Autori | Giana, Luca |
Anno Compilazione | 2002 |
Anno Revisione | VERSIONE PROVVISORIA |
Provincia | Alessandria
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Area storica | Val Bormida di Spigno.
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Abitanti | 194 (ISTAT 1991).
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Estensione | 9,33 Kmq (ISTAT 1991).
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Confini | A nord Serole, a est Spigno, a sud e a ovest Piana Crixia.
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Frazioni | Gheltriti, Ghioni.
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Toponimo storico | Nei documenti duecenteschi si trova la forma «Merana» o «Mairana» (Cartario dell’Abazia di Staffarda, docc. 185 e 468 del 1225 e 1263), in quelli seicenteschi, la forma «Meirana».
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Diocesi | Fino al 1805 è nella diocesi di Savona, successivamente viene ceduta, insieme a Spigno, alla diocesi di Acqui.
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Pieve | Nessuna notizia.
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Altre Presenze Ecclesiastiche | Le conferme dell’arcivescovo di Milano, nel 1170, e del Papa, nel 1179, della dotazione dell’abbazia di S. Quintino di Spigno, citano la cappella di San Nicola (Monumenta aquensia, vol. III, p. 214, doc. 199 bis). La cappella di San Nicola viene elevata a parrocchia a fine Cinquecento. Sono attestate altre due chiese oltre alla parrocchia: la cappella campestre di S. Fermo, proprietà di Pietro Ghione, e la chiesa della Confraternita intitolata a S. Gervasio e S. Protasio. Non vi è una presenza particolarmente numerosa di chierici e già nel XIX secolo un solo sacerdote dirige la parrocchia. Nel 1930 viene edificata la cappella della Beata Vergine delle Grazie. Questa fu finanziata dal parroco che la legò alla sua famiglia: i Nano (ASVA, Merana, Parrocchia di S. Nicola, fald. 1, cart. 4, fasc. 1).
La chiesa parrocchiale fu abbandonata alla fine dell’Ottocento e, nel 1935, venne ricostruita più a valle nei pressi della stazione ferroviaria. Alcune tracce archeologiche provano che proprio il recente sito di Merana nuova era già abitato in epoca romana e venne abbandonato nel Medioevo per ragioni difensive (Arata 2000, p. 9). I Francescani di Spigno possiedono a Merana diverse terre e masserie, che sono oggetto di contesa tra questi e il marchese Maurizio Scarampi a fine XVIII secolo (ASVS, fondo Vicarie, vicaria di Spigno II, doc. 1657 francescani, cfr. Giana 2000, p. 12). |
Assetto Insediativo |
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Luoghi Scomparsi | Nel 1944 nell’atto di vendita di alcuni beni comunali di Spigno posti nel vecchio borgo di Merana, viene descritto l’abbandono progressivo della località in favore della nuova Merana sita più a valle: «il vecchio piccolo centro di Merana, posto su di un impervio e isolato cocuzzolo di monte, è andato man mano spopolandosi sicchè ora non vi rimane, oltre i predetti due piccoli fabbricati comunali, che una casa colonica – perché anche la chiesa parrocchiale colà situata è stata abbandonata ed in via di demolizione, essendone costruita altra in sua sostituzione nella sottostante vallata presso la stazione Ferroviaria» (AC Spigno, Deposito dall’anno 1895 al 1960, cart. 1).
Il nuovo centro di Merana, abitato già in epoca romana, corrisponde al luogo in cui sorgeva la cappella di S. Fermo ed era stato presumibilmente abbandonato per motivi difensivi in epoca medievale. L’antico borgo e l’antica chiesa parrocchiale sorgevano infatti accanto al castello di Merana (Arata 2000, p. 9). |
Comunità, origine, funzionamento | La comunità di Merana non compare mai come organismo autonomo ma sempre come frazione di Spigno. Rietrava infatti all’interno della giurisdizione del marchesato di Spigno. Solo nel 1693 viene creato un nucleo fiscalmente autonomo da Spigno (AC Spigno, cart. 1, 1297-1801, fasc. 10). I focolari, scissi da Spigno, sono complessivamente 90 tra Serole e Merana e vengono riconfermati tra il 1711 e il 1719. Nel 1671 i fuochi di Merana erano, secondo gli spagnoli, 38 (ASM, Feudi Imperiali, mazzo 643). I registri degli ordinati della comunità sono conservati a partire dal 1796 mentre il catasto è del 1710 (AC Merana, cart. 1, cc. 1-21 e Catasto 1710).
