conta a questa data 42 monache di cui cinque converse. Le monache avevano ottenuto la clausura nel 1683, ma non essendo questa osservata veniva imposta dal vescovo nel 1689. Veniva soppresso nel 1808 e rifondato dai Gesuiti nel 1818, che lo utilizzarono come loro luogo di villeggiatura estivo; fu quindi chiuso nel 1848 a seguito dell’espulsione dei Gesuiti da parte dei Savoia. Esisteva poi un monastero dell’Immacolata Concezione, di agostiniane, composto da 39 monache (di cui le regole del 1723 dicono che 33 debbano essere corali, da cui si deduce che le converse siano sei) e con 6.419 lire di entrata. Soppresso da Balbis Bertone nel 1785, le monache passano con le vicine clarisse. Sono poi segnalati un monastero di S. Carlo, dei Cappuccini, costruito nel 1610 e soppresso nel 1808; e un monastero di S. Francesco, dei Frati minori, che nel 1626 passa all’osservanza dei Frati minori riformati. Nel 1646 prende il nome di S. Rocco dalla chiesa e viene soppresso nel 1810. È inoltre segnalata una congregazione di Oblati attiva dal 1620. Con le soppressioni napoleoniche i beni degli istituti soppressi passarono in amministrazione alla Congregazione della Carità, istituita il 14 febbraio 1808, confermata nel 1820 e nel 1927, inquadrata nella federazione provinciale enti autarchici di Novara in cui venne creata una sezione Opere pie (AST, Corte, Paesi di Nuovo Acquisto, Novarese, 11 [19 agosto 1680]; AD Novara, AC, 290/I, vescovo Balbis Bertone [1758]; Viviani).
Assetto Insediativo
Da un ordinato del 1695 che si occupa della riformulazione del censo del sale sappiamo che la comunitа era frazionata in una serie di quartieri e contrade, come vengono chiamati. A questa data si contano il quartiere di Monte Vitale, della Valle, il quartiere di contrada Vandone, quello di contrada Sanasera, di Piazza, del Buso, il Sopramonte (poi di S. Anna in Bedisco), delle fornaci e “cassine” del Bellini, di S. Pietro e Paolo e d’Usmate (AC Oleggio, prima serie, 12/2 [5 aprile 1695]; Gavinelli 1977). Dal punto di vista insediativo la comunità è suddivisa dunque in un borgo e in una serie di “cassine” ubicate al di fuori di esso, cui fanno riferimento varie fonti. I vescovi, per esempio, nelle loro visite indicano sovente la presenza di “cassine”; Balbis Bertone parla in proposito di «aliae capsinae huc illucque dispersae» (AD Novara, AC, 290/I, vescovo Balbis Bertone [1758]). Anche la distribuzione rituale del pane da parte della confraria dello Spirito Santo era organizzata seguendo l’assetto insediativo, con l’esistenza di quinternetti per ciascun quartiere per la divisione “alla rata” del pane (AC Oleggio, prima serie, 15/1 [17 maggio 1676]). A fine Settecento le “cassine” compongono quattro cantoni che prendono nome dai loro oratori campestri: San Giovanni, la Madonna di Loreto, S. Anna al Bedisco e S. Lorenzo alle fornaci (AC Oleggio, prima serie, 11/3, ordinato del 20 giugno 1788). Da un documento del 13 maggio 1794 per la preparazione del catasto risulta che il borgo era suddiviso in quattro quartieri a loro volta ripartiti in ventitré isole: Pozzolo (formato da sette isole); Porletta (sei isole); della Valle (sei isole); e di Porta Compieta (quattro isole). Il sistema delle isole è di chiara origine fiscale, e appare coevo al documento. Sotto alla suddivisione in quartieri si fa infatti riferimento a una più risalente distinzione in contrade: la Mezza Chiappa, Sanasera, Baraggia, Vandona, Mistrina, Bellina (Gavinelli 1986). Secondo Casalis la comunità è divisa in cinque parti, ovvero dal borgo più il cantone di S. Giovanni, quello di S. Lorenzo alle Fornaci, di Loreto e di S. Anna in Bedisco (Casalis 1845).
Luoghi Scomparsi
Non rilevati.
