Autori | Angelini, Massimo |
Secondary Authors | Fiore, Alessio |
Anno Compilazione | 1996 |
Anno Revisione | 2013 |
Provincia | Cuneo
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Area storica | Alta langa
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Abitanti | 196 (ISTAT 2011)
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Estensione | 493 ettari (SITA).
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Confini | Da nord, in senso orario, si trovano Murazzano, Niella Belbo, Mombarcaro.
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Frazioni | L'unica località riconosciuta, a parte il centro omonimo, è Monastero (a sud est dell'abitato presso cascina Monastero) il resto del territorio è disseminato di case scparse e cascine (ISTAT 2001).
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Toponimo storico | A partire dalla metà dell’XI secolo è attestata una chiesa di Sancti Benedicti (vedi voce Pieve) intorno alla quale si sviluppa il villaggio omonimo.
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Diocesi | Alba senza interruzioni dal medioevo, dopo la ricostituzione della diocesi albese, brevemente soppressa nel X secolo dopo le incursioni magiare e saracene (Settia 2010).
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Pieve | Alla metà dell’XI secolo risulta attiva in loco una dipendenza (cella) del monastero benedettino di Castione, nel Parmense (Appendice a, I. Affò, Storia della città di Parma, II, Parma 1792-95, doc. 21 (a. 1049), p. 322). Nel 1325 l’ente è definito dal registrum ecclesiae et episcopatus Albensis (Comino 1979) come monasterium sancti Benedicti de Montebarchario. La chiesa locale, responsabile della cura d’anime, rimarrà per tutto il medioevo una dipendenza del cenobio parmigiano. Nel 1491, in seguito all’introduzione dei monaci Olivetani a Castione (1487) passa sotto il controllo del cenobio olivetano di Finalpia, nel Savonese (Pio 1920, p. 75) che continuano a reggere la chiesa intitolata a San Benedetto, titolare dei diritti parrocchiali sul villaggio.
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Altre Presenze Ecclesiastiche | Intorno al 1580, secondo una visita pastorale del presule albese, risultano attivi, oltre alla parrocchiale di S. Benedetto (retta dagli Olivetani), un oratorio dei Disciplinati, intitolato a S. Bartolomeo, e un oratorio dedicato alla Beata Maria (Archivio storico diocesano di Alba, Archivio dei Vescovi, Atti di visite pastorali, n. Marino, aa. 1573-80). Nel 1753, da altra visita pastorale risultano presenti nel territorio di Bossolasco, oltre alla chiesa parrocchiale, intitolata a S. Benedetto, un oratorio di S. Bartolomeo, e tre cappelle, dedicate rispettivamente a S. Sebastiano, a S. Rocco e alla SS. Trinità (Archivio storico diocesano di Alba, Archivio dei Vescovi, Atti di visite pastorali, n. 1332, Visita di mons. Natta, a. 1753). Più avanti la parrocchiale, ormai libera dalla dipendenza monastica, viene intitolata a Nostra Signora della Neve, mentre a S. Benedetto viene intitolata una semplice cappella (Casalis 1849, pp. 155-6).
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Assetto Insediativo | Le origini del centro vanno individuate con ogni probabilità nel 1033, nell’atto di fondazione dell’abbazia di S. Maria di Castione, nel Parmense (Documenti genovesi di Novi e Valle Scrivia, a cura di A Ferretto, Pinerolo 1909 (BSSS, 51), doc. 11 (a. 1033)). Il marchese obertengo dona infatti i suoi beni a situati nel locus et fundus di Niela ai monaci. Pochi anni dopo, nel 1049, questi ultimi hanno già edificato in loco una cella dedicata a S. Benedetto, da cui prende forma, con una processo che le fonti non ci consentono di cogliere se non al suo termine, il villaggio di S. Benedetto Belbo, che all’inizio del XIII secolo appare ormai dotato di una sua precisa identità insediativa, politica e territoriale (grazie alla signoria esercitata dai monaci) rispetto a Niella, rimasta invece sotto il dominio di vari rami della famiglia marchionale aleramica. La presenza patrimoniale monastica si traduce quindi nella creazione di una nuova identità di villaggio, con la creazione di un nuovo territorio, presumibilmente ritagliato da quello, preesistente, di Niella.
