Tigliole

AutoriLombardini, Sandro
Anno Compilazione2003
Provincia
Asti
Area storica
Feudi della Chiesa; Contado di Asti. Vedi mappa 1. Vedi mappa 2.
Abitanti
1489 [censimento 1991]; 1605 [censimento 2001].
Estensione
Ha. 1611 [ISTAT] / ha. 1541 [SITA].
Confini
Asti, Baldichieri d’Asti, Cantarana, San Damiano d’Asti, Villafranca d’Asti.
Frazioni
Le fonti ISTAT segnalano la presenza di tre “centri” principali (concentrico, San Carlo e Pratomorone), che insieme raccolgono circa un terzo della popolazione, e  di ben ventidue “nuclei”,  che ne raccolgono complessivamente più del 50 per cento, mentre circa il 15 per cento degli abitanti risiede in  “case sparse”. Tra i comuni della Provincia di Asti, il territorio del Comune di Tigliole si segnala sia per la quantità  sia per la densità di nuclei insediativi. Vedi mappa.
Toponimo storico
Il luogo di Teliolas è attestato a partire dal 974 tra i possedimenti donati  per diploma imperiale al vescovo di Asti. Il toponimo (in seguito anche Teliole, o Teglole)   è stato  ricondotto  all’etimo latino tilia,  o al tardo latino “tilius”, riferito  a un’area in origine densamente boscosa,  che si estendeva a  ovest di Asti e di cui  sopravvivevano, ancora nel secolo XI, vasti spazi occupati da selve. Il toponimo storico corrisponde oggi approssimativamente al luogo di  Tigliolette, un rilievo che sorge  ai confini con Asti e Celle Enomondo. Un insediamento è qui documentato nel 1041 con il nome di Teglole sancte Marie, mutato poi  in  Tegloles inferiores per distinguerlo da Tegloles superiores, il nucleo abitato sviluppatosi più a monte e centro dell’attuale Tigliole.  Anche questa seconda località appare per la prima volta nel 1041, nello stesso elenco dei beni posseduti direttamente dalla chiesa astese e in seguito dipendenti dal vescovo di Pavia. La dizione “Tiliola” appare illazione erudita di metà Ottocento. Figura  negli atti di censimento del 1929 la denominazione “Tigliole d’Asti” [Casalis 1850, p. 970; Istituto Centrale 1930, p. 15; Istituto Centrale 1937, p. 11; M.G.H., vol. V, doc. 70; Olivieri 1965].
Diocesi
La prima attestazione dell’appartenenza di Tigliole alla diocesi di Pavia è contenuta nella bolla, o privilegio, di papa Onorio III al vescovo Fulco (31 maggio 1217), che precisava i possedimenti formati da “isole”, o enclave extra-diocesane, situate nella sua porzione sudoccidentale, compresa all’incirca tra il Po e il Tanaro.  Ciò rifletteva, in parte, una situazione di origini anteriori, probabilmente alto medievali, quando si erano formate, a vario titolo giuridico, isole territoriali  in mano patrimoniale diversa da quella della diocesi astigiana, incrinandone la compattezza.  
     Tutte le dipendenze pavesi  in area astigiana avevano fatto riferimento alla pieve de Ponte, ma finirono per godere di statuti differenziati quanto alle prerogative spirituali e/o temporali esercitate dai presuli pavesi.  Nell’età della Controriforma, esse fecero riferimento alla pieve di Calosso, entro il cui distretto ricadeva Tigliole.
     Nel corso dell’età moderna, furono istituiti,  nel 1742,  un vicariato generale a Valenza e nel 1750 un secondo a Lomello, competenti per gli affari riguardanti le parrocchie e il clero nei territori del re di Sardegna, con attribuzioni pari a quelle del vicario generale residente in Pavia.  
     Più tardi, nel quadro della riorganizazione diocesana di epoca napoleonica, che mirava  a isolare le parrocchie dell’Impero francese da posssibili influenze di ordinari “esteri”, il 22 luglio 1803 il vescovo di Pavia rassegnava al cardinal Consalvi Tigliole e altre  41 parrocchie situate  “oltre il Po” (nell’area di stanziamento della  XXVII divisione militare dell’Impero francese); il numero di parrocchie cedute  salì poi  a cinquanta entro il 1812, ripartite tra le diocesi di Acqui, Asti, Alessandria, Casale e Tortona. Tigliole fu inizialmente aggregato al vicariato della città di Asti. 
     Nella successiva riorganizzazione delle diocesi sabaude condotta durante la Restaurazione,  nel 1817, quando risistemazioni e smembramenti portarono alla sottrazione da Asti di 28 parrocchie in favore delle diocesi limitrofe, Tigliole, che continuava a far parte della diocesi astigiana, fu aggregato al vicariato foraneo di Baldichieri.  Il riassetto amministrativo della diocesi pavese  fu sancito  dalla Bolla Paternae Charitatis del 15 febbraio 1819 [Bordone 1980a, p. 144, nota 169; Bosio 1894, p. 22, nota 3; Forzatti Golia 2002, pp. 45, 58; Gabotto 1904, doc. 148; Giannoni 1974, p. 404; Prelini 1889-90, p. 49, doc. 31 (31 maggio 1217); Terenzio 1860,  pp. 15-17, 20; Pittarello 1984, pp. 7-11; Settia 1991,  pp. 296-307, ora in Bordone 1992, pp. 185-98; Toscani 1984, pp. 13-37].
Pieve
La plebs de Ponte, che aveva il suo centro nell’odierno territorio di Costigliole d’Asti e si sviluppava inter episcopatum Astensem et Albensem, una zona delimitata dal corso del Tanaro, del Belbo, del Tiglione e della Tinella, è indicata nei rogiti del Griffi, notaio della curia vescovile pavese attivo tra il 1367 e il 1417. La circoscrizione plebana giunse a comprendere le chiese di Costigliole, Calosso, Agliano, Castelnuovo Calcea, Vinchio e Mombercelli. Si tratta di chiese non menzionate nelle Rationes decimarum pavesi del secolo XIV, mentre nell’estimo del clero del 1471 figurano la chiesa di Mombercelli (probabilmente San Giacomo) e di San Michele di Agliano. Durante l’età della Controriforma, si ebbe una larga sovrapposizione tra la distrettuazione antica della pieve de Ponte e quella della pieve di Calosso, isola giurisdizionale della chiesa pavese, la cui circoscrizione incluse le parrocchie di Tigliole, Calosso, Agliano, Castelnuovo Calcea, Vinchio, Mombercelli e Costigliole. Fino alla istituzione dei due vicariati generali di Valenza e Lomello (1742 e 1750), questa circoscrizione fu eretta a vicariato foraneo in partibus Astiensibus: come tale, fu oggetto di frequenti visite pastorali nei secoli XVI e XVII (mentre non risulta agli atti della visita del 1460 di Amicus de’Fossulanis, vicario del vescovo Giacomo Ammannati Piccolomini).   
     Nonostante gli apparenti tentativi degli ordinari pavesi di estendere le proprie prerogative sulle chiese tigliolesi di pertinenza astigiana, i due Tigliole sopravvissero a lungo separati dal punto di vista della giurisdizione spirituale. In particolare, a Tigliole e Cortazzone, località estranee all’area della pieve de Ponte, il vescovo di Pavia deteneva diritti signorili e potere temporale. Da una terza pieve dipesero invece, per tutto il secolo XIV, le chiese di Sant’Eugenio di Tigliolette e di Santa Maria di Caspenzio: la pieve di Marcellengo di San Damiano, la cui circoscrizione era stata smembrata, sullo scorcio del secolo XII, dalla pieve di Lavege (identificabile con San Giulio nel territorio di San Damiano). Dalla pieve di Lavege era anche dipesa a sua volta, come attestato nel 974, una chiesa ubicata nel territorio di Tigliole, successivamente scomparsa e di titolatura oggi ignota [A.S.D.P., Notai, Griffi, cart. 10, fasc. 1, c. 86r, Collatio plebis de Pontibus in presbiterum Antonium de Mazochis (1396); Visite pastorali, Visita de’Rossi (1565-67); Bastoni (1605); Landriani (1619); Trotti (1677); Melzi (1668); Bordone 1980a, p. 249; Caprioli, Rimoldi e Vaccaro 1985, pp. 130, 267-348; Chittolini 1994, pp. 221-32; Forzatti Golia 2002, pp. 59, 126, nota 70; Morando 1997;  Pittarello 1984, pp. 7-11; Settia 1991, pp. 296-307, ora in Bordone 1992, pp. 185-98; Toscani 1984, pp. 14, 16; 2003, pp. 17, nota 7; 30-33].
Altre Presenze Ecclesiastiche
Area di confine entro spazi circoscritti,   incastonato tra due diocesi e due distrettuazioni plebane dai contorni storicamente mobili, l’attuale territorio di Tigliole era  sede, nel tardo medioevo, di una chiesa, oggi scomparsa,  dipendente da quella  pieve di Lavege  sul cui sito oggi è rimasto il più tardo campanile di San Giulio presso San Damiano d'Asti. Il sito della chiesa tigliolese, denominato nel 1041 Teglole sancta Maria, dipese in seguito ecclesiasticamente, secondo il  Registrum Ecclesiarum dioecesis astensis del 1345, dalla pieve di Marcellengo-San Damiano. Intanto,  entro il castrum, che più tardi fu noto come Tegloles inferiores, sorgeva una chiesa dedicata a Sant’Eugenio.
      Al  confine con  Tegloles superiores era stata inoltre edificata, tra il secolo XI e il XII, una chiesa intitolata a San Lorenzo, che la documentazione medievale esistente non riconduce alla chiesa astese. Durante la prima età moderna, di San Lorenzo si fa menzione nel catasto di Tigliole del 1507. Alla prima visita pastorale dell’età della Controriforma, nel 1567, la chiesa fu descritta dal vescovo pavese Ippolito De’Rossi e dai notai che lo accompagnarono a Tigliole (ad locum Thegliolarum) come “chiesa ovvero oratorio” (ecclesiam seu oratorium), ubicato in campagna, alla distanza di mezzo miglio dall’abitato (in campanea extra locum per dimidium miliare).  L’edificio appariva  carente nelle opere di copertura (male tecta) e accessibile dall’esterno  per fracturas parietum. Nondimeno,  a San Lorenzo si svolgevano le attività spirituali e sacramentali necessarie alla cura d’anime (missa celebratur et cura geritur animarum ratione ecclesie parochialis); era insomma munita dei requisiti spirituali necessari per operare da chiesa parrocchiale del luogo  (ecclesie parochialis dicti loci),  A San Lorenzo si conservava regolarmente l’eucaristia, sia pure  per una sola parte dell’anno, o in caso d’infermità di più parocchiani, e la lampada restava accesa a spese della comunità (in illa tenetur continue sacramentum a festo s.te Crucis de mense maii usque ad iddem festum de mense [... ] et quando etiam sunt aliqui infirmi cum lampade continue accenso expensis communis dicti loci). Annoverata, sul piano temporale,  tra le dipendenze (bona) infeudate dai vescovi di Pavia ai signori di Montafia (infeudata per r.mos episcopos papienses in ill. de Montafia), la chiesa era descritta  dal rettore (ut asseruit) di giuspatronato dei signori e godeva di abbondanti rendite in natura (que assendunt comuniter ad saccos quattuor grani et brentas viginti quattuor vini et extraordinaria), percepite come elemosine  volontarie (ad libitum hominum cure).  Grazie alle rendite  era assicurata, tra l’altro, la presenza continua di un diaconus residente. Il vescovo non mancava di sottolineare l’atto possessorio,  riconducibile alle concessioni godute fin dal secolo VI dai presuli pavesi, consistente   nel farsi precedere, all’ingresso nell’edificio, da una croce retta da un diacono  (cum vicecuratore et aliis processionaliter cum cruce et insignia).
       San Lorenzo non conobbe dunque, a differenza di quanto spesso avvenne alle chiese matrici delle  comunità astigiane,  una  precoce riduzione  a chiesa cimiteriale, né l’abbandono, pur rimanendo luogo preposto alle sepolture (“cadavera sepeliuntur”, annotava senza commento il visitatore cinquecentesco).  Riprogettata tra il 1646 e il  1696 nel nuovo edificio dedicato ai Santi Giovanni Battista e Lorenzo, la chiesa risultò dotata, verso la metà del secolo XVIII, di un beneficio formato di “una cassina con beni alla medesima adiacenti”, dei quali, tuttavia, all’epoca, “nepure si sa la quantità”;  più tardi qiuesta fu stimata in circa 80 giornate di terre fiscalmente esenti, accresciute fino a quasi 87 giornate nel 1795,  per  un reddito medio, tra rendite “certe e incerte”, di £600-700 annue, destinate in parte al mantenimento di un vice curato. Se in età contemporanea, non mancò, da parte  dei singoli nuclei  insediativi di Tigliole,  la tendenza a sviluppare strutture parrocchiali autonome, i loro sforzi si concretarono, in definitiva,  nella   erezione di una seconda parrocchia sotto la titolatura di  Santa Maria.
     Durante la visita pastorale del 1567, le  risposte del diacono di San Lorenzo  alle domande  del vescovo  offrono uno sguardo sugli altri luoghi di culto a quell’epoca presenti a Tigliole. Si segnalava  innanzitutto un beneficio, “qual è un chiericato chiamato la Madona de Scagnitio [il chiericato di Santa Maria], descritto come “una gesiola distante per un milio circa di questo paese et è  gesiola o oratorio di gran divotione dil populo, ma aperta [...] è di gran divotione il detto luoco et io vi dicco messa molte volte per divotione di particolari, primamente in le feste della  Madona”. Non è chiaro se si faccia qui riferimento alla chiesa campestre, di origine tardo medievale e a tutt’oggi esistente (sia pure senza particolare richiamo cultuale), che,  distrutta verso la fine del secolo XVII, fu più tardi ricostruita con dedicazione alla  Madonnina di Vulgo di Scapenzo. “Vi sono ancora”, nella testimonianza del diaconus  circa altri luoghi di culto,  “una capeletta o oratorio  serrato di San Rocho, distante per un tiro d'archibuso, senza entrata, nel qual si solevano dir molte messe per divocione, ma dippo li ordini dil sacro concilio [tridentino] non vi ho voluto dir messa alcuna”.
 