Comunità, origine, funzionamento
Come ci informano i processetti preparatori per il catasto di Carlo VI «la Communità è maneggiata da vintiquatro Regenti che hanno titolo anche di consoli e nei Consigli importanti intervengono anche quaranta dei primi estimati, di più vi è un Cancelliere che resta rogato d’ogni anno e vi è un anziano» (ASM, Confini parti cedute, 28 [18 ottobre 1723]). Questa struttura resta immutata dai primi ordinati a nostra disposizione, quelli del 1649. Le elezioni avvenivano nella parrocchiale di S. Pietro e Paolo alla presenza dell’arciprete e del podestà, «conforme il stillo ac solito» del borgo. Qui i capi di casa riuniti in sindacato sceglievano per votazione otto elettori la cui probità doveva essere confermata dai consoli ancora in carica. Tra questi otto ne venivano estratti a sorte quattro, ai quali toccava nominare dieci consoli a testa. Dei dieci nominati ne venivano estratti a sorte altri cinque, che assieme ai quattro formavano i ventiquattro consiglieri della comunità, che venivano rinnovati in questo modo ogni biennio. Ogni bimestre dell’anno erano in carica quattro consoli, facendo in tal modo ruotare a turno i ventiquattro consiglieri, ognuno dei quali nel corso dell’anno espletava così la funzione di console (AST, Corte, Paesi di Nuovo Acquisto, Novarese, 11 [19 agosto 1680]; ASM, Censo p.a., 1.649 [6 luglio 1682]; AC Oleggio, prima serie, 15/1, ordinato del 5 maggio 1680). Ogni biennio mutava anche il notaio della comunità, il che aveva provocato delle proteste alla fine degli anni Sessanta poiché «se ne porta con lui tutto ciò che può havere, et in tal modo ne è di grandissimo pregiuditio la comunità, come quella, che si trova a mancare tante scritture, confessi, et in particolare un privilegio che detta Communitа teneva». Altre proteste di inizio Settecento mettono in luce che alle elezioni non si presentavano quasi mai i quaranta maggiori estimati, a fronte delle quali il Magistrato Ordinario, interpellato, ordina la loro presenza (ASM, Censo p.a., 1649 [23 gennaio 1668 e 9 agosto 1710]). Non è del tutto chiaro a quale genere di riunione i quaranta primi estimi venissero chiamati a partecipare, dato che negli ordinati riguardanti le taglie (cioè il riparto delle tasse), che altrove coinvolgevano i primi estimi, sono spesso assenti, mentre partecipano talora a decisioni apparentemente minori come la nomina dell’organista (AC Oleggio, prima serie, 15/1, ordinato del 20 luglio 1681). Il consiglio nominava i quattro membri della confraria dello Spirito Santo e i deputati della fabbriceria della Madonna del Loreto, e ratificava la nomina del podestà fatta dai feudatari, di cui pagava anche il salario. Inoltre la comunità non era a quanto pare tenuta a portare le denunce dei delitti al podestà di Novara per «consuetudine e ragioni», come si esprime un ordinato (AC Oleggio, prima serie, 14/1 [20 maggio 1668]). Tra le varie prerogative del consiglio vi era quella di decidere autonomamente la meta dei prestinari del pane, senza essere obbligati a riceverla dal Giudice delle vettovaglie cittadino come accadeva in quasi tutte le comunità del Novarese (per esempio AC Oleggio, prima serie, 15/1, ordinato del 5 gennaio 1681]).
Sotto il Dipartimento dell’Agogna la comunità viene riformata. Il consiglio comunale è ora formato da trenta membri, mentre la municipalità di Oleggio (comprensiva dei comuni aggregati di Marano e Mezzomerico) è composta da un podestà in carica per tre anni e da quattro savi, scelti dal consiglio tra i maggiori estimati (Gavinelli 1986; ASNo, Prefettura dell’Agogna, 2.192).
