Ruffia

AutoriFiore, Alessio
Anno Compilazione2008
Provincia
Cuneo.
Area storica
Saluzzese.
Abitanti
311 (ISTAT, 2001).
Estensione
761 ettari (ISTAT 2001).
Confini
Da nord a sud, in senso orario Villanova Solaro e Murello a nord, Cavallerleone e Cavallermaggiore a ovest, Monasterolo di Savigliano a sud e Scarnafigi a sud-ovest.
Frazioni
Non sono presenti frazioni. Oltre al nucleo principale sono attualmente attestate due località e alcuni nuclei insediativi minori. Si tratta di località San Grato, località Madonna delle Grazie, a cui vanno aggiunte alcune case sparse (Cascina Tetti Bossoli, Tetti Bussone, Colombè, Borelle, Pradassi).
Toponimo storico
All’origine di Ruffia è stata riconosciuta la domo Rodulfi menzionata in un documento del 1143 (Cartario di Staffarda, I, doc. 4); nel 1159, in un diploma imperiale, si osserva la forma Rodulfia. Nel ‘200 si alternano le forme Rufa e Ruffa, ma nel 1253, in un altro atto solenne, compare Rodulphia (Il regesto dei Marchesi di Saluzzo, doc. 49) che nei secoli successivi caratterizzerà tutta la documentazione di natura pubblica più solenne. Dal Seicento Ruffa riprenderà nettamente il sopravvento, alternandosi a Ruffia che infine lo soppianterà.
Diocesi
Torino fino al 1811 e poi, dopo il riassetto dei confini diocesani, Saluzzo.
Pieve
Ruffia risulta sede pievana nel 1265 e nel 1303, quando il vescovo di Torino concede l’avvocazia della pieve ai signori di Moncucco. Nel 1386 la chiesa di S. Maria risulta invece aver perso dignità pievana e dipende dalla pieve di Murello (Casiraghi 1979, p. 115).
Altre Presenze Ecclesiastiche
Chiesa parrocchiale di S. Giacomo, chiesa dei SS. Gaetano e Sebastiano, chiesa della confraternita dell'Assunta.
Assetto Insediativo
La prima menzione di Ruffia risale al 1143, quando gli eredi di Bonifacio del Vasto cedono al monastero di Staffarda tutti i redditi, tranne un maiale, della domo Rodulfi (Cartario di Staffarda, I, doc. 4) A giudicare del modo in cui l’insediamento è menzionato non sembra che si possa parlare per l’epoca di un villaggio nucleare ma solo di una presenza insediativa, presumibilmente debole e limitata. Solo pochi anni dopo, in un diploma imperiale Rodulfia è indicata come curtis, ma la laconicità della menzione non ci permette di comprendere se si fosse effettuato già il salto (possibile) verso una struttura di villaggio (Le carte dell’archivio arcivescovile di Torino, 24); è solo nei primi decenni del XIII secolo che l’insediamento di Ruffia è attestato in maniera inequivocabile come un vero e proprio villaggio, anche se le scarse fonti non consentono di delineare meglio il processo. Nel 1253, nell’atto di cessione dai Busca ai Saluzzo il centro viene infatti definito villa, con cui si intende un insediamento accentrato e aperto; è infatti da sottolineare la mancanza di riferimenti a strutture fortificate, tipiche invece all’epoca nei centri rurali di dimensioni anche discrete. Neppure quindici anni dopo tali strutture risultano però già in essere; nel 1267 l’insediamento viene infatti definito castrum et villa. L’assetto insediativo risulta nettamente accentrato fino almeno alla metà del XV secolo. A partire da quel momento l’area circostante al nucleo abitato vede lo sviluppo di un insediamento sparso, nella forma delle cascine. La consistenza demografica della popolazione residente nelle cascine rimane tuttavia sempre piuttosto ridotta mentre la preminenza demica (e non solo) del concentrico, imperniato sul vasto complesso del castello signorile, risulta costante (Vacchetta 2008).