[V]i è parimente un simille o un pocco più grande gesiolo aperto però sotto il vocabulo di San Sebastiano a meggia strata di San Lorenzo, senza titolo né redditi parimente, nella qual si soleano parimente dir molte messe di divotione et vi sono le compagne scritte et di San Rocco et di San Sebastiano et di San lorenzo qual scuodono  alcune ellemosine et di quelle comprano alcuni cerei con li quali acompagnano il sanctissimo sacramento alli infermi et li corpi alle sepolture, cioè ciascuno per quelli delle sue compagnie; vi è ancora la casa delli disciplinati della misericordia.
 
      In effetti, tra i sodalizi laici esistenti all’epoca della visita del 1567, appariva preminente la Confraternita dei disciplinati sotto il titolo della Misericordia, provvista  di una propria domum, di uno statuto (Regulam), di cariche elettive, di un reddito affidato a collette periodiche  e di una partecipazione formale selettiva, pari a  circa un quinto dei 130 capifamiglia presenti nella parrocchia. Tra l’età moderna e quella contemporanea,  al novero dei sodalizi laici si aggiunsero almeno due nuove confraternite: la Santissima Annunziata e il Santissimo Crocifisso, quest’ultima dotatasi di un nuovo oratorio nel 1861-62. Tra i luoghi di devozione decentrati si segnalava all’epoca la Cappelletta del Buon Consiglio. 
    Fu particolarmente evidente a Tigliole il carattere gerarchico della Confraternita dei disciplinati, la cui partecipazione selettiva evocava una gerarchia  di status o di prestigio.  D’altra parte, a Tigliole come in altre comunità astigiane, soprattutto in quelle con una forte presenza di rapporti che i funzionari sabaudi settecenteschi definivano  “enfiteutici”, la  pratica dei  sodalizi laici fu connotata da rituali di  accompagnamento collettivo vuoi del viatico  vuoi dei defunti sotto forma di processioni che si snodavano  dalle case, alla chiesa, al cimitero  [A.C.T., Serie I, Vol. 17, fald. 72, Scritture riguardanti la parrocchiale di Tigliole (1645-1734); Serie II, Vol. 8, fald. 88, Registro della consacrazione della chiesa parrocchiale e descrizione dei banchi esistenti in essa chiesa (1808);  Fondo Catasto, Classe 0, fald. 0, fasc.1, Libro del catasto (1507); A.S.D.P., Visite pastorali, Visita de’Rossi (1567), cc. 277r-83v;  Barbero, Ramella e Torre 1981; Bosio 1894, p. 522;  Cotto Meluccio, Fissore, Gosetti e Rossanino 1986, docc. 25 e 157 (1265), 246 (1286), 26 (1296), 698 (1297); A.S.T., Camerale, II Archiviazione, Capo 39, n. 1, Corrispondenza dell’intendente Riccati (1795); Corte, Materie ecclesiatsiche, Arcivescovadi e Vescovadi, Torino, Mazzo 1, Copia d’Istr.o di Donazione fatta dal Conte Ludovico Montafia alle Chiese Arcivescovale di Torino, e Parocchiale di Montafia, della quinta parte de’ suoi Beni di Tigliole, Carignano, Montafia, e Bagnasco, mediante la cellebrazione d’una Messa Ebdomadaria perpetua per caduna d’esse Chiese (5 ottobre 1574/1584); De Stefano e Vergano 1960, p. 72; Gianani 1974, p. 2; Inzerra-Bracco 1993; 1994; Morando 1997, pp. 44 sgg.; Pittarello 1984, pp.184-91; Relazione 1753, ff. 246r-47r; Torre 1999, p. 253].
Assetto Insediativo
Vi è consenso tra gli storici sul fatto che, durante il tardo medioevo, si moltiplicarono i piccoli insediamenti in un’ampia zona a ovest di Asti, in origine densa di selve e in cui sopravvivevano, ancora nel secolo XI, vaste estensioni boschive. E’ stato peraltro ipotizzato che, alle sue origini, Teliolas costituisse un unico nucleo insediativo, che andò differenziandosi in più nuclei nel corso del medioevo sulla spinta dell’incremento demografico e della competizione tra diverse signorie e giurisdizioni laiche ed ecclesiastiche.
     Sul territorio dell’attuale Tigliole la Chiesa d’Asti possedeva, nel 974, sia una curtis, o azienda agraria, sia il castrum, o villaggio fortificato, di Teliolas (corrispondente oggi al luogo di Tigliolette, presso l’attuale frazione Pianetti a qualche chilometro dal capoluogo, su un’altura prospiciente il torrente Triversa), già dotato di una chiesa dedicata a Sant'Eugenio e compreso nel Contado di Asti. A un secolo di distanza, quando si affermerà il potere del Comune di Asti, la località sorta nel piano divenne nota come Tegloles inferiores. Più tarde sono invece le prime attestazioni documentarie relative a Tegloles superiores, l’odierno Tigliole, situato a qualche chilometro verso nord-ovest. Qui, nel, 1041 i possessi della Chiesa di Asti erano costituiti da un’altra curtis, appartenente al duomo di Santa Maria, con il castello e le chiese dipendenti (curtem Teliolem sancte Marie cum castro et ecclesiis). In particolare, pur nella relativa scarsità di documentazione locale tardo medievale, un consenso storiografico circonda l’ipotesi che le due località, documentate distintamente dalla fine del secolo XII, ebbero storie diverse fino allo scorcio del secolo XV, o agli inizi del Cinquecento.
    E’ ipotizzabile che, in epoca precedente, la signoria pavese si esercitasse direttamente sul castello, villaggio e territorio di Tegliolarum superiorum et inferiorum, Conspentii et Zerbi, cui si aggiunse anche Cerreta, località minori oggi scomparse, ma situabili con certezza nell’odierno territorio di Tigliole e soggette quindi integralmente al potere politico del vescovo pavese. La signoria temporale non comportava necessariamente anche la giurisdizione ecclesiastica, relativa invece alla sola chiesa del castello di Tigliole Superiore, mentre dal vescovo di Asti dipendevano le chiese di Caspenzio e di Tigliole Inferiore. Entro il 1381 il vescovo di Pavia concesse poi ai suoi vassalli l’investitura di Tigliole Superiore, di Caspenzio e anche di Tigliole Inferiore.
     A partire dalle soglie dell’età moderna, con la decadenza e l'abbandono di Tegloles inferiores, i luoghi vennero unificati e ne rimase un unico nome. Assai articolato da un punto di vista giurisdizionale, l’assetto insediativo di Tigliole si segnala dunque, su un lungo arco di tempo, come relativamente refrattario a convergere su un’unica unità demica, ma anzi movimentato e policentrico da un punto di vista territoriale. Diversi indizi, in particolare nella documentazione otto e novecentesca, suggeriscono che l’espansione demografica di lungo periodo nel corso di quell’epoca e i fenomeni di emigrazione permanente che la caratterizzarono abbiano prodotto riassestamenti complessi e capillari nella maglia insediativa locale. A grandi linee, e con modalità che sembrano in parte discostarsi da quelle dei comuni limitrofi, si possono segnalare in questo senso: una lieve ma progressiva convergenza della popolazione “sparsa” verso ciascuno dei numerosi nuclei insediativi maggiori, che forse accompagnò i maggiori flussi di emigrazione permanente, senza peraltro innescare fenomeni di semplificazione o concentrazione entro la maglia insediativa complessiva.
     Da un punto di vista prettamente numerico, per esempio, la incerta preminenza assunta in questo periodo dal nucleo di Pratomorone s’inquadrò semplicemente nell’intenso coevo riordino di raccordi viari -- nuovi o rinnovati -- entro il fitto tessuto complessivo della viabilità comunale [A.C.T., Sez. II, Cat. VI, fald. 3160, Espropriazione di utilità pubblica per strade e stazione ferroviaria (1916-26); Cat. X, fald. 3130, Strade comunali obbligatorie: Strada comunale Baldichieri-San Damiiano; Strada Tigliole-San Carlo; Strada comunale dalla frazione San Carlo alla stazione ferroviaria di Baldichieri; strada comunale per l’abitato di Pratomorone al confine di San Damiano e rivo Sghiarotto, progetti e carte relative per la costruzione dei quattro tronchi stradali Baldichieri-San Damiano (secc. XIX-XX); Cat. XII, Cl. 3, fald. 3250, Registri di popolazione: Pocola, Pratomorone, San Carlo, Tigliole, Valperosa (sec. XIX-XX); Bordone 1976, p. 149; 1977, p. 286; 1980a, pp. 236-38; 1980b, p. 139 nota 24; Forzatti Golia 2002, pp. 126-32; Informazioni 1839; Istituto Centrale 1956; Inzerra-Bracco 1993; 1994; M.G.H., vol. V, doc. 70; Ministero 1883 e successivi; Plebano 1832; Presidenza 1927 e successivi; Relazione 1753, f. 248r-v].
Luoghi Scomparsi
Teliolas (o Tegloles) inferiores (Tigliolette), nucleo demico situato tra le località Pianetti, Perosini e Canavese. Caspedengum, poi Caspenzio, o Scapenzio, insediamento presso l’attuale chiesa campestre intitolata alla Madonnina di Vulgo Scapenzo a Pratomorone. Il castello denominato antico Castelvero, ubicato tra il Bricco Barrana a Cantarana e Valperosa di Tigliole, già castrum, attestato dal 1152, del comitato di Serralonga. La località di Cerreta, o Cerretta, è attestata come punto di riferimento della divisione dei confini tra Tigliole e le comunità limitrofe sullo scorcio del medioevo [A.S.T., Corte, Paesi, Monferrato, Confini, S 3, cc.52 - 61 (1480 e 1482); Bordone 1975; 1976; 1977; Inzerra Bracco 1993; 1994].
Comunità, origine, funzionamento
La storiografia locale avanza l’ipotesi di una organizzazione in comune a partire dal secolo XIV, con la redazione di statuti di poco successivi. Di fatto, la presenza, a partire dallo scorcio del secolo XVI, di un governatore papale sembrò avere per più versi un effetto di accentuazione degli aspetti di autonomia politica della comunità, concepita come argine alle pressioni giurisdizionali e territoriali sabaude, oltre che alle residue ingerenze pavesi in materia vuoi spirituale vuoi feudale. Verso la seconda metà del secolo XVIII, dopo l’incorporazione di Tigliole ai livelli più bassi dell’amministrazione sabauda, un ridimensionamento delle istituzioni comunali (grazie al “Regolamento economico” introdotto dall’Intendenza nel 1752, peraltro profondamente difforme dalla norma per le comunità astigiane) comportò il dimezzamento del Consiglio ordinario elettivo preesistente, già composto di due sindaci 23 e consiglieri, rinnovabili, rispettivamente, ogni quattro e ogni sei mesi. Un problema qui emergente era quello delle “cautelle giustizia ed eguaglianza” nella composizione di un consiglio ridimensionato ma capace di rispecchiare complesse inflessioni giurisdizionali e insediative [A.C.T., Serie I, Vol. 17, fald. 72, Volume di scritture e di atti concernenti l’elezione dell’abbà, capo delle feste e della gioventù di Tigliole (1666-1767); Cottizzo per il Signor Medico (1766); Serie III, Vol. 23, fald. 1970, Elenco degl’individui contribuenti al comune per canoni signorili e che hanno pagato il capitale per essere esonerati da tale comunal tributo (1861-1900); Ruolo di pagamento dei canoni signorili (1861-1900; lacune per gli anni 1862-73, 1881, 1883-86); Nota dei contribuenti iscritti sul ruolo di perpetuo annuo censo enfiteutico posseduto dal comune di Tigliole i quali soddisfecero il pagamento delle singole quote capitali di affrancamento (1861-1900); Sez. II, Cat. X, fald. 3163, Demolizione della casa comunale denominata “ghetto” (1890-1901); A.S.T., Sezioni Riunite, I Archiviazione, Provincia di Asti, Mazzo 2, Regolamento e Amministrazione delle Comunità, n. 3 (1760); n. 9 (1773); II Archiviazione, Capo 39, n. 1, Scritture: Corrispondenza dell’intendente Riccati (1795); Corte, Materie ecclesiastiche, Materie ecclesiastiche per categorie, Nunziatura Cat. XVIII, Bolla de’Doganieri di S.A. per il transito delle sete raccolte in Tigliole (30 ottobre 1669), f. 52r.; Lettera di S.A.R. al Gabelliere Bagnolo di non molestare li Particolari di Tigiole (15 dicembre 1671), ibid.; Negoziazioni con Roma, Cat. 1, Mazzo 12, Progetto del Gran Cancelliere Gubernatis, del Marchese Graneri, ed Avv.o Gen.le Ricardi, de mezzi da praticarsi per evitare pregiudizj della troppo libera pubblicazione, ed esecuzione delle provisioni di Roma, e frenare gli Ecessi dell’Immunità Reale, e sostenere i diritti della Corona, sovra i luoghi di Cortanze, Cisterna, Montafia e Tigliole (1713); Materie economiche, Materie economiche per categorie, Gabelle, Tabacco e Acquavite, Mazzo 1; Materie economiche, Gabella del sale Piemonte e Nizza, Mazzo 4, n. 5 (1687); Bordone 1977, pp. 236-47 (citaz. De Canis); Inzerra Bracco 1994; Relazione 1753, ff. 246r-49r].
Statuti
E’ attestata una compilazione statutaria risalente al 1401 [Bianchi 1881, p. 362].
Catasti
La serie conservata presso l’archivio storico comunale di Tigliole è ripartita in più sezioni, che riflettono sia la relativa continuità sia anche altre caratteristiche di fondo della storia della catastazione tigliolese. Da un lato, la redazione di libri catastali fu relativamente precoce e continuativa tra il secolo XVI e gli inizi del XVII. D’altro lato, l’applicazione delle norme della Perequazione generale, la riforma sabauda della fiscalità terriera, decisa sotto forma di editto per i territori sabaudi nel 1731-32, fu assai tardiva, giacché cominciò a essere applicata a Tigliole nel corso del 1795 sulla base di un nuovo editto dell’11 gennaio 1794. A quell’epoca risultava che, a Tigliole, “seguì bensì misura, e descrizione de’ beni circa il 1730 ma senza applicazione di verun estimo” dei terreni. In pratica, nel corso del secolo XVIII veniva ancora utilizzato correntemente il catasto compilato nel 1630, che apparve, agli occhi dei funzionari statali di fine secolo, “in tale disordine da non potersene servire in maniera nessuna, potendosi [...] considerare come se non esistesse”. Il fatto era che l’introduzione sabauda della imposta prediale ordinaria costituiva un’assoluta novita, incongrua rispetto alla documentazione catastale esistente: “[I]l Catasto de’beni del territorio di Tigliole formatosi nel 1630 non è d’alcun uso, non essendovi libro di trasporto, o non servendosene quella Comunità attualmente, dacché si prevale de’ redditi Comunitativi per supplire alle annue spese locali”. Perciò i terreni erano “privi d’estimo”: a Tigliole “non vi è allibramento”. Nell’attesa di una “misura generale del territorio”, completa degli “allibramenti” relativi ai singoli appezzamenti, il Controllore generale suggeriva, già nel 1793, di basarsi perlomeno sul criterio della superficie nota del territorio:
 