Statuti
Negli statuti di Novara del 1272 Oleggio è definita borgo. I primi statuti conservati sono i privilegi ricevuti da Oleggio il 9 ottobre 1447, in dieci punti, che concedono al borgo la separazione giurisdizionale da Novara, gli assegnano la possibilità di procedere in maniera autonoma nel riparto delle tasse e stabiliscono che nessuno possa comprare terra a Oleggio se non paga le tasse con la comunità, esclusi però i cittadini novaresi (Gavinelli 1971; l’atto pergamenaceo è conservato negli uffici comunali di Oleggio). Il giorno 8 agosto 1455 Francesco Sforza concede a Oleggio i Capitula Burghi Ollegj ricofermando i suoi privilegi (Gavinelli 1983). Capitoli per l’affitto dei boschi comunali sono emanati (riprendendo senz’altro capitolati precedenti) il 5 agosto 1696, e prescrivono che nessuno possa far pascolare bestie nei primi due anni della locazione. In seguito i boschi della comunità diventavano invece disponibili per il pascolo da parte degli abitanti della comunità, facendo dunque convivere l’affitto con l’uso civico. Negli incanti veniva infatti affittato non il bosco nel suo complesso, in quanto territorio, ma il diritto di tagliare la legna e di scalvare (lo ius lignandi) (ASM, Deroghe giudiziarie per corpi e comunità, 64, Capitoli dei boschi). Analoghi capitoli dei forni e dei mulini mettono in evidenza la privativa che la comunità affittava assieme alle strutture, prescrivendo che nessuno potesse cuocere pane o macinare grano in forni o mulini che non fossero della comunità (ASM, Deroghe giudiziarie per corpi e comunità, 64, Capitoli dei mulini del 1696 punto dodici; Capitoli dei forni, punto ventitré). Questa rigida privativa, che non è così frequente incontrare in età moderna nelle comunità lombardo-spagnole, aveva causato delle frizioni anche con l’oratorio di S. Lorenzo alle fornaci, che aveva un forno con i cui proventi era solito finanziarsi.
Catasti
L’inventario del 1961 non censisce la presenza di catasti nell’archivio storico civico, e allo stadio attuale ricerche mirate risultano piuttosto impervie. Da quel che se ne sa da alcuni appunti dovrebbero però esistere all’interno dell’archivio un sommarione del 1712, cui gli ordinati fanno più volte riferimento, quattro volumi di sommarione e colonnario del 1776-86, un catastino dei caseggiati del 1802 e un altro colonnario del 1834. Altri appunti sull’archivio successivi al 1961 segnalano poi due serie di grande interesse: i libri delle taglie, e cioè del riparto delle tasse tra tutti gli abitanti della comunità, presenti dal 1503 (un libro per anno), e i libri dello stato del personale, cui l’inventario del 1961 fa solo un rapido cenno, e che dovrebbero consistere un elenco degli abitanti della comunità con il riparto delle tasse pagate sul personale e i relativi fuochi. Gli ordinati fanno sovente accenno a questi documenti, che a quanto pare venivano compilati con una certa frequenza, senz’altro molto maggiore degli estimi. Una ricognizione nei locali dell’archivio non ha però, per il momento, permesso di rintracciare queste serie. Gli ordinati fanno cenno a un catasto redatto nel 1671 di cui però pare non esistere copia nell’archivio. Di grande interesse (e non segnalati in alcun inventario o appunto) sono poi i libri delle mutazioni di proprietà durante il Dipartimento dell’Agogna, che segnalano qualsiasi cambiamento di proprietà avvenuto in età napoleonica, organizzato per lettere in grossi libri. Le mappe e i libri catastali relativi del catasto teresiano del 1722-23 sono in Archivio di Stato di Torino, Catasto teresiano. Il catasto sabaudo del 1785 si trova in copia in Archivio di Stato di Milano, Catasto, 3.866 oltre che nel fondo del Catasto sabaudo in Archivio di Stato di Torino.
Ordinati
Dell’archivio storico civico, di cui è in progetto una nuova inventariazione, si dispone di un inventario del 1961 che risulta essere però largamente impreciso. I registri di deliberazione del consiglio comunale iniziano nel 1649 (anziché nel 1652 come segna l’inventario) e si sviluppano poi in forma continua fino al 1797, riprendendo nel 1814.
Dipendenze nel Medioevo
Fa parte del ducato poi comitato di Pombia, all’interno del marchesato d’Ivrea (Gavinelli 1983; Pellegrino 1952). Dal 1083 al 1167 fa parte della contea di Biandrate. Nel 1354 Galeazzo II Visconti riorganizza il territorio novarese in quattro squadre. Oleggio fa parte della squadra del Ticino (Monferrini 2002). Nel 1402 entra a far parte del feudo di Manfredi Barbavara assieme a vari borghi del Novarese e all’Ossola inferiore. Il 9 ottobre 1447 durante la Repubblica Ambrosiana ottiene da Milano la separazione giurisdizionale da Novara (Gavinelli 1971). Nel 1470 è donato assieme a Novara da Galeazzo Maria Sforza alla moglie Bona di Savoia (Dessilani 2003).
