Bianzè

AutoriDel Bo, Beatrice
Anno Compilazione2009
Provincia
Vercelli
Area storica
Contado di Vercelli
Abitanti
2038 (ISTAT 2001); 2061 (Anagrafe Comune: 30/10/2010).
Estensione
418 ettari.
Confini
a nord Borgo d’Ale (Vc), a nord-est Tronzano Vercellese (Vc), a sud-est Ronsecco (Vc) e Trino (Vc); a ovest Livorno Ferraris (Vc) e a nord-ovest Moncrivello (Vc).
Frazioni
Carpeneto
Toponimo storico
Blanzatum, Blanzate, Blanzay.
Diocesi
Vercelli sino al 1474, quando fu compresa nelle località della nuova diocesi di Casale, benché, “pur essendo venut[a] a far parte del vescovado sin dall’inizio, stranamente ‘non continetur in bullis’”, per usare le parole di Aldo Settia (Id., “Fare Casale ciptà”, p. 696). Essa vi è elencata in un instrumento del 1560 (ASTo, Corte, Paesi, Monferrato, Confini per A e B, L, vol. 9). Nel 1805 Bianzè fu riaccorpata alla diocesi di Vercelli (Orsenigo, Vercelli sacra, p. 282).
Pieve
La prepositura di Bianzè compare nell’elenco delle decime del 1298-1299 (ARMO, I, p. 34); nel 1319 la collegiata vantava tre canonici e un prevosto (Orsenigo, Vercelli sacra, p. 284). Nel successivo elenco delle decime del 1348 si menzionano la pieve di Bianzè e due suoi canonici (ARMO, I, p. 101) e ancora nelle decime del 1440 si fa riferimento alla prevostura “con canonici e cappellani” (Orsenigo, Vercelli sacra, p. 403; ARMO, I, p. 226); la parrocchia di Sant’Eusebio fu forse acquisita dall’abbazia di Lucedio e pervenne in seguito alla diocesi (Ferraris, Le chiese “stazionali”, p. 239). Nella prevostura di Sant’Eusebio sono attestate cappelle di fondazione delle famiglie eminenti locali, che vi esercitavano il patronato (nel XV secolo è attestata la cappella dei Guiscardi, il cui beneficio rendeva 20 fiorini annui: Del Bo, Uomini e strutture, p. 73). Al 1615 risale l’istituzione di un quarto canonicato (Orsenigo, Vercelli sacra, p. 284). La chiesa parrocchiale attuale fu ricostruita a partire dal 1680 (Orsenigo, Vercelli sacra, p. 284), il campanile risale al 1685 (Garione, Cenni storici, p. 31) e la facciata al 1779 (Garione, Memorie, p.27). Gli statuti furono redatti nel 1319 e  approvati l’8 marzo dal vescovo di Vercelli Oberto Avogadro (Garione, Memorie, p.27).
Altre Presenze Ecclesiastiche
Nel 1550 fu edificata la chiesa di Santa Maria Assunta, la cui intitolazione mutò in Santissima Trinità nel 1608, quando fu eretta la confraternita omonima. La torre campanaria fu costruita nel 1770 (Garione, Memorie, p. 29; Orsenigo, Vercelli sacra, p. 286; attestata nel catasto del 1810: ASTo, Sezioni Riunite, Catasti, francese, originale parcellare del 1810 con quadro di sintesi, allegato A, pf. 240). Agli anni 1611-1615 risale la fondazione di un monasterto delle Orsoline della Congregazione di Sant’Angela Merici, (Casalis, Dizionario geografico, p. 290; Orsenigo, Vercelli sacra, p. 285; Garione, Memorie, p. 24), soppresso nel 1802 e in seguito destinato a ospitare il Municipio (sede attuale). Nel 1625 fu consacrata la chiesa di Santa Maria Annunziata o di Santa Maria del Tabi, in adempimento a uno voto della popolazione formulato per ottenere la liberazione dalla malattia della “Tabe”; nel 1929 vi si trovavano, oltre all’altar Maggiore, sette altari tutti di famiglie private (Garione, Memorie, pp. 29-30; Orsenigo, Vercelli sacra, p. 286; Bianzè, una ricchezza). Il Garione riferisce dell’esistenza della chiesa di San Giovanni Decollato e di quella di San Pietro o degli Apostoli, poi unita alla Misericordia (Garione, Memorie, p. 28; Orsenigo, Vercelli sacra, p. 286; Uscello, La Confraternita, p. 12) e adibita ad abitazione verso la fine del XX secolo (Uscello, La Confraternita, p. 12); un’altra chiesa confraternale intitolata a San