Nell'ultimo secolo e mezzo la popolazione ha subito un lento ma intenso e costante processo di contrazione passando dai 721 abitanti del 1881 ai 278 del 1991. Solo nell'ultimo quindicennio si è assistito ad un parziale recupero, con un inversione della secolare tendenza al depauperamento demografico.
Luoghi Scomparsi
Non risultano luoghi scomparsi nell’attuale territorio comunale di Ruffia.
Comunità, origine, funzionamento
La prima menzione di una comunità, anche se non strutturata in senso comunale, risale al 1267 quando vediamo gli homines Rodulphie agire insieme al signore, il marchese di Saluzzo, in un conflitto con Savigliano (Appendice a, Il regesto dei marchesi, doc. 74). La comunità ha ormai un carattere pienamente istituzionale nel 1436 quando effettua un pagamento al duca di Savoia (AST, Paesi per A e B, Mazzo 23, 11, n. 1). Negli anni immediatamente successivi la comunità effettua una serie di transazioni con i Falletto, signori del luogo, sui diritti di pesca, di gestione delle acque, e sulle abitazioni (AST, Provincia di Saluzzo, 26, Mazzo 11, Ruffia, n. 7) Nel 1620 la comunità di Ruffia, in seguito a un reclamo presso la Camera ducale vede riconosciuta la sua esenzione dalle imposte straordinarie (AST, Paesi per A e B, Mazzo 23, 11, n. 4).
Statuti
Non ci sono pervenuti Statuti di Ruffia. Tuttavia in un accordo stipulato nel 1471 tra i Falletti, signori del luogo, e la comunità si fa riferimento ad un volumen capitulorum dove erano contenuti anche capitula, libertates et franchitias del comune di Ruffia.
Catasti
Il primo registro catastale conservatosi risale al 1571 (ACRuffia, fald. 138, fasc. 1), mentre una seconda versione del Registro risale al 1624 (ACRuffia, fald. 138, fasc. 2). Ulteriori registri catastali risalgono invece al 1667 e al 1686 (ACRuffia, fald. 138, fasc. 4-5). Si conservano poi il Libro della misura generale del 1700 (ACRuffia, fald. 138, fasc. 6), un Brogliasso di Registro del 1731 (ACRuffia, fald. 138, fasc. 7), il Catasto Clerico del 1763 (ACRuffia, fald. 139, fasc. 1) e un catasto del 1802 (ACRuffia, fald. 142, fasc. 1). Per quanto riiguarda le fonti catastali di natura più dinamica, destinate cioè non a fotografare la situazione del possesso fondiario in un dato momento, ma a registrare i mutamenti di proprietà, disponiamo di un Libro de trasporti della communità di Ruffia che copre il periodo 1764-1797 (ACRuffia, fald. 141, fasc. 1),di un Registro dei trasporti per gli anni tra il 1803 e il 1813 (ACRuffia, fald. 142, fasc. 3), e di due altri Libri dei trasporti relativi rispettivamente agli anni 1806-1858 e 1851-1862 (ACRuffia, fald. 143 e 144).
Ordinati
Il primo Libro delle proposte et ordinati conservatosi presso l'archivio comunale di Ruffia, contiene i verbali di consiglio comunale per il periodo 1621-1624 (ACRuffia, Ordinati e deliberazioni, Cart. 1, fasc. 1). Segue una lunga lacuna e il materiale successivo risale solamente al 1696. Da quel momento la serie prosegue sostanzialmente ininterrotta, con l'eccezione di una lacuna nel periodo tra il 1736 e il 1749.
