Le schede realizzate prima del 1997 seguono un progetto scientifico differente e talvolta mancano di alcune delle voci qui descritte.
La scheda alla base della ricognizione regionale piemontese è costituita da due parti e da 21 voci e si articola in due parti.
La prima parte è composta di due gruppi di voci: un gruppo di sei (Comune, Provincia, Abitanti, Estensione, Confini, Frazioni) dedicato alla rilevazione di dati attuali, a cui si aggiungono altre dodici voci di carattere storico. Queste sono dedicate, rispettivamente, a: Area storica, Toponimo storico, Diocesi, Pieve, Altre presenze ecclesiastiche, Assetto insediativo, Luoghi scomparsi, Comunità: origine e funzionamento, Dipendenza medioevo, Feudo, Mutamenti di distrettuazione, Mutamenti territoriali, Comunanze, Liti territoriali. Due ultime voci, Fonti e Bibliografia, sono invece dedicate alla ricognizione dei giacimenti documentari e alla storiografia esistente su ogni data località, allo scopo di allargare lo spettro dei riferimenti archivistici e storiografici al di là di quei monumenti della erudizione ottocentesca e primo novecentesca che appaiono ormai inservibili per il lavoro di ricerca, e possono tutt’al più essere utilizzati come testimonianze coeve.
Le prime voci, da Comune a Frazioni, sono compilate sostanzialmente attingendo alle informazioni della Banca dati territoriale (BDT) fornite dalla Regione Piemonte e relative all'ultimo censimento, quello del 2001. Sono voci "fredde", non interpretative.
Per Comune, per esempio, si è utilizzata la denominazione odierna (e non quella storica) fornita dalla BDT. Allo stesso modo per Provincia, nell'attuale situazione di creazione di nuove circoscrizioni provinciali, si è deciso di utilizzare l'appartenenza fornita dai dati della BDT.
Nella voce Abitanti è indicato qui solo il dato più recente della BDT, e si sono voluti rinviare i ragionamenti sulla precedente consistenza demografica alla parte narrativa-interpretativa della scheda. Così ancora, con Estensione si intendono qui i dati della BDT. Un’avvertenza è in ogni caso necessaria a questo proposito, poiché tali dati riportano sia le statistiche statali (fornite dall’Istituto Nazionale di Statistica, ISTAT), sia quelle comunali (fornite dal Sistema Informativo Territoriale e Ambientale, SITA), che raramente coincidono. Si può ritenere che quanto maggiore è la discrepanza, tanto più probabile è l'esistenza di conflitti attuali sullo statuto giuridico di porzioni del territorio. Infine, nella voce Frazioni il termine è da intendersi nel senso di qualsiasi entità insediativa, di qualsiasi unità sociale e territoriale inclusa nel territorio comunale. Anche in questo caso si utilizzano i dati ISTAT del censimento del 2001 (e successivi), raccolti dalla BDT, che per ciascun comune sono organizzati secondo tre categorie: 1) centri, 2) nuclei e 3) case sparse. Tali dati sono stati integrati con gli altri rilevamenti ISTAT disponibili e, in particolare, con le denominazioni dei vari nuclei insediativi ricavabili dall'ultimo censimento della popolazione (fascicoli provinciali per frazioni e località abitate). Si è preferito rinviare qualsiasi ragionamento a questo proposito alla voce Assetto insediativo.
Per quanto riguarda l’Area storica, l'appartenenza sarà argomentata e precisata nel tempo nella parte narrativa-interpretativa della scheda. Tutte le altre voci sono invece di rilievo più analitico e sono compilate con puntuali e sistematici rimandi a fonti o a bibliografia. Con Toponimo storico si intende l’individuazione toponomastica del comune (poco più che la prima attestazione, di solito in latino) e delle sue frazioni con esame delle attestazioni successive, oscillazioni linguistiche e forme assunte fino al fissarsi dell'odierno toponimo, ma senza dedicare spazio eccessivo a ipotesi sulla genesi del nome e limitandosi alle indicazioni che lo rendano identificabile nelle fonti. In particolare si è ritenuto utile prestare attenzione a tre elementi: 1) i casi in cui il nome di un attuale comune è mutato radicalmente nel tempo, a causa della mutata importanza di uno degli insediamenti, o frazioni, inclusi nell'attuale territorio comunale; 2) i casi in cui il nome di un attuale comune copre anche un comune inglobato in quello attuale; 3) i casi in cui il nome dell'attuale comune è il risultato dello scorporo di due precedenti comuni. Si tratta di un lavoro che è stato possibile compiere grazie al fatto che dal 1862 tutte le variazioni di denominazione dei comuni sono registrate dall'ISTAT in pubblicazioni specifiche.
