Priola

AutoriPalmero, Beatrice
Anno Compilazione1998
Provincia
Cuneo
Area storica
Monregalese. Vedi mappa.
Abitanti
853 (censimento 1991).
Estensione
2706 ha (ISTAT 1991); 2822 ha (SITA 1991).
Confini
A nord Bagnasco, a est Vetria e Calizzano, a sud Garessio, a ovest Viola.
Frazioni
Non vi sono frazioni, restano aggregati abitativi di rilievo in area montana: Rovoira, Canova, Nascio, Candia. Il nucleo abitativo principale si divide nei quartieri di Borgo (S. Desiderio), Casario, Pievetta e Pianchiosso; di dimensioni minori l’aggregato di case Careffi.
Toponimo storico
«Petra Auriola», «Petriola» (Casalis 1847, vol. XV, p. 753). Il suffisso è legato direttamente al latino petra, nel senso di «rupe, roccia, masso roccioso», e può essere ricollegato a quei toponimi che segnalano caratteristiche geomorfologiche della zona, in questo caso la montuosità (Borgna, Rossi 1975, p. 104). Le prime attestazioni del luogo risalgono al 1227 e al 1233. Il toponimo di «Petra Auriola» compare infatti nel cartario della Certosa di Casotto come luogo di stipulazione di vendite e donazioni a favore dei monaci (Conterno 1970, p. 387).
Diocesi
Alcune chiese di Priola, nonostante la presenza di una pieve, inclusa nella diocesi albense (1325), furono soggette alla giurisdizione dell’ordinario abbaziale di Susa fino alla metà del XVII secolo. Nel 1649 la parrocchia di Pievetta risulta una congregatio della diocesi di Alba, mentre S. Desiderio e S. Giusto restarono fino al 1748 incluse nel distretto ecclesiastico di Asti, che rivendicava su di esse i diritti dei benedettini. Ciò spiegherebbe come mai nelle successive visite pastorali di Alba i luoghi di Plebeta e Petriolla siano visitati separatamente, benché costituiscano sul piano politico-territoriale un unico comune. Inoltre, per un periodo non meglio specificato, S. Desiderio fu aggregata a S. Giusto, che mantenne da sola il titolo di parrocchia, a servizio dei due quartieri urbani (S. Desiderio e Casario), perciò nelle fonti si trova attribuita solo a S. Giusto la giurisdizione benedettina.
Sul territorio di Priola sorgono inoltre sei cappelle campestri, così distribuite: S. Bartolomeo (località Casario), S. Rocco, S. Bernardo e S. Benedetto (località Careffi) sotto la parrocchiale di S. Giusto; S. Croce e SS. Cosma e Damiano «in regione seu villa» di Pianchiosso, sotto la parrocchiale di Pievetta (AD Mondovì, Visite pastorali-Alba, Vescovo Natta [1756]).
Infine, a seguito della ristrutturazione dei distretti ecclesiastici (1817), le chiese di Priola vennero poste sotto la giurisdizione del vescovo di Mondovì (Berra 1955, pp. 52-54).
Pieve
La pieve di Priola – ricordata nel registro diocesano di Alba del 1325 – raccoglieva le ecclesie dell’Alta val Mongia (Lisio, Viola, Scagnello e Battifollo), oltre ad estendere il proprio distretto anche sulla chiesa di S. Nicolao di Mursecco e su un’altra chiesa di Garessio, nonché su una «ecclesia de Ulmeta», su S. Margherita di Bagnasco, su quella di Nucetto, di Viola e di Massimino (Conterno 1979, pp. 70-72). Olderico Manfredi e il vescovo di Asti, suo fratello, fondatori dell’abbazia di S. Giusto di Susa, attribuirono ai possedimenti dell’abbazia la corte incastellata di Priola con la cappella di S. Desiderio, includendo quest’ultima nel distretto ecclesiatico di Asti (IX secolo) (Casalis 1847, vol. XV, p. 753). Nonostante le antiche attestazioni di S. Desiderio e di S. Giusto, il «plebatus Petriolle» è riconosciuto nella chiesa di S. Maria Vergine Assunta di Pievetta, la cui intitolazione non è quella originaria, ma viene così chiamata solo a partire dal 1603. S. Desiderio, inclusa nell’antica pieve, passa in seguito la sua intitolazione alla parrocchiale del Borgo, mentre quella di S. Giusto va alla parrocchia di Casario. L’originario S. Giusto è invece visibile nei ruderi adiacenti l’antico castello (Conterno 1979, p. 77).
