Autori | Angelini, Massimo |
Secondary Authors | Cerino Badone, Giovanni |
Anno Compilazione | 1998 |
Anno Revisione | 2013 |
Provincia | Alessandria
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Area storica | Repubblica di Genova, Oltregiogo.
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Abitanti | 754 [Dato ISTAT al 31 dicembre 2013]
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Estensione | 5149 ha [ISTAT] e 5171 ha [SITA] al censimento del 1991
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Confini | Bosio, Campomorone (GE), Carrosio, Fraconalto, Gavi, Isola del Cantone (GE), Mignanego (GE), Ronco Scrivia (GE).
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Frazioni | Non ci sono frazioni riconosciute dall'Istat oltre al centro omonimo [ISTAT 2001].
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Toponimo storico | Vultabo nel 1006 [FERRETTO 1909 : doc. VII], Vultabio nel 1127 [ASG, Buste Paesi: mz XXV]; nel sec. XVII anche Ottaggio.
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Diocesi | Tortona fino al 1255, poi Genova [MHP, Iurium, I : 1222].
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Pieve | Pieve di San Nazzaro. |
Altre Presenze Ecclesiastiche | Parrocchiale dedicata a Santa Maria Assunta e ai Santi Nazario e Celso. La chiesa parrocchiale di s. Maria, più volte ampliata, risale al 1202 [BENSO (1981) s.d. : 55]. La più antica citazione della chiesa di Voltaggio, rilevata da fonti tortonesi, risale al 1175 (ma potrebbe trattarsi di un riferimento alla Pieve di san Nazzaro) mentre la prima notizia relativa all’edificio religioso viene riferita al 1202. Si tratta peraltro di una indicazione indiretta, desunta dal testo di un’iscrizione testimoniata all’interno della chiesa nel XiX secolo, ma oggi non più reperibile. La documentazione delle fonti d’archivio è comunque di poco successiva, e risale al 1217. tuttavia le origini della chiesa potrebbero essere molto precedenti, e si ipotizza che il tempio sia stato edificato ampliando un precedente sacrario titolato a san Pietro che sorgeva nell’area dell’arce, alla base della collina del castello. La Parrocchia, inclusa in origine tra le dipendenze del vescovato dertonese, fu assegnata alla diocesi di genova nel 1248. nel 1569 venne ingrandita la canonica, sopraelevando l’oratori della confraternita dei disciplinati, ubicato all’epoca nell’edificio contiguo alla chiesa, sul lato sud, dove attualmente si apre la piazzetta Sinibaldo Scorza. Nel 1582 il visitatore apostolico per la diocesi di Genova fornisce una sommaria descrizione del tempio, dalla quale si deduce che l’orchestra, posta tra la navata e l’abside conformemente all’architettura delle primitive basiliche cristiane, poggiava sui pilastri della torre angolare. La chiesa presentava inoltre l’orientamento ovest-est, “i volti bassi e schiacciati”, sette altari e tre navate sorrette da quattro colonne di cotto per lato. Un intervento sulle strutture è testimoniato nel 1595, con uno stanziamento di 1000 scudi autorizzato dal governo genovese. Nel 1638 l’edificio venne restaurato per rimediare ai danni dell’incendio appiccato anni prima dalle truppe piemontesi. Allo stesso periodo risalgono probabilmente le volte a crociera delle navate, che hanno sostituito le capriate lignee dell’antica costruzione, anche se, in realtà, mancano riscontri positivi che consentano di datare l’esecuzione dei lavori. in seguito la chiesa ha subìto altri parziali rifacimenti, e oggi assembla un coacervo di stili sedimentati e sovrapposti in cui si percepisce, con il trascorrere dei secoli, il mutare delle tecniche, dei materiali e dei moduli edilizi. la presenza di una massiccia torre campanaria, del tutto anomala rispetto alle dimensioni del tempio, ricorda assai da vicino un baluardo di fortificazione piuttosto che un autonomo elemento di architettura religiosa. in effetti potrebbe trattarsi di una torre di guardia, inclusa in origine nell’avancorpo del castello. I documenti e l’apparato murario esterno segnalano inoltre la mutata collocazione dei portali ,d’ingresso della chiesa, che si aprivano sulle fiancate laterali, mentre oggi prospettano sulla piazza principale. all’interno, la chiesa parrocchiale ,conteneva sette altari nel 1582, mentre risultano dodici nel 1877. Nello stesso anno vennero rilevate le dimensioni del tempio: ventinove metri di lunghezza (inclusi il “coro quadrato” e i nove metri del presbiterio) e poco più di tredici di larghezza. all’epoca alcuni altari erano ancora conservati nella collocazione e nella titolazione originaria, seppure con varianti anche significative apportate, nel corso del tempo, agli arredi e alle architetture. altri, di nuovo impianto, furono nel tempo edificati, o si sostituirono agli antichi, in occasione dei ripetuti interventi di recupero e di ampliamento dell’edificio. l’altare maggiore, originariamente in legno, fu ricostruito in marmo nel 1770 per iniziativa di Pompeo scorza, come testimonia l’iscrizione incisa sui gradini e ancor oggi conservata.