Con la voce Diocesi si è ritenuto importante considerare due elementi: il fatto che ogni località ricade spesso entro giurisdizioni di natura diversa (per esempio civili ed ecclesiastiche) che tendono a generare conflitti; inoltre queste giurisdizioni variano nel tempo (possono estinguersi o estendersi): in particolare le prime diocesi piemontesi sono tra le giurisdizioni più antiche sul territorio (datano dal IV-V secolo). Infine, va tenuto presente che esse tendono a moltiplicarsi con ritmo accelerato a partire dal tardo medioevo e durante l'età moderna. A proposito della eventuale Pieve (chiesa di norma pertinente d'ufficio alla diocesi), si è inteso valorizzare attraverso di essa il centro di un distretto (comprendente anche più di un insediamento) che costituisce una delle prime forme di organizzazione del territorio, grazie alla prerogativa di amministrare taluni sacramenti e di controllare altre dipendenze ecclesiastiche. In questa voce si è cercato di prestare attenzione non solo al fatto che esista una pieve nella località, ma anche all'antichità di questa attestazione; si è perciò ritenuto utile segnalare la dipendenza di una chiesa locale da una pieve esterna al territorio. Ciò sia perché il processo di formazione delle pievi si svolge su un arco di tempo molto lungo, sia perché la sua cronologia può essere in collegamento con l'origine e soprattutto con il funzionamento della comunità. La voce Assetto insediativo descrive l'articolazione nel tempo della collettività che insiste sul territorio comunale, valutando se l'insediamento è sparso o accentrato, se è stato condizionato da un eventuale incastellamento, se esistono nuclei ben riconoscibili (cantoni, borgate, frazioni, e se hanno tendenze centrifughe), o se è avvertibile una divisione in quartieri (o terzieri, sestieri ecc.), che possono avere o meno competenze su specifici segmenti del territorio o condizionare le forme della rappresentanza politica.
Con la voce Altre presenze ecclesiastiche si è inteso inoltre presentare una serie eterogenea di istituzioni regolari e secolari con capacità di intervenire in maniera e in tempi diversi sull'organizzazione degli insediamenti e del territorio: le istituzioni regolari, e cioè monasteri, abbazie, priorati e loro dipendenze, case degli ordini cavallereschi, conventi degli ordini mendicanti; le istituzioni secolari (la maggior parte di quelle su cui ha giurisdizione il vescovo), e cioè cappelle pertinenti una pieve, parrocchie, fino alle cappelle campestri e ai diversi tipi di oratori. È utile ricordare come il secondo tipo di istituzioni tenda a crescere più rapidamente del primo a partire dall'età della Controriforma e che i due tipi di istituzione tendono a comparire nella documentazione in contesti differenti. Si trovano presenze del primo tipo di istituzioni soprattutto in età medievale, spesso in regime di concorrenza anche sul piano delle prerogative di riscossione delle decime. Le istituzioni del clero secolare sono spesso in età moderna una delle manifestazioni della segmentazione degli insediamenti e dei territori comunali: per esempio, quando un beneficio senza cura d'anime genera una parrocchia separata. È segnalata la eventuale evoluzione di un'istituzione a carattere assistenziale da religiosa a laica (e la gestione del suo patrimonio).
Un altro aspetto della vita locale è dato dallo spostamento degli insediamenti da cui è costituita. Con la voce Luoghi scomparsi qui ci si è riferiti in particolare alle presenze medievali (o anche più antiche) che precedettero talvolta la nascita dei nuovi insediamenti degli attuali comuni (perciò anche i comuni soppressi). Più in generale la nascita di "luoghi nuovi" è un fenomeno che riguarda non soltanto il medioevo, ma anche il dislocamento degli insediamenti e delle attività da essi coordinate, a cui spesso si assiste in età contemporanea.
Una seconda serie di problemi, legati alle forme di organizzazione politica, è affrontata in successione a partire dalla voce Comunità: origine, funzionamento: con questi lemmi si è cercato di individuare, quando possibile, gli esordi della comunità, nella forma sia di embrionale organizzazione politica, sia di comune in quanto organismo amministrativo tendenzialmente autodeliberante. Il funzionamento di questo organismo è ripreso nei suoi molteplici aspetti in altri momenti della ricerca, anche in altre voci, nonché nella parte narrativo-interpretativa della scheda. Ampio spazio è stato offerto alle scritture della comunità con le sotto voci: Statuti, Catasti, Ordinati.
