Autori | Battistoni, Marco |
Anno Compilazione | 2003 |
Provincia | Asti
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Area storica | Basso Monferrato. Vedi mappa 1. Vedi mappa 2. Vedi mappa 3.
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Abitanti | 187 [censimento 1991]; 192 [censimento 2001].
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Estensione | Ha. 554 [ISTAT] / ha. 570 [SITA].
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Confini | Aramengo, Casalborgone, Cocconato, Lauriano, Moransengo.
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Frazioni | Le fonti ISTAT (1991) segnalano la presenza di un “centro” che raccoglie meno di un quarto della popolazione, con quattro “nuclei” che ne raccolgono complessivamente circa un terzo, mentre più di un terzo è residente in “case sparse”. Vedi mappa.
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Toponimo storico | Tonengum, di etimo incerto, forse derivante da un personale, con suffisso in “-engo” di origine germanica. Tonengho attestato nel 1306. Nel solo censimento del 1901 “Tonengo d’Asti”, pur in assenza di modifiche ufficiali alla denominazione del comune [Cancian 1983; Massia 1913; Olivieri 1965].
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Diocesi | Vercelli fino all’istituzione della diocesi di Casale nel 1475, quando entrò a far parte della nuova diocesi.
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Pieve | Le rationes decimarum vercellesi, redatte tra la fine del secolo XIII e la metà del secolo XV, elencano la “chiesa di Tonengo” tra le chiese dipendenti dalla plebs de lustria (l’antica Industria, nell’odierno territorio comunale di Monteu da Po). Nel registro della decima del 1348 compare con la dedicazione a San Michele [A.R.M.O., XVIII (a. 1299), p. 40; XXXIV (a. 1348), p. 115; CIX (a. 1440), p. 238; Cognasso 1929 (a. 1360), p. 232; Ferraris 1938].
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Altre Presenze Ecclesiastiche | Negli estimi della chiesa vercellese del 1298 compare una ecclesia de Trenengo o Tornengo, identificabile con la ecclesia sancti Michaelis de Thonengo che compare nei successivi estimi del 1348 e 1358-61. Edificata probabilmente nel secolo XII, la chiesa di San Michele è nella frazione Ottini. Dipendeva dall'antica pieve di San Giovanni di Lustria, presso Monteu da Po, già ricordata nel X secolo. Nel 1577, al tempo della visita apostolica di monsignor Gerolamo Regazzoni, San Michele era stato ormai da tempo soppiantato dalla nuova parrocchiale dedicata a San Bernardo: “La parochia vecchia di San Michele si conservi ben serrata et ben coperta, et si serri il cimiterio, et si celebri spesse volte in detta chiesa per l’anime de’ defunti”. Nella visita pastorale del 1584 è detta “già parrochiale di detto luogo”. Tra le prerogative della Mensa vescovile di Casale già appartenute al vescovo di Vercelli era compresa una quota del feudo di Tonengo ceduta nel 1300 al marchese di Monferrato. Tra le “dipendenze” del feudo erano i diritti sulla chiesa parrocchiale. Alla metà del Trecento ne erano stati avvocati e patroni i signori d’Aramengo conti di Radicata. Durante l’età moderna, il beneficio della nuova parrocchiale di San Bernardo divenne di giuspatronato di famiglie di Tonengo non dotate di prerogative signorili, cui spettò la presentazione del parroco, o rettore. Tuttavia, la titolarità dei diritti legati alla dipendenza feudale della chiesa parrocchiale rimase oggetto di un lungo contenzioso tra i signori locali, la curia casalese e il governo monferrino. Dopo l’annessione di Tonengo ai domini sabaudi, la controversia tra la curia casalese e i signori del luogo si spostò alle magistrature torinesi e risultava irrisolta alla metà del secolo XVIII. Verso la stessa epoca, la parrocchia aveva, un reddito annuo stimato in £250 (integrato da £40 di redditi “incerti”), derivante da circa 90 giornate di beni fondiari fiscalmente esenti. In epoca più recente, tra il secolo XVIII e il XIX, la chiesa fu ricostruita e dedicata alla Concezione Immacolata di Maria Vergine. [A.C.V.C., Visite Pastorali, Visita Apostolica Regazzoni (1577), f. 126r; Visita Montiglio (1584), f. 216; A.R.M.O, XVIII (a. 1299), p. 40 e n. 278, p. 47; A.S.T., Corte, Paesi, Provincia di Asti, Mazzo 17, Vendita di Bertolotto figlio d'Odone di Tonengo, ò sia Moncucco à suo nome e di d.o suo Padre à favore del Marchese Gio. di Monferrato della 4.a parte meno 1/90 del Castello, Luogo, giurid.ne, beni, e redditi feudali di Monteu da Po e della 6.a parte di Tonengo con tutte le sue dipendenze, da tenersi dà esso Marchese, cioè Moncucco in libero, e franco allodio, e Tonengo in feudo dalla Chiesa, e Vescovado di Vercelli per il prezzo di L. 1300. Astesi. (1300); De Stefano e Vergano 1960; Ferraris 1974-75, p. 87, n. 296; Pittarello 1984, pp. 192-194; Relazione 1753, ff. 202r, 302v].