Francesco fu distrutta nel 1796 (Uscello, La Confraternita, p. 12). Nel XVIII secolo esisteva una chiesa della Confraternita della Misericordia, dedicata inizalmente alla Natività di Maria, di cui non si conosce la data di erezione, ma la cui esistenza è attestata dal fatto che nel 1744 si richiedeva la facoltà di costruirvi una piccola sagrestia. In un elenco di chiese del XVIII secolo, comprendente 14 enti, compaiono anche la chiesa di San Giovanni Battista, presso la cascina Barbera, di proprietà privata, una chiesa campestre di San Giovanni Battista sulla Strada, in corrispondenza del bivio fra cascina Belvedere e frazione Carpeneto (la chiesa è ancora attestata in un Tipo del 1817: ASCB, mazzo 275, Risaie dal 1610, 1817 aprile 6), tre chiese campestri distrutte, ossia San Rocco, coincidente forse con la cappella di San Rocco e Vito elencata nella perequazione del 1731 (ASTo, Sezioni Riunite, Ufficio generale delle finanze, seconda archiviazione, capo 21, mazzo 315), Santi Fabiano e Sebastiano (nella perequazione, tuttavia, si indica una Chiesa di San Sebastiano demolita: ASTo, Sezioni Riunite, Ufficio generale delle finanze, seconda archiviazione, capo 21, mazzo 315) e San Giacomo (ASTo, Sezioni Riunite, Ufficio generale delle finanze, seconda archiviazione, capo 21, mazzo 315 e ancora attestata all’epoca del catasto teresiano: ASTo, Catasti, Francese originale parcellare del 1810 con quadro di sintesi, All. A., pf. 240, sezione A)  e una chiesa della cascina Cagna dedicata a San Rocco, ancora esistente agli inizi del  Novecento (Garione, Memorie, pp. 28-30; cfr. anche Orsenigo, Vercelli sacra, p. 286). Nell’area della Gualba sino al 1750 risulta eretta una cappella detta dei Morti, intitolata a San Martino, fra strada Maggiore e strada Carpenasca, attestata ancora nel 1817 e poi scomparsa (ASCB, mazzo 275, Risaie dal 1610, 1817 aprile 6; Garione, Memorie, p. 13).
Assetto Insediativo
Lo sviluppo dell’habitat di Bianzè risale all’epoca romana, come risulta dalle tracce di occupazione rilevate dagli scavi archeologici (Garione, Cenni storici, p. 4; Viale, Vercelli e il Vercellese, p. 53). La località è menzionata per la prima volta in un privilegio di Federico I del 12 gennaio 1159: l’imperatore confermò la donazione del luogo di «Blanzay», insieme a molti altri, al monastero di San Michele e di San Genuario di Lucedio (L’abbazia di San Genuario, doc. 4, pp. 61-64; Panero, Primo elenco di insediamenti umani, p. 13; MGH, Diplomata Regum et Imperatorum, X/II, doc. 249, pp. 46-47; cfr. Panero, Una signoria vescovile, p. 103). Il borgo nel 1335 fu fortificato a opera dei Visconti, ma è assai probabile che lo fosse anche in precedenza (Garione, Memorie storiche, p. 11). Nel 1362 le mura furono completamente distrutte nella guerra fra il marchese di Monferrato e i Visconti e ricostruite su iniziativa del marchese Teodoro II di Monferrato, entrato in possesso del territorio, nel 1387 (ASCB, mazzo 220, Infeudazioni, immunità, franchigie ed esenzioni; Statuti del comune 1373-1637, c. 27r; Garione, Memorie storiche, p. 14). Il tracciato della cerchia muraria e dei bastioni, che sostituirono il piú antico recinto fortificato, è ancora rilevabile nell'impianto quadrato dell'abitato e nel profondo fossato che lo circonda (Dionisotti, Memorie storiche, p. 82). Tra la fine del XIV e il primo decennio del XV secolo, durante la fase più critica dell’età medievale sotto il profilo demografico, sulla base dei riparti e per la taglia (1388) e per il sussidio (1412) imposti alle terre monferrine, Bianzè doveva contare meno di cinquecento abitanti (Del Bo, Uomini e strutture, pp. 49-50; ASTo, Corte, Paesi, Monferrato, Feudi, m. 12, 1412 dicembre 22). Il