Altre Presenze Ecclesiastiche
Fino alla metà del XVII secolo i Benedettini dell’abbazia di S. Giusto di Susa ebbero giurisdizione ecclesiatica sulle tre parrocchie di Priola.
Assetto Insediativo
        
Luoghi Scomparsi
Non si hanno segnalazioni d’insediamenti estinti.
Comunità, origine, funzionamento
Gli statuti che attestano l’esistenza di regole di vita comunale sono databili al XIV secolo, anche se giungono a noi solo in copia del XVI secolo (AST, Corte, Paesi per A e B, P, mazzo 24, fasc. 1 [1554]). Dalla loro analisi si evidenzia che il corpo statutario principale del 1397 è di fatto una renovatio di un nucleo di norme preesistenti, concesse al comune e «universitate ville et loci Petriolle» (Amedeo 1963, p. 87). Che Priola già nel Duecento fosse un borgo di un certo rilievo, con una popolazione consociata in universitas è deducibile dai capitoli del Libro della catena di Garessio, dove appunto s’impone il cittadinatico a quegli «homines Petriole seu de alio loco qui coheret cum Garexio», che da più di 10 anni lavoravano le terre di Garessio (II Libro della catena del Comune di Garassio, capp. 53 e 61). Inoltre Priola nel XIII secolo compare come località intermedia tra Garessio e Bagnasco, luogo di stipulazione di donazioni, che vanno a incrementare il patrimonio fondiario della Certosa di Casotto: ai monaci vengono alienate alcune pezze di bosco e castagneto (Conterno 1970, p. 387).
L’amministrazione comunale di Antico Regime è affidata a un sindaco e a quattro consiglieri, che hanno una propria sede dove sono anche conservate le scritture, prive però di un inventario (BRT, Storia patria n. 853, Relazioni della provincia di Mondovì, relat. Corvesy 1753, p. 236).
Statuti
Si conserva una copia del 1554 (AST, Corte, Paesi per A e B, P, mazzo 24, fasc. 1), in cui si può distinguere il nucleo principale di redazione del 1397. Il corpo statutario del XIV secolo, composto da 138 capitoli, è oltretutto una riedizione delle più antiche norme. Il primo capitolo infatti è introdotto da Renovata sunt capitula et conventiones Communis et Universitatis Ville et loci Petriolle, in cui è evidente il riferimento ad un gruppo di norme originarie, alle quali peraltro non è possibile attribuire una datazione precisa. Nel 1422 si ha un’altra edizione con indice, che inserisce i 4 capitoli del 1408 (notaio Manuele Tachino di Bagnasco, redattore) e su cui venne annotata l’aggiunta di un capitolo del 1539. Mentre la copia tuttora esistente, sulla quale è stato condotto lo studio di Amedeo è quella trascritta nel 1554 dal notaio Enrichetto Basso di Ormea e consultabile a Toino.
Catasti
Nel 1753 l’intendente annotava la presenza di catasti precedenti (BRT, Storia patria n. 853, Relazioni della provincia di Mondovì, relat. Corvesy 1753), ma attualmente si conservano i registri, insieme agli allegati e ai Libri di trasporto, della seconda metà del XIX secolo, con alcune misurazioni iniziate in età napoleonica.
La vertenza territoriale con la Repubblica di Genova produce una cartografia del confine di Priola sul versante genovese, realizzata dall’architetto Carlo Francesco Goletti (AST, Corte, Mondovì provincia, mazzo 9, fasc. 21).