La voce Dipendenza medioevo intende indagare quale sia la posizione di ciascuna località dapprima all'interno di un comitato o di una marca, se il villaggio sia sede solo di un dominatus loci o sia incluso in una circoscrizione signorile di maggior ambizione, quale un dominio vescovile o abbaziale o una signoria laica comprendente più villaggi. Con la voce Feudo si è cercato di indagare la data a partire dalla quale il luogo è tecnicamente infeudato, ossia quando i diritti signorili sulla terra, le persone o su altre risorse sono oggetto di investitura da parte di poteri ad ambizione sovralocale. Le forme tipiche in Piemonte vanno dal consolidamento di signorie (laiche o ecclesiastiche) comprendenti più villaggi al tentativo di costruzione di veri e propri principati territoriali. È di solito un fenomeno che si sviluppa a partire dal tardo medioevo e che assume forme nuove con lo sviluppo della fiscalità statale e la promozione di un'aristocrazia legata ai duchi di Savoia. Le eventuali mutazioni delle circoscrizioni amministrative a cui ha appartenuto ciascuna località dal momento del riordino sabaudo di metà Cinquecento, e più in generale dello sviluppo di formazioni statali fino alle attuali province, sono invece oggetto di una voce dedicata ai Mutamenti di distrettuazione.
Tutte queste trasformazioni avvengono nell'ambito di un crescente accentramento statale: gli esiti di questo processo sui territori comunali sono diversificati. Oltre a dinamiche esogene, e in ogni caso inscrivibili in una gerarchia di poteri, esistono tuttavia dinamiche più capillari, che la ricerca ha cercato di cogliere attraverso i Mutamenti territoriali: sotto questa voce si descrivono incrementi e decrementi del territorio comunale determinati dall’autorità politica esterna al comune, da aggiustamenti intercomunali, o dalla individuazione di isole amministrative temporanee o definitive. In particolare, esiti di lungo periodo – senza esaurire qui la gamma della soluzioni possibili – possono essere:
a. Un'accelerazione dei processi di segmentazione territoriale dei comuni. Le riforme fiscali dello stato sabaudo note come Perequazione generale (secolo XVIII) conservano rispetto all'età precedente l'entità del carico fiscale pagata in solido da ciascun comune, ma spostano il maggior peso delle tasse sui terreni agricoli più redditizi. Si assiste perciò in molti casi alla "secessione" di frazioni che si ritengono penalizzate dal nuovo assetto fiscale e chiedono di erigersi in comuni autonomi. È qua che si vede il processo sopraccennato di costituzione di nuove parrocchie.
b. Un processo di contrapposizione sempre più accentuata tra un "luogo centrale" e "case sparse" nella forma di cascine periferiche. Un simile processo si riscontra per esempio in zone ad agricoltura ricca, nelle quali un precoce trasferimento di diritti signorili e feudali in mano a singole famiglie aristocratiche residenti nel centro favorisce lo sviluppo di quest'ultimo e inibisce le possibilità di crescita delle cascine sparse che gli restano subordinate.
c. Un'evoluzione degli insediamenti del territorio comunale in cui non emerge con nettezza un centro principale e diversi nuclei tendono a restare in un equilibrio fra pari, spesso in presenza di una molteplicità di prerogative feudali frammentate tra più consortili aristocratici.
La vita politica locale, nel medioevo e nell’antico regime, è legata a filo doppio alla presenza di Comunanze: questa voce rinvia a un importante insieme di competenze della collettività, tanto nel suo insieme quanto di suoi segmenti. Queste competenze possono riguardare risorse collettive e beni di uso comune, per esempio quelli gestiti dalle confrarie o simili sodalizi laici di parenti o vicini; possono anche riguardare diritti collettivi esercitati sui beni di pertinenza individuale, come nel caso di quelli che ora sono definiti usi civici.
Le Liti territoriali si costituiscono come le fonti più ricche e più atte a mostrare quanto e come una collettività possa plasmare o organizzare il proprio territorio.
Articolazione fondamentale sono in effetti per lo spazio politico locale le fonti che esso ha prodotto e/o conservato. Con la voce Fonti si è cercato, tenuto conto della relativa casualità della conservazione documentaria, di attestare questo aspetto. In secondo luogo si è ritenuto necessario integrare la presentazione di queste fonti con una verifica della consistenza ed eventualmente dei contenuti di altri e disparati fondi documentari, in particolare quando appaiono deludenti i sondaggi condotti in un singolo archivio comunale. In ogni caso si è ritenuta indispensabile una ricognizione del materiale conservato negli archivi comunali dei luoghi confinanti e presso gli Archivi di Stato. La Bibliografia cerca poi di dar conto degli studi locali e soprattutto di integrare le osservazioni di prima mano e di leggerle alla luce della storiografia esistente.