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Luoghi Scomparsi | Considerata l’esistenza di un toponimo Castellaro, nel territorio comunale di San Benedetto, taluni studiosi hanno ipotizzato l’esistenza in loco di un insediamento preesistente alla venuta dei benedettini di Castione (Coccoluto 2010, pp. 54 sgg.).
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Comunità, origine, funzionamento | I documenti di inizio XIII secolo (al momento irrintracciabili, ma con ogni probabilità i dati forniti dalla letteratura secondaria sono genuini) lasciano vedere una comunità non compiutamente istituzionalizzata, ma già attiva come controparte del potere signorile monastico (Pio 1920, pp. 33 sgg.). Risulta invece strutturata sotto il profilo istituzionale alla metà del XIII secolo, quando per la prima volta fanno la loro comparsa i consoli, sempre nel quadro dei rapporti con il potere locale esercitato dai benedettini (Pio 1920, p. 39). Nel 1301 viene concessa agli homines et comunis Sancti Benedicti una franchigia, da parte del marchese di Monferrato. In quella fase il centro sembra strettamente legato a quello, confinante di Mombarcaro, codestinatario della franchigia. Il legame con il vicino villaggio viene meno quando San Benedetto, pochi decenni dopo, cade nelle mani dei del Carretto. Nel 1471, dagli statuti del marchesato, risulta in attività un consiglio della villa di San Benedetto, i cui membri rimangono in carica tre anni (Statuti, tariffe, pp. 3-31).
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Statuti | Nel 1471 i co-signori del marchesato di Bossolasco concedono gli statuti alle comunità comprese nel territorio del marchesato, compreso San Benedetto (Statuti, tariffe). Dopo una lite tra le comunità e il vicario signorile, accusato di governare senza tenere conto degli statuti, questi ultimi sono confermati e rinnovati nel 1576 (Statuti, tariffe, p. 31).
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Catasti | Prima della distruzione dell' archivio storico, avvenuta in seguito ad eventi bellici nel 1944, esisteva almeno un catasto del 1734 (BIANCHI, 1881, p. 268).
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Ordinati | Prima della distruzione dell' archivio storico, avvenuta in seguito ad eventi bellici nel 1944, esisteva la serie degli ordinati dal 1556 al 1800 (BIANCHI, 1881, p. 268).
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Dipendenze nel Medioevo | In epoca post-carolingia l’attuale territorio di San Benedetto Belbo fa parte del comitato di Alba, a sua volta incluso nella marca arduinica di Torino (Documenti genovesi di Novi e Valle Scrivia, n. 11). Dopo la dissoluzione della marca arduinica alla fine dell’XI secolo, in seguito alla morte della contessa Adelaide, l’area in cui è compresa S. Benedetto, dopo un complesso conflitto, viene incorporata negli ampi possedimenti del marchese Bonifacio del Vasto, che assume il controllo di gran parte dell’area meridionale della vecchia marca (Provero 1992a). Alla morte di Bonifacio, nel 1141, il grande dominato si frantuma tra gli eredi e la zona probabilmente sotto il dominio i marchesi di Busca, e poi sotto un ramo di questi ultimi i Lancia. I vicini centri di Niella e Bossolasco risultano infatti sotto pieno controllo allodiale di Manfredo Lancia nel 1196. Nel corso del XIII secolo San Benedetto cade probabilmente nelle mani dei marchesi del Monferrato che ancora nel 1301 sembrano dominare il villaggio, come pure sul vicino centro di Mombarcaro (vedi scheda Mombarcaro e AST, Corte, Monferrato, Feudi, Mombarcaro, n. 1, a. 1301), poco prima di cederlo, ma solo in feudo, ai Saluzzo. È probabilmente nel corso del XII secolo, con la collaborazione dei poteri marchionali di volta in volta dominanti nell’area, che la presenza patrimoniale dei benedettini, particolarmente intensa