[C]onverrà fare la comune del reddito delle giornate per determinare a quanto ascenda il total reddito di quel Territorio, onde fissare colla predetta regola da stabilirsi la quota Comunitativa, e per ripartire poi il carico tra contribuenti di quel Territorio [invece di stima sulla base delle lire di registro].
 
(La “misura” stimata dall’intendente di Asti a metà secolo aveva sfiorato le 6000 giornate di superficie, con un errore in eccesso pari a circa il 50 per cento.) Inoltre, data la mancanza di un estimo, “si dovrà pensare a qualche altro spediente, eccetto che si riconoscesse, che le diverse giornate di quel Territorio fossero a un dipresso di una medesima bontà, e reddito”. I risultati furono deludenti. Il criterio prescelto conteneva, come risultò in seguito, un “errore di calcolo di giornate mille nel quantitativo delle giornate prese per base dai Periti”, vale a dire le misure compiute nel 1730, pari a una sottoregistrazione di circa il 20 per cento rispetto alla effettiva estensione del territorio, ivi compresi i beni “feudali ed enfiteutici”. [A.C.T., Fondo Catasto, Classe 0, fald. 0, fasc. 1-5, Libro del catasto (1507, 1535, 1585, 1630, 1631); fasc. 6, Libro del catasto visto per per bollo nel 1838 (1796); fasc. 7-8, Libro di trasporti de’ beni enfiteotici visto e approvato per bollo nel 1840 e nel 1857 (1797); fascc. 9-12, Libro colonnario delle mutazioni di proprietà (sec. XIX); fascc. 13-31, Catasto dei terreni (sec. XIX-XX), in sei volumi, con Registro degli estimi, Libri dei trasporti, Giornale del catastraro e Rubrica; fascc. 39-42, Mutazioni di proprietà (1859-1907); Serie I, Vol. 1, fald. 2, Brogliasso pel catasto (1613-15); fald. 2, Brogliasso pel catasto (1609-31); Registro misura giornate del catasto (1630); Vol. 1, fald. 3, Consegnamento dei beni enfiteotici (1702); Vol. 1, faldd. 3-4, Consegna dei beni (1794); Vol. 17, fald 72, Atti ed istruzioni relative all’imposizione del tasso a questo luogo e formazione di prove di catasto (1794-95); Serie III, Vol. 1, fald. 92, Registro delle mutazioni di proprietà (1819-38); Vol. 23, fald. 1330, Registro delle mutazioni di proprietà (1839-59); A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 39, n. 1, Relazione, pp. 1-7, Corrispondenza dell’intendente Riccati (1795); n. 2, pp. 3-5, Promemoria del Sig.r Controllore Generale (1793), pp. 31-37, Relazione alla Giunta intorno alla fissazione del Tasso per la Com.tà di Tigliole (1795); A.S.T., Corte, Paesi, Provincia di Asti, Mazzo 44, Atto delli 15. et 17. X.mbre 1637, per cui consta che in Tigliole vi fosse il Cattastro, e si pagassero le taglie (1637)]. Una parte del materiale catastale del comune di Tigliole è conservato in A.S.A., Fondo catasti antichi.
Ordinati
La serie degli ordinati e delle deliberazioni, apparentemente senza lacune, è conservata a partire dal 1578 [A.C.T., Vol. 9, faldd. 21-35, Ordinati originali (1578-1799) ; Serie II, Vol. 8, fald. 88 (1800-11); Serie III, Vol. 8, faldd. 1100-1110, (1821-38); Vol. 13, faldd. 1210-1230 (1839-61); Serie III, Vol. 23, faldd. 1980-2010, Verbali della Giunta (dal 1864). La serie prosegue nella Sez. I, Sez. II, Classe 8, faldd. 2250 e sgg.].
Dipendenze nel Medioevo
Tegloles inferiores, o Tigliolette, sviluppatosi come castrum alla confluenza del Triversa col Borbore, dipese, insieme con il suo castello, dal vescovo di Asti fin dalla seconda metà del secolo X e fu compreso nel contado di Asti. Le donazioni regie ai vescovi di Pavia dei secoli IX e X, che pure documentano la presenza di numerose enclave extra-diocesane pavesi, non recano alcuna indicazione sui possessi astigiani.
     La documentazione esistente suggerisce che è possibile circoscrivere il momento nel quale il vescovo di Pavia ebbe modo di venire in possesso delle sue dipendenze astigiane tra la metà del secolo XI e la metà del successivo, quando Tigliole, non più elencata tra i beni della Chiesa di Asti, venne riconosciuto come appartenente alla diocesi di Pavia dalla bolla o privilegio di papa Onorio III. Non manca una serie di tracce indiziarie, quali la permutazione, nel 1018, da parte del vescovo Rainaldo con il longobardo Iohannes di alcuni possedimenti ubicati nell’Astigiano con altri situati in Lomellina: in una zona, cioè, più facile da controllare e dove esistevano già da tempo alcuni punti di forza della presenza diocesana pavese. Un elemento più preciso di datazione, sebbene di non facile interpretazione, è fornito dal diploma già attribuito allo “imperatore Corrado II”, in realtà re Corrado, figlio ribelle dell’imperatore Enrico IV, con cui era stato confermato al vescovo di Pavia il possesso di “quattordici castelli”, fra i quali Tigliole, posti “nelle regioni dell’Astigiana e Monferrato”. Si tratta di una notizia proveniente da una fonte di derivazione locale e di epoca più tarda: la cronologia di storia pavese composta nel 1636 dal Pietragrassa. Il taglio annalistico di questa fonte, che colloca il diploma tra il 1094 e il 1095, fa ritenere attendibile la notizia anche in assenza di una datazione specifica.
     Esattamente in quegli anni, l’imperatore Enrico IV e il figlio Corrado avevano cercato di rafforzare il proprio potere mediante concessioni ai vescovi dell’Italia settentrionale: furono gli anni dell’alleanza tra il vescovo di Asti ed Enrico IV, mentre il presule pavese Guglielmo, che nel 1093 aveva ottenuto dallo stesso l’abbazia di Breme, dal 1094 era passato alla fazione opposta. La donazione ebbe esiti diversi da zona a zona: se nel territorio della pieve di Ponte la giurisdizione del vescovo pavese fu di carattere spirituale, a Tigliole (e a Cortazzone) egli stabilì un dominio eminentemente politico. Entro questo contesto, la prima testimonianza relativa alla signoria dei vescovi di Pavia su Tigliole risale al 24 ottobre 1182: Alberto, nella chiesa del castrum, riconosceva gli obblighi contratti dai suoi predecessori verso il presule pavese, e riceveva il rinnovo dell’investitura del castello e territorio di Tigliole, con tutte le adiacenze e pertinenze feudali. L’autorità temporale del vescovo pavese si esprimeva anche sul castello di Cortazzone secondo le stesse modalità: Alberto de Cortasono, sottomettendosi nel 1198 al comune di Asti, giurava fedeltà, salvo episcopo Papiensi de Cortasono et de Tegliolis.
     Grazie alla documentazione, sia pure sporadica, conservata presso l’Archivio storico diocesano di Pavia, si può seguire di qui in poi la continuità della signoria vescovile sulle due località fino al secolo XV. Le investiture dei secoli XIV e XV relative a Tigliole continuarono infatti a riflettere sostanzialmente gli stessi impegni enunciati nella frammentaria cartula confessionis del 1182. In questo quadro d’insieme, l’unione di Cortazzone e Tigliole con le terre a sud del Tanaro può essere motivata dal fatto che lo stesso gruppo parentale, i de Tegliolis, che sino alla fine del secolo XII esercitava la signoria sui due luoghi, aveva contemporaneamente beni anche nel comitato di Loreto. Se infatti la donazione di re Carlo restò efficace per poco tempo, fu perché, dopo la sua morte (1101), nella zona a sud del Tanaro si affermò rapidamente l’autorità di Bonifacio, detto poi del Vasto, che diede origine appunto al comitato di Loreto. La clientela vassallatica che i marchesi del Vasto possedevano e che venne in seguito ereditata dai Lancia era formata da un altro nucleo parentale, rappresentato dai signori di Cortandone-Cortazzone. Il legame tra questa famiglia e i Lancia risulta da un documento del 1198, in cui Alberto de Cortasono e Rogerio de Cortandono, suo fratello, giurano sottomissione al comune di Asti, con eccezione di fedeltà nei confronti del vescovo di Pavia per Tigliole e Cortazzone, e verso il marchese Manfredo di Busca per quanto possiede ultra Tanagrum. In tale contesto il vescovo pavese riuscì a conservare a Tigliole e Cortazzone, in posizione più periferica, un effettivo potere signorile di carattere temporale, più tardi ristretto al dominio temporale nel secondo caso [Bordone 1975, p. 149; 1980a, pp. 236-238; 1980b, pp. 139 n., 148; Forzatti Golia 2002, pp. 126-32 e note 119, 124-27, 129-36: A.S.D.P., Cart. 1 (atti del 1381 e 1387); M.G.H., vol. V, doc. 70 (diploma del 1041 dell’imperatore Enrico III a favore di Pietro vescovo di Asti); Gabotto 1904, vol I., doc. 95; Merlotti 2003; Pirola 1991, nota 7: A.S.D.P., Cart. 1; Pietragrassa 1636, ff. 92-93; Robolini 1823-36, vol. III, p. 71 (sposta al 1094 la datazione del 1084 proposta dal Pietragrassa per il diploma di re Corrado); Sella e Vayra 1880-87, docc. 6 (diploma del 1159 di Federico I Barbarossa a favore del comune di Asti), 783 (11 luglio 1198), vol. II, c. 28 sgg. (elenco delle località dipendenti dalla giurisdizione del comune di Asti nel 1190 secondo Ogerio Alfieri); Settia 1990; 1991, pp. 297-303, ora in Bordone 2002, pp. 185-98].
Feudo
All’estinzione della famiglia signorile locale dei de Tegloliis, nel secolo XIII, divennero vassalli del vescovo di Pavia alcuni membri dell’importante famiglia astigiana dei Solaro, che tennero il vassallaggio di Tigliole nel secolo XIV (mentre il feudo di Cortazzone passava ai Pelletta). Dal 1340 al 1353 il dominio di Tigliole passò a Luchino Visconti, per poi ritornare ai Solaro, a cui si aggiunsero brevemente i Cazio nel 1381. Nel 1422, per non aver assolto agli obblighi feudali nei confronti del Vescovo di Pavia, i Solaro furono dichiarati decaduti, anche in seguito alla breve signoria di Giovanni Turco, signore di Frinco, che durò dal 1413 fino alla sua messa al bando ed esecuzione, avvenuta a Moncalvo nel 1430.
     Nel 1424, il feudo era intanto passato, per investitura del vescovo di Pavia, ad Antonio e a Bernardino di Montafia e ai loro discendenti. Grazie ai signori di Montafia e a una loro egemonia locale della durata di quasi due secoli, Tigliole entro un ampio ma compatto circuito signorile incentrato sui feudi ecclesiastici di Tigliole, Montafia, Roatto e Maretto, oltre che su una rosa di altre località astigiane: Piovà, Cerreto, Castelvecchio, Solbrito e Viale.
     Nel 1577, alla morte del conte Lodovico Montafia senza discendenti maschi, il feudo fu assegnato da Gregorio XIII al nunzio apostolico di Torino monsignor Cervia, a fronte della opposizione giudiziaria delle figlie del conte Montafia. Nel 1591 Gregorio XIV infeudò Tigliole a Sigismondo de’ Rossi, fratello del vescovo di Pavia, che però viene di fatto a dipendere dalla Camera apostolica. Sotto i Savoia il feudo passò ai Marchesi di Ormea, poi ai Conti di Andezeno, quindi ai Tapparelli.
     Sullo scorcio del secolo XVI il feudo risultava dotato di almeno nove masserie, oltre che di una serie di diritti di prelievo signorile. Questi ultimi risultavano fortemente ridimensionati sotto la signoria degli Ormea, che tuttavia risultavano proprietari, negli anni Novanta del secolo XVIII, di circa 400 giornate di “beni feudali” condotte in “enfiteusi” da oltre 260 famiglie coltivatrici. Non è chiaro quale parte ebbe il patrimonio tigliolese negli sforzi di conservazione attuati dagli Ormea durante l’epoca del governo francese [A.S.D.P., Visite pastorali, Visita de’Rossi (1567), cc. 277r-83v; Cipolla 1945, pp. 8-13; Claretta 1883; 1899, p. 213; Forzatti Golia 2002, pp. 126-30, nota 121: A.S.D.P., cart. 2 (atti del 1381, 1384, 1387); Notai, Griffi, cart. 3, fasc. I, f. 16r-v (1377); cart. 4, fasc. II, f. 31r, investitura feudalis Iohannis Antonii de Solario (1384); feudum Marchionis et d. Belardini de Solario (1384); cart. 5, fasc. I, feudum illorum de Tegliolis Solario (1386); cart. 6, fasc. II, n. 33, feudum d. Belardini et Rynaldini de Solario (1388); cart. 12, fasc. IV, declaratio et procura pro feudis Tegliolorum et Cortazoni (1404); nota 122: A.S.D.P., cart. 2 (atti relativi ai Montafia del 1447, 1479, 1482, 1499); nota 123: A.S.D.P., cart. 2 (atto relativo ai Pelletta del 1344); Notai, Griffi, cart. 1, fasc. III, n. 21, feudum d. Iacobi de Beciis (1374); cart. 3, fasc. I, f. 47r, investitura (1377); cart. 4, fasc. Ii, n. 79, feudum Iohannis Pellete (1384); cart. 14, n. 21, feudum Iacobi Pellete Becii a d. episcopo de castro Cortasoni (1416); A.S.T., Corte, Paesi, Provincia di Asti, Mazzo 40, Investitura concessa dal vesc.o di Pavia à Gio, fù Melchior Solaro del Castello, e Luogo di Tigliole superiore et inferiore, Conspienzio, Gerbop, e Ceretta coll’obbligo di far pace, e guerra contro tutti, eccettuato l’Imp.re, e Duca di Milano (2 aprile 1435); Discorso, et Albero genealogico della Casa de’ Signori di Montafia, e Tigliole [s.d.]; Breve di Paolo II. Col quale permette ad Antonio di Montafia di disporre tanto frà vivi che per ultima volontà della metà à lui spettante de’ feudi di Montafia, e Tigliole à favor del suo Nipote primogenito (1535); Donazione fatta dà [...] Antonio di Montafia à favore del sud.o Giorgio di tutt’j suoi Beni [...] ne’ Luoghi di Montafia, Tigliole, Roato, e Mareto, S.n Paolo, e Piovanato di Meyrate sotto la riserva dell’usufrutto [...] (13 febbraio 1535); Parte degli Atti della Lite trà Giorgio, e Filiberto di Montafia per la divisione de’Beni, e redditi tanto feudali che Alldodiali di Roato, Mareto, e Montafia, Tigliole, e Carignano, à quali restano annessi li titoli (1538); Guasco 1911, vol. IV, p. 1636 (580); Morando 1997: A.S.D.P., cart 2, n. 9 (atto relativo a Piero e Franceschino Cazio del 1381].