Ordinati
L’intendente Corvesy segnalava che le carte d’archivio, seppur tenute con cura, non avevano un inventario (BRT, Storia patria n. 853, Relazioni della provincia di Mondovì, relat. Corvesy 1753). Tale situazione si è poi aggravata in seguito agli spostamenti della sede del comune e alle rappresaglie sui documenti, attuate nel corso delle ultime due guerre mondiali. Inoltre continua a mancare un inventario, per cui si possono attestare le serie solo a partire dal XX secolo: dal 1908 le delibere del consiglio e dal 1903 quelle della giunta.
Dipendenze nel Medioevo
In seguito all’espansione aleramica lungo il Tanaro, il comune di Priola entrò a far parte del distretto marchionale dei Ceva. Nel corso del XIII secolo la famiglia dei Ceva cercò l’alleanza del comune di Asti per fronteggiare le incursioni delle limitrofe famiglie marchionali. Sedate le lotte il marchesato di Ceva si consolidò sul territorio, distribuendo infeudazioni ad alleati e vassalli.
Feudo
Feudo dei marchesi di Ceva, ne ebbe compartecipazione anche il comune di Asti fino al 1357. Fu poi infeudato ai Pallavicino di Ceva – ramo cadetto della famiglia marchionale, signori del luogo e vassalli dei Savoia –, che mantennero la giurisdizione con il titolo marchionale, mentre per un terzo spettava ai conti di Savigliano (BRT, Storia patria n. 853, Relazioni della provincia di Mondovì, relat. Corvesy 1753, p. 237). In seguito i Pallavicino ne vendettero una parte ai conti Cambiani di Ruffia, già signori di Perlo (Casalis 1847, vol. XV, p. 753).
Mutamenti di distrettuazione
Priola, prima incluso nel marchesato di Ceva, a seguito della riforma amministrativa dello Stato sabaudo viene posto nel mandamento di Garessio, facente capo alla provincia di Mondovì (1741). Durante il periodo di dominazione francese del Piemonte (1797-1815) rientra nel dipartimento della Val Tanaro; mentre con il ripristino delle province di Antico Regime, Battifollo torna alla provincia di Mondovì (1816). La riduzione delle circoscrizioni provinciali del Regno sardo (1859) sancisce l’accorpamento della provincia di Mondovì a quella di Cuneo e il conseguente passaggio dei comuni monregalesi in un’unica giurisdizione cuneese.
Mutamenti Territoriali
La caratteristica di Priola è di essere stata una comunità con una vasta estensione di risorse territoriali a uso collettivo, di cui si trova ancora traccia attualmente nel considerevole patrimono demaniale e negli usi civici. Questa condizione giuridica del territorio ha determinato contrazioni nella giurisdizione comunale sia nella fase medievale di concessione dei marchesi (sec. XIII), che privilegiarono Garessio, che in quella successiva di definizione dei confini del 1437 con appropriazioni di Garessio e degli abitanti di Viola e Calizzano.
Alla fine del Settecento la riduzione a proprietà privata di gran parte dei compascui con Vetria e verso Bagnasco costituiscono un ulteriore impoverimento del patrimonio collettivo, ma non tutto a discapito del controllo sul territorio, ridefinito con nuovi accordi governativi tra Piemonte e Repubblica genovese (1776).

Dopo questi assestamenti non si registrano ulteriori variazioni, se non moderne alienazioni decretate dal commissariato per la liquidazione agli usi civici, che non hanno effetti sull’estensione comunale, ma solo sulla destinazione delle risorse del territorio.

Comunanze

Attualmente ammontano a 177,9978 ha di cui: 177,7756 ha in categoria «A», e 0,2222 ha in categoria «N» (CSI 1991, Piemonte). Secondo le relazioni tecniche del 1934 le terre comunali erano costituite da seminativi e prati, con estensioni maggiori di pascoli e boschi (CLUC, Provincia di Cuneo, cartella 177). In località Valdemanno risulta un pascolo promiscuo sulle zone di coerenza con Calizzano e Bagnasco (CLUC, Provincia di Cuneo, cartella 8).

La permanenza di un patrimonio demaniale di notevoli estensioni ha una tradizione di sfruttamento collettivo di un vasto territorio, che le vicende storiche hanno lentamente corroso, in ragione delle esigenze economiche e politiche (cfr. il lemma ‘Liti territoriali’: in particolare l’area di coerenza con Vetria, che alla fine del Settecento vede il compascuo asservito alle usurpazioni dei privati).