Feudo
Oleggio è stato infeudato il 23 luglio 1402 a Francesco Barbavara, il 14 gennaio 1467 a Lancillotto del Maino, nel 1474 a Francesco Pietrasanta e il 28 aprile 1477 al conte Giovanni de Attendolis della famiglia Bolognini Attendolo (feudatari anche di S. Angelo Lodigiano), al cui interno resta fino al 1797 (Dessilani 2003; Manno 1895; Magni 1937, p. 224). Dall’inchiesta feudale che si tiene nel 1680 sappiamo che a questa data i Bolognini sono feudatari assieme agli Sforza. I Bolognini sceglievano infatti il podestà ogni biennio, alternandosi col conte Galeazzo Sforza. Al podestà, stipendiato dalla comunità, competeva la giurisdizione sui rurali (Minor magistrato). Non esistevano entrate feudali; la comunità dava un bue grasso ogni anno ai confeudatari, la cosiddetta «ricognitione del manzo» (AST, Corte, Paesi di Nuovo Acquisto, Novarese, 11 [19 agosto 1680]) I dazi non erano di pertinenza feudale: dalla notificazione daziaria del 1679 sappiamo che la ragione di far pane e la beccaria erano per 3/4 di proprietà dei Trotti (affittati a Bernardo Bellano per 2.075 lire annue) e per 1/4 invece degli eredi di Carlo Antonio Boniperti. Il dazio per la vendita del vino a minuto apparteneva invece a uno Spinola ed era affittato a Pietro Michele Rossari per 1.000 lire. L’imbottato, frequentemente di ragione feudale, è a Oleggio alienato a un folto numero di proprietari che ne cavano un reddito in corrispondenza della loro quota: 338 lire spettano ad Annibale Caccia, 112 a Gio. Luca Pirogallo, 151 agli eredi del conte Giacomo Alfieri, 132 a Carlo e fratelli Bellini, 50 al reverendo Gio. Paolo Rossi come cappellano dei signori Minolli, 182 a Federico Bellino sacerdote della cappella del Santissimo Rosario giuspatronato della famiglia Bellini, 300 ad Alvigi e Carlo Camillo Trotti di Milano, per un totale di 1.328 lire di redditi. Da come la notifica dei dazi presenta la situazione parrebbe che l’imbottato fosse di proprietà della comunità e che fosse utilizzato come garanzia per coprire dei crediti ricevuti dai beneficiari qui sopra indicati, utilizzandone il corrispondente reddito per pagare gli interessi; i processetti del 1723 dicono però con chiarezza che l’imbottato era di proprietà di vari particolari, per cui a questa data si può ritenere il dazio sostanzialmente alienato (AST, Corte, Paesi di Nuovo Acquisto, Novarese, 11 [1 marzo 1679]; ASM, Confini parti cedute, 28 [18 ottobre 1723]).
Mutamenti di distrettuazione
Dal 1535 il Novarese entra a far parte della dominazione spagnola. Dal 1560 circa si costituisce il Contado di Novara, cioè l’istituzione per la riscossione dei carichi fiscali sorta dalla contrapposizione dei contadi alle città. Nel Contado di Novara Oleggio fa parte della Squadra del Ticino Superiore (una delle sei squadre) ed eleggeva sovente uno dei suoi cinque sindaci (Gnemmi 1981). Nel 1649, per esempio, uno dei cinque Sindaci è il notaio Bellini (ASNo, Contado di Novara, 205). Era inoltre una delle ventinove terre vocali del Contado, con diritto cioè di intervento alle Congregazioni generali ma anche di esprimere la propria opinione sulla convocazione di queste ultime. Dal 1738 al 1799 fa parte dello Stato sabaudo nell’Intendenza generale per l’Alto e Basso Novarese e Vigevanasco. Dal 1770 Oleggio è tappa d’insinuazione assieme a Novara, Romagnano e Borgomanero. Dal 1800 al 1814 fa parte del dipartimento dell’Agogna, è a capo di uno dei suoi distretti ed è comune di seconda classe (cioè compreso entro i 3.000 e i 10.000 abitanti) capo di un circondario di giurisdizione, il secondo per grandezza del Novarese (15.672 abitanti). Nella municipalità di Oleggio sono compresi due comuni aggregati, Marano e Mezzomerico. Tornato sotto i Savoia nel 1815 è inserito nell’Intendenza di Novara come capo di mandamento (Casalis 1845).