Dipendenze nel Medioevo
Nel 1143 gli eredi del marchese Bonifacio del Vasto (all’epoca non ancora divisi in lignaggi) cedono i redditi della domo Rodulfi, il piccolo nucleo insediativo da cui poi si sviluppa Ruffia, al monastero di Staffarda. Mantengono però il censo ricognitivo di un maiale all’anno; un censo che ha l’evidente valore di mantenere (al di là della cessione dei redditi al cenobio) la memoria del possesso e della proprietà dell’insediamento impendendo un’appropriazione da parte di Staffarda. Va comunque detto che con ogni probabilità i marchesi non avevano la proprietà di Ruffia, ma la tenevano in beneficio dal vescovo di Torino. Un diploma imperiale del 1159 menziona infatti la curtis di Rudolfia tra i centri appartenenti al vescovo (Le carte dell’archivio arcivescovile di Torino, 24). Nei decenni successivi Ruffia passa sotto il dominio del ramo dei marchesi di Busca, che sembrano anche riprendere il controllo dei redditi generati localmente. Nel 1253 Ruffia, ormai divenuta una villa, viene venduta ad un altro ramo della dinastia, quello dei marchesi di Saluzzo (Regesto dei Marchesi di Saluzzo, doc. 49), che ne mantengono il controllo nonostante il tentativo del comune di Savigliano di impadronirsi della località negli anni ’60 del XIII secolo.
Feudo
Nel 1368 un quarto dei diritti su Ruffia sono in mano a un ramo dei Cambiano, che tengono i loro diritti in feudo dai Savoia-Acaia (AST, Provincia di Saluzzo, 26, Mazzo 11, Ruffia, n. 2) Nel 1441 i diritti sul luogo risultano divisi in due quote parte detenute rispettivamente dalle consorterie dei Falletto e dei Cambiano, che prestano giuramento di fedeltà feudale per Ruffia ai Savoia (AST, Provincia di Saluzzo, 26, Mazzo 11, Ruffia, n. 4), che ancora nel 1499 risultano gli alti signori feudali (AST, Provincia di Saluzzo, 26, Mazzo 11, Ruffia, n. 8) Verso la metà del XVI secolo si assiste ad un recupero di autorità da parte del marchesato di Saluzzo, ora in mano francese. Ruffia rimane però sempre nelle mani delle famiglie Cambiano e Falletto, che la tengono però congiuntamente in feudo dai marchesi di Saluzzo, come risulta dall’investitura feudale del 1536 (AST, Marchesato di Saluzzo, 4 Categoria, mazzo 9, n. J, foll. 354-56) La rivendicazione da parte dei Saluzzo della superiorità feudale sul centro sembra essere costante; già nel 1460 il marchese Ludovico di Saluzzo riceve solenne investitura feudale dall’imperatore Federico, dei suoi possedimenti, tra cui è menzionata Ruffia (AST, Marchesato di Saluzzo, 4 Categoria, mazzo 9, n. J, fol. 459). Dal 1559 recuperano la loro autorità feudale i Savoia, mentre nulla cambia per quanto riguarda le due famiglie che effettivamente possiedono Ruffia (AST, Provincia di Saluzzo, 26, Mazzo 11, Ruffia, n. 16). Nel 1623 metà del feudo è ancora dei Cambiano (AST, Paesi per A e B, Mazzo 23, 11, n. 3). Nel periodo successivo le quote rimangono sostanzialmente stabili anche se la quota Falletto si divide tra due linee principali e una cadetta; l’unica vera (ma limitata) novità è l’entrata nel consortile feudale dei Biscaretto, con una quota giurisdizionale però molto ridotta. Nel 1761 la ripartizione dei diritti giurisdizionali sul feudo di Ruffia è quindi la seguente: 22/48 a Eugenio Cambiano, 11/48 a Giuseppe Falletto, 1/48 agli eredi di Leonardo Falletto, 12/48 a Mercandino Falletto e 2/48 ai Biscaretto (ASRuffia, fald. 22, fasc. 6).
