Autori | Tron, Daniele |
Anno Compilazione | 1996 |
Provincia | Torino.
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Area storica | Pinerolese.
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Abitanti | 285 (ISTAT 1991).
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Estensione | 2245 ha (ISTAT 1991); 2280 ha (SITA 1991).
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Confini | A nord Pomaretto, a nord-est Inverso Pinasca, a est S. Germano Chisone, a sud Angrogna, a ovest Perrero.
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Frazioni | Tre centri (Pellenchi, Ruata, Rue) e 15 nuclei (il municipio è nel nucleo Lussie). Vedi mappa.
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Toponimo storico | «Prati molli» nel 1064 (Il gruppo dei diplomi Adelaidini, p. 324); «Pratum molle» (1122) e «Prato mollo» nel 1131 (Il cartario di Pinerolo fino all’anno 1300, pp. 46, 53; Caffaro 1903, p. 112).
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Diocesi | Pinerolo (prima del 1748, anno di creazione della nuova diocesi pinerolese: Torino), Va però sottolineato che, per un lungo periodo, l’effettiva influenza della diocesi di Torino fu marginale, in quanto alla fine del sec. XI, l’intera valle del Chisone era stata sottomessa alla giurisdizione dell’abbazia di S. Maria del Verano, presso Pinerolo (Carutti 1893, p. 67).
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Pieve | Appare già una «ecclesiam prati mollis» nel 1122 e negli anni seguenti (Caffaro 1903, p. 112). La «eccl. s. Mauritii de Pratomollo» nel 1386 paga il cattedratico al vescovo di Torino. Nel 1518 aveva titolo di chiesa parrocchiale. Nel 1688 viene eretta la nuova chiesa di patronato regio sulle alture della Ruà, assegnando al parroco il compito di tenere un cappellano nella borgata di Pomeano. Tale vicario, nel 1746, aveva anche l’obbligo di tenere una scuola. Da notare che, tra cura e vicaria, nel 1759 i Cattolici sono 44 in tutto a fronte di 600 Valdesi. Nel 1777 sono cresciuti a 80, ma i Valdesi ammontano frattanto a 700. In più, i pochi Cattolici abitavano in borgate distanti dalla loro chiesa, sita in un luogo d’insediamento completamente protestante. Nel 1843 si pose rimedio a questa situazione, costruendo un’altra chiesa, l’attuale, dedicata alla Natività di Maria Vergine (8 settembre), ubicata più in basso, nei pressi delle abitazioni cattoliche. La chiesa della Ruà, sconsacrata, venne completamente abbandonata e servì dapprima come tempio invernale per i Valdesi, quindi, dal 1879, con alcune trasformazioni, come locale per l’asilo infantile valdese e le scuole comunali (Caffaro 1903, p. 115). Dal 1967 il parroco di S. Germano presta anche il suo servizio pastorale nella comunità di Pramollo (Bounus 1981, p. 10).
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Altre Presenze Ecclesiastiche | A partire dal 1573, la popolazione di Pramollo, essendo passata in blocco alla Riforma e avendo cacciato il parroco, si servirà dell’antico locale di culto cattolico come tempio protestante. Un altro tempio venne costruito intorno al 1608 e demolito per ordine ducale nel 1624. Nel 1585 i consiglieri della comunità si riunivano nella casa di una più antica confraternita. Nel 1835 esisteva la compagnia del SS. Sacramento (Caffaro 1903, pp. 113, 115).