livello demografico si era forse fatto più consistente tra la fine del Cinquecento e i primissimi anni del secolo successivo, allorché risultano attestate quattro confraternite (Garione, Cenni storici, pp. 35-41; Uscello, La Confraternita). Nell’ottobre 1616 l’abitato fu devastato e incendiato dall’esercito di Carlo Emanuele I di Savoia “et pauperes omnes facti sunt” (da una descrizione coeva del parroco: Orsenigo, Vercelli sacra, p. 285); la maggior parte delle donne fu trasferita nella comunità agostiniana di Livorno F. Pochi mesi dopo il borgo fu colpito dalla peste “et fere dimidia pars defuncta fuerit, ut videre licet in libro defunctorum” (Garione, Cenni storici, pp. 16-17). Pur tenuto conto che per ottenere il soddisfacimento delle richieste si tendeva a descrivere la situazione aggravandola anche di molto, la desolante condizione del villaggio è ben espressa in una supplica presentata dalla comunità ai duchi di Savoia alcuni decenni più tardi, nel 1685: “La comunità di Bianzè, che altre volte si annoverava fra le migliori communità dello stato di V.A.R. nel dominio di Monferrato, si trova hoggidì talmente esausta e d’huomini e di registro, che senza un’applicazione e benigna assistenza delli A.V.R è costrecta di perdere il nome istesso di communità, mercè che di soldi milleottocento di registro che compongono i beni di quel finaggio cinquecento cinquanta circa solamente se ne trovano collectabili…e il ressiduo ancor inculto, vacante e derelitto a causa degl’eccessivi carighi, quali detta comunità è obligata d’imponere annualmente» (ASTo, Corte, Paesi, Provincia di Vercelli, mazzo 7, 1685 ottobre 26). Ad aggravare la depressa condizione demografica contribuiva la poca salubrità del luogo, dovuta alle continue infiltrazioni d’acqua, proveniente dalla falda acquifera, che danneggiavano gli edifici e le abitazioni, persino il coro della Confraternita della Santissima Trinità: nel 1780 la situazione fu in parte risolta con la realizzazione di un’opera mastodontica di ingegneria idraulica, ossia la “Fossa” che doveva proteggere il paese dall’umidità e dai miasmi (Garione, Memorie storiche, p. 15; cfr. anche "Liti territoriali"). Negli anni Trenta dell’Ottocento la popolazione complessiva ammontava a 2.800 abitanti, confermando un trend positivo iniziato a fine Settecento (Casalis, Dizionario geografico, p. 291).
A partire dal XII secolo, è documentata la località di Carpeneto (Panero, Primo elenco di insediamenti umani cit., p. 14: 1179), dove almeno dal 1299 è attestata una struttura fortificata (Panero, Primo elenco di insediamenti umani, p. 27; Lusso, Il torrione presso Narzole, p. 166; Rao, Il villaggio scomparso, p. 113). Un'area dell'abitato conserva la denominazione di «Castello» nella tradizionale toponomastica locale (cfr. Luoghi fortificati , IV, 108). A Carpeneto, nel Quattrocento, i Guiscardi, potenti cortigiani monferrini originari di Bianzè, detenevano 50 moggia di beni feudali (Del Bo, Uomini e strutture, p. 291), mentre agli inizi del Cinquecento il “castrum seu turris ac villa et locus” di Carpeneto era stato acquistato da un altro cortigiano monferrino, Teodoro di Sangiorgio (Lusso, L’insediamento nella prima età moderna, p. 110). Nei pressi di Carpeneto sorgeva un’altra struttura fortificata, ora scomparsa: una casaforte nota tramite un’attestazione su un Tipo del 1688 e un documento del 1730 (ASVc, Int. di Vc. serie I, n. 59) e nella toponomastica successiva, forse il centro di un’azienda agraria, denominata “Torrone dei banditi”, nei pressi delle Cascine Stroppei e Ariotta, dove nel XIX secolo si ergeva ancora la cascina omonima (Luoghi fortificati, IV, p. 22; Lusso, Il torrione presso Narzole, p. 166).
