Autori | Morandini, Cesare |
Anno Compilazione | 2003 |
Anno Revisione | In aggiornamento |
Provincia | Asti
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Area storica | Astigiano. Vedi mappa.
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Abitanti | 349 al 1/1/2001 [ISTAT 2001], 371 al 21/10/2001 [ASR 2003].
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Estensione | ha 643 [ASR 2003].
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Confini | Asti, Rocca d’Arazzo.
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Frazioni | Fonti ISTAT segnalano la presenza, oltre al "centro" di Azzano, anche di una frazione, omonima alla limitrofa località facente parte del comune di Asti (Carretti) e due nuclei minori (Moglia e Vallenia). Vedi mappa.
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Toponimo storico | Azano, Azzano (senza particolari varianti).
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Diocesi | Asti.
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Pieve | All’interno dell’antica pieve di Quarto, scomparsa però forse già nel X secolo [Bordone 1980, p. 252].
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Altre Presenze Ecclesiastiche | A partire dal 969 è donata al vescovo di Asti l’abbazia benedettina cassinense di San Bartolomeo di Azzano, insediata probabilmente per iniziativa signorile dei marchesi di Ivrea. La diretta dipendenza dal vescovo viene interrotta attorno al 1150 con la nomina di abati propri, anche se nel 1154 è confermata come possesso della diocesi astese [Assandria 1904, doc. 316, p. 207]. Con bolla papale del 1247 l’abbazia di San Bartolomeo conferma il possesso della chiesa di San Michele di Azzano [Cotto 1997, doc. 72, p. 114]. Nel 1345 l’Abbazia compare nel Registrum del vescovo Arnaldo di Roseto come sottoposta alla diocesi astese [Bosio 1894, p. 518]. Nel 1477 è unita alla Congregazione di S.Giustino da Padova, mantendo il possesso della chiesa azzanese [Nebbia 1995, pp. 15, 31, 63]. Nel ‘500 si registrano tensioni tra il vescovo di Asti e i monaci dell’abbazia per la spettanza della cura d’anime delle chiese azzanesi [Nebbia 1995, p. 103]. La Visitatio Apostolica del Peruzzi (1585) censisce la parrocchiale di San Michele, membro dell’abbazia di San Bartolomeo, che risulta però “campestris et ruinosa” e non officiata; la cura d’anime viene svolta invece da un monaco delegato nella chiesa - nel nucleo abitato - di San Giacomo; presente anche un oratorio dei disciplinanti dell’Annunciazione della Vergine [A.C.V.A., Visitatio apostolica episcopi Sarsinatensis 1585, ms., ff. 318r., 320r.].
L’abbazia venne soppressa nel 1802; i suoi beni dapprima incamerati dal Demanio francese furono in pochi anni venduti a particolari [Nebbia 1995, pp. 181-182].
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Assetto Insediativo | L’abbazia sorge, nel secolo X, nella piana del fondovalle Tanaro, di fronte a una vasta isola. Il borgo invece nasce in seguito, in luogo elevato su di un’altura sovrastante l’abbazia tra le vallette di San Bartolomeo e di Rocca d’Arazzo.
Acque. Vedi mappa.
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Luoghi Scomparsi | Non attestati.
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Comunità, origine, funzionamento | L’esistenza di una comunità emerge da alcuni attriti per questioni di tributi tra l’abbazia e gli uomini di Azzano, che sfociano in aperta rivolta nel 1268, cui segue scomunica. La comunità appare fragile, in apparenza priva di una rappresentanza organizzata in un consiglio [Nebbia 1995, p. 32]. Altre liti nel sec. XIV la vedono appoggiarsi all’arbitrato del giudice “societatis populi astensi”, rappresentata da un sindaco [Cotto 1997, doc. 462, p. 605; Nebbia 1995, p. 45]. Si rende amministrativamente autonoma nel corso del secolo successivo [Nebbia 1995, p.61], ma ancora nel ‘500 appare priva di una struttura di rappresentanza consigliare forte, poggiandosi nelle controversie all’autorità del Capitanato di Asti [A.S.T. di corte, paesi AB, “A”, n. 37, 1 settembre 1578, Transazione fattasi tra la comunità di Azano e quella di Rocca d'Arazzo nella questione tra esse insorta circa la spettanza di un terreno alluvionale formatosi nel fiume Tanaro].