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Statuti |
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Catasti | Si conserva un catasto del 1710.
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Ordinati |
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Dipendenze nel Medioevo | Verso il 1300 Alberto del Carretto compra dai marchesi di Ponzone 2/3 del mandamento di Spigno: fra le località interessate vi è Meirana (o Merana), che, dunque, in precedenza rientrava nel marchesato di Spigno. Nondimeno, del 1310 è un atto con cui l’imperatore Enrico VII investe Corradino marchese di Ponzone della sesta parte del castello, città, territorio e giurisdizione di Spigno, Rocchetta e Merana; per quest’ultima si precisa che è di pertinenza della giurisdizione di Spigno (Savio 1967, vol. III, p. 233, doc. 979 bis).
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Feudo | Fu strettamente connessa alle vicende del feudo e marchesato di Spigno (Arata 2000, p. 9). Merana è costantemente legata a Spigno nella documentazione medievale, ma possiede anche una sua struttura autonoma: sono infatti citate le ville, il borgo e il castello a partire dal 1290, come attesta l’investitura genovese ai marchesi di Ponzone.
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Mutamenti di distrettuazione | Marco Antonio Asinari del Carretto prestò giuramento alla Camera Ducale di Milano in cambio dell’elevazione a marchesato del feudo imperiale di Spigno nel 1614. Guasco di Bisio, nel suo Dizionario feudale, sostiene che Marco Antonio, il 1 maggio 1614, ha devoluto il feudo alla Camera Ducale di Milano, in odio di Federico suo figlio. Questo non è verificabile nei documenti fin qui reperiti, ma una relazione del magistrato in causa delle rappresaglie fa risalire il problema agli anni Venti del XVII secolo. In quel periodo si svolse una guerra tra i feudatari piemontesi fedeli ai Savoia e il Ducato di Milano.
Nella presa di possesso, fatta da un funzionario della Camera Regale milanese nel 1671, in seguito alla morte del marchese Federico Asinari (ASM, Feudi Imperiali, mazzo 643), viene descritto il territorio di Spigno sottoposto alla giurisdizione spagnola. Tra le località compare «Merana di fuochi 38, lontana da Alessandria 30 miglia e da Savona 18». Dal 1693, Merana viene scissa dal marchesato di Spigno per ridurre l’imposizione fiscale sul marchesato (cfr. Spigno). Nel 1730 viene annessa alla provincia Sabauda di Acqui, nel 1797 Merana è nel dipartimento del Tanaro e viene poi inserita nel nuovo dipartimento di Montenotte nel 1805. Dopo il dominio napoleonico viene riorganizzata la provincia di Acqui, poi soppressa nel 1880. Quando viene ristrutturata la provincia di Alessandria, Merana viene annessa ad essa. Il comune di Merana venne accorpato a quello di Spigno nel 1928, per poi essere ricostituito nel 1948 (AC Spigno, Deposito dall’anno 1895 al 1960, cart. 1). In anni recenti ha aderito alla Comunità Montana Alta Valle Orba, Erro e Bormida di Spigno, dal 2005 denominata Comunità Montana “Suol D'Aleramo”. |
Mutamenti Territoriali | Nel 1954 tre contrade del comune di Spigno richiedono di passare sotto la giurisdizione del comune di Merana: Moglia, Burci e Casazze. In tutto si tratta di 53 abitanti che vengono quindi ceduti al comune di Merana (AC Spigno, Deposito dall’anno 1895 al 1960, cart. 1 e ISTAT, 1951 e 1961).
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Comunanze | Nessuna notizia.