Luoghi Scomparsi
Nell’area della Gualba sino al 1750 risulta eretta una cappella detta dei Morti, ora scomparsa (Garione, Memorie, p. 13; forse la scomparsa si può far risalire a qualche decennio prima, giacché nella perequazione si indica una “chiesa demolita e cimitero”, forse identificabile con la cappella dei Morti: ASTo, Sezioni Riunite, Ufficio generale delle finanze, seconda archiviazione, capo 21, mazzo 315); altre tre chiese campestri, la cui edificazione è da collocare in età moderna (XVI secolo), risultano scomparse, ossia San Rocco, Santi Fabiano e Sebastiano e San Giacomo (Garione, Memorie, p. 28; ASTo, Sezioni Riunite, Ufficio generale delle finanze, seconda archiviazione, capo 21, mazzo 315). Nei pressi di Carpeneto risulta scomparsa una casaforte nota tramite un Tipo del 1688 e un documento del 1730 (ASVc, Int. di Vc. serie I, n. 59) e nella toponomastica successiva, forse il centro di un’azienda agraria, denominata “Torrone dei banditi”, nei pressi delle Cascine Stroppei e Ariotta, dove nel XIX secolo sorgeva ancora la cascina omonima (Luoghi fortificati, IV, p. 22).
Comunità, origine, funzionamento
La documentazione disponibile restituisce l’immagine di una comunità debole o poco interessata all’affermazione della propria autonomia nei confronti dei poteri locali e sovralocali, giacché esce quasi sempre indebolita, mai comunque rafforzata, dalle liti territoriali nelle quali risulta impegnata. Le ragioni di tale scarsa affermazione d’autonomia risiedono in gran parte nella forza di alcune comunità limitrofe: in primo luogo l’abbazia di Santa Maria di Lucedio che, per esempio, nel 1235 aveva ottenuto dal podestà di Vercelli un atto che tutelava i suoi possedimenti a danno di alcune comunità, tra le quali Bianzè (Cappelletti, Il patrimonio dell’abbazia, p. 74). Anche Livorno F. era riuscita a salvaguardare in parte i propri interessi nell’area (cfr. la scheda relativa), sottraendo, forse, forza contrattuale alle comunità vicine. Indice della supposta ‘debolezza’ della comunità è costituito anche dal mancato controllo dei forni, che nel XV secolo erano di proprietà del marchese di Monferrato e infeudati ai Guiscardi, stirpe egemone della località (Del Bo, Uomini e strutture, p. 73). La località apparteneva al demanio marchionale, perciò le sue risorse erano spesso impiegate per ricompensare gli officiali del principe (Del Bo, Uomini e strutture, p. 369, oltre a quanto riportato oltre). Nel corso della dominazione monferrina, alcune stirpi radicate nella corte paleologa, benché non più residenti in maniera stabile a Bianzè, avevano mantenuto e consolidato i propri interessi economici e immobiliari nella comunità d’origine, in particolare i Guiscardi e i Volpe, che nel corso del XV secolo avevano fornito ben quattro cancellieri e segretari ai marchesi: i Guiscardi detenevano in feudo, censi, una parte della giurisdizione, la podesteria e i forni della comunità (Del Bo, Uomini e strutture, pp. 73, 119, 291-293) e 50 moggia di beni nella frazione di Carpeneto (Del Bo, Uomini e strutture, p. 291). Nel 1477 il moleggio e il censo di Bianzè erano stati venduti, con patto di retrovendita, dalla camera marchionale a Giacomo Vische dei conti di San Martino, consigliere di Guglielmo VIII (Del Bo, Uomini e strutture, p. 382). Tra le concessioni di una qualche importanza ottenute da Bianzè si devono annotare l’esenzione dai pedaggi, in ragione