Mutamenti di distrettuazione
Ancora nel 1389, all’epoca in cui la contea di Asti entrava a far parte del patrimonio degli Orléans   a seguito del matrimonio di Valentina Visconti, contessa di Asti, con Louis de Valois, duca di Orléans e fratello di Carlo VI, re di Francia, il controllo pavese su Tigliole, sotto la tutela dei Visconti, appariva in fase di espansione e di consolidamento. Nel 1531, la contea di Asti fu infeudata da Carlo V alla cognata Beatrice di Portogallo, sposa del duca di Savoia Carlo III, entrando in tal modo a far parte del patrimonio sabaudo.
    Nello stesso anno, con un diploma imperiale riconfermato nel 1562 dall’imperatore Ferdinando I, i duchi di Savoia ottennero il vicariato imperiale sul contado della città, con pieno esercizio di tutti i diritti regali, esteso nel 1555 alle diocesi dei loro stati. Nel 1560, Asti venne eretta a sede di una provincia ambiguamente sovrapposta alla eterogenea formazione territoriale ereditata dal dominio visconteo e orléanese sulla contea (ma risalente, nel suo assetto di fondo, alla tarda età comunale), comprendente, accanto alle aree sulle quali la città esercitava, attraverso due modalità ben distinte, un più immediato dominio territoriale (i luoghi, rispettivamente, del “distretto” e del “capitanato”), località infeudate a vario titolo a membri della nobiltà cittadina, tra le quali, le “terre della chiesa”. Su queste ultime, in quanto comprese nel “corpo del contado” di Asti, il duca di Savoia pretendeva ora di esercitare prerogative di giurisdizione e di “quasi possesso” [Bordone 1989, loc. cit.; Bordone 1998, loc. cit.; Bordone, La Provincia, p. 7; Claretta 1899, pp. 187-188; A.S.T., Informations; A.S.T., Compartimenti fatti sopra le terre del Contado; A.S.T., Rimostranza; A.S.T., Tre pareri anonimi].
     D’altro lato, l’incameramento dei feudi dei Pelletta decretato nel 1472 da papa Sisto IV, sostitutosi al fisco vescovile astese, giudicato troppo accomodante nei confronti degli incolpati, aveva fornito alla Sede pontificia l’occasione di affermare una più generale caducità dei feudi ecclesiastici alla Camera apostolica, costituendo così un precedente per le investiture in seguito direttamente concesse dalla corte romana. In particolare, nel XVI secolo una lunga controversia tra il vescovo di Asti e quello di Pavia per i possedimenti di Tigliole si risolse, nel 1577, alla morte dell’ ultimo conte di Montafia senza eredi maschi, con l’incameramento papale del feudo, la cui amministrazione fu assegnata a un governatore [Bordone 1976, p. 47].
     L’intervento diretto di Roma nelle materie riguardanti i feudi s’inseriva nella logica della salvaguardia e del divieto di alienazione, sanciti nella Bolla In Coena Domini emanata da Pio V nel 1567, di giurisdizioni e beni ecclesiastici. Fu perciò anzitutto inteso a contrastare le rivendicazioni di sovranità su tali feudi avanzate dai duchi di Savoia, formalmente in nome delle loro prerogative di conti di Asti e di vicari imperiali [cfr. ad es. A.S.T, Urbani…Papae VIII Confirmatio; A.S.T., Copia di lettera; A.S.T., Copia di scrittura A.S.T., Copia di Monitorio; A.S.T., Cedulone di S. S.tà Clem.e XII], sostenute sul terreno dal reiterato esercizio e dalla trascrizione notarile di atti possessori, quali, in particolare, i tentativi di imposizione del “tasso” (la principale imposta prediale sabauda dal 1560), delle gabelle e di altre contribuzioni [tra i numerosi documenti riguardanti il conflitto attorno alla fiscalità, cfr. ad es. A.S.T., Lettera del Duca; A.S.T., Stato dell’imposizione A.S.T., Copia di Breve (1568); A.S.T., Copia di Breve (1569); A.S.T., Istruzione; A.S.T., Allegazioni; A.S.T., Rellazione della publicazione; A.S.T., Scomunica], i giuramenti di fedeltà estorti ai rappresentanti delle comunità, l’ “offerta” di legittimazione di interessi locali attraverso l’attività giudiziaria o arbitrale dei giusdicenti e delle magistrature ducali (in primo luogo, le “appellazioni al senato”, invocate come probanti da un parere espresso dal presidente di quest’organo intorno al 1660) [A.S.T., Parere del Presidente Pallavicino]. L’intransigenza pontificia riuscì invece a frustrare lungamente, quanto meno a livello di un riconoscimento formale, i passi compiuti dalla corte sabauda in direzione di una soluzione negoziata [Bosio 1894, pp. 172-176; A.S.T, Urban[i..]. Papae VIII Confirmatio; A.S:T., Copia di lettera; A.S.T., Copia di scrittura; Romanello 1987].
     Nel 1741 Carlo Emanuele III di Savoia ottenne dal papa il vicariato su Tigliole. Da questo momento, fino alla caduta dell’antico regime in Piemonte (1798), la collocazione della comunità di Tigliole nella provincia di Asti, già inscritta negli ordinamenti sabaudi per le intendenze, le prefetture e le assise dei giudici del 1749 e 1750, si mantenne fino alla caduta dell’antico regime in Piemonte (1798) [Cassetti 1996; Duboin 1818-1869, III, pp. 58, 72, 79, 98, 133, 160]. Tigliole non era sfuggito, sia pure incertamente, alla distrettuazione finanziaria sabauda, figurando, a partire dagli anni Quaranta del Settecento, come località dapprima “non compresa nello stato”, quindi inclusa Regolamento delle Gabelle unite del Piemonte [A.S.T., Billancj per le Regie Gabelle]. L’imposizione delle gabelle fu tuttavia, anche sulla carta, parziale, al pari di quella della fiscalità gravante sulla terra [A.S.T., Stato delle Terre... lasciate tacitamente immuni, c. 23v]. Tigliole, come altri feudi ecclesiastici, fu lasciato “tacitamente immune” dal “tasso” (l’imposta prediale ordinaria sabauda): non interamente, bensì ottenendo l’attribuzione di un carico inferiore a quello teoricamente determinabile in base al “Conto di Perequazione” [A.S.T., Stato delle Terre del Vicariato Pontificio, c. 21r; A.S.T., Stato delle Terre […] lasciate tacitamente immuni, c. 23v; A.S.T., Stato d’altre Terre].
     All’interno della maglia amministrativa francese, Tigliole seguì le sorti dell’intero territorio della vecchia provincia di appartenenza, aggregato, senza sostanziali alterazioni, a una circoscrizione di livello dipartimentale o circondariale, avente per capoluogo Asti. Si trattò inizialmente del dipartimento del Tanaro, creato durante il primo effimero periodo di occupazione (1799), e, con il ritorno dei Francesi e in seguito alla riorganizzazione amministrativa del 1805, del dipartimento di Marengo (capoluogo: Alessandria), circondario (arrondissement) di Asti e capoluogo di cantone. Vedi mappa.
     Al termine della parentesi napoleonica, Tigliole tornò, nel 1814, a far parte della ricostituita provincia di Asti che, dopo alcune instabili riorganizzazioni mandamentali nel 1818 (durante le quali Tigliole fu assegnata al mandamento di Baldichieri), fu ridotta a circondario della divisione amministrativa, poi provincia, di Alessandria nel 1859 [Cassetti 1996; Sturani 1995; Sturani 2001]. Lo stesso circondario di Asti venne soppresso e aggregato a quello di Alessandria nel 1927 [Istituto Centrale 1927, p. 1], quindi staccato dalla provincia di Alessandria e aggregato alla nuova provincia di Asti formata nel 1935 [Istituto Centrale 1937, p. 10; Gamba 2002]. [A.S.T., Corte, Provincia di Asti, Mazzo 34; Mazzo 40, Atti di presa di possesso fatta à nome del Duca Emanuel Filiberto come Vicario Apostolico, et Imperiale de’ Castelli, e Luoghi di Montafia, Tigliole, Roato, e Mareto lasciati in eredità dal fù Conte Lud.co di Montafia (19 ottobre 1577); Procura della Comm.tà di Tigliole per prestare la fedeltà al Duca Em.l Filiberto nella persona del Gov.re d’Asti (31 maggio 1558); Ratificanza della Comm.tà di Tigliole del giuram.o di fedeltà [...] (2 novembre 1558); Procura della Comm.tà di Tigliole per prestare il giuramento di fedeltà [...] (18 settembre 1559 e 22 dicembre 1559); Bordone 1976, pp. 38, 81; Istituto Centrale 1937, p. 11; Plebano 1832; Ragioni 1732, pp. 18, 27, 53, 57, 83, 103, 108, 110, 112, 114, 115, 131, 152, 183, 186, 227, 233; Scritture 1731; Sommario 1727].
     In anni recenti Tigliole ha aderito alla Unione o Comunità Collinare "Colline Alfieri".
Mutamenti Territoriali
Nel 1929 fu aggregata una zona di 13 ha. di superficie, staccata dal comune di Baldichieri d’Asti; contemporaneamente fu staccata da Tigliole e aggregata al comune di Baldichieri d’Asti una zona di territorio pari a 15 ha., con una popolazione di 35 abitanti [Istituto Centrale 1930, p. 15].
Comunanze
Sullo scorcio dell’età moderna, i funzionari sabaudi preposti alla riorganizzazione dell’amministrazione fiscale tigliolese si limitarono a prendere atto della notevole consistenza di beni fondiari comunitativi, per quanto quasi impossibili a quantificarsi. Era infatti impossibile, all’epoca, “rilevare a qual numero di giornate ascenda precisamente l’intero Territorio di Tigliole”, per non parlare della “precisa quantità dei beni Comunitativi [...] di qualunque natura sieno”. Verso la metà del secolo XVIII, l’intendente di Asti stimò, aleatoriamente, la presenza di 1000 giornate di “boschi” e altrettante di “gerbidi”, pari a un terzo dell’intero territorio. Nel 1793, una relazione giurata dei “misuratori ed estimatori” incaricati dall’intendenza riduceva la presenza di gerbidi a 200 giornate e stimava l’estensione dei boschi in 100 giornate.
     Sia pure nell’indeterminatezza delle cifre e delle effettive modalità di accesso a simili risorse, si trattava di un patrimonio strettamente intessuto alla gestione dell’apparato amministrativo e finanziario locale. In particolare, come precisavano i funzionari di fine Settecento, le terre comuni erano utilizzate “quando essi redditi [il complesso degli altri cespiti della comunità] non sono sufficienti, facendo fronte a dette spese mediante la vendita d’Alberi di Rovere, pozzere, ed altri di cui abbonda essa Comunità”. In un quadro di finanze comunali raramente costretto, fino alla piena introduzione della fiscalità sabauda, a ricorrere ad appalti o vendite dei beni comuni, soltanto dal secolo XIX si hanno attestazioni documentarie continuative di una crescente pressione sulle comunaglie. Nel 1990 il territorio non risultava gravato da usi civici [A.C.T., Sez. I, Serie I, Vol. 17, fald. 71, Registro delle misure dei boschi della comunità di Tigliole (1697); Vol. 14, fald. 65, Deliberamenti di vendita e tagli bosco con un brogliazzo di misura del territorio di Tigliole (1592-1699); Vol. 17, fald. 71, Registro delle misure dei boschi della comunità di Tigliole (1697); Serie II, Vol. 11, fald. 91, Registro istruzioni per taglio boschi e selve (1814); Serie III, Vol. 23, faldd. 1280; 1290, Registri degli atti di affittamento dei beni comunali (1839-42); fald. 1300, Atti di affittamento e appalto di beni comunali (1842-56); fald. 1510, Deliberamento vendita tagli boschi comunali (1842-60) fald. 2180, Radiazione d’ipoteca e affittamento beni comunali1832, 1833, 1845 (1823-1895); A.S.T., Camerale, II Archiviazione, Capo 39, n. 1, Relazione, pp. 4-11, Dalla Relazione giurata de’ S.ri Misuratori, ed Estimatori (1793); p. 6, Qualità e numero delle giornate, Reddito accomunato di Ciascuna, Qualità Importare di Ciascuna qualità in Totale (1793); Corte, Paesi, Monferrato, Feudi per A e per B, Mazzo 64, n. 2; Relazione 1753, f. 247 r-v; C.U.C.].
Liti Territoriali
Una serie di arbitrati aveva stabilito i confini di Tigliole tra il 1480 e il 1482. Tuttavia, nel corso dell’età moderna, diverse liti territoriali interessarano il territorio di Tigliole nei suoi rapporti con una importante comunità confinante: San Damiano, verso cui si segnala un’annosa “differenza territoriale”, vertente sui beni appartenenti ai proprietari “limitrofi” residenti sia a Tigliole sia a Celle Enomondo. Vedi mappa 1. Vedi mappa 2.
     Verso la stessa epoca un ampio arco di contenzioso si sviluppò tra Tigliole e la città d’Asti, che approdò ad azioni giudiziarie presso il Senato di Torino nel corso del secolo XVIII. La controversia s’incentrava sulla “regione detta del Canavese”, un’area a ridosso del torrente Triversa, dove si trovavano le cascine del vassallo Quaglino e del conte Osasco Ottaviano della Rocca. I signori sostenevano che l’intera area, come riferiva a metà secolo XVIII l’intendente di Asti:
 