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Assetto Insediativo | Un quadro complessivo dell’assetto territoriale, e in particolare dell’assetto insediativo, di Tonengo andrebbe tuttavia integrato con una ricostruzione storica dell’uso, dei modi di sfruttamento e del variare degli insediamenti che interessarono le vaste estensioni di boschi e di incolto così diffuse sul territorio di Tonengo. La presenza di un insediamento dalle caratteristiche per certi versi analoghe a quelle attuali, ossia non già esclusivamente nucleato in un concentrico, bensì parzialmente distribuito in “borgate”, o “cantoni” (analogamente a luoghi limitrofi, quali Aramengo), è suggerito dalla descrizione del luogo nelle investiture medievali, sia autentiche sia apocrife, dove ricorre la espressione “cum cantonibus suis”. Giunti al secolo XVIII, troviamo Tonengo descritto viceversa, dai funzionari dello stato sabaudo, come “luogo unito, e non diviso in borgate”, e ciò in senso, appunto, insediativo, non amministrativo. Tuttavia, la tendenza al decentramento insediativo già presente in epoche precedenti si sarebbe ripresentata in modo più evidente durante il secolo XIX. L’assetto insediativo attraversò mutamenti, forse in parte ciclici, a cui non furono indifferenti l’uso dei terreni agricoli più decentrati e marginali. I funzionari statali del secolo XVIII auspicavano apertamente, in questo senso, lo sfruttamento intensivo dei boschi e dell’incolto, giacché: “riducendosi quelli a cultura potessero dare qualche redito, come così si è insinuato di fare a quelli amministratori [della comunità di Tonengo]”. Di fatto, la crescita demografica, che, incipiente nel Settecento, portò, entro il 1839, all’aumento di circa un terzo della popolazione sia nel numero di nuclei familiari sia negli effettivi della, ebbe come conseguenza un rinnovamento dell’assetto insediativo, grazie al quale, entro il 1901, i due terzi degli abitanti risultavano risiedere ormai fuori del concentrico, censiti come popolazione “sparsa”. A sua volta, fu proprio questa nuova popolazione “sparsa” a subire flessioni relativamente maggiori di quella del centro a partire dai primi decenni del secolo XX e dalle fasi iniziali di un fenomeno migratorio di grandi proporzioni, che già nel 1911 vedeva un numero di espatriati verso l’estero superiore a quello degli emigranti entro i confini italiani [A.S.T., Sezioni Riunite, I Archiviazione, Provincia di Asti, Mazzo 2, n. 1, c. 2v; Bordone 1977, p. 286; Informazioni 1839; Istituto Centrale 1956; Ministero 1883 e successivi; Presidenza 1927 e successivi Relazione 1753, ff. 202r-v].
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Luoghi Scomparsi | Non si hanno attestazioni.
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Comunità, origine, funzionamento | E’ un tema tuttora aperto l’organizzazione della comunità di Tonengo tra il tardo medioevo e gli inizi del secolo XVIII entro un intreccio di giurisdizioni. Pur in una situazione di notevole compenetrazione e conflittualità giurisdizionale, in particolare per i legami con il consortile di Cocconato, l’insieme degli indizi disponibili suggerisce che, al contrario di quanto avvenne nelle comunità più strettamente dipendenti del consortile, Tonengo risentisse della effettiva ed efficace superiorità del governo monferrino e, in parte, della curia casalese in quanto erede di quella vercellese. Peraltro, neppure l’acquisto di parti di giurisdizione di Cocconato da parte dei duchi di Savoia nella seconda metà del secolo XVI, successivo a quello di Carlo III ai primi del secolo, sembrò interessare direttamente la giurisdizione di Tonengo. Allo stato delle conoscenze, alcuni aspetti del funzionamento interno della comunità assumono controni più netti se ci inoltriamo nell’età moderna. Dopo il trattato di Cherasco e l’annessione alla provincia di Asti, la comunità era rappresentata da un consiglio comunitativo formato da tre consiglieri. Si segnalano, durante il secolo XVIII, le controversie intorno alla natura del possesso dei beni fondiari e alle implicazioni della iscrizione dei terreni a catasto. Nel 1714, per esempio, fu promossa una lite di fronte al Senato di Torino da parte del signore, Visca, intorno a diritti “enfiteutici” che la comunità asseriva di avere affrancato con “li Sig.ri Antecessori d’esso Sig.r Vassalo”. I diritti che Visca rivendicava riguardavano sia le “terze vendite” sia i “frutti minuti”, che avrebbero ampliato, in particolare, i poteri signorili di controllo sui passaggi di proprietà dei beni fondiari. Parallelamente, il signore chiedeva di affermare i propri diritti giurisdizionali attraverso la prerogativa di promulgare i bandi campestri. La vicenda giudiziaria, che peraltro suggerisce uno scarso potere effettivo del signore nell’assetto giurisdizionale di Tonengo, fu risolta dal Senato torinese addossando a Visca l’onere della prova, e tutelando di fatto il pieno possesso della terra da parte dei contadini coltivatori i cui beni risultavano iscritti a catasto. Verso la metà del secolo, il contenzioso aperto dal signore appariva ridimensionato alla proprietà di due giornate di terra, che erano rivendicate dalla comunità. Nel frattempo, questa aveva peraltro provveduto alla compilazione di un nuovo catasto secondo i criteri della “misura generale” e dello “allibramento” degli appezzamenti previsti dalla riforma della fiscalità fondiaria nota come Perequazione generale [A.C.T., Beni enfiteutici del conte Visca (1733); A.S.T., Sezioni Riunite, I Archiviazione, Provincia di Asti, Mazzo 1, n. 3, c. 13r; Relazione 1753, f. 202v]. |
Statuti | Non si hanno attestazioni di compilazioni statuarie. Statuto comunale attuale, s.d. Vedi testo.
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Catasti | La serie di documenti catastali conservati presso l’archivio storico del comune di Tonengo, che al 2003 è in corso di riordino, comprende il volume di Allibramento beni communità (1730); un volume del Catastro pubblico (1739-1749); un volume del Libro dei trasporti (1766), con due ulteriori volumi per il secolo XIX (1857, 1882) e uno per il secolo XX 1900-30. Sono inoltre conservati: Matricola catastale (1899-1922); Matricola possessori (1924-1939); Catasto rustico (1887); Volture catastali (1880-1930) [A.C.T.].