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Catasti | AC Azzano, Catasto 1703.
Catasto comunale attuale: vedi mappe.
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Ordinati | Si conservano solo a partire dal 1814 (AC Azzano, sezione I, Ordinati e verbali)
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Dipendenze nel Medioevo | Il luogo e le sue pertinenze appartengono al monastero di San Bartolomeo di Azzano fin dal 952 [Guasco 1911, I , 122], ancora nella prima metà del sec. XIV [Nebbia 1995, pp.15, 45]; nella seconda metà del secolo fa parte del Capitanato di Asti. Il contado astigiano viene diviso in due parti dal duca di Milano Gian Galeazzo Visconti, per costituire la dote alla figlia Valentina per il suo matrimonio con Luigi di Valois nel 1386. Nella dote, e dunque nel gruppo di terre che passano agli Orléans, è compreso Azzano [Gnetti 1992-1993, pp. 71-80]. Il figlio dellacoppia, Carlo d’Orléans, prigioniero ad Azincourt nel 1414, sarà in carceri inglesi fino al 1431, ed in quel periodo le terre dotali orleanesi sono sotto la reggenza di Filippo Maria Visconti, duca di Milano, fratello di Gian Galeazzo. [Nebbia 1995, p. 77].
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Feudo | Nel XVI sec. il luogo, non infeudato, fa ancora parte del Capitanato di Asti. Il feudo vero e proprio nasce il 10 maggio 1620, con l’investitura sabauda a don Olivero Capra, consigliere, senatore e prefetto di Asti. Passa poi agli Scozia (2 aprile 1773) [Guasco 1911, I , 122; A.S.T. camerale, Indice dei feudi (art. 283),Azzano, c.162)]
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Mutamenti di distrettuazione | Con il trattato di Cambrai del 1529 Asti ed il suo territorio - comprendente Azzano - passa dagli Orléans di Francia a Carlo V di Spagna, che a sua volta li donerà a Beatrice del Portogallo, moglie di Carlo III di Savoia, nel 1531. La nuova e diversa appartenenza statale di Azzano rispetto ad altri centri in cui l’abbazia di San Bartolomeo aveva ingenti beni fondiari (come Annone e Cerro, la prima milanese, la seconda monferrina) provocherà l’apertura di continui contenziosi dovuti alle contribuzioni sui beni imposte all’abbazia dalle rispettive autorità centrali, nonché gravi difficoltà alla fluidità dei trasporti delle derrate dalle terre esterne alla sede abbaziale, ed una minore capacità di controllo dell’abbazia sulla tenuta delle coltivazioni e dei fondi [Nebbia 1995, pp.86-88].
In anni recenti ha aderito alla Comunità Collinare Val Tiglione e Dintorni Unione di Comuni. |
Mutamenti Territoriali | Non attestati.
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Comunanze | I beni comuni rilevati nelle misurazioni per la Perequazione del 1721 sono di discreta estensione (16 giornate e mezza), ma si trovano tutti lungo il Tanaro, per lo più coerenti ai beni dell’Abbazia. Sono spesso soggetti a corrosione del fiume, e la maggior parte serve al pascolo della comunità. Soltanto due appezzamenti hanno una rendita: una pezza di 5 giornate in regione “Delle Rocche”, coltivabile, che viene affittata a particolari con incanto triennale (ma spesso occorre accordare forti sconti per via delle alluvioni del Tanaro) e una giornata e mezza di bosco e gerbido, in regione “Valemascha” (ma per buona parte infruttuoso) [A.S.T. camerale, Seconda archiviazione, Perequazione del Piemonte, capo 21, Asti, consegna beni immuni e comuni 1721, c. 53, Azzano; n. 85, Provincia di Asti, Immuni e communi, c. 36, Azzano].
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A.C. Asti (Archivio Storico del Comune di Asti, Atti di lite.