nell’attuale area di S. Benedetto, ma presente anche nelle zone confinanti, si sviluppa in forme territoriali e signorili. All’inizio del XIII secolo la documentazione mostra infatti un pieno potere del locale priore monastico, non solo nella sfera fondiaria, ma anche in quella più latamente politica. Non sappiamo quale fosse l’esatto rapporto tra il potere dei marchesi e quello dei monaci, ma con ogni probabilità i primi esercitavano su S. Benedetto un’alta sovranità, sviluppatasi poi in pieno controllo forse già prima del 1301, anno delle franchigie dei Monferrato (AST, Corte, Monferrato, Feudi, Mombarcaro, n. 1, a. 1301). All’epoca la superiorità dei benedettini è ormai limitata alla sfera spirituale e a quella fondiaria (come adombrato negli accordi tra la comunità e i monaci del 1326, in cui la dimensione politica risulta del tutto assente; cfr. Pio 1920, pp. 60-61). Verso il 1330 San Benedetto è controllato dai Saluzzo e inserito nel nucleo signorile, eccentrico rispetto al corpo principale del marchesato, centrato su Dogliani (Muletti, IV, pp.). Più avanti nel corso del secolo cade nelle mani del ramo dei del Carretto che controlla Bossolasco, anche se i Saluzzo continuano a rivendicarne il possesso anche in seguito. Nel 1471 in seguito alla morte dell’ultimo erede maschio, Giovanni Bartolomeo del Carretto, il ramo dei marchesi carretteschi di Bossolasco si estingue. Ereditano il marchesato le famiglie presso cui si erano sposate le quattro figlie del defunto marchese: i S. Giorgio dei conti di Biandrate, i marchesi di Ceva, i del Carretto di Balestrino e Savona, e i Valperga (AST, Corte, Langhe feudi, Bossolasco, Mazzo I, nn. 5-10). Il marchesato non viene spartito in unità indipendenti, ma rimane indiviso, in quattro quote parti, gestite in solido dagli eredi, anche se dalla documentazione successiva sembra emergere una predominanza informale dei del Carretto di Balestrino, che controllano il palazzo marchionale di Bossolasco, indiscusso centro del piccolo marchesato, che nel 1495 è composto, oltre che dai centri sopra menzionati, anche da Monesiglio, successivamente scorporato.
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Feudo | Nel 1431 Manfredo del Carretto di Bossolasco dona al duca di Milano il marchesato di Bossolasco, di cui fa parte San Benedetto, e lo riottiene in feudo (AST, Corte, Langhe feudi, Bossolasco, Mazzo I, n. 2). La donazione e l’infeudazione sono confermate tre anni dopo (nn. 3-4). Dopo il 1471, con l’estinzione del ramo carrettesco dei marchesi di Bossolasco, divengono feudatarie del duca di Milano le quattro famiglie degli eredi, ciascuna per quarto. La prima investitura nota dei Valperga risale al 1477 (n. 5); dei S. Giorgio conti di Biandrate al 1486 (n. 6), nello stesso periodo ai del Carretto di Balestrino (n. 7) e ai marchesi di Ceva al 1490 (n. 8). La configurazione dei feudatari rimarrà stabile nei secoli successivi, eccezion fatta per la sostituzione dei marchesi di Ceva con quelli di Mombasiglio nel corso del Seicento, sempre per un quarto del feudo. Con la conquista del Milanese da parte del re di Francia Francesco II, cambia (brevemente) anche la dipendenza feudale; al 1532 risale infatti il giuramento di fedeltà a Francesco II (in qualità di duca di Milano) a cui segue reinvestitura del feudo (n. 16). Ben maggior importanza ha invece la conquista del Milanese da parte degli Asburgo pochissimi anni più tardi. Con il giuramento di fedeltà a Carlo V del 1536 (n. 18), si apre infatti la lunga stagione di San Benedetto come feudo imperiale. Tuttavia San Benedetto (come tutto il marchesato di Bossolasco) appartiene al novero dei feudi imperiali spagnoli; è cioè dipendente non direttamente dalla corte imperiale di Vienna, ma dal governo spagnolo di Milano, come risulta ad esempio dall’investitura del 1601 (n. 26).