Mutamenti Territoriali
Il maggior mutamento territoriale è dovuto al sorgere di un’isola entro il corso del Ticino nel 1679, quando il «Ticino lasciato l’antico letto s’aprì il corso nel continente del territorio di Oleggio, dove è restata la sudetta lanca o sia Ticinello», oggetto di contestazione da parte di Lonate Pozzolo (cfr. il lemma ‘Liti territoriali’; AST, Corte, Paesi di Nuovo Acquisto, Novarese, 11, relazione del podestà di Oleggio del 19 agosto 1740). Come chiariscono i processetti preparatori per il catasto di Carlo VI del 1723 non vi sono state invece separazioni di “cassine” (ASM, Confini parti cedute, 28 [18 ottobre 1723]).
In età napoleonica, sotto il dipartimento dell’Agogna la comunità viene riformata e alla municipalità di Oleggio vengono aggregati i comuni di Marano e Mezzomerico, che torneranno a essere autonomi dopo il 1815.
Comunanze
Nel 1602 Oleggio vanta 13.595 pertiche di comunanze a fronte di 2.386 ecclesiastici, 1.474 civili e 29.892 rurali (ASM, Feudi Camerali p.a., 412). Per estensione dei terreni comunali è dunque la seconda comunità del Novarese, dietro la sola Trecate. Si tratta soprattutto di boschi, come si può ricavare dagli incanti dei terreni comunali presenti negli ordinati. Come ci informano i processetti del 1723 «la Communitа per uso antico distribuisce sulle case l’estimo che toccarebbe a beni comunali, cioè ronchi, brughere, e ciò per solievo de poveri, et per la maggior facilitа nella distribuzione de carichi». A questa data Oleggio possiede cinque mulini, di cui quattro di tre ruote e uno di due, la quarta parte del porto sul Ticino (un altro quarto appartiene a Lonate Pozzolo e due quarti sono dei marchesi Litta), le ragioni dei pesi e del terratico dove si fa il mercato ogni lunedì, la misura della brenta (cioè la privativa della misura del vino) e sette forni (ASM, Confini parti cedute, 28 [18 ottobre 1723]). Per far lavorare i propri mulini la comunità aveva ricavato un cavo da un luogo detto Costa del Fasolo, di derivazione dal Ticino, oggetto di un’inchiesta del Magistrato Straordinario (competente sulle acque demaniali) nel 1683 (ASM, Acque p.a., 1.048 [22 maggio 1683]). Ancora in età napoleonica la comunità possedeva cinque mulini (ASNo, Prefettura Agogna, 280 [19 dicembre 1803]; 392: Tenore de capitoli riguardanti l’affittamento de molini). Nel 1812 il consiglio decide però di dar vita una vasta vendita di beni comunali per sanare le passività, alienando tutti i beni eccetto gli edifici pubblici e i terreni che servono per pascolo (ASNo, Prefettura Agogna, 392 [29 luglio 1812]).
Liti Territoriali
I processetti per il catasto di Carlo VI del 1723, che prevedono nel loro questionario una domanda sulle controversie con i comuni vicini, contengono una significativa risposta del vicecancelliere Gio. Paolo Rossi:
non vi sono differenze ne liti di sorte alcuna. Potrebbe bensi insorgere qualche lite col Comune di Castelnovate per un certo bosco detto la Barbellera e l’Isolone che sarà da mille pertiche in circa il quale è stato fatto misurare senza nostro aviso dal sudetto comune, che ha fatti apporre i termini, includendolo per suo, e noi li abbiamo pure fatti apporre mentre l’abbiamo sempre goduto (ASM, Confini parti cedute, 28 [18 ottobre 1723]).
Oleggio vantava infatti tre condizioni che la esponevano in maniera quasi strutturale alle liti: l’abbondanza di beni comunali (siti sempre ai confini), l’essere su un corso d’acqua, e dal 1738 il fatto di essere una comunitа di frontiera tra la Lombardia austriaca e lo Stato sabaudo. Giа nel 1645 abbiamo comunque notizia di atti di lite tra Oleggio e Bellinzago per le acque che scorrono dal Ticino ai molini e prati di Oleggio, Bellinzago che utilizzava però gli scoli da queste derivazioni, in seguito alla loro vendita da parte di Oleggio nel 1622. Quest’ultima ostruiva però i condotti, che partivano dal suo territorio, scatenando dunque le proteste di Bellinzago e quindi la lite (ASNo, Contado di Novara, 205). La risposta di Rossi si rivelerà comunque premonitrice, tanto che nel 1738 è segnalata una lite con Castelnovate per un bosco di circa 1.000 pertiche dalla relazione del fiscale Pietro Rancati (Gavinelli 1986, p. 24).