Mutamenti di distrettuazione
All'inizio del '600 Ruffia appartiene alla provincia di Savigliano-Fossano. Nel 1619, dopo la riorganizzazione del sistema provinciale, è inquadrata nella provincia di Savigliano. Nel 1724, in seguito ad una nuova ripartizione delle circoscrizioni provinciali passa a Saluzzo. In epoca napoleonica Ruffia fa parte del Dipartimento della Stura, i cui confini corrispondono grossomodo con quelli dell’attuale provincia di Cuneo. La Restaurazione vede il ripristino del tradizionale ordinamento provinciale, con la ricostituzione della vecchia provincia di Saluzzo a cui Ruffia è assegnata. Nel 1859 Ruffia entra a far parte della nuova provincia di Cuneo, alla quale appartiene ancora oggi (Sturani 2001).
Mutamenti Territoriali
Nel 1790, in seguito ad una rettifica dei confini con Monasterolo il territorio della comunità perde 7 giornate (Cera 2002, pp. 116-8).
Comunanze
Nel 1518 gli uomini di Ruffia acquistano i diritti sui pascoli detti del Debato, precedentemente oggetto di contenzioso con la comunità di Murello AST, Paesi per A e B, Mazzo 23, 11, n. 3. Nel 1576 la comunità è in lite con quella di Scarnafigi per un’area di gerbido, tradizionalmente adibita a pascolo, che i Ruffiesi vogliono mettere a coltura; è possibile che si tratti di un’area originariamente posseduta in indiviso dalle due comunità e che il mutamento d’uso progettato dai Ruffiesi scateni la lite (ACS, Propositari, vol. 2, f. 77). Nel 1720 gli uomini di Ruffia (e i loro signori) hanno il diritto di portare a pascolare il proprio bestiame nei pascoli di Murello; nello stesso periodo la comunità e i signori di Ruffia vantano diritti sulla cascina detta il Colombaro, situata nel finaggio di Murello ma la cui giurisdizione è rivendicata da Ruffia (AST, Consegnamenti, Reg. 358, ff. 37-40, Consegnamento di Filippo Vallerio Falletto di Ruffia). Il processo di smantellamento dei beni comuni da parte del consortile signorile locale, che provvede a incorporarli nei propri patrimoni inizia presto e procede mescolando acquisti e usurpazioni. Così mentre nel 1674 i Cambiano acquistano, ad un prezzo sembra ridotto, alcune terre dal comune (ACRuffia, cart. 78, fasc. 19), in altri casi i mezzi sono più spicci. Così nel terzo decennio del ‘700 la comunità muove una lite contro i Cambiano (ACRuffia, fald. 20, cart. 12), accusati di avere occupato abusivamente una quarantina di giornate di beni comuni (prati e campi coltivati).
Liti Territoriali
Al termine di una lite la comunità di Murello vende nel 1518 agli uomini di Ruffia i suoi diritti sui pascoli detti del Debato (AST, Paesi per A e B, Mazzo 23, 11, n. 2). Nella prima metà del '600 numerose sono le liti della comunità di Monasterolo con i Cambiano, signori di Ruffia (ACMonasterolo di Savigliano, faldone 34, fasc. 1-3, 18, 27) e con la comunità stessa di Ruffia (ACMonasterolo di Savigliano, faldone 36, fasc. 12, 15, 17). In base ad un'inchiesta promossa dall'intendenza di Saluzzo nel 1717, non risulta in essere a tale data alcuna lite, né a carattere territoriale né a carattere fiscale (AST, Sezioni riunite, I Archiviazione, Provincia di Saluzzo, Mazzo 1, n.2).
Fonti
Cartario dell’Abazia di Staffarda, 2 voll., a cura di F. Gabotto, G. Roberti, D. Chiattone, Pinerolo 1901-1902.
Le carte dell’archivio arcivescovile di Torino fino al 1310, a cura di F. Gabotto. G.B. Barberis, Pinerolo, 1906.
Il regesto dei Marchesi di Saluzzo, a cura di A. Tallone, Pinerolo, 1906.
Appendice di documenti inediti, a Il regesto dei Marchesi di Saluzzo, a cura di A. Tallone, Pinerolo, 1906.