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Ordinati | Al 2003 la serie degli Ordinati e delle deliberazioni è in corso di riordino.La serie comprende: i volumi degli Ordinati (1693-1751, 1814-1839), Ordinati e deliberazioni (1845-1955), Deliberazioni (1948-1951) [A.C.T.].
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Dipendenze nel Medioevo | E’ ipotizzabile che, nel quadro della distrettuazione carolingia, Tonengo fosse compreso nella iudiciaria torrensis, un distretto minore di cui si hanno indizi in carte risalenti alla seconda metà del secolo IX e ai primi anni del secolo successivo e che avrebbe potuto estendersi, a nord del comitato di Asti, tra le propaggini orientali della collina torinese e la confluenza del Po e del Tanaro. In particolare, testimonianze del tardo XIII secolo riferiscono a un’area designata come Turrexana luoghi e formazioni signorili che risultano profondamente intrecciati con la storia di Tonengo. Quest’area risulta comunque avere perso un’autonoma caratterizzazione pubblicistica già intorno alla metà del secolo X, quando fu probabilmente smembrata a favore dei comitati cittadini limitrofi di Torino, Asti e Vercelli, per divenire infine, nel secolo successivo, oggetto delle contrastanti ambizioni territoriali degli Aleramici e dei vescovi di Asti e di Vercelli. Tonengo compare tra i castra, possessiones et villae confermati e concessi in feudo (per rectum feudum investituram) nel 1164 dall’imperatore Federico I al marchese Guglielmo di Monferrato. Durante gli scontri tra il comune di Asti e i marchesi di Monferrato a partire dagli anni Ottanta del secolo XIII, sarà il luogo di una vittoria militare astigiana. Compare tra i domini dal marchese Guglielmo IV elencati nella carta di mutuo rilasciata all’imperatore Federico II nel 1224, tenuto in feudo da esponenti della famiglia dei signori di San Sebastiano. I di San Sebastiano cominciarono, pressappoco a partire da questi anni, ad assumere il nome e il titolo dei conti di Radicata e a dar vita a un’associazione giurata. Essa, tra la fine del secolo XIII e gli inizi del secolo XIV, accolse in un unico consortile anche i signori di Cocconato, i quali finirono con il prevalervi, anche da un punto di vista onomastico. All’origine dei loro possessi, tuttavia, i membri del consortile dei conti di Radicata signori di Cocconato vantavano una diretta dipendenza dall’impero, sebbene, nel 1355, lo stesso imperatore, Carlo IV, intimasse loro di prestare il giuramento di fedeltà al marchese di Monferrato per i feudi che riconoscevano dall’impero. L’ingiunzione era contestuale al rinnovo dell’investitura imperiale concessa ai marchesi di Monferrato per i loro domini, nella quale figurano i luoghi sui quali si esercitava la signoria dei di Cocconato, incluso Tonengo. Tonengo compare, in effetti, in tutti i diplomi di sicura autenticità che enumerino i singoli luoghi confermati dagli imperatori al consortile, ossia in quelli di Enrico VII del 1310, di Massimiliano I del 1512, di Carlo V del 1530. Il luogo, tuttavia, non è menzionato nell’atto di aderenza dei di Cocconato al duca di Milano del 1399, né nell’atto di dedizione degli stessi al duca di Savoia del 1446 o nella successiva aderenza, da loro stipulata nel 1458 con il duca sabaudo e con il duca di Milano, contestualmente allo scioglimento del legame vassallatico stabilito con il primo; e neppure, infine, nell’aderenza prestata nel 1499 al Trivulzio, in qualità di luogotenente del re di Francia a Milano. Tonengo sembra dunque aver seguito solo in parte, nel tardo medioevo, le più generali vicende del consortile dei signori di Cocconato nei loro tentativi di sottrarsi a forme di soggezione diretta alle potenze regionali, sostituendoli - in primo luogo, l’omaggio feudale verso i marchesi di Monferrato - con più allentati e meno gerarchici rapporti di colleganza. Per quanto riguarda il marchesato di Monferrato, il primo riconoscimento documentato di una dipendenza vassallatica è del 1340. Il sostegno ai nuovi principi della dinastia paleologa, manifestato già durante la guerra di successione al marchesato (1305-1311), finì tuttavia con l’incrinarsi di fronte alla loro volontà di conseguire una stabile affermazione di superiorità feudale sui territori in mano ai di Cocconato (come su altre robuste formazioni signorili del Piemonte meridionale). Tale visione, accolta nel diploma concesso dall’imperatore Carlo IV al marchese Giovanni II nel 1355 e nei successivi ordini imperiali emanati dallo stesso imperatore nei confronti dei feudatari renitenti a prestare il prescritto omaggio, spinse i signori del consortile dei di Radicata a cercare protezione per la loro autonomia in più flessibili alleanze, anzitutto con i Visconti e, più tardi, anche con i Savoia. Nel 