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Comunità, origine, funzionamento | Nel 1325 il principe Filippo di Acaja concede al monastero di Pinerolo «il pagamento annuo di 47 moggia e 3 emine di frumento che le comunità della valle di Perosa avevano accettato di pagare, secondo questa ripartizione: Perosa 28 moggia, Pinasca 8 moggia e 6 staja, Villar 15 staja e 1 emina, Pramollo 6 moggia e 5 staja, San Germano 5 staja e 1 emina, Porte 9 staja e 1 emina» (Statuta Vallis Perusiae 1568; Giolitti 1964, p. 46). Quindi, a questa data, vediamo le comunità della valle già pienamente operanti. Il documento conservato nell’Archivio di Stato di Torino, che reca la data del 13 aprile 1360 (ed è il primo a essere conservato in copia manoscritta dell’epoca), ci dà la piena conferma che forme di organizzazione delle comunità di valle fossero a quell’epoca non solo presenti, ma già pienamente consolidate (AST, Corte, Provincia di Pinerolo, m. 11, f. 7: Estratto dei privilegi e franchigie concesse dal Conte Amedeo di Savoia [il Conte Verde, che per circa 3 anni governa le terre degli Acaja] a favore della Comunità della Valle di Perosa). Durante questo secolo e i due successivi, verranno stipulati alcuni altri affrancamenti; con questi «affranchimenti» le «communitates hominum» – in genere al termine di lunghe o lunghissime trattative –, convocatesi in presenza di un notaio, sancivano con i loro signori la liberazione da determinate servitù, pedaggi, gravami, diritti, ecc. mediante un compenso in denaro: esso veniva liquidato generalmente con una somma una tantum, e con l’erogazione annua perpetua di un censo in denaro, e talvolta in natura (ad esempio grano, quando si trattava di mulini). Gli affrancamenti non erano generali, non riguardavano, cioè, tutte le servitù e gli obblighi, ma solamente quelli in oggetto della specifica transazione: e poiché i diritti signorili da cui ci si voleva emancipare potevano interessare più signori, o più soggetti, ognuno con una propria quota percentuale, era necessario iterare più volte l’atto con relative porzioni di pagamento. Cosi vediamo, il 25 novembre 1400, Amedeo d’Acaja vendere alle comunità della valle di Perosa tutti i suoi redditi, cioè: taglie, banni, fitti di prati, censi dell’affranchimento del borgo di Perosa, decima della canapa, ecc. in cambio di 3.300 fiorini d’oro (Giolitti 1964, p. 50; Statuta Vallis Perusiae 1568). Ma si deve giungere a un affrancamento del sec. XVI per vedere le comunità liberarsi, almeno parzialmente, dal peso delle decime ecclesiastiche: il nome della nostra compare tra le altre comunità della valle nel documento datato 11 aprile 1585: «affrancamento del cardinale Guido Ferrero abate commendatario di S. Maria di Pinerolo delle terze vendite, successioni etc., alle quali siano soggetti i beni della Perosa, Pomaretto, Pinasca, Inverso Pinasca, Porte, Inverso Porte, Pramollo, Villar Perosa e S. Germano» (AST, Corte, Provincia di Pinerolo, m. 11, f. 7). La dinamica di questo affrancamento è esemplare: gli uomini della valle (a quell’epoca in gran maggioranza professanti la «pretesa Religione Riformata», come si diceva all’epoca), contestavano i diritti abbaziali relativi alla riscossione delle decime, censi e canoni enfìteutici, di cui rifiutavano il pagamento all’agente dell’abate, adducendo anche l’imposizione fatta loro di recente da Emanuele Filiberto di versare nelle casse ducali annualmente mille scudi d’oro. Le comunità si erano dichiarate disposte a pagare tributi o al duca o all’abate, ma non più ad entrambi. L’abate allora le trascinò in giudizio dinanzi al Senato di Torino, la più alta magistratura del Ducato di Savoia, ottenendo una sentenza a lui favorevole, ma gli abitanti ricorsero al duca Carlo Emanuele I, il quale emanò lettere patenti in data 22 febbraio 1584, che non solo confermavano i diritti e i privilegi abbaziali, ma ne accordavano di nuovi. Le comunità presentarono allora al cardinale Ferrero un progetto di affrancamento che prevedeva il pagamento di una somma in denaro, comprensiva delle annualità arretrate, poi stabilita a 12.000 scudi d’oro, più la corresponsione di un canone fisso ripartito fra le varie comunità; in cambio l’abbazia rinunciava ad ogni diritto presente e futuro sugli uomini della val Perosa. Questa transazione, accettata dall’abate, fu successivamente approvata e omologata dal duca, il 7 febbraio 1586, e dal papa Sisto V con bolla del 30 aprile 1587 (Croset-Mouchet 1845; Giolitti 1964, pp. 57-62). Essa resse per più di due secoli: ancora a fine Settecento, le comunità versavano regolarmente la loro quota del canone annuale alla Mensa vescovile di Pinerolo, subentrata all’abbazia nel godimento dei suoi antichi diritti e prerogative (Manno 1895).