Archivio Arcivescovile di Torino, Visite pastorali (sezione VII), 7.1.31, ff. 200-209, Visita pastorale dell’arcivescovo G. B. Roero.
Archivio Comunale di Monasterolo di Savigliano, faldone 34, fasc. 1-3, 18, 27.
ACMonasterolo di Savigliano, faldone 36, fasc. 12, 15, 17.
Archivio Comunale di Ruffia, fald. 22, fasc. 6. Stato de’possessi, de’pedaggi, dazi ed altri diritti feudali.
ACRuffia, fald. 138, fasc. 1, Cattastro della Communità di Ruffia, a. 1571.
ACRuffia, fald. 138, fasc. 2, Registro o sia catastro, a. 1624.
ACRuffia, fald. 138, fasc. 6, Libro della misura generale, a. 1700.
ACRuffia, fald. 141, fasc. 1, Libro de trasporti della communità di Ruffia, aa. 1764-1797.
ACRuffia, fald. 20, fasc. 10, 12, 13, , Atti di lite tra la comunità e i signori del luogo. aa. 1723-73.
ACRuffia, cart. 78, fasc. 19, Acquisto di beni comunali da parte de’ Cambiano. a. 1674.
Archivio di Stato di Torino , Sezioni riunite, I Archiviazione, Provincia di Saluzzo, Mazzo 1, n.2, a. 1717.
AST, Consegnamenti, Reg. 358, ff. 37-40 Consegnamento di Filippo Vallerio Falletto di Ruffia, a. 1720.
Bibliografia
G. Casalis, Dizionario geografico, storico, statistico, commerciale degli Stati di S.M. il re di Sardegna, Torino 1848.
G. Casiraghi, La diocesi di Torino nel medioevo, Torino, 1979.
L. Cera, Monasterolo di Savigliano, Savigliano, 2002.
E. Dao, La Chiesa nel saluzzese fino alla costituzione della diocesi di Saluzzo, Saluzzo 1963.
L. Provero, Dai marchesi del Vasto ai primi marchesi di Saluzzo. Sviluppi signorili entro quadri pubblici (XI-XII secolo), Torino 1992.
M.L. Sturani, Innovazioni e resistenze nella trasformazione della maglia amministrativa piemontese durante il periodo francese (1798-1814): la creazione dei dipartimenti ed il livello comunale, in Id. (a cura di), Dinamiche storiche e problemi attuali della maglia istituzionale in Italia. Saggi di Geografia amministrativa. Atti del Seminario (Torino, 18 settembre 1998), Alessandria 2001, pp. 89-118.
C. Turletti, Storia di Savigliano, I, Savigliano, 1879.
G. Vacchetta, Ruffia ieri, Savigliano, 2008.
Descrizione Comune
Ruffia
     La vicenda di Ruffia appare significativa perché mostra in modo molto efficace fino a che punto potesse arrivare la presa del potere signorile su una comunità rurale.
     L’emergere di Ruffia come centro demicamente rilevante e come polo autonomo di organizzazione del territorio rurale appare un processo piuttosto tardo, almeno per gli standard dell’area in questione. È solo alla metà del XIII secolo che la villa di Ruffia è con certezza al centro di un territorio, podere et districto autonomo. Tali sviluppi anche se forse non recentissimi non possono comunque essere anteriori agli ultimi decenni del XII secolo, dal momento che ancora alla metà di quel secolo la documentazione non mostra nulla di più di una domo Rodolfi, con un’espressione che mostra efficacemente la modestia dell’insediamento in questione. Un altro dato conferma la tardività, e probabilmente la debolezza demografica, del centro in questione; ancora alla metà del Duecento Ruffia, anche se centro di un autonomo distretto signorile non è altro che una villa, un insediamento aperto, e manca di quelle strutture difensive tipiche invece degli altri insediamenti rurali dell’area al centro di circoscrizioni analoghe. Solo verso il 1265 Ruffia viene definita villa et castrum segnando un’ulteriore tappa nel processo evolutivo dell’insediamento. A quell’epoca la comunità aveva una natura ancora informale, e solo dalla metà del ‘400 possiamo osservare in azione una comunità strutturata. Questa debolezza della comunità va rintracciata probabilmente nello sviluppo relativamente recente dell’insediamento e nella sua debolezza demografica: caratteristiche che rendevano probabilmente ai signori più semplice controllare in modo diretto la società locale, senza la necessità di dare vita a istituzioni di mediazione delle relazioni. Almeno fino al Tre- Quattrocento, quando, per l’evoluzione delle pratiche di potere e di governo, ormai risulta semplicemente inconcepibile l’esistenza nell’area di comunità di villaggio non istituzionalizzate.