1446, anzi, si ha la prima (condizionata) dedizione vassallatica ai Savoia, presto revocata tuttavia, dalle successive “aderenze” negoziate con il duca di Milano e con lo stesso duca sabaudo nel 1458 (quest’ultima rinnovata nel 1467). Il secolo XVI vede proiettarsi sui territori controllati dal consortile la minaccia delle ambizioni sabaude, ormai non più controbilanciate dall’influenza milanese (l’ultima alleanza, con Francesco II Sforza, è del 1513), venuta meno con la crisi di successione nel ducato. Di fronte alle pretese sabaude, i signori del consortile sottolineano la loro qualità di feudatari immediati dell’impero, esibendo le proprie investiture autentiche, ottenute nel 1310, 1413 e 1469, e false, attribuite a Federico I (1186) e a Federico II (1249), oltre al “privilegio”, anch’esso contraffatto, di Carlo d’Angiò (1280), tutti fabbricati nel corso del XVI secolo. Nei falsi diplomi si trova, accanto a un numero maggiore di luoghi infeudati al consortile (includono, in particolare, l’intera pieve di Meirate), la concessione di una più estesa immunità da giurisdizioni intermedie, con insistenza, tra l’altro, su Tonengo. Così, il diploma attribuito a Federico II sottrae in perpetuo i feudi dei di Radicata all’autorità dei vicari imperiali, quella per l’appunto invocata nel Cinquecento dai duchi di Savoia nei loro confronti. Nuove investiture imperiali giunsero da Massimiliano I (1512), che però mantenne anche in seguito l’infeudazione dei possessi dei di Cocconato a Filiberto di Savoia decretata nel 1503, da Carlo V (1530) e da Rodolfo II (1585). Il diploma di Carlo V riproduce nel testo il falso del 1186 e quello di Rodolfo II, l’intera serie degli atti precedenti, autentici e falsi. Questi ultimi ebbero probabilmente anche un ruolo nel promuovere la dizione “contado di Cocconato” (comitatus Coconati) negli atti che li recepirono, ancorando in tal modo la connotazione pubblicistica del titolo comitale associato al predicato di Radicata non solo all’ambito territoriale sul quale si esercitava allora concretamente il potere del consortile, ma anche di un’area più estesa, di grande valenza strategica e dai controni giurisdizionali meno netti. [A.S.T., Corte, Paesi, Provincia di Asti, Mazzo 14, Diploma di Carlo V. di confirmaz.ne de' privileggj anticamente concessi dagl'Imp.ri ai Conti, e Consorti di Coconato, e Radicate per li Castelli, e feudi di Coconato, suoi Cantoni, Robella, Brosolo, Tonengo, Aramengo, Moriondo, Monteu, Piazzo, Torre Reale, S. Sebastiano, Casalborgone, Schierano, Ticinetto, Marmorito, Passerano, Maynito, Macrobio, Cerrale, Casalotto, Petra pendula, Capriglio, Bagnasco, Berzano, Piovà, Monte Cornigliano, Cerretto, Castelvechio, Ponengo, Piovanato di Meirata, in cui resta tenorizzato altro Diploma dell'Imp.re Federico delli 5. Marzo 1186. concesso à Ottobone Conte di Radicate, suoi Eredi e Consorti Radicati per li sud.i Castelli e Luoghi di Coconato, e suoi Cantoni, Robella, Brosolo, Tonengo, Aramengo, Moriondo, Monteu Torre R.le S.Sebastiano Casalborgone, Primeglio, Schierano, Marmorito, Passerano, Mainito, Macrobio, Cerrale, Casalotto, Pietra pendula, Capriglio, Bagnasco, La Piovà, Monte Cornigliano, Cerretto, Castelvechio, Ponengo, e Piovanato di Meirata con suoi redditi, beni, e ragioni feudali dal med.o dipendenti. 29. Gen.o 1530 (sec. XVI); Mazzo 14, Transazione trà l Duca Carlo Em.le 1°.Percivale Pallavicino di Passerano, Conrado, Marco Emilio, et Ercole Padre e figl.i Giac.o di Passerano à suo nome, et di Aless.ro Gabriele, e Gio. Batt.a suoi fr.li, e Tolomeo, e Massimiliano suoi Nipoti, Percivale di Robella, Gio. Matteo di Brosolo, e Luca pure di Brosolo a suo nome, e di Antonio suo fr.lo tutti de' Conti di Coconato, per quale d.i Conti si sono sottomessi alla fedeltà verso d.o Duca per li Castelli, e Luoghi di Passerano, Robella, Brosolo, Coconato, Aramengo, Coconito, Primeglio, Schierano, Marmorito, e Craviglio sotto l'osservanza de' patti, e Condizioni ivi specificate coi giuramenti di fedeltà prestata dalli sud.i Conti al d.o Duca Carlo Em.le per li sud.i Luoghi sotto li 8. febr.o 21 Marzo. 26 Giug.o 11 e 12 Luglio 1586 In qual transaz.ne sono tenorizzati li seg.ti titoli. Diploma dell'Imp.re Federico 2° de' 5 Marzo 1186. Altro di Federico 3°.3. 9mbre 1249 Altro d'Enrico de' 28. Xmbre 1310 Altro di Carlo IV. de' 27. Gen.o 1380 Altro di Massimiliano p.mo Aprile 1503 Altro di d.o Imp.re 10. 7bre 1504 Altro di Sigismondo. 31. Agosto 1513 Altro di Carlo V (1586); Benedetto e Daviso di Charvensod 1965, p. 22, nota 52; Bordone 1977; Cancian 1983, p. 736 e tabella dei toponomi allegata; Sangiorgio 1975, pp. 29, 91-93, 113, 177; Settia 1974; 1975, pp. 140 e n.120; 237, n. 3; 1983, pp. 11-53; Vergano 1951-57, vol. II, pp. 87 sgg., vol. III, pp. 1-10].