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Liti Territoriali | L’aggregazione avvenuta nel 1954 (vedi Mutamenti territoriali) non fu semplice perché gli inviati dei due comuni, Spigno e Merana, non riuscirono ad accordarsi. La controversia verteva su dove tracciare i termini di confine perché, mentre i rappresentanti di Merana ritenevano che il nuovo termine di confine dovesse essere il fiume Bormida, quelli di Spigno ritenevano che il confine dovesse inoltrarsi anche al di là del fiume (un lato sino alla strada ferrata all’altezza del casello 17° e l’altro fino alla strada comunale Quaiera). Non raggiungendo un accordo, la questione venne rinviata al prefetto affinché tracciasse i confini d’ufficio.
Le tre contrade di Spigno (Moglia, Burci e Casazze) avevano deciso di passare al comune di Merana perché lì non era stata applicata la «supertassa sui beni agricoli» che veniva invece applicata a Spigno. Nel corso della lite gli abitanti di Casacce, per qualche motivo ignoto, ritirano la richiesta di passaggio al comune di Merana senza però ottenere la revoca. |
Le fonti che riguardano Merana sono le stesse che descrivono Spigno fino al XVII secolo. Dopo la scissione sono mantenute ancora poche serie documentarie, in particolare gli ordinati in massima parte ottocenteschi. Inoltre l’accorpamento dei due comuni durante il regime fascista e il conseguente accorpamento dei due archivi storici, poi scissi nuovamente nel 1948, ha provocato notevoli perdite nelle serie documentarie.
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Bibliografia | Acqui Terme, Statuta vetera civitatis Acquis, a cura di G. Fornarese, Alessandria 1905.
Arata A., L’incastellamento in Val Bormida: localizzazione e riferimenti documentari, in Incastellamento, popolamento e Signoria rurale tra Piemonte meridionale e Liguria. Seminario di Studi: fonti scritte e fonti archeologiche, Acqui Terme, 17-18-19 novembre 2000, a cura di F. Benente, Bordighera-Acqui Terme 2000. Arata A., De strata securiter tenenda, in «Acquesana», 1 (1995), pp. 4-31. Balbis G., Val Bormida medievale. Momenti di una storia inedita, Cengio 1980. Bigliati F.G., Feudi e comuni nel Monferrato e le vicende storico–giuridiche di Pareto e Pontinvrea, Casale 1897. Bosio B., La “charta” di fondazione e donazione dell’abbazia di S. Quintino di Spigno (4 maggio 991),Visone 1972. Cartario Alessandrino fino al 1300 a cura di F. Gasparolo, Alessandria 1928-1930 (BSSS 113, 115, 117). Cartario dell’Abazia di Staffarda, a cura di D. Chiattone, F. Gabotto, G. Roberti, Pinerolo 1902 (BSSS 11). Le carte medievali della chiesa d’Acqui, a cura di R. Pavoni, Genova 1977. Casalis G., Dizionario geografico, storico, statistico, commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna, Maspero, Torino 1833-1856. Chabrol de Volvic F., Statistique des provinces de Savona, d’Oneille, d’Acqui et de partie de la province de Mondovì, formant l’ancien département de Montenotte, Paris 1824. Chiesa d’Acqui e Monferrato dal tema storico di Cavatore, Acqui 2000. Dizionario di toponomastica. Storia e significato dei nomi geografici italiani, Torino 1990. Fontana L., Bibliografia degli statuti dei comuni dell’Italia superiore, Torino 1907. Giana L., Pratiche e ambiti giurisdizionali, analisi del quietismo a Spigno nel XVII secolo, tesi di Laurea, Università degli Studi di Genova, Facoltà di Lettere e Filosofia, A. A. 1998-1999, relatore prof. Angelo Torre. Giana L., Pratica delle istituzioni: procedure e ambiti giurisdizionali a Spigno nella prima metà del XVII secolo, in «Quaderni storici», 103 (2000), pp. 11-48. 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Descrizione Comune | Merana
L’attuale centro di Merana sorge sulla sinistra orografica del fiume Bormida, nei pressi della stazione ferroviaria, attorno alla strada statale della Val Bormida di Spigno. Il centro del paese conta 194 abitanti (ISTAT 1991), suddivisi in due frazioni e case sparse (il centro ha 81 abitanti, 6 Gheltriti, 18 Ghioni e 89 case sparse). Le frazioni sono nella valle che si apre a ovest di Merana tra il Bricco del Ronco e il Bricco Ciapparoli a circa 300 m slm. Le stime della popolazione indicano una progressiva perdita di abitanti a partire dal 1921 (443 abitanti nel 1921, 365 nel 1951, 373 nel 1961, 264 nel 1971, 213 nel 1981). Il centro di Merana, a valle, acquista però, tra il 1951 e il 1961, 15 abitanti a scapito delle frazioni più lontane dalla ferrovia e dalla strada. Tra il 1961 e il 1991 Merana perde circa la metà della popolazione e in particolare gli abitanti delle case sparse (190 nel 1961 e 89 nel 1991), mentre il centro subisce relativamente poche perdite. Questo dato è in controtendenza con i dati riscontrati per gli altri comuni.