Liti Territoriali
Si individuano due fronti di contesa territoriale: una verso Garessio e Viola, l’altra sul versante genovese. La prima si sviluppa a partire dai diritti di sfruttamento concessi dai marchesi di Ceva alle comunità sui propri terreni (AST, Corte, Mondovì provincia, mazzo 14, fasc. 7: Designazione confini annotati né statuti di detto luogo di Garessio colli territori di Ormea, Nasino, Valle di Quedano, Bardinetto, Calizzano, Priola, Viola, Pamparato, Roburent, Montalto [1437]; AC Garessio, Cause e liti, faldd. 14, 26-32 bis: Liti con il Marchese Spinola e le Comunità di Viola, Priola e Garessio per boschi e pascoli comuni. Atti e testimoniali [1592-1777]). L’altra contesa insorge a seguito di usurpazioni di privati su aree comunali, che trovandosi inoltre su un confine tra Stati si trasformano inevitabilmente in una questione di affari esteri (AST, Corte, Mondovì provincia, mazzo 9, fasc. 21: Informazioni e testimoniali dei termini divisori tra Priola e Vetria (Ge) [1776]).
Fonti
AC Garessio (Archivio Storico del comune di Garessio): Cause e liti, faldd. 14, 26-32 bis: Liti con il Marchese Spinola e le Comunità di Viola, Priola e Garessio per boschi e pascoli comuni. Atti e testimoniali [1592-1777].
AD Mondovì (Archivio Storico della Diocesi di Mondovì), Visite pastorali-Alba, Vescovo Natta [1756].
AST (Archivio di Stato di Torino):
A.S.T., Carte topografiche e disegni, Carte topografiche per A e per B,  Tanaro, Mazzo 1, Corso del Tanaro da Garessio a Govone diviso in 4 parti. Parte 1a. Corso del Tanaro da Garessio sino a Govone, diviso in 4 parti; la 1a da Garessio sino a Ceva; la 2a da Ceva sino a Farigliano; la 3a da Farigliano sino a Verduno al là di Cherasco; la 4a da Verduno sino a Govone. Levato per Ordine dell'Ill.mo Sig. Conte di Robilante, sulla Scala di 1/9360, con indici (con una copia della parte 3a e due della parte 4a). (Note: Sul verso reca una segnatura archivistica in francese nella quale la presente carta è indicata come la seconda parte di una Carta del Tanaro divisa in 6 parti, delle quali la 1a (dalle sorgenti sino a Garessio) e la 6a (da Govone sino allo sbocco nel Po presso Alessandria) sono mancanti. Carta con timbro del Dépôt Général de la Guerre.), s.d. Vedi mappa.
Corte, Mondovì provincia, mazzo 9, fasc. 21; mazzo 14, fasc. 6: copia di un capitolo degli statuti datato 20 febbraio 1296; fasc. 7: Designazione confini annotati né statuti di detto luogo di Garessio colli territori di Ormea, Nasino, Valle di Quedano, Bardinetto, Calizzano, Priola, Viola, Pamparato, Roburent, Montalto [1437]; fascc. 10-11; mazzo 9, fasc. 21;
Corte, Paesi per A e B, P, mazzo 24, fasc. 1 [1554].
BRT (Biblioteca Reale di Torino), Storia patria n. 853, Relazioni della provincia di Mondovì, relat. Corvesy 1753. La relazione dell’intendente Corvesy è edita: Descrizione della Provincia di Mondovì: relazione dell’intendente Corvesy, 1753, a cura di G. Comino, Mondovì 2003.
CLUC (Commissariato per la liquidazione degli usi civici), Provincia di Cuneo, cartelle 8 e 177.
Bibliografia
Amedeo R., Gli statuti del comune di Priola del 1397, in «BSSAACn», 50 (1963), pp. 85-91.
Bagnaschino G.B., Cenni storici sul comune di Priola e sulle sue Parrocchie, Torino 1912.
Berra L., Riordinamento delle diocesi di Mondovì. Saluzzo, Alba e Fossano ed erezione della diocesi di Cuneo (1817), in «BSSSAACn», 36 (1955), pp. 18-59.