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Feudo | A un ramo dei domini de Sancto Sebastiano, che discendeva dai de Radicata, è stato attribuito, nelle ricotruzioni storiche, il primo titolo di signori di Tonengo e, successivamente, anche di Monteu da Po. Nello stesso territorio, corrispondente all’area dipendente dalla pieve di San Sebastiano, è documentata dal secolo XII la presenza appunto dei de Radicata (Radicata è oggi un luogo scomparso, il cui sito è da collocarsi nell’odierno territorio comunale di San Sebastiano Po). I due predicati, in due documenti pressoché coevi (1176, per i di San Sebastiano e 1178 per i di Radicata), compaiono preceduti dal titolo comitale. Attestazioni del primo come portato a esclusione di altri si hanno unicamente dal 1145 al 1178, mentre dal 1232 è attestata la sua assunzione da parte dei di San Sebastiano insieme con il relativo titolo comitale. Nel 1290 compare la prima esplicita menzione di un hospicium quod dicitur de Radicata, un’associazione giurata tra i vari rami della casata, di cui vi è però forse un primo indizio nel 1258. Attorno a questi anni, sembrano appartenervi anche i domini de Coconato, ai quali i di San Sebastiano erano probabilmente legati da rapporti di vicinato e di comunanza di interessi almeno dall’ultimo quarto del secolo XII. Dal primo decennio del ‘300, con progressiva regolarità, i signori di Cocconato cominciano anch’essi a unire il titolo di “conti di Radicata” al loro predicato, che presto finirà con l’identificare tutte le componenti dello hospicium (consortile) de Radicata. Gli statuti di cui quest’ultimo si dota nel 1342, conoscono redazioni successive, del 1352 e del 1459, che lo rendono un organismo più strutturato e vincolante, mentre intanto la domus dei di Cocconato si articola in “colonnellati” o “terzieri” (di Brozolo, di Casalborgone e di Robella), e alla metà del secolo XV si definiscono i rami di Brozolo, Casalborgone, Passerano, Primeglio, Robella e Ticinetto. Il consortile, quale si configura tra i secoli XIV e XVI, controlla beni e giurisdizioni, quali Tonengo, sui quali il vescovo di Vercelli e, soprattutto, i marchesi di Monferrato vantano antichi diritti di superiorità. Il più antico documento nel quale si riconoscano feudatari dei marchesi di Monferrato risale al 1340, ma non nomina i singoli luoghi. Alla metà del Trecento risale il patronato dei signori d’Aramengo conti di Radicata sulla chiesa di Tonengo per investitura del vescovo di Vercelli, ma i diritti residui spettanti alla mensa episcopale vercellese continuano a manifestare un vigore testimoniato da una nutrita serie di investiture e dalla scomunica per la mancata prestazione della fedeltà che colpisce i di Cocconato ancora nel 1505. La persistenza dei diritti già rivendicati dal vescovo di Vercelli su Tonengo si manifestò, a distanza di quasi tre secoli dalla istituzione della diocesi di Casale, con l’investitura vescovile a favore del conte Gaspare Francesco Filippo Della Chiesa, conte di Roddi, nel 1752, mentre era ancora irrisolta, ora di fronte al Senato di Torino, la controversia tra la curia casalese e i principali signori locali, i Visca, intorno all’attribuzione di quasi 70 giornate di terre “feudali” . Già dagli inizi del secolo XIV, peraltro, alle investiture riguardanti i de Sancto Sebastiano e i consorti di Radicata di Cocconato se ne affiancarono altre, concesse a esponenti di lignaggi che non facevano parte del consortile, ma che avevano costruito le loro fortune al servizio della corte marchionale (poi ducale) oppure appartenevano a un notabilato locale di ascendenza non signorile. Analogamente a quanto avvenne nella comunità limitrofa di Moransengo, ad esempio, una porzione di giurisdizione finì con il pervenire nel 1521 al Cardinale Mercurino Arborio di Gattinara e da questi alla figlia Elisa, moglie di Alessandro Lignana, signore di Settimo. I Gattinara Lignana conseguirono un notevole consolidamento del feudo nelle loro mani, tanto che, fino agli inizi del secolo XVII, ne rimasero gli unici detentori. Prima del secolo XVII, dunque, la giurisdizione sul feudo di Tonengo appare, come in altri feudi del Basso Monferrato, notevolmente frammentata e quindi, almeno dalla fine del secolo XV, solo parzialmente controllata dai potenti consorti di Radicata di Cocconato. La stessa giurisdizione temporale e spirituale del vescovo di Casale fu all’origine di un ricorrente contenzioso con le magistrature del Monferrato, che a loro volta avallarono investiture consentite dalla devoluzione dei possedimenti dei conti di Biandrate e, più tardi, forse, dall’eredità contesa di Mercurino di Gattinara. Durante l’età moderna, Tonengo fu feudo, in particolare dei Visca di Chieri a partire dal 1635, a cui si aggiunsero, con una piccola quota, i Ponte, signori di Lombriasco, a partire dal 1655. [A.C.T., Beni del castello 1668-1703; A.S.T., Corte, Paesi, Paesi di nuovo acquisto, Alessandrino, Mazzo 18, Testamento del Cardinale, e gran Cancelliere Mercurino Gattinara, in cui fonda la Chiesa di S. Pietro di Gattinara, un Colleggio nella medesima, con riserva del jus Patronato, Un Monastero di Monache sotto il titolo della Beata Vergine dei sette Dolori [...] ed instituisce in sua Erede Universale La Dama Elisia Unica sua figlia Vedova d' Alessandro Lignana Sig.re di Settimo, Specialmente nel Contado di Valenza, ragioni spettantigli nel Contado di Refrancore, e ne' Castelli, e Luoghi di Ozano, Teruggia, Rivalta, e Tonengo, e in tutti Li beni, che possedeva nel Marchesato di Monferrato, ne' beni dal medesimo acquistati nel Luogo di Lignana, ne' feudi, e Baronie ivi specificate esistenti nei Regni di Sicilia, e Napoli [...] 