della fedeltà e dei servigi resi dalla comunità ai marchesi di Monferrato: “quanta fidelitate quantaque fidei et animi dilectione nobis fideles carissimi nostri comunitas, homines et singulares persone loci nostri Blanzate et sicut retroactis temporibus et antiquis pro manutenendo honorem et statum nostrum et ill. d. marc. Montisferrati progenitorum nostrorum fuerunt guerrarum discriminibus acriter et vehementissimi prosequti supportantes in nostrum servitium […] multa dampna incendia et iacturas et quanto plus fuerint ab hostibus prosecuti tanto magis erga nos et statum p.d.n. marc. progenitorum […] firma et indissolubili fidelitate processerunt” (ASCB, mazzo 220, Infeudazioni, immunità, franchigie ed esenzioni; Statuti del comune 1373-1637, c. 65v; cfr. anche Garione, Cenni storici, pp. 12-13: 1412 maggio 8) e quella rilasciata dal marchese Guglielmo VIII Paleologo nel 1464 di estrarre acqua dalla Dora nel territorio di Saluggia, per garantire il funzionamento dei mulini e l’irrigazione dei campi (ASTo,  Corte, Paesi, Provincia di Vercelli, mazzo 7, 1464 ottobre 17). Le disposizioni relative alla cura delle rogge sulla Dora furono confermate dal duca di Mantova agli inizi del XVII secolo  (ASTo, Corte, Paesi, Provincia di Vercelli, mazzo 22, 1605 giugno 1° e 1624 marzo 22). Si tenga conto, tuttavia, che, come accennato, nell’area era la comunità di Livorno F. a godere di una posizione dominante nella tutela dei diritti rispetto agli altri centri abitati (s.v. Livorno Ferraris)
Statuti
Una copia cartacea della fine del XV secolo conservata presso l’Archivio del Comune contiene gli Statuti del 18 marzo 1386, confermati dal marchese il 12 maggio 1387 (ASCB, mazzo 220, Infeudazioni, immunità, franchigie ed esenzioni; statuti del comune, 1373-1637, c. 27r). La raccolta complessivamente consta di 194 capitoli, nella copia sopravvissuta alle norme statutarie seguono (cc. 55v sgg.) copie delle concessioni marchionali a partire da 1437 giugno 28, 17 nuovi capitoli sulla camparia (cc. 70r sgg.) datati 1451 e altre disposizioni del 1474 (cc. 75r  sgg.). Nel 1929 il codice pergamenaceo originale, ora deperdito, era ancora conservato nell’Archivio del Comune (Garione, Memorie, p. 10).
Presso l’Archivio del Comune si conserva, altresì, una copia manoscritta dei bandi campestri del 1829, modellati sulla normativa delle comunità di Saluggia e Lamporo, di cui si conserva una copia a stampa e una copia a stampa dei “Bandi campestri e regolamento di polizia urbana e campestre/rurale”,Torino 1881 (ASCB, mazzo 53, Bandi campestri).
Catasti
Presso l’Archivio di Stato di Torino, Sezioni Riunite, è conservato il catasto francese (ASTo, Catasti, Francese originale parcellare del 1810 con quadro di sintesi, Bianzé, alleg. A, pf. 240; copia B. atl. n. 163 e cat. G. fasc. 436); presso l’Archivio storico comunale di Bianzé sono conservati Catasti dal 1593 al 1897: ASCB, Catasto Antico, m. 160 (1593-1626); m. 161 (1621-1668); m. 162 (1668-1687); m. 163 (1692); m. 164 (1698-1743); m. 165 (1743-1746); m. 166 (1777-1800); m. 167 (1800-1814); m. 168 (1816-1850); m. 169 (1816-1850); m. 170 (1851-1865); m. 171 (1868-1870); m. 172 (1871-1874); m. 173 (1874-1878); m. 174 (1878-1884); m. 175 (1890); m. 176 (1890); m. 177 (1890-1895); m. 178 (1897), unitamente a Catasto e catastaro, m. 159 (1861-1897); Catasto, carte varie (1618-1771); Catasto commissione censuaria 1887-1892.