Convento di San Francesco. Esistente già nel XV secolo, il convento dei minori conventuali di San Francesco fu ampliato nel 1570. Alla metà del XVIII secolo ospitava ormai solo tre religiosi. Nel 1799 venne alienato dalla Repubblica Ligure, trasformato e nel 1805 venduto a privati. in Ospedale e Dal 1875, con l’Oratorio di San Giovanni Battista, fu utilizzato per l’assistenza agli infermi, la cui gestione venne affidata alla congregazione di Carità, ed in seguito demolito per la costruzione del nuovo ospedale.
Convento di S. Michele arcangelo o dei cappuccini. Edificato al culmine del promontorio della tenda, dove il percorso della Castagnola declina dolcemente verso il lemme. l’edificio fu costruito nel 1603, ha conservato la tradizione della presenza francescana nel paese sino alla fine degli anni ottanta del novecento, allorché l’ultimo religioso rimasto nel monastero venne trasferito ad altra sede. Il fabbricato originario formava un quadrato aperto a ponente: a meridione sorgeva il primo braccio del dormitorio, a levante il secondo, entrambi su due piani. il convento fu ampliato nel 1880 edificando un nuovo braccio a settentrione, contiguo alla chiesa consacrata da monsignor Francesco de Marini, vescovo di Albenga, il 15 ottobre 1662.
Oratorio di Santa Maria del Gonfalone. Già esistente nel 1569, nel 1676 l’edificio venne ceduto dalla Compagnie dei Disciplinati di Santa Maria alla chiesa parrocchiale e trasformato in sagrestia.
Chiesa di s. Maria del Gonfalone (sec. XVII); contiguo al palazzo de Ferrari galliera sorge l’oratorio di Chiesa di s. Maria Maddalena. La costruzione del nuovo edificio fu iniziata nel 1631, ma soltanto nel 1651 si provvide alla copertura del tetto e l’oratorio iniziò ad essere officiato. Il campanile venne completato nel 1714. La primitiva sede dell'attuale Compagnia dei Disciplinanti di Santa Maria era nell'edificio attualmente adibito a sacrestia della chiesa parrocchiale accanto a palazzo Scorza; la Confraternita era già esistente nel 1569 come consta da una concessione che i confratelli fecero in quell’anno al Prevosto per fabbricare sopra lo stesso oratorio nuovi locali per la casa canonica, non si conosce tuttavia l’anno in cui essa fu riconosciuta dall’autorità ecclesiastica. Nel 1582 visitò l’oratorio Mons. Bossi, prescrivendo che i confratelli procurassero le suppellettili necessarie per la celebrazione della Messa. Nel 1609 la Confraternita fu aggregata all’Arciconfraternita del Gonfalone di Roma ottenendone i consueti privilegi, mentre nel 1648 il Card. Stefano Durazzo sostituì i vecchi Capitoli della Confraternita, andati perduti, con gli Statuti dell’Arciconfraternita del Gonfalone, ai quali i Confratelli dovevano attenersi. Fu in questo secolo XVII che i confratelli svolgevano la loro attività caritativa nel vicino Ospedale di Santa Maria Maddalena, che era gestito da quattro Protettori, due dei quali appartenevano alla Confraternita. Dai primi anni del Settecento i confratelli si dedicarono pure al riscatto degli schiavi cristiani prigionieri dei "barbareschi" raccogliendo a tal fine somme di denaro, nonché all'assistenza delle ragazze povere. A seguito dell’esigenza di ingrandire la sacrestia della chiesa parrocchiale, nel 1676 fu chiesto alla Confraternita di procurasi altra sede e la scelta cadde sulla chiesa di Santa Maria Maddalena, adiacente all’omonimo Ospedale, che ne era proprietario, e dal quale ne ottennero l’uso. La costruzione della chiesa era iniziata nel 1631 protraendosi per due decenni, mentre il campanile fu completato solo nel 1714. La facciata dell'edificio, che sorge nel centro storico, attiguo al Palazzo Galliera, recava in origine l'immagine della Maddalena affrescata nel 1668 da Bernardo Carrosio (1597-1681) poi sostituita, nel 1680, dalla Madonna del Gonfalone di Pantalino e Bartolomeo Agosti (XVII-XVIII sec.). Superati, non senza danni e perdite, gli anni dell’occupazione napoleonica e le leggi restrittive del secondo Ottocento, la Confraternita risorse, e prosegue ancor oggi nelle sue finalità religiose e sociali. L'interno della chiesa a una sola navata, con due altari laterali, è riccamente decorato con stucchi, affreschi e dipinti su tela. Nell'altare di destra sono conservate le reliquie di San Clemente martire esumate dal cimitero di Callisto sull'Appia ed assegnate alla Confraternita nel 1673 per interessamento di Padre Angelo Maria da Voltaggio, superiore dei cappuccini di Roma e zio del futuro Santo Giovanni Battista De Rossi che dell’oratorio fu confratello. Un quadro di Bartolomeo Agosti del 1682 commemora l'evento con un’interessante raffigurazione di Voltaggio nel XVII secolo. L’altare di sinistra, dedicato a Santa Maria Maddalena è sormontato da un quadro del Carrosio raffigurante la Santa stessa. Molto bello l’altar maggiore, barocco, costruito nel 1712 in marmo bianco e rosso.