facendo linea retta al alveo di detto torrente [...] comprende tutti essi beni, come catastrati al catastro della città.
 
La comunità di Tigliole, per contro:
 
non solo pretende che gli beni di detto signor conte della Rocha siino del di lei territorio e catastrati al di lei catastro in dipendenza di convenzione seguita da essa città e de signori antecessori di detto signor conte Osascho delli 18 settembre 1652,
 
ma pretendeva, a quanto pare, di incorporare a proprio favore le variazioni del letto del torrente:
 
anche di portarsi ad un ramo recentemente formatosi da detto rivo verso il territorio della città, da essi [i Tigliolesi] bdenominato il Brachio Destro del Rivo Bello, benché volgarmente e communemente venghi chiamato il Rivo della Vigneta. (Vedi mappa).
 
Le controversie riguardanti i diritti signorili lungo l’alveo del fiume si rinnovarono più volte durante il secolo XVIII [A.C.T., Serie I, Vol. 17, fald. 72, Relazioni di perito riguardanti il riattamento del torrente Triversa e la seguita terminazione dei confini tra Baldichieri e Tigliole (1787); Sez. cartografica, Classe 0, fald. 0, fasc. 1, Tipo regolare rappresentante il corso del torrente Triversa dal molino di Tigliole sino al suo sbocco nel torrente Borore colla bealera inferiore a detti molini di Tigliole propria della comunità ed il nuovo cavo, molino e progetto formati per parte del Signor Marchese d’Ormea (1760); A.S.T., Corte, Paesi, Provincia di Asti, Mazzo 44, Atti di visita de’Confini della Città d’Asti, e delle Comm.tà di Celle, e Tigliole (21 luglio 1650) [Vedi mappa]; Trè Lettere dirette à S.A.R. la prima di Mgr. Nonzio La 2.a dell’Aud.re Galant, e la 3.a del Command.e d’Asti De Ville sovra la visita de’Confini controversi trà la Città d’Asti et il Luogo di Tigliole Con una Carta Topografica de’ sud.i Confini (20 e 22 ottobre 1666); Relazione 1753, ff.15v-16v].
Fonti
A.C.T. (Archivio Storico del Comune di Tigliole), con inventario del 1997 (e del 1760, 1831 e 1834: Sez. I, Serie III, Vol. 23, fald. 2181). Cfr. A.S.T., Corte, Paesi, Provincia di Asti, Mazzo 44, Inventaro delle Scritture esistenti nell’Archivio di Tigliole [...] (7 aprile 1631). Vedi inventario.
A.C.T., Sez. I, Serie I, Atti, registri, titoli e carte sino a tutto l’anno 1799.
A.C.T., Sez. I, Serie II, Atti, registri, titoli e carte sino al 1814.
A.C.T., Sez. I, Serie III, Atti, registri, titoli e carte riflettenti all’attuale governo.
A.C.T., Sez. II, Cat. X, Lavori pubblici e comunicazioni.
A.C.T., Sez. II, Cat. VI, Governo.
A.C.T., Sez. II, Cat. XII, Stato civile, anagrafe, censimento e statistica.
A.C.T., Fondo Catasto.
A.C.T., Sezione cartografica.
 
A.S.A. (Archivio di Stato di Asti).
A.S.A., Stato civile del dipartimento di Marengo, Comune di Tigliole [Cassetti 1996, p. 77].
 
A.S.C.S.D. (Archivio Storico del Comune di San Damiano d’Asti).
 
A.S.D.P. (Archivio Storico Diocesano di Pavia)
A.S.D.P., Visite pastorali [Toscani 2003].
A.S.D.P., Notai [Forzatti Golia 2002].
 
A.S.M.S. (Archivio Storico del Comune di Monasterolo di Savigliano).
 