Nel 1740 scoppiò inoltre una controversia con Lonate Pozzolo, una comunitа lombarda sita sull’altra sponda del Ticino (dunque in territorio di altro Stato). La lite è originata dal fatto che il 9 agosto il camparo di Lonate era entrato in territorio di Oleggio asportando due buoi, dal bosco un tempo dei signori Voner di Lonate e ora del collegio Barnabita. Secondo il console anziano di Oleggio «detto bosco però è situato di quа dal Ticino, territorio di detto borgo di Oleggio, per quanto io credo». La confusione nasce dal fatto che il Ticino aveva cambiato di corso due volte, una nel 1679 producendo una nuova isola detta del Voner, e un’altra nel 1705. La lite mette anche in luce la precedente pratica dei confini, poiché quando il Novarese era sotto Milano se i danni erano nei boschi di Oleggio al di là del Ticino la comunità convocava i danneggiatori nei tribunali di Somma, Lonate, Gallarate a seconda della vicinanza, «stante la difficoltà in certi tempi di traghettare il Ticino, la lontananza del porto, et altrettanto da Oleggio, che pare incompatibile con quella pronta giustizia che esiggono li danno campestri, la quale riesce più pronta seguendo il foro del danneggiato» (AST, Corte, Paesi di Nuovo Acquisto, Novarese, 11).
Fonti
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A.S.M., Castasto teresiano 3.866;
A.S.M., Censo p.a., 1649;
A.S.M., Confini parti cedute, 28;
A.S.M., Deroghe giudiziarie per corpi e comunità, 64;
A.S.M., Feudi Camerali p.a. 412.
A.S.T. (Archivio di Stato di Torino).
A.S.T., Corte, Paesi di Nuovo Acquisto, Novarese, Mazzo 11.
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Descrizione Comune

Oleggio

     Quella di Oleggio è la storia di un grosso borgo rurale sito su una collina ai cui piedi passa il Ticino, che ottiene prestissimo la sua autonomia da Novara e imposta tradizionalmente i suoi maggiori rapporti commerciali con Milano. Il borgo è uno dei maggiori del Novarese. Per quanto riguarda l’estimo è il secondo del contado dietro Trecate e prima di Galliate, con 63 cavalli e mezzo di tasso (Descritione 1626). Secondo la notificazione dei grani del 1678 è però di gran lunga il più popoloso della provincia, vantando 3.152 bocche contro le 2.659 di Galliate, le 2.350 di Trecate, le 2.327 di Borgomanero (Summario breve della qualità e quantità delli grani li quali si sono visitati per ordine di sua ecc.nza in ciascuna terra e cassina della provintia novarese nelle case di ciascun habitatore et del numero delle bocche personali, in ASNo, Contado di Novara, 282). Questa notevole popolosità, confermata nel tempo (nel 1680 Oleggio ha 770 fuochi, nel 1723 5.312 anime, nel 1850 7.420), era dovuta in buona parte al successo della coltivazione del mais nella zona, tanto che Oleggio notifica ben 4.890 sacchi di granturco, più di ogni altra comunità del Novarese. Un’altra motivazione deve ricercarsi nella straordinaria tenuta della comunità tra Cinque e Seicento, con la resistenza a una congiuntura durissima (Faccini 1988; Sella 1982). I maggiori fattori di resistenza sono da rintracciarsi nel possesso di ampi beni comunali, che non vengono ceduti a terzi, e nella capacità della comunità di darsi una struttura amministrativa e fiscale efficiente. In particolare, colpiscono le modalità di elezione del consiglio, che prevedevano una serie di complicatissime nomine incrociate abbinate a diversi turni di estrazioni a sorte. C’è anche da rilevare che i quaranta primi estimi che avrebbero dovuto essere convocati alle riunioni più importanti del consiglio pare abbiano influenzato poco o nulla la vita della comunità, almeno per gli anni a partire dai quali disponiamo gli ordinati, tanto che nel 1710 si alzarono delle lamentele relative al fatto che non si presentavano pressoché mai alle elezioni consolari. Parallelamente, l’amministrazione fiscale non si era a quanto pare sbilanciata come succedeva altrove, in particolare addossando sempre di più le tasse sul personale, in maniera cioè slegata dalla proprietà di beni reali. Oleggio, se al pari della maggior parte delle comunità divideva i carichi per 2/3 sul reale e per 1/3 sul personale, concepiva quest’ultimo in maniera assai più differenziata rispetto ad altre realtà. Anzitutto, partecipavano al pagamento delle tasse anche le bocche da sale, con un procedimento di riparto che prendeva dunque spunto dalle vicine terre del Ducato di Milano, dove le stara di sale erano la descrizione fiscale base delle comunità. Dai processetti preparatori per il catasto di Carlo VI sappiamo