Nel 1921 la popolazione censita è di 443 abitanti di poco superiore al dato del censimento del 1881 (414 abitanti). Anche considerando i dati di distretti territoriali diversi – il territorio di Merana sottoposto alla giurisdizione di Spigno nel 1671, quello sottoposto alla giurisdizione dei Savoia nel 1743 e quello della parrocchia di Merana –, i dati desunti sembrano congruenti. Merana tra il XVII secolo e il XIX secolo mantiene una popolazione di circa 400 abitanti. Secondo il censimento dei beni della giurisdizione di Spigno, operato nel 1671 in occasione della morte del marchese Federico Asinari, i fuochi di Merana erano 38 (ASM, Feudi Imperiali, mazzo 643). Di poco inferiori ai 43 (381 abitanti) censiti nel 1743 dai Savoia (AST, Camera dei conti, art. 534). I dati delle relazioni parrocchiali coincidono con i dati ISTAT degli ultimi decenni, tranne nel 1951, anno in cui sono censiti 115 abitanti in più rispetto all’ISTAT (ASVA, Merana, Parrocchia di S. Nicola, fald. 1, cart. 4, fasc. 1). Dalle relazioni parrocchiali si può osservare un aumento della popolazione rispetto ai periodi precedenti, solo nella prima metà del XIX secolo (598 abitanti nel 1838). Il centro devozionale di Merana, nell’età moderna, era la parrocchia di S. Nicola, sita presso il castello sulla cima di una collinetta sovrastante il fiume Bormida. Abbiamo notizia solo dello spopolamento dell’area in favore della zona a valle. Anche la parrocchia segue lo spostamento della popolazione verso la valle e nel 1935 viene edificata la nuova chiesa parrocchiale. Il nuovo sito era già abitato in epoca romana e venne abbandonato durante il Medioevo. Un primo spostamento si verifica quindi nel Medioevo dalla valle alla collina sovrastante, nei pressi del castello di Merana. Il secondo spostamento della popolazione, dalla collina alla valle, avviene a fine XIX secolo e si conclude nel 1935 con l’abbandono della chiesa parrocchiale. Merana ha sempre dimostrato di essere un nucleo autonomo da Spigno, anche se nel XVII secolo era sotto la giurisdizione del marchesato di Spigno. Il marchesato di Spigno comprendeva otto villaggi: Serole, Merana, Malvicino, Montechiaro, Montaldo, Rocchetta, Turpino e S. Quintino (Casalis 1833-56; Guasco di Bisio 1911). Si tratta di un’area che, grazie alla sua posizione geografica, è un punto di transito molto frequentato sulla via che da Finale porta a Milano. Per comprendere come si è costruito autonomamente questo villaggio, occorre risalire alle tensioni seicentesche della guerra tra il marchese di Spigno, Federico Asinari del Carretto, e gli Spagnoli. Questo conflitto è infatti un osservatorio privilegiato per conoscere in che forme Merana si mantiene autonoma da Spigno. Spigno, nel XVII secolo, viene scelto come centro del marchesato; i borghi circostanti, tra cui Merana, si oppongono resistendo a questa politica di gerarchizzazione. Un documento del 1590 descrive il giuramento avvenuto il 26 ottobre nella cappella del Rosario della chiesa parrocchiale di S. Ambrogio, diretto dal Commissario regio Antonio Rainaldo, notaio di Milano (ASM, fondo Feudi Imperiali, mazzo 641, 8 novembre 1590. Le citazioni seguenti provengono da questo documento). Il marchese Luigi Asinari del Carretto, nonno di Federico Asinari, riceve dal commissario regio un’ordinanza del Senato in cui si attesta la concessione del possesso di metà dei feudi e i castelli di Spigno, Rocchetta, Malvicino, Merana e Serole e delle loro ragioni e pertinenze nelle Langhe. La concessione era stata pattuita in seguito alla composizione della causa che verteva tra Asinari e il Regio Fisco. La causa consisteva nell’acquisto di alcuni territori che erano stati venduti ad Alfonso Spinola da Frejlino del Carretto. Per capire questo passaggio occorre verificare