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Mutamenti di distrettuazione | Nella prima metà Trecento entra a fare del marchesato di Bossolasco, in seguito anche definito mandamento. A partire dal 1536 San Benedetto fa parte dei Feudi imperiali (spagnoli) della Langhe, fino all’annessione al Regno di Sardegna nel 1735, dopo la quale è annesso alla preesistente provincia di Alba (Torre, 1983; Raviola 2010). In epoca napoleonica è incluso nel dipartimento di Montenotte, corrispondente all’incirca all’odierna provincia di Cuneo. Nell’Ottocento, dopo la Restaurazione fa parte della provincia di Alba e, all’interno di quest’ultima, è incluso nella circoscrizione del mandamento di Bossolasco, più ampio dell’omonimo marchesato-mandamento seicentesco. Oltre a Bossolasco, San Benedetto Belbo, Albaretto Torre e Feisoglio, ne fanno infatti parte anche Serravalle, Somano, Cissone, Arguello e Gorzegno (Casalis, II, pp. 564-66). Nel 1861, nel quadro dei grandi accorpamenti provinciali post-unitari, entra a fare parte della nuova provincia di Cuneo (Atlante storico della provincia di Cuneo; Sturani 1995). Fa attualmente parte della comunità montana Alta Langa e Langa delle Valli Bormida e Uzzone.
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Mutamenti Territoriali | San Benedetto è accorpato a Niella Belbo tra il 1928 e il 1946.
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Comunanze | Nella scheda del C.L.U.C. sono descritte sei particelle di terreni gravati da diritti comuni, per complessivi 1.969 mq., assegnati a Niella Belbo nel periodo durante il quale San Benedetto era stato accorpato al vicino comune.
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Liti Territoriali | Non sono state rinvenuti liti territoriali.
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Fonti edite:
Appendice a, I. Affò, Storia della città di Parma, II, Parma 1792-95, doc. 21 (a. 1049), p. 322.
Appendice documentaria al Rigestum comunis Albe, a cura di F. Gabotto, Pinerolo 1912 (BSSS XXII).
Codex Astensis qui de Malabayla communiter nuncupatur, II, a cura di Q. Sella, P. Vayra, Roma 1887, doc. 53 (a. 1196), p. 119.
Documenti genovesi di Novi e Valle Scrivia, a cura di A Ferretto, Pinerolo 1909 (BSSS, 51), doc. 11 (a. 1033).
Il Minutario del beato Alerino Rembaudi, vescovo di Alba (1439-1442), a cura di B. Molino, Bra 2004.
Registrum ecclesiae et episcopatus Albensis (a. 1325), edito in Conterno 1979, pp. 71-74.
Il «Rigestum comunis Albe», a cura di E. Milano, 2 voll., Pinerolo 1903 (BSSS 20 e 21).
Statuti, tariffe, prìvileggi e conventioni del Marchesato e Mandamento di Bossolasco, Balestrino 1704.
Fonti inedite:
AST, Corte, Langhe, Feudi, Bossolasco, Mazzo I.
AST, Corte, Monferrato, Feudi, Mombarcaro, n. 1 (a. 1301).
AST, Sezioni riunite, Prima archiviazione, Provincia d’Alba, mazzo 1, fasc. 11 (aa. 1753-54).
AST, Sezioni riunite, Prima archiviazione, Provincia d’Alba, mazzo 1, fasc. 12 (a. 1756).
AST, Sezioni riunite, Prima archiviazione, Provincia d’Alba, mazzo 1, fasc. 13 (a. 1759).
Archivio storico diocesano di Alba, Archivio dei Vescovi, Atti di visite pastorali, n. 1312, Visita di mons. Marino, aa. 1573-80.
Archivio storico diocesano di Alba, Archivio dei Vescovi, Atti di visite pastorali, n. 1313, Visita di mons. Cane, a. 1590.
Archivio storico diocesano di Alba, Archivio dei Vescovi, Atti di visite pastorali, n. 1316, Visita di mons. Brizio, aa. 1643-45.
Archivio storico diocesano di Alba, Archivio dei Vescovi, Atti di visite pastorali, n. 1326, Visita di mons. dalla Chiesa, a. 1689.
Archivio storico diocesano di Alba, Archivio dei Vescovi, Atti di visite pastorali, n. 1332, Visita di mons. Provana, aa. 1692-95.