S. Antonio abate (sec. XVIII); L'oratorio di Sant’Antonio Abate era un tempo collocato al di fuori del nucleo abitativo del centro storico, all'estremo sud del paese. Esso si può quasi sicuramente identificare con la cappella rurale menzionata nel 1582 da Mons. Bossi oratorium vicinum portae Vultaggi. La chiesa non era in origine sede di Confraternita, ma l’estendersi dell'abitato comportò la costituzione nel 1695 della Confraternita di Santa Maria in Portico sotto il titolo di Sant'Antonio Abate. In precedenza l’edificio era stato sottoposto a lavori di rifacimento o di consolidamento, come testimonia la data 1629 incisa su un trave del tetto e recentemente riemersa a seguito della rimozione del vecchio tramato ligneo. L’architettura della chiesa, coerente nelle semplici linee a capanna con le tecniche edilizie rustiche dell’artigianato locale e con la semplice architettura degli oratori liguri, sembrerebbe quindi riferibile al terzo decennio del Seicento. Inconsueta è invece la singolare guglia che sovrasta il campanile che fa pensare a successivi interventi di restauro, probabilmente ottocenteschi Essendo Sant’Antonio il protettore degli animali, a questa Confraternita hanno sempre aderito i contadini di Voltaggio. Fino all'ultimo dopoguerra era tradizione che i contadini donassero della legna alla Confraternita che poi sarebbe stata venduta all'asta per trarne sostentamento. Il 17 gennaio, festa di Sant’Antonio era tradizione benedire gli animali che aiutavano l'uomo nel lavoro dei campi. Oggi sono benedetti gli animali da compagnia, e la protezione del Santo è estesa anche a moto e auto. Nello stesso giorno si distribuiscono anche "sale e focaccette" benedetti. Queste ultime sono pressate in stampi di legno ottocenteschi e assumono una caratteristica forma rotonda sulla cui superficie restano impressi i simboli sacri. All'interno sono conservate opere del Seicento genovese come la statuetta lignea di Sant’Antonio attribuibile alla scuola del Maragliano ed un Gonfalone, pure seicentesco, che ha la particolarità di essere dipinto da entrambe le parti con lo stesso soggetto a specchio e raffigura il Santo, nella sua classica iconografia, con il maiale e il bastone a T e la Vergine. Il gonfalone è dipinto a olio su seta damascata. Una serie di dipinti seicenteschi adorna le pareti dell’oratorio, uno dei quali, la Pietà con San Giovanni Battista e San Francesco, attribuito a Domenico Fiasella (1589-1669); altri quattro dipinti con soggetti diversi sono genericamente attribuiti alla scuola genovese della prima metà del Seicento. Due Crocifissi processionali, uno di scuola maraglianesca del tardo Settecento, completano l’arredo dell’oratorio
Ospedale s. Agostino e l’oratorio di san Sebastiano. L’area era inclusa nella linea di fortificazioni meridionali del paese, distrutte dalle milizie piemontesi nel 1625. le fortificazioni inglobavano alcuni edifici di culto obliterati a seguito delle demolizioni del 1875, destinate ad aprire lo spazio al nuovo edificio dell’ospedale costruito per iniziativa della duchessa di Galliera: la cappelletta di s. Bernardino; l’oratorio di s. Giovanni Battista; il monastero e la chiesa di s. Francesco dei Minori conventuali. l’unico edificio sopravvissuto nell’area è l’oratorio di san Sebastiano (da tempo non officiato).