23. Luglio 1529. Confermazione dell' Imperatore Carlo quinto del sudetto Testamento delli 31. Marzo 1532. Altra Confermazione del detto Imperatore Carlo quinto del sudetto Testamento delli 27. Xmbre1534 (1534); Sentenza arbitramentale [...] sovra le differenze insorte tra Li Conte Mercurino Gattinara Lignana figlio del Conte Alessandro, e Contessa Ersilia Marina, Madre, e Tutrice, e Curatrice di Giglio, Gio. Battista, Ferdinando, e Gerolamo per causa della Sostituzione, e Primogenitura, e Successione ne' beni ed Eredità del fù Cardinale, e Gran Cancelliere Mercurino Gattinara, per cui ha dichiarato spettare al detto Conte Mercurino Primogenito li feudi, e beni di Terrugia, e Rivalta, Tonengo, Moransengo, Piazzo, e Casale, per ragione di d.a Primogenitura (1595); Provincia di Asti, Mazzo 17, Vendita, Infeudazione, et Investitura concessa dal Marchese Gio. di Monferrato à favore d'Antonio fù Benedetto di Monteu de' Conti di Biandrate della 4.a parte meno una 96.a del Castello e Luogo di Monteu, e 6.a parte di Tonengo, e porzioni di Piasco, giurid.ne beni e redditi da med.i dipendenti, come anche di tutti li feudi, e beni feudali che spettavano alli furono Emanuele, e Benedetto Conti di Biandrà, e loro predecessori per esso, e suoi Eredi maschj in feudo nobile, retto, gentile, antico, e paterno per il prezzo di L. 1300. Astesi. (1304); Vendita di Bertolotto fù Odone di Monteu Castellano di Lavriano à favore del Conte Ant.o Biandrà di tutto il feudo, et Allodio spettantegli in Tonengo, Castello, Luogo, giurid.ne beni, e redditi dal med.o dipendenti, et di tutto quello le spetta in Monteu e Quarato, Castello, giurid.ne e Beni ivi descritti situati in d.o Luogo di Monteu per il prezzo di L. 444 Astesi. (1305); Ratificanza di Cecilia moglie di Bertolotto di Monteu della vendita da suo Marito fatta al d.o Conte Ant.o Biandrà di tutto quello aveva in Tonengo, Monteu, e Quarato. (1305); Investitura concessa dal Duca Carlo di Sav.a à Gio. et Alemano fr.li Radicati Sig.ri di Casalborgone di tutto il Castello, e Luogo di Casalborgone, et di tutto quello le spetta ne' Luoghi d'Aramengo, Robella, Coconato, Brosolo, Schierano, Marmorito, Passerano, Primeglio, La Piovà, Moncucco, S.Sebastiano, Tonengo, Cerretto, Castelvechio, Bagnasco, Capriglio, Cerriale, Casalotto, Maynito, Berzano e Monteu, Giurid.ne, beni, e redditi dà d.i Luoghi dipend.ti alla forma che nè sono stati investiti dagl'Imp.ri. (1505); Guasco 1911, vol. IV, pp. 1643-1644 (587-588); Settia 1975, pp. 134-135].
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Mutamenti di distrettuazione | Tonengo appartenne al marchesato, poi ducato, del Monferrato, quando, dapprima con debole valenza in termini di ordinamento amministrativo (al di là cioè della designazione dell’area di competenza, prevalentemente militare, dei governatori delle principali piazzeforti) e poi, dal 1560 circa, con più saldo profilo istituzionale, era classificata fra le terre dello stato “al di qua del Tanaro” o della provincia di Casale. Nel 1588, l’inclusione di Tonengo nella strategia diplomatica dei consortile dei di Cocconato colse un indubbio, sia pure temporaneo, successo quando la transazione da poco stipulata con Carlo Emanuele I, in cui essi riconoscevano infine di dovergli prestare il giuramento di fedeltà, ricevette da Rodolfo II un’approvazione che ne precisava la portata in senso marcatamente restrittivo. L’imperatore, infatti, escludeva il carattere “ligio” del giuramento da prestarsi e negava al duca di Savoia, pur riconfermandolo suo vicario, lo ius de non appellando nei confronti dei feudatari imperiali, cioè il diritto a impedire loro di ricorrere in appello alla sua giustizia contro le sentenze emanate dalle magistrature ducali.
Fu brevemente annesso ai domini dei duchi di Savoia durante le Guerre di Monferrato, quindi reintegrato nel Ducato di Monferrato nel 1618. Dopo l’incorporazione definitiva nello stato sabaudo (1632) in seguito al trattato di Cherasco, entrò a far parte della provincia di Asti. Tale assetto fu confermato dalla definitiva sistemazione delle province piemontesi attuata nel 1749 e si mantenne perciò fino alla caduta dell’antico regime in Piemonte (1798) [Sturani 1995]. Entro la maglia amministrativa francese, Tonengo seguì le sorti dell’intero territorio della vecchia provincia di appartenenza, aggregato, senza sostanziali alterazioni, a una circoscrizione di estensione variabile avente per capoluogo Alessandria. Si trattò dapprima del dipartimento del Tanaro, creato durante il primo effimero periodo di occupazione (1799); quindi, dopo il ritorno dei Francesi e in seguito alla riorganizzazione amministrativa del 1801, appartenne al dipartimento di Marengo, circondario (arrondissement) di Asti. Vedi mappa. Dopo la parentesi napoleonica, Tonengo rientrò, nel 1814, a far parte della ricostituita provincia di Asti che, dopo ulteriori instabili riorganizzazioni mandamentali nel 1818, fu ridotta a circondario della divisione amministrativa, poi provincia di Alessandria nel 1859.. Lo stesso circondario di Asti venne soppresso e aggregato a quello di Alessandria nel 1927, quindi staccato dalla provincia di Alessandria e aggregato alla nuova provincia di Asti formata nel 1935. [Benedetto e Daviso di Charvensod 1965; Istituto Centrale 1927, p. 1; Istituto Centrale 1937, p. 8; Gamba 2002; Sturani 1995; 2001; Cassetti 1996; Raviola 2003]. In anni recenti Tonengo ha aderito alla Unione dei Comuni "Versa Astigiano". |
Mutamenti Territoriali | Nel 1928 il comune di Tonengo fu soppresso e aggregato a quello di Cocconato, che entrò a far parte della nuova provincia di Asti nel 1935 [Istituto Centrale 1930, p. 7; 1937, p. 9; vd. anche scheda Cocconato]. Ricostituito in comune a sé stante nel 1947.