Questa capacità di controllo locale da parte dei signori che nel corso del tempo si alternano nel governo della località è ancora più evidente se ci spostiamo al di fuori dell’ambito istituzionale. La presenza signorile risulta infatti assolutamente dominante sotto il profilo fondiario ed economico. Dai dati risalenti al 1721 risulta che, su una superficie totale di 2034 giornate, i beni feudali occupavano ben 1352 giornate. Se si consideravano poi gli altri beni immuni ed ecclesiastici i beni allodiali risultavano di sole 363 giornate, a cui andavano aggiunte 11 giornate di beni comuni. Una simile sproporzione non trova riscontro negli altri centri della pianura saluzzese, come Scarnafigi o Lagnasco. A questa difformità rispetto al modello se ne assomma un’altra, e cioè la debolissima presenza, all’interno del gruppo dei detentori di beni feudali di possessori forestieri. I beni feudali sono infatti concentrati nelle mani dei membri del piccolo consortile signorile locale, mentre debole risulta la presenza di proprietari residenti altrove.
Una simile situazione non deve essere automaticamente retrodatata. I dati empirici, meno completi, relativi al XVI e all’inizio del XVII secolo mostrano un panorama della proprietà fondiaria locale meno sbilanciato dalla parte dei signori (che pure hanno una posizione nettamente dominante, in misura già superiore rispetto ai centri circostanti), e un maggior peso della componente contadina nella proprietà fondiaria. Se nei decenni successivi si assiste però ad un incremento demografico si assiste però da un lato alla riduzione del numero totale dei proprietari fondiari, e dall’altro a una riduzione della quantità dei beni fondiari allodiali nelle mani dei piccoli proprietari contadini. È evidente che alla base di questa duplice tendenza di fondo ci sia una costante pressione esercitata dal consortile feudale sulla piccola proprietà contadina e sui beni comuni controllati dalla comunità. Facendo aggio sui diritti signorili e sul rilievo economico locale (che non trova forti contrappesi esterni) i signori riescono progressivamente a limitare la quota di beni controllati direttamente dai sudditi e dalla comunità. In questo contesto è facile intuire la pervasività del controllo signorile (politico ed economico) sul territorio. Di fronte allo strapotere del consortile la capacità di azione autonoma della comunità si presenta decisamente limitata. Questa debolezza della comunità locale appare chiaramente nella debolezza della documentazione relativa a conflitti tra la comunità e il consortile; una debolezza che appare tanto più significativa se paragonata con la consistenza delle fonti di questo tipo negli altri contesti territoriali dell’area. Il consortile è quindi in grado di controllare efficacemente la società locale e di manipolarla sulla base delle proprie esigenze. Non è un caso che alcune tra le rare liti mosse dalla comunità contro membri del consortile signorile nascano in contesti che vedono una frantumazione dell’unità del consorzio feudale, come nel caso relativo ai diritti di pascolo. Queste liti, invece di configurarsi come attestazioni dell’intraprendenza e dell’indipendenza comunitaria, ne attestano invece, una volta di più, la sua subordinazione alla volontà dei feudali. La comunità è infatti in modo piuttosto chiaro lo strumento della fazione maggioritaria del consortile, che la usa in modo strumentale per i suoi regolamenti di conti interni.