A.C.A. (Archivio Storico del Comune di Azzano d'Asti)
A.C.V.A., Visitatio apostolica episcopi Sarsinatensis 1585, ms.
A.S.T., Inventario n. 315.7, Materie Ecclesiastiche, Abbazie, Azzano, San Bartolomeo. Vedi inventario.
A.S.T. di corte, paesi AB, “A”, m. 37, (1153-1771)
A.S.T. di corte, Provincia di Asti, Prima addizione, m. 1, Vendita ed infeudazione del luogo, feudo e giurisdizione di Azzano, 10 maggio 1620 A.S.T. camerale, Indice dei feudi (art. 283), ff. 161 v.-162r., Azzano, provincia di Asti, (1620-1715) A.S.T., Sezioni Riunite, seconda archiviazione, Perequazione del Piemonte, capo 21, Asti, consegna beni immuni e comuni 1721, c. 53, Azzano; n. 85, Provincia di Asti, Immuni e communi, c. 36, Azzano B.N.F. (Bibliothèque nationale de France). Vedi catalogo. B.N.F., département Cartes et plans, GE DD-2987 (5054 B), La principauté de Piémont, les marquisats de Saluce et de Suze, les comtés de Nice et d'Ast, le Montferrat / dediée au roy par son très humble, très obéissant, très fidèle sujet et serviteur H. Jaillot, géographe de sa Majesté, [chez l'auteur] (A Paris), 1695 [Jaillot, Alexis-Hubert (1632?-1712). Cartographe]. Vedi mappa. | |
Bibliografia | Annuario Statistico Regionale. Piemonte in cifre 2003, Regione Piemonte-ISTAT, Torino 2003
Assandria G. (a cura di), Il libro verde della chiesa di Asti, “B.S.S.S”. nn. 25-26, Pinerolo 1904-1907
Bordone R., Città e territorio nell’alto medioevo. La società artigiana dal dominio dei Franchi all’affermazione comunale, Torino 1980
Bordone R., “Loci novi” e “villenove” nella politica territoriale del comune di Asti, paper del convegno “Borghi nuovi e borghi franchi nel processo di costruzione dei distretti comunali nell’Italia centro-settentrionale (secoli XII-XIV)”, Cherasco 8-10 giugno 2001.G.Bosio, Storia della Chiesa di Asti, Asti 1894
Casalis G., Dizionario geografico, storico-statistico-commerciale degli stati di S.M. il Re di Sardegna, Torino 1833-1856
Cassetti, Maurizio, Guida dell’Archivio di Stato di Asti, Vercelli, Ministero per i Beni culturali e ambientali, 1996.
Cotto A.M., Fissore G.G., Nebbia S., Le carte dell’Abbazia di S. Bartolomeo di Azzano d’Asti, Torino 1997
Gabotto F., Gabiani N., (a cura di), Le carte dell’archivio capitolare di Asti (930, 948, 1111-1237), “B.S.S.S”. n. 37, Pinerolo 1907
Gabotto f. (a cura di), Le più antiche carte dell’archivio capitolare di Asti, Pinerolo 1904 (B.S.S.S. n. 28)
Gnetti D., Tra Visconti ed Orléans: Asti nel Codice delle “fidelitates astenses”, vol. II, dattiloscritto presso la sede di Medievistica dell’Università di Torino, a.a. 1992-1993
Guglielmotti P., Comunità e territorio. Villaggi nel Piemonte medievale, Roma 2001
Guasco F., Dizionario feudale degli antichi stati sardi e della Lombardia (dall’epoca carolingia ai nostri tempi) (774-1909), Pinerolo 1911
ISTAT, Censimento della popolazione 2001, Roma 2003
Nebbia S., Gli abati di San Bartolomeo: San Bartolomeo di Azzano d’Asti: sacro e profano nelle carte di un monastero scomparso, Torino 1995
Nebbia S., S.Bartolomeo di Azzano, primi lineamenti (932-1335) per una storia dell’abbazia, in “Boll.stor. bibl. Subalpino”, XCI (1993), pp. 167-206
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Descrizione Comune | Azzano d'Asti