quanto successo prima del 1590 secondo la documentazione milanese. Il Regio Fisco aveva confiscato quelle terre ai fratelli Francesco e Scipione del Carretto, figli di Giovanni Frejlino del Carretto, in seguito ad una condanna della Camera Regia per «delitto di ribellione». Il senso di questa vicenda ci viene rivelato dalla documentazione conservata nell’archivio di Stato di Torino (AST, Corte, Langhe, Spigno, mazzo 1), che ci fornisce le informazioni che non sono riportate dal documento del 1590. I fratelli Del Carretto erano stati condannati per aver combattuto al fianco dei Francesi nella guerra iniziata nel 1551 tra Francia, Spagna e Impero. I fratelli del Carretto, inizialmente schierati con gli Spagnoli e gli Imperiali, avevano cambiato campo alleandosi con i Francesi. Prima di questo episodio, Francesco Spinola, padre di Alfonso, il 1 aprile 1533, aveva comprato dai due fratelli del Carretto «mediam partem castrorum et locorum Spigni, Mayrane et Malvicini ac pertinent ad sextam partem Castri ac loci Urseolarum, fini Marchionatu Montis Ferrati castrum et locum plane et villae […]; in astensi comitatu octavam partem et quarta altevinum actque loci Garesyi et pertinentiarum que in feudum recognoscit ab illustribus» (AST, Corte, fondo Langhe, Spigno, mazzo 1). La poca chiarezza della documentazione milanese potrebbe essere strategica. Spesso i documenti non sono completi e riportano piccole parti di genealogie che rendono quasi impossibile le verifiche con altre fonti, in quanto i nomi non concordano. L’ambiguità di questa produzione documentaria permette di palesare solo le ragioni di chi produce il documento e di sostenerle attraverso la legittimità delle citazioni storiche: le date delle investiture, le vendite, i nomi degli antenati e l’esistenza di presunti documenti antichi. Ritornando alla questione di Luigi Asinari del Carretto, si può dedurre solo attraverso l’intreccio con il documento dell’archivio di Torino, che, in seguito alla morte di Frejlino e di Alfonso Spinola, i territori del marchesato, non potendo essere consegnati ai fratelli Francesco e Scipione del Carretto, in quanto tutti i loro beni dovevano essere posti sotto confisca, vengono ceduti in questo modo: la parte che era stata di Spinola viene affidata al Regio Fisco, e la parte che era stata di Frejlino del Carretto viene affidata alla Camera di Milano. Il Senato si trovava a dover stabilire se il marchesato fosse alienabile. Il documento dell’archivio milanese riporta solo che i beni dei fratelli del Carretto erano stati confiscati senza esporne le ragioni e che infine il Senato aveva concesso i territori ad Asinari con l’obbligo di rispettare il pagamento dei «frutti da essi cavati», spettanti al Regio Fisco, e di prestare il giuramento di fedeltà. Insomma equivaleva a concedere i diritti feudali: obbligo di fedeltà e investitura. Questo è il punto che interessa al Senato: dimostrare che il marchesato ha delle imposizioni fiscali che lo rendono dipendente dalla giurisdizione milanese. L’imposizione fiscale è, infatti, una pratica del possesso e non solo, è una regalia, cioé una prerogativa sovrana; accettata quindi la risoluzione del Senato, a Luigi Asinari viene concesso di recarsi sulle terre indicate, con «tutte quelle solennità che si sogliono serbare in simili casi», di prendere possesso e di farsi riconoscere come marchese di quei luoghi. Negli anni Venti del XVII secolo le relazioni tra i Savoia e gli Spagnoli saranno tese e si svolgerà una guerra tra i feudatari piemontesi e il ducato di Milano. Gli Asinari cercheranno di non essere coinvolti e, avendo alcuni possedimenti su entrambi i domini, affermeranno di essere soggetti solo all’autorità dell’impero e non al Ducato di Milano. Questa ambiguità porterà allo