Archivio storico diocesano di Alba, Archivio dei Vescovi, Atti di visite pastorali, n. 1332, Visita di mons. Natta, a. 1753.
AC San Benedetto Belbo (Non inventariato o ordinato)
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Bibliografia | L’alta valle Belbo fra XI e XX secolo. Momenti di Storia, a cura di R. Comba e G. Coccoluto, numero monografico del «Bollettino della società per gli Studi storici archeologici e artistici della provincia di Cuneo», 140 (2009).
Atlante storico della provincia di Cuneo, a cura di P. Camilla, G. Lombardi, E. Mosca, G. Sergi, Cuneo 1973.
G.B. Brichieri Colombi, Tabulae genealogicae gentis Carrettensis marchionum Savonae, Finarii, Clavexanae, Vindobonae 1741.
G. Coccoluto, Organizzazione ecclesiastica, presenza monastica e insediamenti umani: per una cartografia dell’alta Valle Belbo fra XI e XIV secolo, in «Bollettino della società per gli Studi storici archeologici e artistici della provincia di Cuneo», 140 (2009), pp. 23-80.
R. Comba, Dal Parmense all’Alta Langa: l’abbazia di S. Maria di Castione e le origini di San Benedetto Belbo, in «Bollettino della società per gli Studi storici archeologici e artistici della provincia di Cuneo», 140 (2009), pp. 13-22.
G. Comino, “San Benedetto terra di Spagna”: banditi e ribelli nella provincia di Mondovì, in «Bollettino della società per gli Studi storici archeologici e artistici della provincia di Cuneo», 140 (2009), pp. 97-108.
G. Conterno, Pievi e chiese dell’antica diocesi di Alba, in «Bollettino della società per gli Studi storici archeologici e artistici della provincia di Cuneo», 80 (1979), pp. 55-88.
G. Gullino, Le comunità dell’alta Valle Belbo attraverso i loro statuti, in «Bollettino della società per gli Studi storici archeologici e artistici della provincia di Cuneo», 140 (2009), pp. 81-85.
G.B. Pio, Cronistoria dei comuni dell’antico mandamento di Bossolasco con cenni sulle Langhe, Alba 1920.
L. Provero, Dai marchesi del Vasto ai primi marchesi di Saluzzo: sviluppi signorili entro quadri pubblici (secoli XI-XII), Torino 1992 (Biblioteca storica subalpina, CCIX).
L. Provero, Clientele e consortili intorno ai Lancia in Bianca Lancia d’Agliano, a cura di R. Bordone, Alessandria 1992, pp. 185-198.
L. Provero, I marchesi del Carretto: tradizione pubblica, radicamento patrimoniale e ambiti di affermazione politica, in Savona nel XII secolo e la formazione del comune: 1191-1991 (Atti del convegno di studi di Savona, 26 ottobre 1991), in «Atti e memorie della Società savonese di storia patria», n.s. XXX (1994), pp. 21-50.
B.A. Raviola, Alba e le Langhe. Dal Monferrato e dai feudi imperiali allo Stato sabaudo, in Le Langhe di Camillo Cavour. Dai feudi all’Italia unita, a cura di S. Montaldo, Ginevra-Milano 2010, pp. 27-44.
G. Sergi, I confini del potere. Marche e signorie fra due regni medievali, Torino 1995.
A.A. Settia, L’alto medioevo ad Alba. Problemi e ipotesi, in Studi per una storia d’Alba, V, Il medioevo. Dall’alto medioevo alla fine della dominazione angioina: VI-XIV secolo, a cura di R. Comba, Alba 2010, pp. 23-55.
Sturani M.L., Il Piemonte, in Amministrazioni pubbliche e territorio in Italia, a cura di L. Gambi, F. Merloni, Bologna, 1995, pp. 107-153.
A. Torre, Élites locali e potere centrale tra Sei e Settecento: problemi di metodo e ipotesi di lavoro sui feudi imperiali delle Langhe, in «Bollettino della società per gli Studi storici archeologici e artistici della provincia di Cuneo», 89 (1983), pp. 41-63.