A.S.T. (Archivio di Stato di Torino)
A.S.T., Carte topografiche e disegni, Carte topografiche per A e per B,  Asti e Alba, mazzo 1, "Figura dimostrativa delle Strade che da Torino tendono alle Città d'Asti, et Alba, coll'apposizioni de' Luoghi / Intermedi, e Latterali alle medesime Strade" Figura dimostrativa delle Strade che da Torino tendono alle Città d'Asti e Alba coll'apposizioni dei Luoghi intermedi e laterali alle medesime Strade; signata Bojne ai 29 aprile 1784, 29 aprile 1784 [Autore disegno originale: Bojne]. Vedi mappa.
A.S.T., Carte topografiche e disegni, Carte topografiche per A e B, Dipartimenti, Mazzo 1, "DÉPARTEMENT / DE / MARENGO / Divise en 3 Arrondisemens / et en 31 Cantons." Carte dei dipartimenti della Dora (n.1), di Marengo (n. 2, 2 bis), del Po (n. 3), della Sesia (n. 4), delle Alpi Marittime (n. 5, 5 bis). Note : In alto: "N.° 101.", "ATLAS NATIONAL DE FRANCE", s.d., [Autore incisioni: P.A.F. Tardieu; autore edizione: P.G. Chanlaire]. Vedi mappa.
A.S.T.,  Carte topografiche e disegni, Camerale Piemonte, Tipi Articolo 664, Celle e Tigliole, Mazzo 11, Per li Confini di Tiole. Territorio compreso tra Celle e Tigliole (Note: Il titolo originario è riportato sul verso del disegno. La legenda è contenuta nel fascicolo allegato), s.d. Vedi mappa.
A.S.T.,  Carte topografiche e disegni, Camerale Piemonte, Tipi Articolo 664, Celle e Tigliole, Mazzo 11, Tippo Celle e Tigliole (Note: Il titolo originario è riportato sul verso del disegno), s.d. Vedi mappa.
A.S.T., Sezioni Riunite, I Archiviazione, Provincia di Asti, Mazzo 2, n. 1, Relazione, ed Informative dell’Intendente d’Asti con Stati della Coltura, e raccolto
A.S.T., Corte, Materie ecclesiastiche, Materie ecclesiastiche per categorie, Nunziatura Cat. XVIII, Bolla de’Doganieri di S.A. per il transito delle sete raccolte in Tigliole (30 ottobre 1669), f. 52r.; Lettera di S.A.R. al Gabelliere Bagnolo di non molestare li Particolari di Tigiole (15 dicembre 1671), ibid.; Negoziazioni con Roma, Cat. 1, Mazzo 12, Progetto del Gran Cancelliere Gubernatis, del Marchese Graneri, ed Avv.o Gen.le Ricardi, de mezzi da praticarsi per evitare pregiudizj della troppo libera pubblicazione, ed esecuzione delle provisioni di Roma, e frenare gli Ecessi dell’Immunità Reale, e sostenere i diritti della Corona, sovra i luoghi di Cortanze, Cisterna, Montafia e Tigliole (1713).
A.S.T., Corte, Materie economiche, Materie economiche per categorie, Gabelle, Tabacco e Acquavite, Mazzo 1, Memorie, Relazioni e Pareri riguardo dello stabilimento della Gabella del Tabacco nelle Terre dipendenti dal Vicariato Pontifizio che sono le dipendenti dall’Abbazie di S. Benigno, Masserano, Crevacore, e Tigliole, ed il suo Accensamento agli Impresarj della stessa General Gabella del Tabacco (1742-43 e 1743).
A.S.T., Corte, Paesi, Monferrato, Confini, S 3, Vol.e di Documen.ti riferibili alle controversie territoriali tra S. Damiano da una parte, e S. Martino, Celle, e Ferrere dall’altra, e qualche poco anche la Cisterna Coll’Indice, e Tipi (1480-1616).
A.S.T., Corte, Paesi, Monferrato, Feudi per A e B, Mazzo 64, n. 1, Instruzione per la vendita de beni spettanti alle Dame di Montafia situati ne Luoghi di Tigliole, Roatto, Maretto, e Montafia [s.d.].
A.S.T., Corte, Paesi, Monferrato, Feudi per A e B, Mazzo 64, n. 2, Due descrizioni delle terre di Montafia, Tigliole, Roatto e Maretto con un parere se convenga a S.A. farne l’acquisto [s.d.].
A.S.T., Corte, Paesi, Monferrato, Feudi per A e B, Mazzo 64, Tigliole, Instruzione per la vendita de beni spettanti alle Dame di Montafia situati ne Luoghi di Tigliole, Roatto, Maretto, e Montafia [s.d.]; Due descrizioni delle Terre di Montafia, Tigliole, Roatto, e Maretto con un parere se convenga al Duca di Monf.o farne l’acquisto [s.d.].
A.S.T., Corte, Paesi, Monferrato, Materie economiche ed altre, Mazzo 20, n. 19, Descrizione delle Strade publiche del Monferrato coll’Indice di caduna Terra [s.d.].
A.S.T., Corte, Paesi, Provincia di Asti, Feudi della Chiesa d’Asti, Mazzo 25, n.1, Compartimenti fatti sopra le terre del Contado della Chiesa d’Asti incorporate in esso Contado del 1520 et altri anni (s.d., ma ca. 1560); 25, n. 5, Informations prises sur le logement des gens de guerre dans les Terres de l’Eglise d’Ast (30 ottobre 1533), partic. c. 6v: Informazioni prese per giustificare che le terre di Murialdo, Paroldo, Saliceto, Roato, Mareto, Camerano, Montafia, Tigliole, Cortazone, e La Morra sono sempre concorse al pagamento di tutti j Carichi imposti sovra il Contado d'Asti tanto in tempo di pace che di guerra, parte per esser del d.o Contado, e parte come aderenti del med.o 21.9.mbre (1561); Tenor Listae exhibitae, et presentatae [...] 1529 die 15 martij. Terrae Ecclesiae Ast.; Mazzo 26, n. 3, Lettera del Duca Emanuel Filiberto al Vescovo d’Asti sovra il modo col quale li feudatarij delle Terre dipendenti dalla sua Chiesa devono pagare la loro parte del Tasso imposto nelle Terre del Contado d’Asti per la commutazione del Sale (3 aprile 1562); Mazzo 26, Stato dell'Imposizione generale del Tasso, in cui sono compresi i dieci sette Castelli della Chiesa d'Asti et Cortanzone, Cisterna, Montafia, e Tigliole (1565); Mazzo 26, n. 13, Lettera del Card.le Alessandrino al Vescovo d'Asti dà cui chiede per parte di S.S.tà risposta se pretenda aver ragione sù j feudi di Cisterna, Montafia, Tigliole, e Roato. 4.7.bre (1566); Copia di Breve di S. Pio V al Duca Emanuel Filiberto, in cui gli ingiunge d’astenersi dall’esazione del donativo, e dalla levata di Truppe nel Luogo della Vezza, ed altri soggetti al Vescovado d’Asti (8 maggio 1568); Mazzo 26, n. 16, Istruzione del Duca Emanuel Filiberto al Conte di Masino Governatore del Contado d’Asti per la continuazione del pagamento del Tasso dalle Terre del detto Contado, e Chiesa d’Asti per la commutazione dell’aumento del prezzo del sale; Mazzo 26, n. 17, Copia di breve di S. Pio V al Duca Emanuel Filiberto, in cui lo esorta d’astenersi dall’esazione delle Gabelle, et altri pesi contro i feudatarij, e sudditi della Chiesa d’Asti (29 aprile 1569); Mazzo 27, n. 3, Allegazioni, colle quali si prova in ragione spettare al Duca di Savoia la superiorità sulli Feudi della Chiesa d’Asti, epperò il gius d’imporre ed esiggere dalli medemi li carichi che l’utile del pubblico esigge (s.d., ma ca. 1610); Mazzo 27, n. 4, Tre pareri anonimi sovra la sovranità spettante alla Real Casa di Savoja in virtù del Vicariato Imperiale e come Conti d’Asti nelle Terre della Chiesa d’Asti (s.d., ca. 1610); Mazzo 27, n. 6, Rimostranza sopra le ragioni, per quali la Corona di Savoja è fondata nell’esercizio di Sovranità ne’ Luoghi di Tigliole, La Cisterna, Montafia, Cortanze, e Cortanzone situati nel Contado d’Asti pretendenti dipendere dalla Chiesa (s.d., sec. XVII, ca. 1663); Mazzo 27, n.18, Rellazione della publicazione dell’ordine della Tratta nelle Terre della Chiesa d’Asti (7 gennaio 1613); Mazzo 27, n. 20, Scomunica fulminata da Monsig. Costa Noncio appostolico appresso il Duca Carlo Emanuel I contro il Presidente Galleani Delegato da SAR nelle Terre della Chiesa d’Asti per l’esazione delle somme per esso dovute per l’alloggio de soldati, e riparazioni delle fortificazioni in concorso delle altre terre del Contado d’Asti (4 febbraio 1613); Mazzo 28, n. 8, S.mi D.N. D.Urbani Divina Providentia Papae VIII Confirmatio, extensio, & declaratio Constitutionum Apostolicarum, prohibentium Civitates, Castra, & alia tam Iuridictionalia, quam non Iuridictionalia, stabila tamen, in Statu Ecclesiastico consistentia alienari in Forenses ex quacumque causa (a stampa; Roma 1637); Mazzo 28, n. 10, Copia di lettera del Cardinale Barberini al vescovo d’Asti, con cui le ingionge, per conservazione del diretto Dominio competentegli ne’ 17 Castelli spettanti alla sua Chiesa, di dover continuare l’esercizio della Giurisdizione ne’ medemi, e a concedere a feudatarij la rinnovazione delle Investiture, e fare tutti quegl’altri atti possessorij, che erano soliti fare li di lui antecessori, senz’aver riguardo alla Permuta de’ medemi per essere stata dichiarata nulla dal Papa Paolo V (20 aprile 1641); Mazzo 28, n. 11, Copia di scrittura del Nunzio inviata a Roma, e stata intercetta, tendente a risolvere S. S.tà a mantenere le ragioni del Vescovo d’Asti con rimetterlo in pristino de 17 Castelli stati permutati dal Vescovo Aijazza, suggerendoli di farli immediatamente sotto di sé, come sono La Cisterna e Tigliole (s.d., dopo 1642); Mazzo 29, n. 2, Parere della Camera sovra La permissione domandata dal Nonzio di comprar Sale da' Gabellieri di S.A.R. per farlo smaltire à conto della Camera Apostolica nelle Terre di S. Benigno, Masserano, Montafia, Tigliole, Cortanze, e Cortanzone (1660); Parere de’Delegati circa l'esenzione de' Carichi, che possa competere alli Luoghi di Cortanze, Cortazone, Tigliole, Montafia, La Cisterna, ed altre Terre della Chiesa d'Asti, concludenti esser S.A.R. fondata in ragione di continuar à mantenersi nel quasi possesso à far concorrere d.e Terre nel 4.re d'Inverno conforme sono state solite pel passato con sospender quanto à Tigliole (8 novembre 1694); Mazzo 30, Copia di monitorio del Card.le Spinola per cui ordina alla Dama Enrietta della Troussa Principessa della Cisterna à Carlo di Simiana Pr.n.pe di Montafia, et al Marchese di Cortanze Ercole Tomaso Rovero feudatarj della S.ta Sede di non riconoscere il Duca di Sav.a per Sovrano di d.i Luoghi, nè di pagare li Carichi che potessero per parte sua venir imposti (8 agosto 1702); Mazzo 30, Raccolta fatta dal Marchese Graneri de' sensi che sembrano j più fundati circa la Sovranità, et esercizio de' Regali sovra Monforte, Novello, Sinio, Monchiero, Castelletto, Roccaverano, Olmo, Cesole, Cortanzone, Cisterna, Montafia, e Tigliole sovra li 17. Castelli del Vescovado d'Asti, li Luoghi dell'Abbazia di S. Balegno, e le Terre del Vercellese cioè Ronseco, Lacheli, Craviasco, Montonaro, Prarolo, Rovasenda, Selva e Veneria tutti essi Luoghi, e Terre ivi descritti, riferendosi frà le altre prove li Atti di Sovranità esercitati di tempo in tempo in essi Luoghi da' Duchi di Savoja Con una Scrittura d'addizione dell'Aud.re Culet riguard.e li titoli sù quali è fundata la d.a Raccolta, colla nota de' Carichi imposti pro tempore à d.i luoghi colla designazione de' pagamenti per essi fatti vedendosi in fine d'una Copia di d.a Raccolta il sentimento delli P.re Abbate Dormiglia, e D.n Boggio Curato della Metropolitana di Torino coll'assistenza del sudetto Marchese Graneri sulle ragioni riferte in detta raccolta, insieme alli Ordini dati dà S.A.R. dipendentemente dal sud.o sentimento, ed altra copia di parere del Presid.e Gubernatis circa li sensi espressi nella pred.a raccolta Oltre la Copia di due discarichi di S.A.R. al tesoriere G.le per il pagam.o di due somme una al Vescovo d'Asti, e l'altra all'Abbate di S. Benigno Ed un Calcolo di ciò che può ascendere l'alloggio, e sussistenza de' Soldati di Cavalleria nelle Terre di d.a Abbazia E finalmente copia della dichiarazione fatta da d.a S.A.R. circa la Cessione fatta dal Vescovo d'Asti de' sudetti 17 Castelli (in Genaro e 10.febr.o 1711); Monitorio del Cardinale Spinola, Cameriere Apostolico, per cui intima agli Uomini della Cisterna, e Montafia, di non dovere in alcun modo riconoscere il Duca di Savoja, di non pagarli il pretteso Dacito, o far Convenzione sovra quel pagam.to, colla minaccia della Censura Eccle.ca, tanto riguardo agl’Agenti, che Pazienti in caso di Contravenzione (23.maggio 1716); Mazzo 31, Cedulone di S. S.tà Clem.e XII. con cui si dichiara nulli, irriti, invalidi, ingiusti, dannati, e riprovati li procedim.ti fatti dal Senato di Piem.e et Intend.e d'Asti contro le Comm.tà et Vomini di Cortanze, Cortanzone, Montafia, Cisterna, et altri (23 dicembre 1730); Mazzo 37, Bolla di Pio IV di Concessione del Vicariato perpetuo ne’ Luoghi della Cisterna, Montafia, Roato, Mareto, e Tigliole à favore del Duca Em.l Filiberto Conte d'Asti (8 settembre 1560); Mazzo 39, Lettera della M.sa di Voghera con cui accompagna un Breve del Papa Clemente XII. stato a suo marito Prencipe della Cisterna diretto, da cui si legge li rissentimenti che fà il sud.o Pontefice a d.o Pr.n.pe per il giuramento di fedeltà dal med.o prestato à S.M. per il feudo della Cisterna. Con una Lettera del Card.l Banchieri per l'istesso fatto (13 luglio 1731); Mazzo 43, Memoria intitolata Registro de’Redditi spettanti alla Rev.da Camera Ap.lica nel Luogo di Tigliole, qual si dice ricavata dalli Registri della Nunziatura di Torino (.sd.); Inventaro delkle Scritture esistenti nell’Asrchivio di Tigliole, frà le quali vi sono annoverate le Bolle di PioIV di Vicariato Pontifizio à favore del Duca Emanuel Filiberto sovra Tigliole, Montafia, Roiato, e Mareto (1631).A.S.T., Sezioni Riunite, I Archiviazione, Provincia di Asti, Mazzo 1, n. 3, Stato delle liti, che hanno vertenti le Città, e Communità della Provincia d’Asti [cc. non num.te 1r-16v] (Intendente Granella, Asti, 16 ottobre 1717).