scontro degli anni successivi (cfr. Spigno). Dopo avere presentato in quale intreccio giurisdizionale si trova il villaggio di Merana, è possibile osservare in che modo convive con gli Asinari e gli Spagnoli. È proprio la corrispondenza del podestà spagnolo di Spigno, Filippo Cassola, con il Senato milanese a descriverci le posizioni politiche di Merana (ASM, Feudi Imperiali, mazzo 643). Cassola, non appena ottiene la patente da Milano, presenta immediatamente le difficoltà sorte con gli «abitanti delle terre di Serole, Merana e Malvicino del marchesato di Spigno in ordine alla patente prescrittami di Podestà di detto luogo poiché supponendo io potessi con detta patente amministrare giustizia al detto marchesato, non fu fatta menzione in detta patente delle scritte terre quali, per essere riparate et indipendenti dal detto luogo di Spigno ricusano di obbedire adducendo non essere io stato eletto particolarmente Podestà di dette terre né essere nominate in detta patente». Il Senato milanese non aveva menzionato le tre terre del marchesato di Spigno perché cercava di eleggere Spigno a centro del marchesato e di subordinare ad esso i restanti borghi. Il problema, sollevato da Cassola, è inerente al prelievo fiscale. Infatti in quel periodo c’era una forte sperequazione su Spigno che si trovava a dover pagare i contributi per gli «alloggiamenti dei soldati». Erano esenti da tale imposizione proprio Serole, Malvicino e Merana. Questo era uno dei motivi sufficienti per cercare di non riconoscere la centralità di Spigno. Gli Spagnoli pertanto riformulano la patente del podestà in modo da renderla accettabile a tutte le componenti del marchesato. In gioco c’era il controllo degli accessi al marchesato oltre che il prelievo fiscale. Di fatto Merana e Serole nel 1664 accettano gli atti di possesso del podestà, ma pochi anni dopo ridiscutono la giurisdizione di Spigno sui due villaggi. È infatti il marchese Federico Asinari a farsi promotore della resistenza al processo di centralizzazione del marchesato (cfr. Spigno). Merana, Serole e Malvicino si schierano quindi con Federico Asinari ospitando sia gli uomini del marchese che il marchese stesso (ASM, Feudi Imperiali, mazzo 641, Amministrazione Cassola e suo carteggio, Processo contro alcuni sicari del marchese). Federico Asinari crea un’alleanza antispagnola e filoimperiale coinvolgendo altri marchesi che hanno investiture e feudi nel Regno di Savoia. Questo permette agli Spagnoli di accusarlo di lesa maestà. Tra gli aderenti all’alleanza di Asinari si leggono: «Serole, Merana, e Rocchetta, il marchese di Cravanzana, vassallo del duca di Savoia, il Capitano Andrea Sprotti di Cortemilia, piemontese, gli uomini di Perletto vicino al suolo Piemontese, e Gasparo Vincenzo Carretto, vassallo di S. M. Cattolica con porzione del feudo di Brovia» (ASM, fondo Feudi Imperiali, mazzo 642, 3 luglio 1667). Le risorse in gioco in questa vicenda per quanto concerne il luogo di Merana sono descritte dal capitano di fanteria Cordona che redige una relazione per gli Spagnoli, in previsione di un intervento armato nel marchesato di Spigno contro Federico Asinari del Carretto. Il 16 settembre Cordona scrive al governatore di Alessandria e redige una relazione deprimente sullo stato del marchesato: ammette di essere confuso su come contrastare il marchese, in quanto, pare che Asinari abbia smobilitato parecchia gente, e che l’utilizzo della cavalleria sui confini con lo stato del duca di Savoia rischi di provocare una reazione da parte di questi ultimi. Cordona descrive Merana come una frequentatissima via di transito dalla quale vengono immesse nel marchesato di Spigno «ogni sorta di mercanzia». Stima inoltre che occorrono «venti cavalli per ritirare i raccolti dai luoghi di