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Statuti | Degli statuti della valle di Perosa sono rimaste ben tre edizioni a stampa (del 1568, 1610, 1738) e una copia manoscritta del 1451: in tutti i casi, però, il testo che possediamo è il risultato di modifiche più o meno profonde apportate agli statuti originali, perduti; probabilmente essi erano anteriori al 1246, data del passaggio di Perosa sotto casa Savoia (almeno secondo l’ipotesi di Pittavino [Pittavino 1963, p. 41]), e in ogni caso anteriori alla lettera patente di Amedeo VI del 1360, che confermava antichi statuti, privilegi, usi, convenzioni, franchigie e immunità con l’aggiunta di altre concessioni, tra cui quella che gli abitanti non potessero essere tratti in giudizio fuori della loro valle (Giolitti 1964, p. 71). Nel 1451 gli statuti venivano riformati, e portati dai precedenti 65 capitoli ad 89: lo si apprende da una sentenza del 1737 «in causa Comitis Aloysii Piccon Locorum Perusie et Vallis Vassallis contra Comunitate Perusie et Vallis», in cui si parla di una concessione del 4 aprile 1443 in 65 «capitula statutorum» e di un’altra, del 21 maggio 1451, «in qua pro confirmatione novorum statutorum supplicaverunt» (Fontana 1907, pp. 237-38); così modificati vennero approvati dal duca Ludovico di Savoia con patenti del 25 maggio 1451. Sotto la Francia, il re Carlo IX nel marzo 1567 li confermò e, «con lettere del 2 maggio dello stesso anno, gli confermò pure tutte le franchigie ed immunità di cui già esso godeva» (Casalis 1847). Subito dopo, senza dubbio in connessione con la conferma regia, gli statuti di Val Perosa vennero pubblicati a Pinerolo dal De Rubeis nel 1568 (Statuta Vallis Perusiae 1586) e poi ancora ripubblicati nel 1610 (Statuti, Privileggi, e Concessioni 1610, esemplare conservato presso la Biblioteca Civica di Pinerolo), una volta ritornata la valle sotto i Savoia. La terza ristampa, fatta in Torino ad opera dello Zappata nel 1738 (col medesimo titolo della prima), è senza dubbio da mettere in relazione con la causa, svoltasi l’anno precedente fra il conte Piccon (detentore dei diritti signorili) e le comunità della valle (un’approfondita analisi del contenuto degli Statuti si può trovare in: Giolitti 1964).
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Catasti | Il primo catasto conservato nell’archivio comunale risale al 1764, corredato da un Libro delle Valbe della Magnifica Comunità di Pramollo, valle di Perosa (volumi non inventariati). È seguito da due volumi di Riforma del catasto, rispettivamente del 1780 e del 1793, quest’ultimo con un estratto di mappa (volumi non inventariati). All’Archivio di Stato di Torino sono conservati un catasto settecentesco e la documentazione completa del catasto Rabbini del 1862 (AST, Camera dei Conti, Finanze, Catasti, Catasto Antico [1763], Allegato D, v. 125; Alleg. C, rotolo 40).
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Ordinati | La serie documentaria è attualmente presente nell’archivio comunale a partire solo dal 1792 (AC Pramollo, volumi non inventariati).
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Dipendenze nel Medioevo | Comitato di Torino fino al sec. XI, abbazia benedettina di Santa Maria di Pinerolo (dal 1064), conti di Savoia (dal 1246), Principato di Acaia (1295-1418) e poi Ducato di Savoia.