Oltre a questi dati altri elementi di rilievo, che emergono dal confronto con le comunità dell’area, confermano lo strapotere locale dei signori. Innanzi tutto la tardività della menzione di una collettività di villaggio strutturata, che deve attendere il XV secolo; l’assenza per lungo tempo di statuti; il ritardo con cui vengono conservati (e forse anche compilati) gli ordinati del consiglio della comunità. Tutto concorre a far propendere per una debolezza di lungo periodo della comunità contadina, dotata di scarsa autonomia e di margini di contrattazione limitati nei confronti dei signori.
Tra le comunità della pianura saluzzese Ruffia può dunque incarnare a pieno titolo un modello di comunità debole/signoria forte, in cui l’elemento di traino locale è rappresentato dal consortile feudale, che risulta cruciale per la costruzione dell’identità territoriale e politica locale. Le dimensioni e le ambizioni architettoniche del complesso del castello signorile rispetto alla modestia dell’abitato circostante esprimono con plastica efficacia questa asimmetria e questo squilibrio.
Per concludere se dall’analisi delle strutture politiche, economiche e sociali ci si sposta invece in direzione delle dinamiche territoriali emergono risultanze più limitate. Non conosciamo il processo che porta alla costruzione di un territorio autonomo dipendente da Ruffia; se tale processo non sembra neppure decollato ancora alla metà del XII secolo solo un secolo dopo sembra pienamente compiuto. Nel 1250 circa si può infatti parlare di un podere et districto, riconoscendo quindi come da Ruffia dipendesse giurisdizionalmente il territorio circostante. La natura della documentazione non ci consente di comprendere se la creazione di questo territorio sia avvenuta sottraendo aree dipendenti da altri centri rurali, e ovviamente neppure se tale processo abbia creato tensioni o conflitti. È comunque interessante sottolineare che questo processo avviene in una fase in cui gran parte dell’area circostante Ruffia (e Ruffia stessa) era nelle mani dello stesso gruppo signorile, i marchesi di Busca. Un dato che ovviamente deve avere agevolato non poco processi di riorganizzazione della maglia insediativa e distrettuale dell’area, riducendo al minimo frizioni e conflitti. Per quanto riguarda il periodo successivo, occorre rilevare come la relativa cristallizzazione di confini tra Ruffia e le comunità dell’area, osservabile piuttosto bene dalla fine del Trecento maturi in un quadro profondamente diverso; in cui l’area appartiene ormai ad un unico potere superiore (i Savoia) garante dell’ordine, mentre ciascun distretto/comunità è nelle mani di un consortile signorile diverso (con l’eccezione di Savigliano), interessato quindi al mantenimento dello status quo. Si possono comunque rilevare delle tensioni di lunga durata specialmente nell’area di confine con la comunità di Murello. Già nel XV secolo si rilevano conflitti tra le due comunità per i diritti di pascolo sugli incolti che caratterizzano la zona di confine, i cui termini sono mal delineati. Si può parlare in questo caso di un confine non lineare ma di un’area prativa sottoposta a sfruttamento estensivo (attraverso il pascolo) dalle due comunità e dai rispettivi signori. Se nei secoli successivi il confine tra i due territori si linearizza e si regolarizza, permangono comunque diritti di pascolo dei Ruffiesi nel territorio di Murello. Inoltre, facendo aggio sul possesso da parte dei Falletti (cosignori di Ruffia) della cascina del Colombaro, nel finaggio di Murello, la comunità (e i suoi signori) rivendicano la giurisdizione sui beni fondiari associati alla cascina. Ulteriori tensioni confinarie sono avvertibili nell’area di confine con Monasterolo, culminanti con un riassetto della linea confinaria in modo svantaggioso per Ruffia, che perde nel 1790 circa 7 giornate di territorio.