2. La seconda parte della schede ha invece una struttura narrativo-interpretativa nella quale si riprende e si rielabora quanto sintetizzato nelle singole voci, deputate a fornire le informazioni. L'obiettivo è quello di costruire un modello o un percorso confrontabile con altri e dunque comparativo. Si tratta di tenere conto della serie completa di voci contenute nella prima parte di ogni scheda per rendere confrontabili le somiglianze e le differenze della evoluzione storica di un determinato territorio, senza timore di segnalare incongruenze, sfasamenti cronologici e apparenti contraddizioni della documentazione.
Il profilo attuale di un territorio comunale è dunque l'esito dell'interagire di un insieme di fattori presi in considerazione nella prima parte della scheda. Si è dunque cercato di usare in questo senso i dati forniti in alcune importanti voci. Mentre alla voce Frazioni si sono indicati solo la classificazione ISTAT vigente e i dati più recenti, in questa seconda parte della scheda interessano invece le diverse forme di aggregazione della popolazione affermatesi nel corso del tempo: per esempio i centri principali, gli insediamenti sparsi come i cascinali, le “roate”, i cantoni. È necessario qui fare attenzione a evitare anacronismi di denominazione e registrare la terminologia usata nelle fonti. Si tratta in sostanza di osservare le dinamiche degli aggregati di popolazione, quale che sia la loro entità, che si creano sulla base di rapporti insediativi (per esempio castelli o strutture di parentela), economici (per esempio quelli derivanti dalle strutture agrarie) e istituzionali (per esempio chiese, cappelle e confraternite). Già le cifre fornite dall'ISTAT suggeriscono di ragionare sulla qualità della distribuzione della popolazione nel territorio e perciò sui rapporti intercorrenti tra i diversi nuclei insediativi e costituenti spie di conflittualità, di tensioni territoriali e di processi di segmentazione politica. Per esempio la presenza di molte case sparse indica tipicamente una marcata gerarchia amministrativa che fa capo a un forte insediamento centrale. All'opposto, la dispersione di gran parte della popolazione fra diversi "centri" e diversi "nuclei" indica tipicamente processi storici di segmentazione politica, amministrativa e religiosa tra diversi insediamenti che non sono disposti gerarchicamente e che non necessariamente insistono sul territorio di un unico comune.
Le voci Feudo e Mutamenti distrettuali in primo luogo concorrono a definire di volta in volta l'area storica e in secondo luogo forniscono informazioni che in questa parte della scheda dovrebbero far vedere come poteri e istituzioni ad ambizione sovralocale interagiscono con i processi or ora accennati, con fasi di minore o maggiore intensità. Per esempio il periodo napoleonico vede l'istituzione effimera di dipartimenti, mentre in età fascista sono accorpati numerosi comuni che si separano nuovamente nel dopoguerra. L'identità "debole" o "forte" di un'area storica dipende da elementi e indicatori di natura diversa, e non esclusivamente di natura politico-istituzionale.
Qui si arricchisce quanto enunciato alla voce Confini, che indica esclusivamente quanto constatabile ai giorni nostri: sia il tracciato sia i criteri di definizione dei confini sono infatti variati nel corso del tempo: per esempio è documentata la tendenza ad adeguare i confini comunali all'andamento dei crinali montani nel quadro degli accorpamenti fascisti.
Nel suo complesso, il metodo di lavoro che presiede alla compilazione di ciascuna scheda ha adottato sistematicamente il criterio di una ricerca archivistica condotta su fonti documentarie largamente inedite, e ciò su due livelli. A un livello locale, la ricerca attinge infatti alle informazioni oggi più agevolmente accessibili presso comuni e parrocchie. A un livello centrale, o sovralocale, essa affronta il problema di utilizzare sistematicamente quei fondi archivistici che, conservati nei centri di governo di volta in volta storicamente dominanti, vertono sui territori e sugli abitanti dei singoli comuni attuali. La pluralità di punti di osservazione offerti alla ricerca grazie all’impiego di diversi livelli di documentazione archivistica, di origine sia laica sia ecclesiastica, ha permesso di adottare una pluralità di prospettive sulle informazioni accumulate e sui singoli luoghi. Ne è derivata una comprensione migliore, e per più versi innovativa, e talvolta controintuitiva, dei processi che storicamente influirono sulla formazione dei territori comunali. Ma in più, gli effetti vicini e lontani di simili processi – forse a causa della loro sedimentazione e stratificazione storica – appaiono dotati non solo di inerzie, ma anche di potenzialità affioranti e a tutt’oggi attuali.
La completezza delle informazioni fornite dalle schede e il taglio di ricerca adottato, in conclusione, fanno dello Schedario il più aggiornato e attendibile repertorio di storia territoriale del Piemonte, utile non solo agli amministratori, ma anche agli studiosi e in generale a coloro che, per motivi diversi, sono interessati alle notizie storiche relative ai singoli comuni.