Oratorio di s. Giovanni Battista. L'oratorio di San Giovanni Battista sorge all'estremo limite del paese in direzione Carrosio. Ha una pianta a croce greca e una cupola che si innalza per 16 metri da terra. Fu edificato a partire dal 1878 su progetto dell’ing. Nicola Bruno (1833-1899) noto per la progettazione del Teatro Modena a Sampierdarena e del complesso dei laghi artificiali del Gorzente. In precedenza un altro oratorio con identico nome esisteva presso l'antico convento di San Francesco. Fu visitato dal Bossi nel 1582 che ne testimoniava un’austera povertà, pur essendo un fondamentale centro di aggregazione sociale nel paese. Già nel 1695, la Confraternita di Santa Maria del Suffragio sotto il titolo di San Giovanni Battista aveva ottenuto particolari indulgenze da Papa Alessandro VII, e il 2 aprile 1743 essa era aggregata alla Confraternita di Santa Maria del Suffragio in Roma. Al suo interno si costituiva nel 1728 anche la Compagnia di N.S. della Cintura alla quale apparteneva la bella statua processionale della Madonna in legno policromo realizzata dallo scultore genovese Carlo Aschero (XVIII sec.), probabile discepolo del Maragliano, oggi conservata nell’oratorio. Nel 1799 il vecchio oratorio fu abbandonato e la Confraternita si trasferì nell’attigua chiesa dei Minori Conventuali. Dopo il 1878 il convento e la chiesa furono demoliti per la costruzione dell’ospedale finanziato dalla Duchessa di Galliera, divenuto poi ricovero per anziani ed oggi Comunità di recupero. Poco più a valle fu edificato l’attuale oratorio di San Giovanni, dalla robusta mole quadrangolare e dalla cupola semisferica. La Duchessa di Galliera corrispose l’intera spesa di costruzione attraverso un atto notarile (Not. Leonardo Ghersi, 2 agosto 1878) col quale le era ceduto il vecchio oratorio valutato 48.700 Lire, privo di arredi, apparati liturgici e suppellettili; con tale somma la Confraternita acquistava dal dr. Gio Batta Romanengo il terreno per un valore di Lire 8000, e sosteneva la spesa di progettazione, fatta dall’ing. Nicolò Bruno, e di costruzione da parte della ditta Paolo Cambiaso di Serra Riccò. L'oratorio ospita numerose opere di pregio fra le quali San Sebastiano curato dalle pie donne attribuita a Domenico Fiasella (1589-1669) trasferito qui dall'oratorio omonimo, oggi pressoché in rovina; e sempre del Fiasella Il battesimo di Cristo. Opere queste probabilmente commissionate da nobili famiglie locali o genovesi. Di Giovanni Battista Paggi (1554-1667) è un quadro che rappresenta la Vergine con Santa Chiara e San Michele Arcangelo mentre la Decollazione del Battista e Il miracolo di Sant’Eligio sono attribuite al voltaggino Bernardo Carrosio (1597-1681); un’altra interessante opera è un’Immacolata opera autografa del 1617 del pittore, anch’esso voltaggino, Sinibaldo Scorza (1589-1631) che propone il tema allegorico dello "speculum iustitiae". Nel corso del Settecento è testimoniato l’acquisto di numerosi oggetti d’argento, pisside, lampade, turibolo purtroppo dispersi con le requisizione del 1798, ma che nel corso dell’Ottocento furono reintegrati. Come pure è testimoniata la costruzione di un altare marmoreo da parte dello scultore Felice Solaro, (XVIII sec.) altare smantellato nel 1800 per il trasferimento nella chiesa del Convento di San Francesco. Purtroppo, con ogni probabilità, gli eventi successivi al 1805 e poi al 1811, conseguenti all’occupazione napoleonica, causarono la vendita dell’altare a qualche chiesa che ancora non è stato possibile rintracciare. In facciata un affresco raffigurante il Battesimo di Cristo, di Ferdinando Pavoni, (XIX sec.) che dipinse all’interno anche le quattro figure degli evangelisti. L'oratorio possiede cinque crocifissi tra i quali un prezioso Cristo processionale settecentesco attribuito al Maragliano. Conserva inoltre una statua processionale in legno, del sec. XIX raffigurante San Giovanni Battista e l’organo, collocato in controfacciata è della ditta Lingiardi di Pavia e risale al 1842.
Cappella di San Biagio o “Commenda della religione di Malta”. Edificata sulla sponda destra del Lemme, lungo l’antica strada cge congiungeva il Ponte dei Paganini alla via di Fiancone, sulla carta vinzoniana del 1773 figura come “commenda della religione di Malta”, poi “mutata in fienile alla fine del XIX secolo. Edificata tra la fine del XIV secolo e l’inizio del XV, era dedicata a San Biagio. In rovina dal XIX secolo, fu demolita entro i primi anni del Novecento.
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Assetto Insediativo | L’insediamento è accentrato: il nucleo principale della comunità si compone tuttavia di almeno due distinte parti. La parte più antica, situata sull’alta riva che domina il Lemme, si concentra al di sotto della collina del castello a nordest dello stesso. A questo primo nucleo si aggiunse, a partire dal XVI secolo, il prolungamento sviluppato lungo l’asse stradale in direzione del passo della Bocchetta
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Luoghi Scomparsi | Le frazioni Frassi e Lavagina, ancora menzionate nel 1773, oggi sono ridotte a una cascina. I Frassi, in particolare, formavano borgo e cappellania, con rettoria di s. Lorenzo ricordata nel 1311 [ASG, not. G. Nepitella, reg. I, f. 81], chiamata anche Frassineto o Frasoneto, cessò di esistere tra il 1387 e il 1411 [Ferretto, Primordi, 516]. Nel 1518, per lo spopolamento della frazione la cappellania di s. Lorenzo viene unita all' altare di s. Pietro nella chiesa parrocchiale. Portovecchio, crocevia sulla strada medievale di costa, è del tutto scomparsa. Altri insediamenti: Molini. La frazione, condivisa con Fraconalto (la separazione è segnata dal torrente Lemme), si forma a partire dal primo Seicento, in seguito all'apertura della nuova strada di fondovalle (1585) [AA. VV. 1985].