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Comunanze | La notevole superficie di “boschi cedui” (200 giornate) attestata verso la metà del secolo XVIII viene descritta dai funzionari statali dell’epoca come destinata allo “impalamento delle viti” e alla raccolta di legna per “fogaggio”, con una probabile concentrazione su fondi privati e possibili cambiamenti nei criteri di uso in epoca successiva. In effetti, i veri e propri beni di proprietà collettiva, “communi e non cattastrati”, erano stati calcolati, verso gli anni Venti del secolo XVIII, in poco più di 44 giornate, costituite per la maggior parte di “gerbidi, roche, et terre nude”, riservate al pascolo, e con un totale di 19 giornate di boschi. Questi ultimi erano destinati al taglio periodico, “ogni dieci, ò dodeci anni”, seguito dalla “vendita della taglia”, che avveniva non già “a misura, ma a liste et parti separatamente”. Nel 1990 il territorio gravato da usi civici era calcolato, sulla base di dati comunali, in poco meno di 1 ha. [A.C.T., Capitolazioni, affittamenti, vendita beni (1783); Vendita, affitto, taglio boschi (1816-20, 1827-42; 1878; 1901-40); A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 21, n.73, f. 230; C.U.C.]. |
Liti Territoriali | Verso la metà degli anni Ottanta del secolo XVI, due “strade comuni”, la cui percorrenza era condivisa tra il contado di Cocconato e il ducato di Mantova e Monferrato, furono oggetto di un contenzioso tra il consortile di Cocconato e la Camera ducale di Monferrato. L’una, più orientale, detta “Strada della Valle”, tendeva in direzione nord-sud da Passerano, attraversando “Il Molino dritto al vado, dove si congiungono il Rivo freddo, et la Meinia”, per raggiungere il confine tra Bagnasco e “le fini del Piovanato di Meira” (l’antica plebania di “Meyrate”, o “Mairade”); l’altra, chiamata la Strada di “Culostretto”, o “Golastretta”, seguiva un percorso leggermente più occidentale, raggiungendo la val Pinzolo per seguire quindi il confine tra Mondonio e Capriglio.
Il problema verteva sulla esazione, da parte degli agenti daziari della Camera monferrina, della imposta nota come “dazio generale”, che colpiva: p[er]sone, bestiami, et robbe”. Sui percorsi in questione la Camera monferrina pretendeva di “essigere liberam.te et senza impedimento alc[un]o il Dacio g[e]n[era]le predetto per sé, et per meggio de Cavalcanti soldati [...] da tutti li Passaggieri nel med[esi]mo modo che ponno fare da quelli che passano per le Indubitate fini di Sua Alt.a Ser.ma [il duca di Mantova].
mentre una stretta collaborazione politica e di sorveglianza tra il contado di Cocconato e il Monferrato avrebbe impedito di:
Ogni “frode”, o forma di contrabbando, sarebbe stata inflessibilmente repressa dai “Cavallanti, et ufficiali d’esso Dacio” in procedimenti affidati anche al tribunale di Cocconato.
Nel secolo XVIII, quando Tonengo era ormai incluso nella provincia piemontese di Asti, una controversia contrappose la comunità a quelle di Cavagnolo e Marcorengo “per il fatto di un termine che si pretende posto fuori d’ordine” nella delimitazione dei confini. Lo spostamento, “di due trabuchi circa”, del termine divisorio non soltanto alterava i confini comunali, ma chiamava in causa la circoscrizione, astigiana o casalese, di percorrenza della “strada publica detta del Piciochino”, dando “frequentemente” adito a “contravensioni a Regii Dritti” in materia daziaria. L’intendente di Asti, in conclusione di un sopralluogo, ordinò agli amministratori tonenghesi di “esperire di sue ragioni per tal fatto nanti il signor Intendente viciniore alle due Province”, vale a dire l’intendente di Casale [A.S.T., Corte, Paesi, Monferrato, Confini, Mazzo 68, P 6, cc. 130r-31r, Corrispondenza di Bernardo Morra (1578); Monferrato, Feudi per A e B, Mazzo 26, n. 1; Monferrato, Materie economiche ed altre, Mazzo 7; Provincia di Asti, Mazzo 13, Cocconato (1506-1585), n. 37, cc. 2r-3v; Relazione 1753, ff. 202v-03r; vd. anche schede Aramengo, Capriglio, Castelnuovo Don Bosco, Cerreto d'Asti, Cocconato, Montafia, Passerano Marmorito e Piovà Massaia]. |
A.C.T. (Archivio Storico del Comune di Tonengo), al 2003 in via di riordino.
A.R.M.O. (Acta Reginae Montis Oropae), Biella, Unione Tipografica Biellese, 1945 (i documenti XVIII, XXXIV e CIX sono editi a cura di Giuseppe Ferraris).
A.S.Al. (Archivio di Stato di Alessandria), Senato del Monferrato, Atti di lite.
B.N.F. (Bibliothèque nationale de France). Vedi catalogo.