che il personale era formato dai maschi dai sedici sino ai settant’anni, che portano dieci soldi d’estimo cadauno e pagano per mezza bocca. I maschi dai sette anni fino ai sedici, le donne dai sette anni in poi e le persone dopo i settant’anni pagano invece solamente per una bocca. Per quanto riguarda i beni reali c’era la particolarità che ancora nel 1723 i terreni appartenenti a Milanesi non pagavano le tasse con la comunità ma «pagano con chi e dove vano censiti», ignorando dunque del tutto la regola di perequazione fiscale affermatasi già al termine dell’estimo di Carlo V per cui i beni pagassero a seconda del luogo in cui erano ubicati. C’è però da dire che ben pochi erano i terreni di cittadini in Oleggio, essendo la proprietà rurale rimasta compatta per tutta l’età moderna (ASM, Confini parti cedute, 28 [18 ottobre 1723]).
A questa situazione fa da sfondo un indebitamento crescente nel corso dell’età moderna. Nel 1652 Oleggio notifica 317.362 lire di capitali passivi (censi) (ASM, Censo p.a., 1.649 [22 febbraio 1652]), dieci anni più tardi 387.787 lire (ASNo, Contado di Novara, 251 [11 settembre 1662]) e nel 1723 303.413 lire, con un ridimensionamento che era tipico anche di altre comunità, grazie all’assestamento fiscale che era seguito alla pace dei Pirenei del 1659 e alla sostituzione dell’onerosissima “Egualanza” col sistema del “Rimplazzo” per le contribuzioni militari nel 1662. Fra i maggiori creditori nei confronti della comunità si contano nel 1652 i fratelli Bellini (che hanno investito 34.000 lire nel debito pubblico oleggese, che ne fruttano 4.000 di interesse), il feudatario Carlo Bolognini (30.000 di capitali e 1.500 di interessi), il teologo Ferrari (23.000 e 4.000), Francesco Molina (21.000 e 2.000). La pressione fiscale e l’indebitamento a metà Seicento erano tali che la comunità si era trovata costretta a richiedere una moratoria perché «non possino li Particolari di detta Communitа esser da alcuno molestati per qualsivoglia debito privato, nelle respettive loro persone, beni et mercantie, almeno per un anno prossimo», dato che diversi creditori della comunità stavano dando vita a esecuzioni personali nei confronti degli abitanti di Oleggio (ASM, Censo p.a., 1.649 [22 febbraio 1652]).
Per quanto riguarda la qualità dei terreni «si può dire che vi siano due squadre, perche li terreni di sopra monte, che sono verso la collina, abbenché siano misti di buoni et inferiori sono sempre migliori» dei terreni in pianura. In collina c’erano terreni misti con però abbondanza di viti e dunque di vino, col difetto però che erano «vigne da zappa, e pochissimo aratorio avidato» (ASM, Confini parti cedute, 28 [18 ottobre 1723]). Casalis parla però di un vino pregiato molto apprezzato dai Milanesi (Casalis 1845). I terreni pianeggianti erano invece utilizzati in particolar modo come pascolo; la vicinanza del Ticino rendeva la zona particolarmente adatta al “parcheggio” del bestiame in attesa di essere smistato verso Milano o direttamente venduto al grosso mercato di bestiami del borgo che si teneva di lunedì. Il mercato era antichissimo, tanto da essere concesso dai privilegi rilasciati a Oleggio nel 1447, che fanno però riferimento e documentano un’esistenza molto più risalente. Secondo la relazione del marchese d’Ormea che lo descriveva nel 1768, il mercato di bestiami era così grosso da impedire agli abitanti di uscire di casa «per essere tanto i portici, quanto le contrade che sboccano in detta piazza piene di bestiami, sendo occorse più volte delle disgrazie ad alcune piccole creature, oltre il fetore che dalle immondezze ne restava». Il mercato rendeva impossibile l’attività dei diversi osti e bottegai con negozi sulla piazza che avevano chiesto a gran voce il suo spostamento in aperta campagna (AST, Corte, Paesi di Nuovo Acquisto, 11, Novarese, relazione del giorno 8 ottobre 1768). L’ampiezza del mercato, la popolosità del borgo e i terreni inadatti alla coltivazione intensiva facevano sì che, come si diceva parlando della produzione agricola, «il maggior esito de raccolti si fa sul nostro mercato, ma non già dei nostri raccolti bensì di quelli che vi conducono i mercanti, mentre in tutto il territorio non si fa mai raccolto sufficiente per tutto l’anno» (ASM, Confini parti cedute, 28 [18 ottobre 1723]). Esisteva dunque ancora nel 1723 un problema di autosufficienza annonaria (tradizionalmente molto sentito dalle comunità di antico regime), che il pur abbondante ricorso al consumo di mais non era evidentemente riuscito a risolvere.