de’ beni, del personale, e bestiami di Cadun Territorio della Provincia (1747-1757).
A.S.T., Sezioni Riunite, I Archiviazione, Provincia di Asti, Mazzo 2, n. 3, Regolamento, e Amministrazione delle Comunità, (1760).
AST, Sezioni Riunite, I Archiviazione, Provincia di Asti, Mazzo 2, n. 9, Riscontro dell’Intend.e d’Asti colle note delle Providenze Reg.e sovra li quesiti, se in qualche luogo di d.a Provincia spetti a Vassallo,corpo, o Particolare il dritto di nominare li Sindaci, e Consiglieri, e d’intervenire per se, o per mezzo d’Agenti a Consiglj, o d’approvareatti Consulari. E se siano emanate prima Provid.e Reg.e per il Regime delle Comunità [cam.; 8 cc. non ril., non num.te; cc. 1r, 5r con scrittura; Asti, 11 aprile 1773, intendente Ferrero].
A.S.T., Sezioni Riunite, I Archiviazione, Provincia di Asti, Mazzo 2, n. 16, Ricavo de Cantoni delle 12 Provincie del Piemonte non facienti corpo di Communità, cc. 41-54, Provincia d’Asti.
A.S.T., Sezioni Riunite, I Archiviazione, Provincia di Asti, Mazzo 2, n. 2, Rellazione dello Stato, e coltura de beni de Territorj delle Città, e Comm.tà della Provinc.a d’Asti (1747) [fasc. ril., cc. non num.te].
A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 21, n.1 (3), Stato de’ Tenimenti, che non fanno Corpo di Comunità, quali prima del Conto di Perequazione erano immuni, o sia non pagavano Tributo, ed in esecuzione d’esso Conto si sono sottoposti alla collettazione ed applicati alle infra nominate Comunità per la pura esazione del R.o Tributo a medesimi imposto, cc. 24r sgg. (s.d., ma dopo il 1731).
A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 39, n. 1, Scritture relative alla perequazione delle Terre del Vicariato pontificio (1795).
A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 39, n. 1, Relazione dell’operato dall’Uffizio della Perequazione per l’Estimo dei Territorj delle Terre del Vicariato Pontificio, e di quella di Desana [Indice, Tabella + pp. 1-120] (1793-95).
A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 39, n. 2, Registro delle lettere, Memorie, ed Istruzioni riguardanti l’Estimo degli infrascritti Territorij [...] Tigliole [pp. 1-188 + Indice] (1793-95).
A.S.T., Sezioni Riunite, Camera dei Conti, Articolo 746, paragrafo 3, vol. 81, Notta, et Protocollus sive Volumen Instrumentor. et Investiturar. bonor. Rusticalium feudalium sequtan. sub Ill.mo et/R.mo D. D. Octavio Brolia Ep. co Asten. et Comite et receptar. per … D. Jacobus Fran.cus Vignolas Notarium Collegiat. et Secretarium Ep.alem eiusd. Civitatis ab anno 1625 usque ad annum 1645 [vol. ril., cc. 1r-506v, + c. non num.ta con titolo al r., bianca al v.; sul dorso: “Mensa d’Asti Investiture feudali 1625 ad 1710”; contiene in testa “Indice” cc. non num.te]
A.S.T., Sezioni Riunite, Camera dei Conti, Articolo 794, Relazione, e descrizione di beni feudali in diversi Territorij delle provincie d’Alba, Asti, Mondovì, e Torino [Intendente Di Bonvicino, Asti 19 giugno 1784].
A.S.T., Sezioni Riunite, Carte topografiche e disegni, Camerale Piemonte. Tipi articolo 664, mazzo 11, Per li Confini di Tiole.Territorio compreso tra Celle e Tigliole, s.d. Vedi mappa.
A.S.T., Sezioni Riunite, I Archiviazione, Provincia di Asti, Mazzo 1, n. 3, Stato delle liti, che hanno vertenti le Città, e Communità della Provincia d’Asti [cc. non num.te 1r-16v] (Intendente Granella, Asti, 16 ottobre 1717).
A.S.T., Sezioni Riunite, Carte topografiche e disegni, Camerale Piemonte,Tipi Articolo 664, Celle e Tigliole, Mazzo 11, Per li Confini di Tiole. Territorio compreso tra Celle e Tigliole (Note: Il titolo originario è riportato sul verso del disegno. La legenda è contenuta nel fascicolo allegato), s.d. Vedi mappa.
A.S.T., Sezioni Riunite, Carte topografiche e disegni, Camerale Piemonte, Tipi Articolo 664, Celle e Tigliole, Mazzo 11, Tippo Celle e Tigliole (Note: Il titolo originario è riportato sul verso del disegno), s.d. Vedi mappa.
A.S.T., Sezioni Riunite, I Archiviazione, Provincia di Asti, Mazzo 2, n. 1, Relazione, ed Informative dell’Intendente d’Asti con Stati della Coltura, e raccolto de’ beni, del personale, e bestiami di Cadun Territorio della Provincia (1747-1757).
AST, Sezioni Riunite, I Archiviazione, Provincia di Asti, Mazzo 2, n. 3, Regolamento, e Amministrazione delle Comunità, (1760).
AST, Sezioni Riunite, I Archiviazione, Provincia di Asti, Mazzo 2, n. 9, Riscontro dell’Intend.e d’Asti colle note delle Providenze Reg.e sovra li quesiti, se in qualche luogo di d.a Provincia spetti a Vassallo,corpo, o Particolare il dritto di nominare li Sindaci, e Consiglieri, e d’intervenire per se, o per mezzo d’Agenti a Consiglj, o d’approvareatti Consulari. E se siano emanate prima Provid.e Reg.e per il Regime delle Comunità [cam.; 8 cc. non ril., non num.te; cc. 1r, 5r con scrittura; Asti, 11 aprile 1773, intendente Ferrero].
A.S.T., Sezioni Riunite, I Archiviazione, Provincia di Asti, Mazzo 2, n. 16, Ricavo de Cantoni delle 12 Provincie del Piemonte non facienti corpo di Communità, cc. 41-54, Provincia d’Asti.
A.S.T., Sezioni Riunite, I Archiviazione, Provincia di Asti, Mazzo 2, n. 2, Rellazione dello Stato, e coltura de beni de Territorj delle Città, e Comm.tà della Provinc.a d’Asti (1747) [fasc. ril., cc. non num.te].
A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 21, n.1 (3), Stato de’ Tenimenti, che non fanno Corpo di Comunità, quali prima del Conto di Perequazione erano immuni, o sia non pagavano Tributo, ed in esecuzione d’esso Conto si sono sottoposti alla collettazione ed applicati alle infra nominate Comunità per la pura esazione del R.o Tributo a medesimi imposto, cc. 24r sgg. (s.d., ma dopo il 1731).
A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 39, n. 1, Scritture relative alla perequazione delle Terre del Vicariato pontificio (1795).
A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 39, n. 1, Relazione dell’operato dall’Uffizio della Perequazione per l’Estimo dei Territorj delle Terre del Vicariato Pontificio, e di quella di Desana [Indice, Tabella + pp. 1-120] (1793-95).
A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 39, n. 2, Registro delle lettere, Memorie, ed Istruzioni riguardanti l’Estimo degli infrascritti Territorij [...] Tigliole [pp. 1-188 + Indice] (1793-95).
A.S.T., Sezioni Riunite, Camera dei Conti, Articolo 746, paragrafo 3, vol. 81, Notta, et Protocollus sive Volumen Instrumentor. et Investiturar. bonor. Rusticalium feudalium sequtan. sub Ill.mo et/R.mo D. D. Octavio Brolia Ep. co Asten. et Comite et receptar. per … D. Jacobus Fran.cus Vignolas Notarium Collegiat. et Secretarium Ep.alem eiusd. Civitatis ab anno 1625 usque ad annum 1645 [vol. ril., cc. 1r-506v, + c. non num.ta con titolo al r., bianca al v.; sul dorso: “Mensa d’Asti Investiture feudali 1625 ad 1710”; contiene in testa “Indice” cc. non num.te].
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Descrizione Comune
Tigliole
    Nonostante l’abbondanza di ricerche parziali, le vicende del territorio di Tigliole restano in gran parte da restituire in modo sistematico alla conoscenza storica. La relativa ampiezza della sua superficie territoriale, la grande articolazione di nuclei insediativi, la straordinaria varietà e sedimentazione di esperienze politiche nel corso del tempo richiederanno alle ricerche future un’attenzione per i protagonisti, i mutamenti e le cesure della vita locale capace di distinguere e periodizzare analiticamente le principali trasformazioni della stratificazione sociale, delle attività economiche e di altri aspetti dell’organizzazione del territorio comunale nel corso del tempo.
     Dal punto di vista della vita religiosa, la chiesa di San Lorenzo apparve capace, su un lungo arco di tempo, di cumulare una notevole somma di attributi: “oratorio” di giuspatronato signorile e sede parrocchiale di respiro comunitario, era dotata per di più di una funzione centrale, di raccordo, entro l’articolata maglia insediativa di Tigliole; le attestazioni sull’uso comunitario e cimiteriale del piazzale antistante alla chiesa perdurarono fino allo scorcio dell’età moderna. In età controriformistica, il campanile, le due campane e le spese di riparazione dell’edificio furono oggetto di interventi di manutenzione contenuti, ma apparentemente concordi, tra i signori, il podestà e i sudditi, che si sottoponevano all’esazione di “taglie” straordinarie finalizzate a simili usi specifici di conservazione e restauro. Più in generale, gli indizi documentari disponibili suggeriscono l’importanza di almeno due aspetti di una vivacissima vita cerimoniale di respiro comunitario. Da un lato, abbiamo la presenza di luoghi di culto decentrati, quasi santuari, demandati a punti d’incontro periodico, cerimoniale e largamente simbolico tra gli abitanti della fitta maglia policentrica di insediamenti. D’altro lato vi è l’abbondanza di associazioni devozionali dedite a costruire, demarcare e legittimare simbolicamente e giuridicamente i confini territoriali e sociali grazie alle proprie attività cerimoniali [A.C.T., Serie I, Vol. 17, fald. 72, Scritture riguardanti la parrocchiale di Tigliole (1645-1734); Barbero, Ramella e Torre 1981; Bosio 1894, p. 522; Cotto Meluccio, Fissore, Gosetti e Rossanino 1986, docc. 25 e 157 (1265), 246 (1286), 26 (1296), 698 (1297); De Stefano e Vergano 1960, p. 72; Gianani 1974, p. 2; Inzerra-Bracco 1993; 1994; Morando 1997, pp. 44 sgg.; Pittarello 1984, pp.184-91; Relazione 1753, ff. 246r-47r; Torre 1999, p. 253].
     Una recente storiografia ha suggerito che la dipendenza politica e religiosa dalla diocesi di Pavia “isolò in un certo senso le vicende” di Tigliole “dal resto dell’Astigiano”, situazione destinata ad aggravarsi ancor più con l’avocazione dei feudi vescovili da parte della corte papale di Roma. Tuttavia, la singolarità dell’assetto giurisdizionale e politico tigliolese non deve farci dimenticare i molti modi in cui, lungi dal tradursi in isolamento, esso favorì anzi lo sviluppo di un’assertiva vita politica incentratata sulle istituzioni locali formali e insieme su contatti a largo raggio, in particolare sotto forma di vivaci flussi economici e commerciali, l’una e gli altri alimentati dalla concorrenza e permeabilità delle giurisdizioni, nonché dal loro stesso intreccio.
     Nel cuore dell’età moderna, le competenze del Consiglio della comunità apparivano piuttosto ampie e articolate. Durante il secolo XVIII, la gestione finanziaria, che era in pareggio – e non di rado in attivo -- sulla cifra di circa £3000, si basava sul gettito dei “redditi comunitativi”: tre “ruotte da mulino”, il diritto di forno e “panataria”, l’osteria, l’affitto di terre comuni e le ammende dei bandi campestri. Le voci in uscita includevano le spese di manutenzione dei mulini, delle rogge, o “beallere”, gli interessi di un “censo antico”, pattuito con i signori del luogo per i diritti sui mulini, e le retribuzioni per una rosa completa di funzioni di utilità comune: dal medico, allo “Orologiere”, al “Becamorto”, ai “Servienti” per la “custodia” della campagna”, alla cera offerta per le novene e ad altri ancora. Così era descritta, all’epoca, la gestione dei redditi comunitativi:
 