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Comunità, origine, funzionamento | A partire dal XVI secolo sono attestati in Voltaggio i consoli o un podestà, designati in loco, e i castellani inviati da Genova. Ai primi spettava la facoltà di gestire la giurisdizione civile, mentre ai secondi toccava la competenza sulla giurisdizione della giustizia, e le competenze schiettamente militari. A parte le decisioni più complesse e legate alla stessa sicurezza della repubblica, la gestione di buona parte della vita della comunità era demandata “al’università degli uomini di Voltaggio”, sia tramite i consoli sia, nei casi più gravi, con l’intervento diretto dei capi famiglia convocai a parlamento nella chiesa parrocchiale. Dopo il podestà venivano in ordine quattro consiglieri del comune che duravano in carica un anno e deliberavano in materia di opere pubbliche, viabilità, fisco e polizia urbana. I documenti dell’archivio comunale ricordano la presenza di “magistrali” e “sindaci”. Ai primi era richiesta la vigilanza sul commercio minuto, mentre ai secondi spettava la rappresentanza di interessi particolari della comunità o di gruppi di cittadini in ordine a problematiche contingenti di varia natura. L’organo supremo era rappresentato dai Consoli, ai quali venne sottratto progressivamente ogni funzione sino ad assumere più una funzione di rappresentanza che effettiva.
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Statuti | Non risulta notizie storiche dell’esistenza di statuti a Voltaggio. Lo statuto attualmente in vigore è del 2010 [Vedi documento].
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Catasti | I catasti più antichi non sono sopravvissuti, tranne un “Catastrio-pratiche varie” redatto nel 1719 e aggiornato sino al 1888 [ASCVoltaggio, Faldone 168]. Nel 1798 fu redatto un “Catasto provvisorio della Commune”, aggiornato nel 1819 [ASCVoltaggio, Faldone 168]. Nel 1853 fu realizzato un libro dei trasporti [ASCVoltaggio, Faldone 169] in uso sino alla redazione di un nuovo “Catasto dei terreni” del 1898, redatto in 8 volumi: Catasto dei terreni, 2 voll. [ASCVoltaggio, Faldoni 170-171]; matricola dei possessori, 2 voll. [ASCVoltaggio, Faldone 172-173]; catasto dei fabbricati, 4 voll. [ASCVoltaggio, Faldone 174-177].
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Ordinati | Sono conservate le deliberazioni comunali, raccolte in 41 faldoni [ASCVoltaggio, Faldoni N. 51-92]. Le più antiche, raccolte in volumi intitolate Liber deliberationum, sono del 1625.
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Dipendenze nel Medioevo | Dal sec. X appartiene alla Marca Obertenga, quindi al Comitato di Tortona, ai Marchesi di Gavi e, dal 1121, alla Repubblica di Genova. Nel 1127 il Comune di Genova investe la castellania di Voltaggio a Oberto Porco e Bonifacio Della Volta. Considerata di fatto castellania della repubblica, viene nel corso del XIII e XIV secolo occupata dagli Spinola che considerano in borgo un loro possesso personale sino a quando nel 1418 Voltaggio viene conquistata dai Visconti che la infeudano a Isnardo Guarco e, in seguito, ai Fregoso e ai Guasco.
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Feudo | Nel XVI secolo figura nell’ordinamento territoriale della repubblica di genova come Podesteria alla quale era preposto un “cittadino dell’ordine nobile” affiancato da consoli e da sindaci del comune. nel 1528, a seguito della riforma costituzionale di Andrea Doria, le famiglie consolari di Voltaggio furono aggregate agli “alberghi” di Genova.
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Mutamenti di distrettuazione | La podesteria di Voltaggio dipende dal capitano e poi (1708) dal governatore di Novi. Inglobato il consolato di Fiaccone nel corso del sec. XVII, Voltaggio nel maggio del 1797 divenne parte della Repubblica Ligure al posto della decaduta Repubblica di Genova. Dopo l’annessione della Repubblica Ligure da parte dell’Impero Francese (31 Ottobre 1805), diventa parte del Dipartimento di Genova, Circondario di Novi, Cantone di Gavi. Nel 1815 Voltaggio rientra a far parte del Regno di Sardegna. Nel 1819 la maglia amministrativa rimane sostanzialmente la sessa, con la nuova denominazione di Divisione di Genova, Provincia di Novi, Mandamento di Gavi. Nel 1859, in seguito al riordino del nuovo Stato unitario, Voltaggio entra nella Provincia di Alessandria.
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Mutamenti Territoriali | l primo insediamento di Voltaggio - per quanto tramandi la memoria orale e nessun altro documento - si trovava a nord dell'attuale paese, in località San Nazaro. Dal 1590 i confini della podesteria ricalcano con poche eccezioni quelli dell’attuale comune.
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Comunanze | Nella scheda del CLUC risultano 3 particelle soggette a uso civico : in località Portovecchio e sulle pendici del monte Tobbio, in loc. Martelle (50 ha). Risultano vertenze per l'uso delle comunaglie del monte Leco, tra Voltaggio e Larvego (attuale Campomorone), a partire dal sec. XVII [ASG, ms 18; Prefettura Sarda, 762].