Il luogo di Azzano è fin dal suo sorgere segnato da una forte anomalia rispetto ai centri circonvicini, dovuto alla presenza politicamente ingombrante dell’Abbazia di San Bartolomeo. Nell’alto Medioevo è un luogo sottoposto ad una signoria ecclesiale dalla controversa dipendenza (dal vescovo di Asti e dalla propria casa madre). Lentamente emerge una comunità di uomini azzanesi, che però dapprima non pare avere una rappresentanza organizzata in un consiglio [Nebbia 1995, p. 32], e poi, nel ‘300, deve ricorrere ai magistrati astensi per tutelare i propri diritti [Cotto 1997, docc. 458, 461, 462 pp. 599-605]. Tale debolezza giuridica fa sì che spesso le controversie tra comunità e abbazia non trovino altro sbocco che l’azione violenta dell’occupazione delle terre (nel 1268 e nel 1332), configurando un modello di conflitto ancora assai simile a quello degli uomini con il proprio signore, essendo quella dell’abbazia tutt’altro che una presenza inter pares sul territorio di spettanza alla comunità. Nonostante una maggiore autonomia amministrativa raggiunta nel ‘400 [Nebbia 1995, p.61], ancora nel ‘500 la comunità appare priva di una struttura di rappresentanza consigliare forte, poggiandosi all’autorità del Capitanato [A.S.T. di corte, paesi AB, m. “A”, n. 37, 1 settembre 1578, Transazione fattasi tra la comunità di Azano e quella di Rocca d'Arazzo nella questione tra esse insorta circa la spettanza di un terreno alluvionale formatosi nel fiume Tanaro].
Alla debolezza del suo peso politico, la comunità deve aggiungere l’ingombrante quantità dei beni di natura ecclesiastica ed immune dell’abbazia: a metà ‘200 questa possedeva i nove decimi dei beni azzanesi [Nebbia 1995, p. 27]. Deteneva inoltre la totalità dei diritti di sfruttamento economico delle rive del Tanaro, concesse addirittura da Berengario II, diritti intaccati soltanto temporaneamente nel 1497 per mano di una concessione del duca d’Orléans alla famiglia astigiana dei Veglio [Nebbia 1995, p. 96-97]. La quantità di terreno allodiale collettabile risultava pertanto assai ridotta, così come esigui erano i beni comuni: le casse erano pertanto assai povere. La notevole ristrettezza della base collettabile è messa in evidenza ancora nel Settecento quale ragione della povertà della comunità azzanese.
La natura particolare della collocazione politica del loro territorio in età moderna mette gli Azzanesi nell’obbligo di addossarsi ad Asti per riceverne difesa e rappresentanza nei confronti sia dei benedettini che del feudo confinante di Rocca d’Arazzo. E’ quanto avviene, per lo più: ma in tal modo Azzano, se gode per via mediata del peso politico astese, pare scontare a sua volta il suo scarso valore all’interno del Capitanato.
La sua posizione nei confronti di Rocca d’Arazzo appare molto debole. Il primo settembre 1578 vengono amichevolmente sottoscritti dei patti tra le due comunità, entrambe sulla destra del Tanaro, a proposito del confine dei due territori nel fondovalle. L’origine del contenzioso e la sua sostanza sono consuete: il Tanaro ha mutato il suo corso e ha dato origine ad un “acquisto”; Azzano lo considera proprio in base al fatto che nel nuovo assetto fluviale il Tanaro risulta ormai al di qua del punto da sempre considerato come confine, ossia un “pontetto” sul rivo di Azzano, affluente del Tanaro. L’”acquisto” è stato occupato da Azzano, che vi ha compiuto atti possessori, tra cui l’uso come bene proprio del porto fluviale già di Rocca d’Arazzo. La questione riguarda quindi i confini reciproci, ma non solo: da parte di Rocca sta l’interesse leso del passaggio dal proprio territorio ad un porto fluviale, e dunque del suo accesso libero alla strada per Asti.