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Descrizione Comune | San Benedetto Belbo
La vicenda di Santo Stefano Belbo prende con ogni probabilità il via grazie all’insediamento in loco dei monaci benedettini del monastero di Castione, nel Parmense, in seguito alla donazione effettuata da un marchese obertengo. È importante sottolineare come i beni fondiari donati risultino situati in loco et fundo Nielae. L’insediamento benedettino, che porta già alla metà dell’XI secolo all’edificazione in loco di una cella costituirebbe dunque il motore del processo che porta alla creazione di una comunità e di un territorio autonomo a S. Benedetto. Taluni studiosi hanno però ipotizzato l’esistenza di un precedente insediamento nell’attuale territorio di S. Benedetto, basandosi sull’esistenza del toponimo Castellaro (Coccoluto 2010, pp. 54 sgg.). Se anche quest’ipotesi fosse corretta rimane comunque il fatto che prima della venuta dei monaci l’area era comunque parte del territorio di Niella e che gli eventuali insediamenti in loco non erano sufficienti a garantire l’autonomia dell’area; è solo la presenza monastica, con la sua capacità di polarizzazione insediativa e di vocazione all’autonomia che trasforma la maglia territoriale locale. Anche l’attuale conformazione del territorio comunale di S. Benedetto sembra in qualche modo confermare tale ipotesi; l’area sembra infatti in qualche modo “ritagliata” dal territorio di Niella a cui un tempo sicuramente apparteneva. Il processo deve avere avuto luogo tra la fine dell’XI e il XII secolo, visto che all’inizio del Duecento si può osservare una comunità locale ormai strutturata, il cui punto di riferimento è evidentemente costituito al priorato benedettino, che vi esercita la signoria locale. Il dominio dei monaci oltre che politico e religioso è anche economico; la proprietà fondiaria (che era del resto l’oggetto della donazione obertenga) è infatti saldamente nelle mani dei monaci, di cui i residenti sono affittuari. Con XIII secolo dominazione dei marchesi di Monferrato. Non possiamo cogliere il processo ma è chiaro che il potere dei monaci perde in modo sempre più nette la sua dimensione giurisdizionale (e politica) per ritrarsi nella sfera religiosa e fondiaria (Pio 1920, pp. 60-61). In questo senso la crescente presa dei marchesi su San Benedetto si traduce in un sempre più stretto legame con il confinante (e più rilevante) centro di Mombarcaro, anch’esso in mano degli stessi Monferrato). Nel 1301 vengono concesse dai marchesi delle franchigie comuni ai due centri, che risultano dal documento legate in modo molto stretto (AST, Corte, Monferrato, Feudi, Mombarcaro, n. 1, a. 1301. Inoltre nel 1325 il cenobio locale è definito dal registrum ecclesiae et episcopatus Albensis (Comino 1979) come monasterium sancti Benedicti de Montebarchario. Sembra quindi che S. Benedetto stia venendo progressivamente assorbito e assimilato dal vicino centro, divenendone una semplice parte. Il passaggio della sovranità su San Benedetto e Mombarcaro ai marchesi di Saluzzo, avvenuto intorno al 1330 non sembra ovviamente alterare tali dinamiche.