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Liti Territoriali | La prima descrizione dei confini della podesteria pervenutaci e risalente alla fine del sec. XVI non presenta rilevanti differenze con gli attuali limiti del comune. Nel 1590 i confini corrono dal rio di Coniolongo fino alla costa dell'Alpe sino al Porale, quindi seguono i monti Brignone (al confine con Borlasca), Zuccaro, Torello, la costa di Gariberto, il monte Bruzeta, le località Bondacco e Cornareto, il monte Brisco, il Piano della Castagna, la costa degli Eremiti, il monte Tobbio, il piano del Nespolo, il torrente Gorzente, la costa di Pietradaglia [Preadoga], il monte Leco e il torrente Lemme fino a Coniolongo [ASG, confinium, fz 22]. A metà sec. XVII, la giurisdizione di Voltaggio si estende fino al rio Busalletta - sotto la località Tegli - e fino alla cascina Bertescara (Bertesca) e al Piano delle Pere, tra Borlasca e Sotto valle. [ASG, confinium, 1648, fz 59]. Risultano vertenze per l'uso delle comunaglie tra Voltaggio e Larvego [attuale Campomorone] dal sec. XVII alla metà del XIX [cfr. ASG, ms. 18, dove si stabilisce che, stante il diritto d'uso dei polceveraschi, le terre contese sono in giurisdizione di Voltaggio; per la prima metà del sec. XIX, cfr. anche la documentazione conservata in ASG, Pref. Sarda]. L’area contesa era compresa tra il torrente Acque Striate a nord, il torrente Lemme a est, la costa Leco-Bocchetta a sud e la costa tra Leco e Carrosina e ovest [ASG, Pref. Sarda 762, 24.09.1839]. Le pretese di Larvego erano sostenute sulla base di una revisione dei confini del 1611 in cui risultava che la sua giurisdizione si estendeva sino alle Capanne di Marcarolo [ASG, Pref. Sarda, 762, del. 9.5.1840], ma viene chiamata in causa da Larvego anche la Tavola di Polcevera del 290 a.C. [ACV, cart. 96]. Proabilmente la vicenda si chiude solo nel 1853 con il definitivo riconoscimento della giurisdizione di Voltaggio sui boschi del Leco. Sul versante di Borlasca [oggi in Comune di Isola del Cantone], la necessità di chiarire i confini è sottolineata dalle relazioni e della cartografia preparate nel 1648 [ASG, ms. 712 e Confinium, fz. 59] : la zona contesa si trovava tra le cascine Novella e Bertesca e il monte Brignone [l' area è raffigurata in ASG, ms. 712; cfr. anche ASG confinium, 1629, fz 52 e 1631, fz 52].
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Fonti edite:
ASLSP Atti della Società Ligure di Storia Patria
BSSS Biblioteca della Società Storica Subalpina
MHP Monumenta Historiæ Patriæ Fonti inedite:
ASCVoltaggio: Archivio Storico del Comune di Voltaggio
ASG:Archivio di Stato di Genova.
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Bibliografia | AA.VV., Una strada per l'Oltregiogo. I quattrocento anni della Bocchetta (1585-1985), Comunità Montana Alta Val Lemme ed Alto Ovadese, Ovada 1986.
ALFONSO, L. a cura di, Annuario Arcidiocesi di Genova. Schede storiche, Grafiche Fassicomo, Genova 1994.
BENSO , R. Voltaggio. Terra di Val Lemme, Cassa di Risparmio di Alessandria, Alessandria s.d. (ma 1981).
BOCCALARI, R. Voltaggio, Tip. Nazionale, Genova 1936.
DESIMONI, C. Annali storici della città di Gavi e delle sue famiglie (dall' anno 972 al 1815), Tip. Jacquemod Figli, Alessandria 1896.
FERRETTO, A. I Primordi del Cristianesimo in Liguria, ASLSP (XXIX), Genova 1907.
FERRETTO, A. Documenti genovesi di Novi e Valle Scrivia, BSSS (LI), Pinerolo 1909.
LEARDI, E. Il Novese. Segni e radici di un'identità, Tip. Brigati, Genova-Pontedecimo 1996.
REMONDINI, A. e M., Parrocchie dell'Arcidiocesi di Genova. Notizie storico-ecclesiastiche, Regione XIII, Genova 1891.
VINZONI, V. Il Dominio della Serenissima Repubblica de Genova in Terraferma (1773), anastatica ed. C.I.E.L., Genova 1955.
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Descrizione Comune | Voltaggio
Al termine del sec. X il territorio di Voltaggio fa parte della Marca obertenga; tra XI e XII è soggetto al Comitato di Tortona, sotto il dominio degli Adalbertini marchesi di Gavi. Nel 1121 la Repubblica di Genova acquista dai marchesi di Gavi per 400 lire genovesi il castello di Voltaggio e le sue pertinenze [CAFFARO, Annales, in MGH, XVIII : 15].