Ordinati
Presso l’Archivio storico del Comune sono conservati Ordinati e delibere dal 1550 al 1869 (ASCB, Convocati, ordinati e deliberamenti, mazzi 2-19).
Dipendenze nel Medioevo
La Chiesa vercellese vantava diritti sulla località sin dal 999, allorché, il potente vescovo Leone aveva ottenuto dall’imperatore Ottone III importanti concessioni e conferme sui diritti vantati nel distretto vercellese (si tengano presenti le cautele suggerite da ultimo da Panero, Una signoria vescovile, pp. 54-65, sull’autenticità dei documenti e sulle interpolazioni del presule). Nel 1310 la località entrò a far parte del marchesato di Monferrato (Statuti di Vercelli 1341, f. 154r), al quale appartenne, tranne alcune parentesi di dominazione viscontea (1335) e sabauda (durante la guerra 1430-35 e dal 1616 al 1618), sino al 1631, allorché, con con il trattato di Cherasco, Bianzè, con altre ottantatré località, fu annessa definitivamente al ducato di Savoia (Settia, Monferrato, p. 94; Garione, Cenni, p. 16).
Feudo
Nel XIV secolo, Riccardo, Giacomo e Bertolino Tizzoni detenevano la località in feudo dal vescovo e dall’abate di San Genuario (Guasco, Dizionario, p. 230, 1315 aprile 6). Nel 1619 essa risulta infeudata ad Ascanio Bobba (Garione, Cenni, p. 17). Ferdinando Gonzaga duca di Monferrato lo infeudò a suo figlio naturale Giacinto Gonzaga il 23 aprile 1624; alla morte di Giacinto subentrò Alvaro Perez de Lozada il 18 maggio 1628. Nel 1631 Bianzé entrò a far parte del Ducato di Savoia (Settia, Monferrato, p. 94). Morto senza eredi il de Lozada, la località fu infeudata, insieme a Bussolino, ad Ascanio Bobba marchese di Graglia (30 aprile 1633); poi a Cristina Margherita Bobba (19 marzo 1671: Garione, Memorie, p. 17) e nel 1697 a Maria Giovanna Saluzzo Bobba (28 gennaio 1697: Garione, Memorie, p. 17) e l’8 luglio 1722 a Gaspare Maria Ludovico di Morozzo (Garione, Memorie, p. 17; cfr. anche Guasco, Dizionario, pp. 230-231). Nel 1752 ne fu investito il marchese Giuseppe Francesco Lodovico Morozzo figlio di Gaspare (Manno, Il patriziato, I, p. 139).
Mutamenti di distrettuazione
Appartenente alla Chiea di Vercelli, Bianzè entrò a far parte del marchesato di Monferrato con Teodoro I nel 1310, con brevi parentesi di dominazione viscontea e sabauda, e fu annessa al ducato di Savoia nel 1631 (cfr. "Dipendenza nel Medioevo").
Mutamenti Territoriali
Alcuni mutamenti territoriali dovettero attuarsi a partire dal XV secolo, come per le comunità limitrofe, in particolare per il diffondersi della risicoltura, che comportò una razionalizzazione degli canali d’irrigazione. Tali interventi, benché non volti in maniera specifica alla risicoltura, risalgono almeno alla seconda metà del XV secolo, allorché nel 1464 la comunità ottenne dal marchese Guglielmo VIII Paleologo la facoltà di estrarre acqua dalla Dora, nel territorio di Saluggia, per garantire il funzionamento dei mulini e l’irrigazione dei campi  (ASTo,  Corte, Paesi, Provincia di Vercelli, mazzo 7, 1464 ottobre 17). Alcune attestazioni confermano la presenza massiccia di tale coltivazione all’inizio del XVII secolo (ASCB, mazzo 275, Risaie dal 1610).