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Feudo | Abbazia di Santa Maria di Pinerolo dal 1064 (Il gruppo dei diplomi Adelaidini, pp. 323-332). Questa situazione perdura fino al secolo XVI: è del 31 maggio 1520 una «convenzione tra l’abate di S. Maria di Pinerolo Giovanni di Savoia e gli uomini e comunità della Perosa e Valle riguardo alla ricognizione dei beni semoventi dal diretto dominio dell’abbazia» (AST, Corte, Prov. di Pinerolo, m. 11, f. 7, n. 10). Venne eretto in contado a favore degli Umogli residenti alla Vernea (Casalis 1847). L’affrancamento dei pesi feudali fu pattuito l’11 aprile 1585, con il censo di £. 266 alla mensa di Pinerolo. Il conte Umoglio non aveva se non i diritti di caccia e pesca. Il 2 maggio 1619: investitura del conte Emanuele Filiberto al conte Goveano; 12 febbraio 1670 fu investito il conte Gilliberto San Martino, acquisitore dal conte Goveano; 10 luglio 1700: fu investito Giovanni Michele Carrasso che comprò da Daniele Gilliberto San Martino; ridotto a regio demanio mediante indennità nel 1740; 5 ottobre 1744: fu investito Angelo Francesco Benso (=Benzo) presidente del S.S.R. Consiglio di Sardegna col titolo comitale; 9 marzo 1770: fu permesso a Giambatista di Angelo Francesco di poter vendere per soddisfare i debiti lasciati dal padre; compra stesso anno Giuseppe Antonio Umoglio, investito il 5 settembre; 17 agosto 1776: fu investito il figlio Carlo Francesco Antonio (Manno 1895, p. 318).
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Mutamenti di distrettuazione | Il comune, passato ai Savoia dopo la dominazione francese del 1536-1559, venne assegnato all’antica provincia di Pinerolo, rimanendovi anche in occasione della seconda occupazione della val Perosa da parte del re di Francia, che interessò solo il versante orografico sinistro della valle, mentre tutto l’Inverso rimase ai Savoia, la frontiera essendo definita dal percorso del torrente Chisone. Durante l’amministrazione francese del periodo napoleonico, venne aggregato al cantone di San Secondo e, con la Restaurazione, fece parte del mandamento di San Secondo (compreso nel circondario di Pinerolo), rimanendovi fino al 1923, anno di abolizione di questa circoscrizione amministrativa.
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Mutamenti Territoriali | Nel 1928 i comuni di Pramollo e di Inverso Porte vennero unificati con quello di S. Germano e successivamente soltanto Pramollo è ridiventato autonomo nel 1954.
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Comunanze | Con Angrogna, all’alpeggio della Vaccera (AC Angrogna, mazzo 86, f. 3). Usi civici: tot. 1198.1360 ha; categ. «A»: 1197.5622 ha; categ. «B»: 0.5738 ha (CLUC, prov. di Torino, cartella 203: Pramollo).
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Liti Territoriali | Il problema del pascolo al colle della Vaccera diede origine a una lite di cui si ritrova documentazione negli archivi comunali di Pramollo (1850-56) (mazzo non inventariato) e di Angrogna: Transazione della lite con la comunità di Pramollo (1850-1856) (AC Angrogna, mazzo 86, f. 3) e in quello di Torre Pellice (AC Torre Pellice, mazzo 214: Vertenza coi comuni di Angrogna e Pramollo per pascoli [1855-1859]).
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A.C.A. (Archivio Storico del Comune di Angrogna).
A.C.A., mazzo 86, f. 3. A.C.T. (Archivio Storico del Comune di Torre Pellice).
A.C.T., mazzo 214: Vertenza coi comuni di Angrogna e Pramollo per pascoli [1855-1859]. A.S.T. (Archivio di Stato di Torino).