Borgna M.L., Toponomastica medievale dell’Alta Valle Tanaro, in «BSSSAACn», 72 (1975), pp. 101-116.
II Cartario della Certosa di Casotto, a cura di G. Barelli, Torino 1957 (BSSS 179).
Casalis G., Dizionario geografico storico-statistico commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna, Torino 1847, vol. XV.
Conterno G., Pievi e chiese dell’antica diocesi di Alba, in «BSSSAACn», 80 (1979), pp. 55-88.
Conterno E., Frazionamenti di possessi e valori di terre nel XIII secolo: gli acquisti della Certosa di Casotto, in «BSBS», 68 (1970) pp. 377-413.
Descrizione della Provincia di Mondovì: relazione dell’intendente Corvesy, 1753, a cura di G. Comino, Mondovì 2003.
II Libro della catena del Comune di Garassio, a cura di G. Barelli, Pinerolo 1904 (BSSS 27).
Morozzo della Rocca E., Le storie dell’antica città del Monteregale. ora Mondovì in Piemonte. Mondovì 1894-1905, 3 voll.
Torre A., II consumo di devozioni. Religione e comunità nelle campagne dell’Ancien Regime, Venezia 1995.
Descrizione Comune

Priola

La visita pastorale del 1756 è la prima che compete al vescovo di Alba, poiché la parrocchiale di S. Giusto era compresa nella giurisdizione benedettina dell’abbazia di Susa. La permuta del 2 aprile 1748 consegna questa chiesa – che per un certo periodo aveva assorbito anche le funzioni dell’antica S. Desiderio – nella diocesi episcopale albense. Con la visita pastorale del 1756 si afferma quindi l’estensione del distretto episcopale a tutte le chiese del comune, anche se il borgo di Pievetta, già sottoposto al vescovo di Alba da circa un secolo, per consuetudine, è visitato a parte. Non è specificato il titolo di parrocchiale per S. Desiderio, ma è comunque una chiesa in cui si attestano le funzioni eucaristiche, i battesimi e le sepolture.
Ad attendere il vescovo Natta ci sono le confraternite dei Disciplinati e delle Umiliate della parrocchiale di S. Giusto. Sei sono gli altari presenti in detta chiesa, a cui provvedono le varie Societates: Santissimo Sacramento; Suffragio; Beata Maria Vergine di Monte Carmelo; le Umiliate di Santa Teresa e Caterina vergini e martiri; i Disciplinanti, che tengono oltre all’altare di S. Giovanni Battista, anche un’oratorio sotto il medesimo titolo; mentre gli altari delle SS. Caterina e Agata e di S. Antonino sono mantenuti con l’elemosina comunitaria.
Nella chiesa di S. Desiderio invece ha sede la compagnia del Sacro Cuore di Gesù, e si trovano sei altari mantenuti da privati, di cui due sono famiglie di Garessio ed altre di origine astense, oltre al supporto di un gran numero di legati per la celebrazione di messe e ricorrenze annue (AD Mondovì, diocesi Alba, vescovo Natta [1756], pp. 144-153).
A Pievetta, nella parrocchia della Vergine Assunta, ossia l’antica S. Maria maggiore, si trovano gli altari mantenuti dalle varie Societates: la compagnia del Santissimo Sacramento, del Santissimo Rosario; della Dottrina Cristiana; dei Disciplinanti aderenti alla regola di S. Carlo, i quali provvedono anche all’oratorio (AD Mondovì, diocesi Alba, vescovo Natta [1756], pp. 162-166).