Rocchetta, Serole, Merana, Spigno, senza rischiare di essere disturbati dai farabutti del marchese». Racconta infine di aver mosso l’esercito per «molestare gli uomini di Merana con cento uomini a cavallo», e di aver trovato solo alcuni contadini inermi. Gli unici ribelli che ha incontrato «sono in stato di disperazione perché si sentono abbandonati dal loro comandante e incalzati dalla potenza dell’esercito spagnolo» (ASM, fondo Feudi Imperiali, mazzo 642, 1667 lettera don Diego de Cordona al Governatore di Alessandria). Cassola, il podestà di Spigno, invece è convinto che sia il momento propizio per sferrare l’attacco decisivo in modo che si possa, nell’autunno, raccogliere le castagne e vendemmiare. La comunità di Spigno teme di non riuscire a raccogliere i frutti e Cassola scrive che si mantengono «guardinghi mentre i vicini piemontesi stanno nelle loro giurisdizioni pronti a difendersi ma senza l’intenzione di attaccare o di sconfinare» (ASM, fondo Feudi Imperiali 642, 18 settembre 1667 lettera Cassola Garcia Ravanal). Merana è riconosciuto quindi come il luogo strategico necessario per bloccare la resistenza antispagnola di Federico Asinari del Carretto. Occorre precisare, però, che è Cassola a leggere la resistenza di Merana e Rocchetta come una resistenza alla corona spagnola. Cassola in questo caso è il referente degli uomini di Spigno a Milano. È evidente che la sperequazione sul marchesato sia il motore dell’avversione dei villaggi di Serole, Rocchetta e Merana nei confronti di Spigno e della corona spagnola. Gli Spagnoli invece considerano questa resistenza solo una contrapposizione alla loro politica accentratrice sul marchesato. È Cassola quindi a esacerbare i termini del conflitto per provocare un intervento dell’esercito spagnolo. Merana viene riconosciuta come nucleo a sé stante nel 1694 e con l’annessione dei Savoia, nei primi decenni del XVIII secolo, si concludono le vicende del partito filoimperiale di Asinari. Dal 1694 Merana ripercorre le vicende di Spigno fino all’accorpamento del comune nel 1928. Con questo accorpamento Merana viene nuovamente inserita a tutti gli effetti nel comune di Spigno. Sarà infatti il sindaco di Spigno a firmare la vendita dei beni comunali di Merana, avvenuta nel 1944, quattro anni prima che il comune venisse ricostituito (AC Spigno, deposito dall’anno 1895 al 1960, cart. 1). I beni comunali, venduti al dott. Camillo Bartoli, sono i fabbricati delle scuole e della casa comunale di Merana. Nel 1944 il notaio G. B. Santi descrive «il vecchio piccolo centro di Merana» come «posto su di un impervio e isolato cocuzzolo di monte che è andato man mano spopolandosi sicché ora non vi rimane, oltre i predetti due piccoli fabbricati comunali, che una casa colonica – perché anche la chiesa parrocchiale colà situata è stata abbandonata ed in via di demolizione, essendone costruita altra in sua sostituzione nella sottostante vallata presso la stazione ferroviaria e alla strada Nazionale ove si è formato il nuovo abitato di Merana» (AC Spigno, deposito dall’anno 1895 al 1960, cart. 1). Nel 1948 viene ricostituito il comune di Merana e, nel 1953, tre frazioni del Comune di Spigno Monferrato vengono aggregate ad esso: Burci, Moglia e Casazze. In tutto si tratta di 53 abitanti che dimorano a circa un chilometro e mezzo dal nuovo centro di Merana. Il 30 gennaio 1952 cinque capi casa delle frazioni in questione inviano una lettera per revocare la loro richiesta di accorpamento a Merana. I cinque firmatari della lettera in realtà sono tutti abitanti di Casacce e la nuova richiesta viene respinta. Ne seguirà una controversia per delimitare il confine tra i comuni, come già visto prendendo in esame i mutamenti territoriali, che verrà risolta solo rinviando le decisioni al Prefetto. |