Tale processo viene invece bruscamente interrotto dall’acquisizione (ostile) di San Benedetto da parte dei del Carretto, che già controllavano centri vicini come Bossolasco e Niella. Mombarcaro rimane infatti nelle mani dei Saluzzo e il legame che univa i due centri viene rescisso. San Benedetto si riorienta invece su Bossolasco, che diviene il centro di un piccolo marchesato carrettesco autonomo, di cui San Benedetto Belbo è parte, e sulla vicina Niella, inserita nella medesima formazione politica (AST, Corte, Langhe feudi, Bossolasco, Mazzo I, n. 2). Nel 1471, in seguito all’estinzione del ramo carrettesco e al passaggio della giurisdizione ai coeredi (vedi per il dettaglio la voce Feudo) vengono rilasciate alle comunità del marchesato delle franchigie comuni; dal testo risulta in attività in quella fase un consiglio della villa di San Benedetto, i cui membri rimangono in carica tre anni (Statuti, tariffe, pp. 3-31). La maturità istituzionale di San Benedetto è dunque ormai piena e dalla metà del secolo successivo vengono sicuramente redatti gli Ordinati del consiglio. Il marchesato di Bossolasco rimane un’entità autonoma, anche se dipendente feudalmente dal ducato di Milano prima e dall’impero a partire dal 1532 (AST, Corte, Langhe feudi, Bossolasco, Mazzo I, n. 18). E San Benedetto Belbo rimarrà feudo imperiale (e parte del marchesato di Bossolasco) fino al 1735, data della sua annessione al regno di Sardegna, con l’incorporazione nella provincia di Alba (Raviola 2010). Nell’Ottocento, dopo la Restaurazione, è sempre parte della provincia di Alba e, all’interno di quest’ultima, è incluso nella circoscrizione del mandamento di Bossolasco, più ampio dell’omonimo marchesato-mandamento seicentesco. Oltre a Bossolasco, San Benedetto Belbo, Albaretto Torre e Feisoglio, ne fanno infatti parte anche Serravalle, Somano, Cissone, Arguello e Gorzegno (Casalis, II, pp. 564-66). Rimane comunque evidente come gli stretti legami tra i centri compresi nel vecchio mandamento-marchesato risultino ancora vitali e strutturanti a distanza di un secolo dall’annessione al regno. Nel 1861, nel quadro dei grandi accorpamenti provinciali post-unitari, entra a fare parte della nuova provincia di Cuneo (Atlante storico della provincia di Cuneo; Sturani 1995). Fa attualmente parte della comunità montana Alta Langa e Langa delle Valli Bormida e Uzzone. Per completare questo quadro evolutivo è importante però un’ultima riflessione, relativa all’accorpamento in epoca fascista, tra il 1928 e il 1946, di San Benedetto al comune di Niella Belbo (vedi anche scheda Niella Belbo). Non sembra casuale che l’accorpamento avvenga, tra i tre comuni confinanti, proprio con l’unico un tempo compreso nel marchesato-mandamento. La lunga durata dei rapporti politici e territoriali si riflette quindi ancora nelle scelte amministrative contemporanee. Del tutto inconsapevolmente, invece, la scelta amministrativa fascista ricrea inoltre (seppur brevemente) il territorio originale del locus et fundus di Niella, frantumato in seguito all’insediamento benedettino e alla nascita del nuovo villaggio intorno al monastero.
Per quanto riguarda il popolamento e la struttura insediativa va detto che a partire dal XVI secolo si assiste a una dispersione dell’habitat, in precedenza accentrato (Archivio storico diocesano di Alba, Archivio dei Vescovi, Atti di visite pastorali, n. Marino, aa. 1573-80). Nel 1753, da altra visita pastorale risultano infatti presenti nel territorio di Bossolasco, oltre alla chiesa parrocchiale, intitolata a S. Benedetto, un oratorio di S. Bartolomeo, e tre cappelle, dedicate rispettivamente a S. Sebastiano, a S. Rocco e alla SS. Trinità, che fungono da poli di riferimento per una popolazione sempre più numerosa ma anche sempre più dispersa nelle campagne, con la tipica forma della cascina (Archivio storico diocesano di Alba, Archivio dei Vescovi, Atti di visite pastorali, n. 1332, Visita di mons. Natta, a. 1753). I dati relativi agli abitanti mostrano come, dopo un’ascesa plurisecolare, che raggiunge il suo apice alla fine del XIX secolo, inizi poi un lungo declino. Ben 538 sono infatti i residenti nel 1871; ma solo 501 nel 1901, di cui solo 134 nella frazione capoluogo; nel dopoguerra si assiste ad un vero e proprio spopolamento, che colpisce in modo più intenso l’habitat sparso dove si concentrava gran parte della popolazione, dedita a un’agricoltura di puro sostentamento, su terreni collinari e difficili. L’attrazione esercitata dai poli industriali più o meno vicini (Torino in primo luogo, ma anche Alba e Bra) si rivela letale per il popolamento locale. Dai 468 abitanti del 1936 si passa ai 418 nel 1951, per poi crollare ai 282 nel 1961 e ai 202 del 1971; la popolazione si è da allora stabilizzata, con una tendenza comunque impostata al lieve calo. L’ultimo censimento (2011) rivela una popolazione di 191 residenti (dati ISTAT).
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