La lite non richiede il ricorso alla giustizia ordinaria in alcun suo grado. Una congrega del 23 aprile 1578, composta dai 23 capi di casa di Azzano e dal luogotenente del podestà, ha difeso le proprie ragioni; altrettanto ha fatto il consiglio della comunità di Rocca il 10 aprile. Le due comunità accettano di stilare e sottoscrivere il documento comune, affidandosi all’arbitrato di un personaggio autorevole. I patti vengono stilati, e contengono le modalità per rintracciare i confini nel fondovalle Tanaro a partire dal “pontetto” sul rivo. Una ragione che può spiegare la rapidità inconsueta della soluzione sta nell’accordo per il tracciato di una nuova strada di accesso al porto fluviale che parta dal confine non in discussione e si sovrapponga esattamente al nuovo confine ed alla sua terminazione; la spesa per la costruzione e manutenzione della quale sia da dividere in parti eguali, per linea longitudinale, tra le due comunità. La strada infatti segna in modo deciso e stabile nel tempo il confine, riducendo la possibilità di ulteriori contese, e contemporaneamente rassicura entrambi i luoghi sulla comunanza della strada e dell’accesso al Tanaro.
Da questo elemento è però possibile cogliere la profonda asimmetria dei vantaggi nati dalla risoluzione della lite: infatti il porto fluviale rimane a Rocca d’Arazzo, che così ha ottenuto non solo la difesa delle antiche prerogative, ma ha ottenuto una strada d’accesso nuova e la mezzadria delle spese per la sua manutenzione; Azzano non riceve che nuovi oneri. A ben vedere, l’asimmetria è innanzitutto politica: lo si scorge nel fatto che l’arbitro autorevole della ricomposizione è il feudatario di Rocca d’Arazzo, conte Ottaviano Osasco, Gran Cancelliere di Savoia, che ospita la stesura dei Patti nel suo palazzo torinese. Il diverso peso politico delle due comunità si misura anche nel confronto tra i rappresentanti. Da un lato v’è un consiglio di Comunità congregato in seduta ufficiale dai due sindaci – Rocca d’Arazzo – che riesce addirittura a far eleggere il proprio feudatario come arbitro della contesa. Dall’altro v’è una semplice riunione di capi di casa – Azzano - che stila un documento sotto lo sguardo di un luogotenente del podestà del Capitaneao astese, e che non può farsi spalleggiare da alcun feudatario semplicemente perché il luogo non è infeudato. Non stupisce che i patti favoriscano gli interessi economici del luogo politicamente più forte, senza praticamente alcuna seria opposizione [A.S.T. di corte, paesi AB, “A”, n. 37, 1 settembre 1578, Transazione fattasi tra la comunità di Azano e quella di Rocca d'Arazzo nella questione tra esse insorta circa la spettanza di un terreno alluvionale formatosi nel fiume Tanaro].
Con il raggiungimento dell’indipendenza amministrativa dal Capitanato astese, Azzano perde la copertura di quell’entità politica e si ritrova a dover fronteggiare con le proprie forze la difesa dei diritti e delle prerogative. Inoltre, il referente di un tempo diventa a sua volta un ingombrante contendente, specie per le questioni territoriali. Quando ottiene l’appoggio dell’abbazia, la comunità di Azzano riesce comunque ad esibire una certa forza contrattuale. E’ il caso della lunga vertenza a proposito del possesso dei beni accatastati dell’abbazia sul confine occidentale con Asti, cui, per la fortuna di Azzano, era connesso il diritto di sfruttamento del Tanaro da parte dei monaci. Il rettilineamento del Tanaro del 1590 aveva provocato una controversia tra la Società del Moleggio - cui presto si era sostituita la città di Asti - e l’abbazia, per la pretesa riduzione del tratto del Tanaro sottomesso all’esclusiva di sfruttamento in base all’antico diploma di Berengario. Trattandosi anche del confine tra il territorio sotto la giurisdizione della comunità di Azzano e quello di Asti – per la diversa identificazione del rivo dei Lebbrosi con il Valmanera - la vertenza si era spostata direttamente tra questi due contendenti. Gli interessi in gioco riguardavano i sostanziosi beni allodiali dell’abbazia da accatastare presso l’una o l’altra comunità: argomento – quello della quantità di beni collettabili – particolarmente scottante per Azzano. Le controversie si erano trascinate nell’incertezza fino al 1768 [Nebbia 1985, P. 101].