Comunanze
Le scarne tracce documentarie relative alle comunanze riferiscono, in particolare, dell’esistenza di due aree verosimilmente boschive situate a nord-ovest dell’abitato in direzione Moncrivello (la “Frascheria” e la “Pigneria”), oggetto di una contesa con Borgo d’Ale, che erano sfruttate per “pascolare, boscare e stramar” da più comunità in maniera congiunta (ASTo, Corte, Paesi, Monferrato, Confini, B, mazzo 10; cfr. “Liti territoriali”). I dati della perequazione (1731) riferiscono che le terre comuni occupavano circa il 10% del territorio complessivo (887 su 8803 giornate) ed erano composte per la maggior parte da bosco, pascolo e gerbido, per altre quote minori da prati e da barbariato (ASTo, Sezioni Riunite, Ufficio generale finanze, seconda archiviazione, capo 21, mazzi 315-316). Alla fine del XVIII secolo, appartenevano al patrimonio comunale alcune terre incolte, confinanti con vaste proprietà private coltivate a riso e a prato; in riferimento ai prati, alcuni proprietari premevano per impiantare la risicoltura (ASCB, mazzo 275, Risaie dal 1610: Tipo del 1785 con proposte per nuove risaie).
Liti Territoriali
La comunità fu impegnata in numerose controversie territoriali. Nel 1455 si trovava in lite con quella di Livorno F. circa i confini: nell’occasione, nel compromesso furono definiti i siti nei quali piantare i termini (ASTo, Corte, Paesi, Monferrato, Confini per A e B, L, vol. 2, 1455 22 e 23 maggio). Un’altra lite, che si protrasse dal 1534 al 1634, con strascichi sino al 1790, contrappose Bianzè alla vicina comunità di Borgo d’Ale. Il motivo del contendere  riguardava “la strada che da Cigliano conduce a Tronzano e un gerbido, posto tra quella e il naviglio, volgarmente denominato il Navigliazzo” (ASTo, Corte, Paesi, Monferrato, Confini, vol. B., mazzo 10, Documenti e atti sopra le differenze territoriale fra Bianzé e Borgo d’Alice per il Gerbido del Molletto, volume primo con indice e tippo; tracce di queste liti sono conservate anche in ASCB, mazzo 32, Inventario, con riferimento agli anni 1561, 1659, 1759, 1762, 1790). Nel 1561 Bianzè si scontrava per i confini con Borgo d’Ale, Livorno F., Fontanetto e l’abbazia di San Genuario (la delibera fu affidata a un senatore ducale e marchionale), in particolare in relazione ai termini di confine “dalla Strella al Navilio o Navilazio” (ASTo, Corte, Paesi, Monferrato, Confini, vol. B., mazzo 10, Documenti e atti sopra le differenze territoriale fra Bianzé e Borgo d’Alice per il Gerbido del Molletto, volume primo con testimoniali). Tra le due comunità le differenze vertevano anche sui tenimenta detti “la Frascheria e la Pigneria”, impiegati da uomini di Cigliano, di Bianzè e di Borgo [d’Ale] per “boscare e pasculare e stramar” (ASTo, Corte, Paesi, Monferrato, Confini, vol. B., mazzo 10, Documenti e atti sopra le differenze territoriale fra Bianzé e Borgo d’Alice). Nel 1621 sorsero contrasti fra Bianzè, Borgo d’Ale, Rondissone e Mazzè circa i confini dei territori delle singole località (ASTo, Corte, Paesi, Monferrato, Materie economiche e altre, mazzo 7). Una questione scaturì ancora con Borgo d’Ale a proposito dello scavo della Fossa; la lite si protrasse per oltre 40 anni (prime notizie nel 1736: ASCB, mazzo 270, Roggia comunale, 1736), sino a quando nel 1780 prevalsero le ragioni di Bianzè (Garione, Cenni storici, p. 15).
Fonti
Edite:
L’abbazia di San Genuario di Lucedio e le sue pergamene, a cura di P. Cancian, Torino 1975 (BSSS, 193).
Acta Reginae Montis Oropae (ARMO), Biella 1945, 3 voll.
Monumenta Germaniae Historica, Diplomata Regum et Imperatorum, X/II, Die Urkunden Friedrichs I (1158-1167), Hannover 1979.