La netta distinzione fra due diversi tipi di terreni è correlativa al differente tipo di insediamento: da una parte il borgo, posto in collina, dall’altro le “cassine” sparse sulle colline. Come sappiamo da qualche documento fiscale questa diversità era in un qualche modo formalizzata, tanto che le “cassine” si riunirono in specifici cantoni che prendevano il nome dai loro oratori campestri. Questa frantumazione non portò però né a separazioni di quota d’estimo né alla responsabilità fiscale di queste parti, ma rimase a quanto pare solo a livello insediativo, religioso (sebbene i vari oratori dipendessero dalla parrocchiale) e probabilmente sociale, con alcuni dei più eminenti gruppi del borgo che si erano spostati in parte in queste “cassine”. Tra questi bisogna citare i Bellini, che avevano una loro “cassina” nel cantone di S. Lorenzo alle Fornaci. Mi sembra del resto che più che supporre una contrapposizione tra i maggiorenti che abitavano le “cassine” e il nucleo compatto sulle colline occorra supporre in questo caso un’integrazione, tanto che gli stessi Bellini non rinunciarono certo a vivere nel borgo.
Dal punto di vista religioso, come rileva Bascapé, «specialmente ad Oleggio vi sono molti benefici semplici» (Gavinelli 1983, p. 54). La comunità è infatti sede di un cospicuo numero di chiese e oratori, molti dei quali dotati di cospicui benefici. Al solo altar maggiore della parrocchiale vi sono nel 1758 ben otto legati per un totale di 147 Messe. Sempre in SS. Pietro e Paolo esistono poi 65 benefici semplici eretti nei vari altari, che danno vita a un’attività di celebrazione di Messe incessante. I legati sono determinati in questo caso dal gran numero di confraternite ma anche dalle famiglie di notabili del borgo che legano il proprio nome ad una cappella (i Bellini, i Rossari ecc.). Inoltre anche vari sacerdoti erigono benefici. Un fenomeno diffuso, tanto elevato è il numero dei benefici, è quello dell’esistenza di molti legati non adempiuti e di cui non si sa «a chi s’aspetti» (Nota de Benefizij e Legati perpetui delle Confraternite, Chiese ed Altari nel Boro, e Territorio d’Oleggio, in AD Novara, AC, 290/I, vescovo Balbis Bertone [1758]). Gli ordini vescovili del 1744 sottolineano questo fenomeno e chiedono a gran voce che si faccia ordine tra i legati, cercando di capire «chi fece il legato, chi lo rogò, e quando, sopra cosa sia fondato, dove, chi lo possiede, chi contribuisce la limosina», ma gli esiti non sono quelli attesi poiché nel 1758 molti legati risultano ancora “dispersi” (Ordini particolari, oltre i generali stampati per la chiesa parrocchiale, in AD Novara, AC, 290/I, vescovo Balbis Bertone [2 giugno 1744]). Gli ordini di Balbis Bertone porranno infatti nuovamente in evidenza il problema, raccomandando ai sacerdoti di fare un «libro mastro delle cappellanie e quello de legati [...] procurando che in essi siano distintamente descritte tutte le partite» (Ordini particolari, oltre i generali stampati per la chiesa parrocchiale, in AD Novara, AC, 290/I, vescovo Balbis Bertone [27 maggio 1758]).