La presenza religiosa è minuziosa e capillare, mediante l’articolazione in chiese, cappelle campestri, altari ed associazioni laiche di devozione. Si sviluppa su un’area relativamente estesa, su cui emergono forti particolarismi, che trovano la loro espressione nella proliferazione di centri di culto. Attraverso la localizzazione degli edifici ecclesiastici sul territorio si possono evidenziare molteplici nuclei originari e distinti d’insediamento urbano: quello di S. Desiderio, ossia il Borgo, legato all’antica cappella di dominio benedettino e già attestata nell’atto di fondazione dell’Abbazia di Susa (IX sec.), che si sviluppa poi in una chiesa; Casario – dove la cappella campestre di S. Bartolomeo è stata eretta sulle antiche spoglie di un castrum – località che per dimensione abitativa ha poi raccolto nella chiesa di S. Giusto le funzioni parrocchiali del borgo di Priola. A Pievetta si sviluppa l’altra parrocchia, mentre a Pianchiosso la cappella dei SS. Cosma e Damiano era mantenuta dai Disciplinanti, che si occupavano anche di un’altra cappella in località S. Croce, da cui prendevano il nome. La cappella di S. Bernardo restava a metà tra le due parrocchie mentre S. Benedetto serviva gli abitanti di Careffi, distanti 5 miglia dalla parrocchia di S. Giusto.
Più precisamente l’insediamento di Careffi appare come un baluardo a fronte dell’espansione della città di Garessio (cfr. la scheda dedicata a Garessio). Nel 1296 i marchesi di Ceva consignori di Garessio, Porenca, Mursecco e Cerisola come premio per la fedeltà mostrata nella lotta contro i Clavesana e Mondovì alleggeriscono su questi luoghi la riscossione della taglia al diciottesimo staio (AST, Corte, Mondovì provincia, Garessio mazzo 14, fasc. 6: copia di un capitolo degli statuti datato 20 febbraio 1296). Sulla base di questo sconto fiscale la città cercava di attrarre la popolazione dei paesi vicini a dissodare il territorio comune. Le successive guerre tra i Ceva e i del Carretto di Savona ristabiliscono un nuovo assetto politico-territoriale a cui di fatto le comunità dovettero adattarsi, anche se ancora una volta Garessio espandeva la sua giurisdizione, e a questo proposito, aggiungeva nei suoi statuti un capitolo dedicato esclusivamente alla descrizione dei limiti (1437) (AST, Corte, Mondovì provincia, mazzo 14, fasc. 7).
Il territorio di Priola, attestato dalla giurisdizione plebana, aveva una notevole estensione. Tra XII e XIII secolo, mentre le città limitofe di Garessio e Bagnasco sfruttavano il proficuo momento creatosi con il passaggio dei commerci liguri, Priola dimostra preoccupazione piuttosto per le concessioni territoriali che i marchesi elargivano, al fine di conquistare il consenso politico lungo la valle. Il comune pare ripiegato su se stesso, impegnato a consolidare e confermare la giurisdizione plebana attraverso una contrattazione statutaria con i marchesi. Di fatto lo sviluppo dei paesi a vocazione commerciale aveva attratto non solo popolazione, ma anche l’attenzione dei marchesi che investivano la loro credibilità politica nel potenziamento dei centri posti sulle rotte commerciali. Così Garessio da una parte e Bagnasco dall’altra si appropriano delle risorse della zona.
In seguito, la vendita e l’investitura della giurisdizione di Garessio a Francesco Spinola di Savona crea nuovi problemi sui boschi e pascoli, beni di natura feudale acquistati dallo Spinola su cui le comunità vantano diritti d’uso e possessi (AST, Corte, Mondovì provincia, mazzo 14, fascc. 10-11 [1530]; AC Garessio, Cause e liti, faldd. 14, 26-32 bis [1592-1777]). Lungo i secoli il territorio di Priola appare “stritolato” dall’espansione di Garessio. Si aggiunga la costituzione della parrocchia di Mursecco (1577), laddove un tempo sorgeva S. Nicolao, soggetto al plebato di Priola e ormai parrocchia di Garessio, a testimonianza del successo quantomeno demografico su quel versante a scapito di Careffi. Nonostante ciò questo nucleo abitativo – dipendente da Priola sia dal punto di vista amministrativo che parrocchiale – per ribadire il proprio legame stanziale sull’area edifica la cappella campestre di S. Bernardo, mantenuta dalla popolazione ivi residente («propria incolanum dicte Regionis»). In risposta al potenziamento territoriale garessino, si nota da parte della popolazione di Priola un radicamento sulle varie regioni, espresso con la moltiplicazione delle costruzioni devozionali.