A.S.T., Camera dei Conti, Finanze, Catasti, Catasto Antico [1763], Allegato D, v. 125; Alleg. C, rotolo 40. A.S.T., Carte topografiche e disegni, Carte topografiche segrete, Borgonio B 1 Nero, Mazzo 1, "CARTA COROGRAFICA / DEGLI / Stati di S.M. il Re di SARDEGNA / data in luce / dall'Ingegnere / BORGONIO / nel 1683 / corretta ed accresciuta / nell'anno 1772". Borgonio (Ingegnere) [Stagnon 1772] Carta corografica degli Stati di terraferma di S.M. il Re di Sardegna. Copie 2 una in fol. 17, compresa la tabella di riunione; colla divisione per governi e la seconda composta di fol. 16 colla divisione della Provincia ed un'altra copia in 4 fol. (Manca la copia composta di fogli 16). (Note: Sul verso: "Carta III. / continente il Marchesato di Susa, il Contado di / Nizza, e le Provincie di Pinerolo, e Cuneo, con la maggior / parte di quella di Torino, piccola parte delle rispettive / Provincie di Moriena, Ivrea, Alba, Mondovì, e / Principato d'Oneglia, con le Frontiere di Francia / e parte della Provenza, il Principato di Monaco, e / piccola parte del Genovesato". L'originale seicentesco dal titolo "Carta generale de' Stati di Sua Altezza Reale" fu disegnato da Tommaso Borgonio ed inciso da Giovanni Maria Belgrano. Per l'edizione settecentesca qui conservata vennero aggiunti alcuni fogli raffiguranti i paesi di nuovo acquisto incisi da Stagnone su disegni di Castellino, Galletti e Boasso e vennero anche apportate alcune modifiche ai fogli disegnati dal Borgonio. Cfr. anche Carte Topografiche per A e B, PIEMONTE, n. 23 e Carte Topografiche Segrete, BORGONIO B 5 nero), Foglio 3, 1772, . Vedi mappa. A.S.T., Corte, Provincia di Pinerolo, m. 11, f. 7: Estratto dei privilegi e franchigie concesse dal Conte Amedeo di Savoia a favore della Comunità della Valle di Perosa. C.U.C. (Commissariato per la Liquidazione degli Usi Civici, Torino).
C.U.C., prov. di Torino, cartella 203: Pramollo. | |
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Descrizione Comune | Pramollo Risale al 1064 il più antico documento medioevale, a nostra conoscenza, che faccia menzione di Pramollo. Si tratta della nota donazione della marchesa Adelaide (figlia ed erede di Oddone Manfredi, conte di Torino e marchese d’Italia) all’abbazia di S. Maria presso Pinerolo (l’attuale abbadia alpina), con la quale la nobile signora costituiva al monastero una “dote” (che si estendeva fino all’isola della Gallinara, di fronte ad Albenga). La dotazione comprendeva buona parte del territorio delle attuali valli Chisone, Germanasca e Pellice, e tra questi «integritatem [...] Prato mollo», e cioè la piena giurisdizione feudale sull’intero «vallone» di Pramollo. All’incirca in questi anni, a seguito del matrimonio di Adelaide con Oddone di Savoia, figlio di Umberto Biancamano, la giurisdizione politica sulla contea di Torino, comprendente questi territori e in quanto parte della dote della sposa, entra nella sfera di influenza dei Savoia, dalla quale, in un modo o nell’altro, non si staccherà più, fino all’età contemporanea. L’esser stata collocata sotto una giurisdizione ecclesiastica, anziché sotto il controllo di un feudatario laico, avrà, per la valle di Pramollo, conseguenze molteplici, difficilmente sintetizzabili: basti evocare la ben diversa situazione in cui vennero a trovarsi le valli del Pellice e dell’Angrogna, alle prese con feudatari quali i conti di Luserna, e le lotte assai più aspre che esse ebbero a sostenere per conseguire, con l’affrancamento, una più precisa e matura personalità civile e giuridica. «Vi esistono due opere di beneficenza, una pei Cattolici, e l’altra pei Protestanti» (Casalis 1847). Nel 1698 la popolazione era di 283 anime, mentre nel 1734 era di 413 anime (Dossetti 1981, pp. 543 e 547). Nel 1777 la popolazione assommava a 710 anime (636 Valdesi e 74 Cattolici) (Caffaro 1893, p. 661). Nel 1853 siamo a 1585 unità (1457 Valdesi e 128 Cattolici) (Caffaro 1893, p. 649) mentre nel 1881 siamo a 1350 persone (Caffaro 1893, p. 661).
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