B.N.F., département Cartes et plans, GE DD-2987 (5054 B), La principauté de Piémont, les marquisats de Saluce et de Suze, les comtés de Nice et d'Ast, le Montferrat / dediée au roy par son très humble, très obéissant, très fidèle sujet et serviteur H. Jaillot, géographe de sa Majesté, [chez l'auteur] (A Paris), 1695 [Jaillot, Alexis-Hubert (1632?-1712). Cartographe]. Vedi mappa. B.N.F., département Cartes et plans, CPL GE DD-2987 (5042), Estats du duc de Savoye ...sous le nom de Piémont...le duché de Montferrat.... par le Sr Sanson d'Abbeville, chez Pierre Mariette (Paris), 1665 [Sanson, Nicolas (1600-1667). Cartographe]. Vedi mappa. C.U.C. (Commissariato per la Liquidazione degli Usi Civici, Torino).
Relazione 1753 (B.R.T., Relazione generale dell’Intendente d’Asti sullo stato della Provincia, 1753 [Merlotti, in corso di stampa]). | |
Bibliografia | Bordone, Renato, Proposta per una lettura della Corografia Astigiana dell’avvocato G. S. De Canis, Asti, Edito a cura della Cassa di Risparmio di Asti, 1977.
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Descrizione Comune | Tonengo Un tipico giudizio sulla organizzazione territoriale di Tonengo durante l’età moderna voleva il luogo: “mal situato, [e] di più miserabile qualità de [paesi] vicini al medesimo”. Il territorio di Tonengo era infatti “quasi incolto per la mettà, per esser beni alpestri, di sua nattura sterili, non racogliendosi, che poche ughe, senza verun altro fruto”. Secondo i dati della “misura generale del territorio” effettuata in conformità con gli editti della Perequazione generale del 1731, 200 giornate di boschi cedui e ben 640 giornate di incolto, o “gerbidi”, coprivano quasi i due terzi della superficie territoriale. Alla stessa epoca, viceversa, il coltivo vero e proprio, i “campi” coltivati, occupava non più di 40 giornate di terra. La produzione locale di cereali panificabili veniva stimata perciò in meno di un decimo del fabbisogno degli abitanti. Per quanto l’intendente di Asti, sulla base di questi dati, precisasse che “la mancanza” di cereali era “compensata dal prezo del vino che vendono e che sovrabonda al luoro uso”, quella stessa produzione locale di vino veniva a sua volta stimata in circa un quarto delle necessità di consumo, suggerendo il carattere forzato della commercializzazione.
Gli studi storici che hanno preso in considerazione Tonengo hanno preferito dare risalto alla fitta trama di vie di comunicazione di origine romana, collegate a loro volta da alcuni “raccordi”, su cui sorsero e di cui furono tappe sia Tonengo sia, forse, altri suoi “cantoni”, quali per esempio la frazione Ottini. Tra i grandi assi viari si distingueva il percorso che, da Chieri, si dirigeva verso Arignano e Settime, per raggiungere il Po nei pressi di San Sebastiano; un secondo asse era la strada che collegava Asti a Industria (presso Monteu da Po); infine un tratto dell’antica via Fulvia congiungeva Asti, Dusino e, di lì, Chieri o Torino. Un importante “raccordo” con provenienza da Settime, si dirigeva presumibilmente, in direzione sud-nord, verso Moncucco, Vezzolano e Passerano, con possibili diramazioni verso Cerreto d’Asti e il territorio di Montiglio prima di scendere sul Po diramandosi, all’altezza di Tonengo, verso San Sebastiano, Lauriano e Monteu da Po. Gli indizi presenti nella documentazione, quali il richiamo sistematico ai pedagiis (ben distinti da quelli della vicina Aramengo) nelle investiture imperiali, vuoi autentiche vuoi apocrife, segnalano l’importanza di Tonengo come tappa o punto d’innesto su questi percorsi viari anche in epoche più recenti, tra il tardo medioevo e l’età moderna. Un’ampia controversia si sviluppò negli anni Ottanta del secolo XVI intorno a due “strade comuni”, imperiali e monferrine, che, ricalcando gli antichi raccordi viari, volgevano da Asti in direzione di Monteu (appartenente al contado di Cocconato). Il conflitto di natura giurisdizionale s’incentrava su un’area situata verso sud, intorno alla “pieve di Mairade”, o Meirate, in quanto crocevia delle strade disputate, la cui importanza è rispecchiata nella proliferazione, che gli storici hanno segnalato, di falsificazioni documentarie tese a dimostrare i presunti diritti imperiali del contado di Cocconato sull’antica plebania. Tonengo, ubicato nel tratto settentrionale del percorso, fu chiamata in causa nella controversia per la sua collocazione di confine tra il contado di Cocconato e il ducato di Monferrato lungo il tratto settentrionale del percorso. Dopo il trattato di Cherasco del 1631 e l’assorbimento entro i domini sabaudi, lo spostamento dei confini cancellò le franchigie concordate su percorsi quali le due “strade comuni”. Ancora nel secolo XVIII Tonengo era considerato tuttavia tappa di una qualche importanza lungo tre “strade pubbliche”: “la strada che discorre d’Asti e Ivrea et passa per il luogo di Tonengo, et poi verso Coconato” ; oltre alla strada “qual va [...] a Cavagnolo, et Moranzengo” e quella “che va a Casal Bergone” [A.S.T., Sezioni Riunite, I Archiviazione, Provincia di Asti, Mazzo 2, n. 1, c. 2v; Corte, Paesi, Monferrato, Confini, Mazzo 68, P 6; Monferrato, Feudi per A e B, Mazzo 26, n. 1; Monferrato, Materie economiche ed altre, Mazzo 7; Relazione 1753, ff. 202r-v; Benedetto e Daviso di Charvensod 1965, pp. 11-12, 124-130: Bordone 1977, pp. 194-95; Eydoux 1987; 1995; Gabotto 1912, p. 396; Settia 1973, p. 919; 1975, pp. 126-30]. |