In ogni anno si espongano a publici incanti li succennati rediti e se ne dellibera l'esazione [...] coll'obbligo del pagamento di detti debiti all'asta pubblica. L'esattore poi, in seguito a mandati che [...] si spediscano dalla comunità, paga le predette debiture sovra il fundo di detti rediti che esige ed ove, per ragion del prezzo delle granaglie questi non siano sufficienti al pagamento di dette debiture, li creditori di comunità ne soffrano la dilazione ad un altro anno, di modo che la comunità non fa alcun imposto, come già si è detto, e per contrario, ove li detti rediti siano ecedenti all'importare delle debiture, il sovrapiù resta nelle mani de' sindaci e questo serve per fundo in pagamento delle medesime debiture nell'anno successivo.
 
Almeno tre elementi di fondo caratterizzavano, nel cuore dell’età moderna, l’organizzazione finanziaria, amministrativa e fiscale della comunità. Innanzitutto, la completa assenza di prelievi fiscali sui beni fondiari, sugli edifici e sui beni fiduciari: “[N]on si fa”, spiegava nel secolo XVIII l’intendente di Asti, “alcun imposto, né sovra il Reale Nè sovra il personale né sovra d’altro”. In secondo luogo, non vi erano tasse di capitazione. Ancora nelle parole dell’intendente: [L]a comunità “non suole [...] far alcuna cottisazione né sovra il Reale né sovra i bestiami”. La comunità risultava inoltre esente, all’epoca, da decime o “altri dritti signorili”. Soprattutto, all’inoltrarsi nell’età moderna, diversi indizi suggeriscono una progressiva estensione di esenzioni, immunità e franchigie esercitate di fatto. Per esempio, mentre la riscossione di diritti signorili sui pedaggi, sui mulini, o sulla “pista da canapa” appariva ancora compresa tra i “Rediti” spettanti all’eredità dei Montafia sullo scorcio del secolo XVI, la documentazione di tarda età moderna non ne fece più menzione; analogo silenzio cadde sul “Pedagio, forni, certi fitti, arroijde da buovi et da braze” teoricamente spettanti al governatore tra le sue dotazioni castrensi. Sullo scorcio dell’età moderna, Tigliole risultava, di fatto, esente da gabelle e dazi, in particolare su polveri da sparo (fabbricate localmente), tabacchi, sale e altre merci di elevato valore commerciale.
     Una costante dissonanza nella documentazione contrappone, da un lato, la dichiarata assenza di “alcun commercio né manifattura” (salvo che “dieci o quindici persone attendono alla negosiazione di comprare e vendere bestiame”) e, d’altro lato, i costanti indizi di rilevanti flussi commerciali. E’ segnalata, per esempio, una controversia di carattere “economico-finanziario” con la comunità di Monasterolo di Saluzzo (oggi di Savigliano) nel 1618 (A.S.M.S., fald. 37, fasc. 7). Non è confermabile, allo stato attuale delle conoscenze, l’ipotesi di una espansione di lungo periodo nelle attività commerciali entro un ambiente già a vocazione prettamente agricola. Un tipico inquadramento di metà Settecento descrive nei seguenti termini la situazione agricola e il livello di vita della popolazione. Da un lato, viene tracciato uno scenario di vita di campagna ai limiti delle possibilità di autosostentamento delle famiglie contadine:
Non si racoglie da particolari la quantità di granaglie sufficienti per luoro mantenimento e la maggior parte d'essi prestano le luoro giornaglieri opere a beneficio altrui nella miettitura de' grani in Piemonte ed in quella de' risi nel Vercellese, con quali e col prezzo de' cochetti supliscono alla mancanza de' luoro viveri.
D’altro lato, tuttavia, è segnalata con linguaggio eloquente, sia pure guardingo, una vivace attività di flussi illegali di transito commerciale:
 
Nel predetto territorio passano d'in tanto in tanto uomini in condotta di bestie da carrico e si crede che carricano robbe di contrabando, ma quelli non si fermano nel luogo e fanno luoro strada verso il Piemonte ed ivi non vi sono persone che facino proffessione di attendere a contrabandi di sale né di altri generi. Vero però è che detto luogo si fa un cumulo di rubi trentamilla circa strazze le quali sogliansi poi trasportare sul Genovesato.
 
L’oscuramento ufficiale di addetti ai “contrabandi” sembra rispondere più ai requisiti dell’ordine giurisdizionale successivo all’affermazione della sovranità sabauda che non alla descrizione della realtà economica coeva. In fonti anteriori era considerato “notoria” la presenza di commerci di contrabbando, o “sfroso”. Si sapeva, per esempio, che, oltre al contrabbando gestito dai “sudditi di S.A.R.,
 
[L]o sfroso de Sali vien causato da sfrosatori [...] della Cisterna, Ziolla [Tigliole] et altri luoghi circonvicini, li quali ben sovente in numero grandissimo di persone armate portano sale di sfroso nelle Provincie di Chieri, Carmagnola, Torino e valle di Susa e molte volte seco vi sono Alessandrini e Monferrini
 
In assenza di ricerche specifiche, non è il possibile ricostruire l’impatto, i ritmi e i modi della contrazione commerciale, e forse della riconversione in senso agricolo, della vita economica tigliolese che caratterizzarono probabilmente lo scorcio dell’età moderna e quella contemporanea. Vedi mappa.
        La storiografia locale ha inisistito nostalgicamente sui sentimenti e sui simboli di perduti spazi di autonomia comunitaria, quali, per esempio, la nomina dello “abbà”, il preposto alla Badia della gioventù, un’associazione non priva di connotazioni armigere e già citata nelle compilazioni statutarie. Nell’assorbimento di Tigliole entro lo stato sabaudo un duplice problema riguardò, ancora una volta, l’organizzazione del prelievo fiscale locale, vuoi per la diffusa presenza di rapporti di conduzione che i funzionari sabaudi definivano “enfiteutici”, vuoi a causa dell’assenza della misurazione e degli estimi dei terreni agricoli.
    I tentativi di imposizione del “tasso”, l’imposta prediale ordinaria progressivamente estesa a tutti i territori sabaudi a partire dall’inizio del secolo XVIII, furono, a partire dal 1793, tra i più tardivi. Una fitta triangolazione epistolare tra successivi Sovraintendenti all’ufficio di Perequazione generale, Generali delle finanze e intendenti astigiani ci restituisce, almeno in parte, una situazione di stallo, se non di sorda ostilità locale, intorno a ogni criterio che sarebbe necessario per procedere all’intriduzione di imposte fondiarie: dalla difformità delle misure locali di superficie (più piccole della “giornata” piemontese), alle grossolane difformità di stima e di calcolo da parte dei “misuratori” del territorio, alla mancanza di qualsiasi criterio di consenso intorno a parametri di valutazione degli appezzamenti tali da consentire un estimo e un conseguente “allibramento” delle proprietà.
     Almeno fino al 1795 un nodo gordiano appare il problema dell’imponibile sui terreni che i funzionari sabaudi definivano “enfiteutici”: quasi 400 giornate di terre, distribuite tra ben 261 coltivatori, o “livellarij”. Secondo i funzionari statali dell’epoca, esse erano sottotassate, sebbene il problema di assegnare un valore monetario ai tributi signorili riscossi su di esse apparisse quasi intrattabile: “sono poca parte d’essi sottoposti ad un Canone che s’avicina al loro credito, e la maggior parte ad un discreto Canone da pagarsi, parte in Natura, cioè con Grano, Avena, Capponi, e Polle, e parte in Contanti, da Particolari possidenti, nelle feste del Ss.mo Natale d’ogni anno”. Ancora a fine luglio 1795 l’intendente barone Riccati scriveva al Sovraintendente conte Galeani Napione di Cocconato:
 
[M]olto mi spiace, che le operazioni, le quali presentemente s’eseguiscono per la riforma del Catastro del Territorio di Tigliole gliusta gli ordini prevenutimi da codest’Uffizio di Perequazione, a tenor de’ quali non si fa luogo ad alcun allibramento, non siano ancora complete, né in stato prossimo a potersi perfezionare, e che in conseguenza io sia inabilitato ad avvanzare i dati necessarij [...].
 
Verso il 1900 la documentazione comunale di Tigliole sulla fiscalità fondiaria rifletterà ancora una varietà di statuti giuridici e di posizioni contributive dei coltivatori [A.C.T., Serie I, Vol. 17, fald. 72, Volume di scritture e di atti concernenti l’elezione dell’abbà, capo delle feste e della gioventù di Tigliole (1666-1767); Cottizzo per il Signor Medico (1766); Serie III, Vol. 23, fald. 1970, Elenco degl’individui contribuenti al comune per canoni signorili e che hanno pagato il capitale per essere esonerati da tale comunal tributo (1861-1900); Ruolo di pagamento dei canoni signorili (1861-1900; lacune per gli anni 1862-73, 1881, 1883-86); Nota dei contribuenti iscritti sul ruolo di perpetuo annuo censo enfiteutico posseduto dal comune di Tigliole i quali soddisfecero il pagamento delle singole quote capitali di affrancamento (1861-1900); Sez. II, Cat. X, fald. 3163, Demolizione della casa comunale denominata “ghetto” (1890-1901); A.S.T., Sezioni Riunite, I Archiviazione, Provincia di Asti, Mazzo 2, Regolamento e Amministrazione delle Comunità, n. 3 (1760); n. 9 (1773); II Archiviazione, Capo 39, n. 1, Scritture: Corrispondenza dell’intendente Riccati (1795); Corte, Materie ecclesiastiche, Materie ecclesiastiche per categorie, Nunziatura Cat. XVIII, Bolla de’Doganieri di S.A. per il transito delle sete raccolte in Tigliole (30 ottobre 1669), f. 52r.; Lettera di S.A.R. al Gabelliere Bagnolo di non molestare li Particolari di Tigiole (15 dicembre 1671), ibid.; Negoziazioni con Roma, Cat. 1, Mazzo 12, Progetto del Gran Cancelliere Gubernatis, del Marchese Graneri, ed Avv.o Gen.le Ricardi, de mezzi da praticarsi per evitare pregiudizj della troppo libera pubblicazione, ed esecuzione delle provisioni di Roma, e frenare gli Ecessi dell’Immunità Reale, e sostenere i diritti della Corona, sovra i luoghi di Cortanze, Cisterna, Montafia e Tigliole (1713); Materie economiche, Materie economiche per categorie, Gabelle, Tabacco e Acquavite, Mazzo 1; Materie economiche, Gabella del sale Piemonte e Nizza, Mazzo 4, n. 5 (1687); Bordone 1977, pp. 236-47 (citaz. De Canis); Inzerra Bracco 1994; Relazione 1753, ff. 246r-49r].