L’infeudazione del luogo di Azzano, che avviene nel 1620, è giustificata dalla necessità di beneficare le casse ducali stremate dalle guerre e dai debiti militari. Dal punto di vista dell’infeudato è poco più di una consegna di onorificenza, dal momento che i beni feudali sono scarsi. Per il prefetto di Asti Oliviero Capra, che divenne conte del luogo, l’unico beneficio di rilievo appariva il censo annuo dovuto dalla comunità di 22 ducati e 2/3 [A.S.T. di corte, Provincia di Asti, Prima addizione, m.1, Copia da "registro patenti 1618 in 1620 carta 287 r.o", fatta il 17 luglio 1772]. Per la comunità costituisce probabilmente una ulteriore riduzione del terreno collettabile, e dunque una maggiore difficoltà nel mettere insieme i tributi, acuita dalle devastazioni delle recenti guerre. Soltanto quattro anni dopo l’interinazione degli atti relativi all’infeudazione, infatti, gli Azzanesi insieme agli abitanti di Quarto denunciavano di non poter pagare i loro debiti, perché “…in mal stato, a causa delle guerre seguite, e sacheggi subiti, a causa di che sendo li habitanti fugiti da luoghi, e lasciati li beni inculti, e non sendoci chi accudisse a regime di quei publici... " [A.S.T. di corte, paesi AB, “A”, n. 37, 19 maggio 1627, Rescritto per l'apertura del giudizio di concorso e graduazione dei creditori delle comunità di Azano e di Quarto con inibizione provvisoria di molestia].
L’intralcio dell’abbazia alla conduzione delle cose locali non è soltanto nel suo ingombro per così dire passivo, di cui anche l’inconsistenza dell’elemento feudale è riflesso. La ricchezza di lasciti e di connessioni sociali autorevoli, sedimentata nei secoli, nonché il fatto di possedere beni notevoli anche nelle comunità confinanti con Azzano [Nebbia 1995, p.19], fanno dei benedettini un attore economico potentissimo, del tutto indipendente dalla comunità locale e indifferente ai suoi rovesci ed alle sue necessità; a tratti, ostile ad essa.
E’ quanto si evince dallo svolgimento della maggiore questione territoriale settecentesca. Riguarda una zona questa volta alla sinistra del Tanaro (dalla parte opposta rispetto ai centri di Azzano e Rocca d’Arazzo). Dalla strada reale Asti-Alessandria si diparte una strada secondaria che corre tra questa e il Tanaro attraverso i vastissimi tenimenti abbaziali e facenti parte, come beni immuni, del luogo di Azzano. Su di essi l’abbazia aveva costruito fin dal ‘500 una serie di edifici per l’allevamento e l’attività casearia [Nebbia 1995, p. 81]. La strada è privata, ma congiunge la strada reale con il porto fluviale di Rocca d’Arazzo, lo stesso della vertenza del 1578; permette dunque l’accesso ad Asti – fondamentale per i commerci – agli uomini di quella comunità, ma Azzano denuncia che i Rocchesi se ne servono per aggirare le dogane presenti sulla strada reale.
La strada privata attraversa il rivo di Quarto, su cui i padri benedettini mantengono un piccolo ponte. Nell’inverno del 1760 il Tanaro esonda e devasta la strada e il ponte. Gli uomini di Rocca allora cominciano a praticare una sorta di scorciatoia utilizzando un sentiero che taglia direttamente i beni del monastero. I padri, per ovviare al fastidioso inconveniente, chiedono all’Intendenza della Provincia di Asti di costringere la comunità di Azzano, sul cui territorio insiste la strada, a provvedere al ripristino del ponte sul rivo di Quarto. La comunità si rifiuta, dal momento che la strada è privata, ed in tal senso, il 10 aprile 1760, l’Intendente esprime sentenza favorevole a tale opposizione. Difficile trovare obiezioni: la strada compare nei catasti azzanesi come bene immune, e pertanto privato.