Orsenigo R., Vercelli Sacra. Brevissimi cenni sulla Diocesi e le sue Parrocchie. Stato delle Parrocchie e del clero, 1907-1908, Como 1909.
Statuti di Vercelli 1341 = Statuta Comunitatis Vercellarum, Vercellae 1541.
Inedite:
Archivio Storico del Comune di Vercelli (ASVc), Int. di Vc. serie I, n. 59.
Archivio Storico del Comune di Bianzè (ASCB), mazzo 32, Inventario.
mazzo 53, Bandi campestri.
m. 159 (1861-1897),
Catasto e catastaro;
Catasto, carte varie (1618-1771);
Catasto commissione censuaria 1887-1892.
Catasto Antico, m. 160 (1593-1626).
m. 161 (1621-1668).
m. 162 (1668-1687).
m. 163 (1692).
m. 164 (1698-1743).
m. 165 (1743-1746).
m. 166 (1777-1800).
m. 167 (1800-1814).
m. 168 (1816-1850).
m. 169 (1816-1850).
m. 170 (1851-1865).
m. 171 (1868-1870).
m. 172 (1871-1874).
m. 173 (1874-1878).
m. 174 (1878-1884).
m. 175 (1890).
m. 176 (1890).
m. 177 (1890-1895).
m. 178 (1897).
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Corte, Paesi, Monferrato, Confini per A e B, L, vol. 2.
Corte, Paesi, Monferrato, Confini per A e B, L, vol. 9.
Corte, Paesi, Monferrato, Confini, vol. B., mazzo 10, Documenti e atti sopra le differenze territoriale fra Bianzé e Borgo d’Alice per il Gerbido del Molletto, volume primo con indice e tippo.
Corte, Paesi, Monferrato, Confini, vol. B, mazzo 10.
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Descrizione Comune
Bianzè
Lo sviluppo dell’abitato di Bianzè risale all’età romana. Entrata a far parte del patrimonio dell’abbazia di Lucedio nell’età di Federico I, la comunità fu sede di una prevostura almeno dalla fine del XIII secolo. Nel secolo successivo essa rivestiva senz’altro un peso di qualche rilievo nella geografia territoriale delle dominazioni regionali ancora in fieri, giacché si trovava in un’area di confine fra la signoria viscontea, la contea sabauda e il machesato di Monferrato. A tale posizione si debbono le iniziative di fortificazione intraprese prima, forse, dai Visconti e, poi, dai Paleologi. Per quanto l’estensione territoriale del comune di Bianzè, tra i più ampi dell’intero distretto vercellese, renda conto di una certa rilevanza della comunità, non si può fare a meno di notare che i comuni limitrofi, eccezion fatta per Moncrivello e Ronsecco, presentano estensioni di molto superiori. Tale situazione illustra la relativa ‘debolezza’ della comunità nei confronti, per l’appunto, dei potenti vicini (Monastero di Lucedio e la comunità di Livorno Ferraris, in particolare), capaci nel corso dei secoli di far meglio valere le proprie ragioni. Il basso peso demografico dell’età medievale e le pessime condizioni ambientali che hanno connotato il luogo sino alla fine del XVIII secolo hanno contribuito a mantenere ridotto il peso anche politico della comunità. Benché privo di risvolti dal punto di vista territoriale, si deve rilevare un risveglio demografico a partire dai primi decenni dell’Ottocento: le onerose opere di ingegneria idraulica che consentirono la realizzazione della “Fossa”, infatti, determinarono un netto miglioramento della vivibilità del luogo, tanto da invertire il trend demografico. La forma attuale del pur ampio territorio comunale è senz’altro il risultato della poca incisività delle azioni, anche giudiziarie, intraprese dalla comunità a tutela dei propri confini, perennemente minacciati dai vicini: il territorio comunale si espande a oriente sino a comprendere la frazione di Carpeneto, in direzione del vicino borgo di Tronzano, mentre pare schiacciato a occidente, dove si estende il territorio della comunità di Livorno F. Quest’ultima pare avere sottratto a Bianzè un’area di sua pertinenza “naturale”, attualmente appartenente invece a Livorno F., in prossimità del Canale di Bianzè.