Nel 1127 il Comune di Genova investe la castellania di Voltaggio a Oberto Porco e Bonifacio Della Volta [FERRETTO 1909], con giurisdizione militare, civile e criminale. Nello stesso anno viene nominato console degli uomini di Voltaggio Wilielmus De Volta, con incarichi amministrative [BENSO (1981) s.d. : 19]. In seguito, almeno dal sec. XVI, al posto del castellano, Genova sarà rappresentata da un podestà con carica annuale, incaricato di presiedere i consigli e amministrate la giustizia. Riferirà Matteo Vinzoni, nel 1773, che il podestà «è dell'Ordine Nobile, et ale volte del Civile, annualmente eletto dalla Repubblica con Salario di l. 1095:1:4». Agli inizi del sec. XIII inizia la definitiva spoliazione dei marchesi di Gavi, completata intorno alla metà del secolo, quando Giovanni dei Marchesi di Gavi cede il residuo patrimonio feudale posseduto in Voltaggio.
Nel secolo successivo, gli Spinola si impadroniscono dei feudi delle valli Lemme e Scrivia. Opizzino degli Spinola di Luccoli nel 1310 incendia Voltaggio e, due anni dopo, ne diventa il primo feudatario imperiale. Da Opizzino, i diritti sui feudi delle valli Lemme e Scrivia passano, attraverso la figlia, ai marchesi di Monferrato [DESIMONI 1896]. Nel 1347 gli Scorza giurano fedeltà alla Repubblica come signori di Voltaggio. Meno di dieci anni più tardi Carlo IV [1355] concede Voltaggio in feudo a Giovanni II di Monferrato; ma presto il borgo ritorna sotto il dominio della Repubblica. Nel 1418 i Visconti conquistano la Val Lemme e ne infeudano le terre a Isnardo Guarco e (nel 1431) a Spinola Caccianemico, signore di Rossiglione. A metà sec. XV, Voltaggio figura tra i possedimenti di Pietro da Fregoso, suddito del Duca di Milano e, nel 1468, fra quelli di Antonio Guasco, patrizio alessandrino, signore di Bisio, Gavi e Francavilla [BENSO (1981) s.d. : 34]. Nelle convenzione del 1479 si dichiara che Gavi, Voltaggio e Fiacone, occupati dal Duca di Milano devono essere restituiti a Genova e a partire dal 1528 resta sotto il diretto controllo della Repubblica, a cui nel 1536 viene confermato il dominio dell' Oltregiogo - in particolare della media e alta Val Lemme - dall' imp. Carlo V [DESIMONI, Annali: 153]. Con l'abbandono della pieve medievale, in località San Nazaro, la chiesa del castello diventa parrocchiale con autorità fino a Rigoroso. Le rettorie suffraganee della pieve-prepositura di Voltaggio erano s. Lorenzo in Frassino, s. Martino de Amelio, s. Maria in Carosio, s. Maria in Montanesi o Montaldo, s. Andrea in Rigoroso, s. Salvatore in Pratolongo sottano, s. Maria in Pratolongo soprano e s. Nicolò in Sottovalle. Nel 1838 il vicariato viene smembrato : Pratolungo e Rigoroso passano rspettivamente a Gavi e Borgo Fornari; restano Sottovalle e Carrosio a cui si aggiunge s. Lorenzo in Fiacone e, nel 1896, N.S. della Misericordia in Molini (le frazioni - e le parrocchie - di Frassino, Montaldo e Aimero sono scomparse prima della visita di mons. Bossio nel 1582). La costruzione della parrocchiale (o, forse, solo il suo ampliamento) è fissata da una lapide all' anno 1202 [BENSO (1981) s.d. : 55]. Nel 1518 a uno dei suoi altari (mons. Bossio ne conterà sette) viene unita la cappellania del Frassino, per lo spopolamento della piccola località (dove oggi resta solo una cappella). La podesteria di Voltaggio, insieme a quelle di Parodi e Gavi e al consolato di Fiaccone, dipende (inizi XVII) dal capitano e poi (dal 1708) dal governatore di Novi [BENSO (1981) s.d.: 50]. Si conservano numerose tracce documentarie contro la dipendenza da Alessandria di Volaggio e Fiaccone, come una richiesta di inserimento nella Provincia di Genova degli anni 1908-1910 [ASCVoltaggio, deposito, cat. I, fald. 1], ripresentata tra il 1945 e il 1949 [Ivi]. Tra il 1923 e il 1926 tutto il Mandamento di Novi Ligure chiede di essere aggregato a Genova; pochi anni più tardi (1938) si domanda, senza esito, l'unione di Voltaggio e Fiaccone [Ivi]. Numerosi beni in Voltaggio appartenevano alle commende di s. Giovanni di Pre e s. Giovanni Battista in Savona, tra i quali la cappella di S. Biagio (in precedenza chiesa gerosolimitana di s. Giovanni Battista), descritta ancora nel 1773 sulla carta del Vinzoni tra il ponte dei Pagani e la strada di Fiacone come "Commenda della Religione di Malta». In loc. Carbonasca si trova la casa di campagna (inizi sec. XVIII) dei Signori della Missione del Fassolo (Genova), i quali in Voltaggio, come in Parodi e Fiacone, dispongono di un cospicuo patrimonio fondiario. Vi si trovava un convento di frati Minori conventuali, dedicato a s. Francesco, di cui si conservano notizie dal 1561 al 1799; e un altro dei padri Cappuccini, fondato nel 1595 e tuttora esistente. Nel 1476 risulta attivo l ospedale di s. Maria Maddalena, dipendente dall'ospedale genovese di s. Maria del Borgo degli Incrociati [FERRETTO 1907 : 637; per i secc. XVIII e XIX cfr. anche ASCVoltaggio, cart. 201]. Vi si contano quattro oratori: s. Maria del Gonfalone - o "della Madonna" - del sec. XVII : la casaccia di s. Maria originariamente aveva sede nella sacristia della chiesa parrocchiale; s. Sebastiano - o "della Morte" - risalente agli inizi del sec. XVII, abbandonato da alcuni decenni; s. Antonio Abate, in origine cappella rurale fuori dalle mura (Bossio ricorda un "oratorium vicinum portæ Vultaggi"). La confraternità si costituì nel 1771; s. Giovanni Battista - o "del Suffragio" - risalene al sec. XIX. Con la stessa titolazione esisteva un altro oratorio prsso il convento di s. Francesco soppresso nel 1799. Tra le capelle del borgo scomparse: s. Anna, i cui ruderi erano ancora visibili a fine XIX; s. Rocco demolita nel sec. XIX; s. Bernardino, descritta presso il convento di s. Francesco a fine XVI («ab vetustatem dirutam»), ancora nel 1529 aveva un rettore [BENSO (1981) s.d. : 57]. Mons. Bossio nel 1582 segnalava una chiesa dedicata a s. Maria Maddalena, di cui non resta neppure il ricordo. Sul territorio di Voltaggio si trovavano due ospedali: uno di s. Biagio che nel 1441 dipendeva dai Cavalieri Gerosolimitani di Prè [not. A. De Cairo, fz I, f. 66], l'altro di s. Maria Maddalena che nel 1476 dipendeva dall'Ospedale di s. Maria di Borgo Incrociati in Genova [not. De Cairo, fz XXXI, f. 38; FERRETTO 1907: 637; per i secc. XVIII e XIX cfr. anche ASCVoltaggio, cart. 201]. La prima descrizione dei confini della podesteria pervenutaci e risalente alla fine del sec. XVI non presenta rilevanti differenze con gli attuali limiti del comune. Nel 1590 i confini corrono dal rio di Coniolongo fino alla costa dell'Alpe sino al Porale, quindi seguono i monti Brignone (al confine con Borlasca), Zuccaro, Torello, la costa di Gariberto, il monte Bruzeta, le località Bondacco e Cornareto, il monte Brisco, il Piano della Castagna, la costa degli Eremiti, il monte Tobbio, il piano del Nespolo, il torrente Gorzente, la costa di Pietradaglia [Preadoga], il monte Leco e il torrente Lemme fino a Coniolongo [ASG, confinium, fz 22]. A metà sec. XVII, la giurisdizione di Voltaggio si estende fino al rio Busalletta - sotto la località Tegli - e fino alla cascina Bertescara (Bertesca) e al Piano delle Pere, tra Borlasca e Sotto valle. [ASG, confinium, 1648, fz 59]. Risultano vertenze per l'uso delle comunaglie tra Voltaggio e Larvego [attuale Campomorone] dal sec. XVII alla metà del XIX [cfr. ASG, ms. 18, dove si stabilisce che, stante il diritto d'uso dei polceveraschi, le terre contese sono in giurisdizione di Voltaggio; per la prima metà del sec. XIX, cfr. anche la documentazione conservata in ASG, Pref. Sarda]. L’area contesa era compresa tra il torrente Acque Striate a nord, il torrente Lemme a est, la costa Leco-Bocchetta a sud e la costa tra Leco e Carrosina e ovest [ASG, Pref. Sarda 762, 24.09.1839]. Le pretese di Larvego erano sostenute sulla base di una revisione dei confini del 1611 in cui risultava che la sua giurisdizione si estendeva sino alle Capanne di Marcarolo [ASG, Pref. Sarda, 762, del. 9.5.1840], ma viene chiamata in causa da Larvego anche la Tavola di Polcevera del 290 a.C. [ASCVoltaggio, cart. 96]. Proabilmente la vicenda si chiude solo nel 1853 con il definitivo riconoscimento della giurisdizione di Voltaggio sui boschi del Leco. Sul versante di Borlasca [oggi in Comune di Isola del Cantone], la necessità di chiarire i confini è sottolineata dalle relazioni e della cartografia preparate nel 1648 [ASG, ms. 712 e Confinium, fz. 59] : la zona contesa si trovava tra le cascine Novella e Bertesca e il monte Brignone [l' area è raffigurata in ASG, ms. 712; cfr. anche ASG confinium, 1629, fz 52 e 1631, fz 52]. La popolazione censita in 350 fuochi da mons. Giustiniani nel 1505; 2404 ab. nel 1607 e 1957 ab. all'indomani dell’Unità d'Italia, ha una picco di 2449 ab. nel 1881 e la punta massima nel 1931 (2845 ab.). |