I padri, però, invece di provvedere essi stessi al ripristino, tracciano un profondo fosso trasversale alla strada, e ne coltivano il sedime. Interviene dunque la comunità di Rocca d’Arazzo, impedita così drasticamente nei suoi collegamenti con Asti. Forse persuaso in qualche modo dal già sperimentato peso politico di quella comunità, l’Intendente astese inopinatamente dichiara pubblica la strada, e non solo permette a quelli della Rocca di costruire uno “zapello” a valle del ponte distrutto (uno scarpamento delle rive laterali per permettere il guado), ma condanna Azzano e i padri benedettini al pagamento delle spese (sentenza del 5 maggio 1760).
L’ingiunzione si trasforma, cinque anni dopo, nell’obbligo alla ricostruzione del ponte (26 novembre 1765), contestata da Azzano ma riconfermata il 9 luglio 1767. La contraddizione delle due sentenze da parte dell’Intendenza di Asti è lampante: nel 1760 la strada era privata e nel 1765 è pubblica. Azzano si fa forte di tale contraddizione per un Raccorso a Sua Maestà che ha come esito la revisione della seconda sentenza e la dichiarazione solenne della strada come privata, per cui Azzano non deve pagare nulla (Parere dell’Avvocato Generale del 22 aprile 1771).
La ricostruzione dei fatti dell’Avvocato Generale getta uno squarcio di luce sugli interessi in gioco e tra le alleanze territoriali nascoste dietro la vertenza. Dopo i contrasti tra i padri benedettini e gli uomini di Rocca d’Arazzo seguiti immediatamente all’esondazione del Tanaro e alla sentenza del 1760, le due parti avevano compreso che una strada parallela alla reale, dotata di un ponte sul rivo, era di interesse comune. Al punto che nella parte della strada ormai nel territorio di Asti si erano fatte insieme promotrici di richieste per ulteriori opere di migliorìa a spese della città, anche tale strada – risulterà poi – si trovava all’interno di un bene privato del conte Coardi. Così il 20 giugno 1766 Asti provvedeva alle spese relative senza particolari indagini, ritenendo senz’altro pubblica la strada nel tratto di sua competenza. Tale corollario aveva poi informato di sé anche la sentenza dell’Intendente del 1767 a riguardo del tratto di strada successivo nel territorio di Azzano, prima che l’Avvocato Generale chiarisse le cose e liberasse, nel 1771, la comunità di Azzano dall’obbligo della manutenzione del ponte.
In tutta la vicenda spicca l’alleanza strategica tra i padri del monastero di Azzano e Rocca d’Arazzo sulla base di comuni esigenze di miglioramento della via commerciale con Asti, dalle quali – si badi bene – Azzano pare non trarre alcun beneficio: semplice entità amministrativa di intralcio e, se possibile, una risorsa da utilizzare con astuzia, ai limiti della frode. In secondo luogo la rete di azioni poste in essere in base all’alleanza Rocca-benedettini è più estesa dei rispettivi territori e finisce per coinvolgere anche il territorio di Asti. I due attori, allora, mostrano una grande capacità di adoperare a proprio vantaggio i legami con la città. Ormai il rapporto tra Asti ed Azzano appare ribaltato di segno rispetto ai tempi del Capitanato: Asti è il mare all’interno di cui, come una sorta di penisola, galleggia la fragile comunità. Se gli attori rivali riescono a far valere una loro padronanza degli spazi politici ed amministrativi della città, ad Azzano non resta che appellarsi direttamente all’autorità statale centrale, per ribaltare la sorte delle proprie rivendicazioni, già stabilite perdenti per le vie legali [A.S.T. di corte, paesi AB, “A” n. 37, 1768 e 1771, Rappresentanze date dalla comunità di Azzano per ottenere la revisione delle sentenze date dall'ufficio dell'Intendenza d'Asti li 5 maggio 1760 e 9 luglio 1767].
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