In particolare tra XV e XVI secolo sul territorio di Priola, in concomitanza dei principali aggregati di case, sorgono le cappelle campestri. Mentre nel Borgo la chiesa di S. Desiderio consente una presenza di “stranieri” – (Astigiani e Garessini) che hanno fatto donazioni ed eretto altari –, l’«Universitas Petriole» mantiene la cappella di S. Rocco, in località Villa distante mezzo miglio dalla parrocchia di S. Giusto. Anzi è segnalata una vertenza in Senato poiché il preposito non assolve all’obbligo perpetuo di celebrare due messe, a cui i particolari hanno diritto per un decreto del vicario (1650) (AD Mondovì, diocesi Alba, vescovo Natta [1756], p. 159). A Pievetta la confraternita dei Disciplinanti è molto più consolidata: sono infatti loro che mantengono le due cappelle comprese nel distretto parrocchiale della Vergine Assunta. Ancor più interessante appare la cappella di S. Bernardo, posizionata in un punto “radiale” rispetto ai vari quartieri e località abitate di Priola. Il vescovo annota la cappella «propria Comunitatis Petriole et Plebete» a ribadire l’identità autonoma di due insediamenti abitativi.
Il proliferare di associazioni laiche e di siti devozionali in cui la popolazione si identifica, frantumandosi in microcosmi consociativi, riflette la complessità sociale e politica della comunità di Priola (Torre 1995, pp. 32 sgg.). L’importanza dell’associazionismo laico – che sia a sfondo politico o assuma funzioni devozionali – è ricordata già negli statuti, che dedicano un capitolo: De ponendo prioris in confrataria. Nell’antico corpo statutario infatti è prevista l’elezione di due priori di carica annuale, «qui placuerit in confratribus», i quali né dominus castellanus possano destituire od imporre a piacimento. Nell’alto medioevo, pur gravitando nel contado di Alba, la presenza dei Benedettini e del distretto diocesano di Asti ha sicuramente creato faziosità all’interno della comunità locale. L’alleanza poi dei marchesi di Ceva con la città di Asti, e il permanere di quest’ultima sulla giurisdizione del luogo, fino alla metà del XIV secolo, hanno contribuito a rafforzare l’identità del territorio in reazione all’espansione dei centri limitrofi. Di conseguenza tra i suoi abitanti si forma un forte spirito di contrapposizione verso i comuni contigui. Questi infatti erano in una fase di potenziamento territoriale, demografico ed economico: da una parte Garessio e dall’altra in seguito Bagnasco premevano per aggregare i floridi boschi di Priola sotto il proprio controllo. Gli interessi politici e le tensioni espansionistiche che si riversarono lungo il Tanaro tra XIV e XV secolo favorirono lo sviluppo dei centri di Garessio e Bagnasco, in mezzo ai quali Priola fu in effetti compressa. Nonostante il nuovo assetto dei confini (1437), il comune riuscì a salvaguardare un notevole patrimonio boschivo, in particolare a nord-est verso Bagnasco ed il confine genovese.
L’intendente Corvesy nella sua visita del 1753, pur sottolineando allo Stato sabaudo, committente della relazione, la delicata posizione di confine del comune di Priola, non trovava liti pendenti sul versante genovese, in particolare con Calizzano (BRT, Storia patria n. 853, Relazioni della provincia di Mondovì, relat. Corvesy 1753, p. 236). D’altra parte dopo la definizione dei confini del 1437, in cui i limiti territoriali di Priola erano concordati con Garessio per le risorse che si etendevano sia verso Viola che verso Calizzano, la fruizione di quelle aree risulta pacifica, nonostante il ridimensionamento a vantaggio di Garessio. Salvo poi il susseguirsi di usurpazioni – non documentabili, ma alle quali forse alludeva l’intendente sabaudo – che con ogni probabilità hanno più rapidamente favorito la conversione economica dei boschi in aree coltivate e chiuse (secc. XVI-XVII). Tale situazione infatti si riflette nello stato contemporaneo dei beni comunali delle zone più a valle. I verbali del commissario agli usi civici descrivono appunto la destinazione colturale o «qualità dei terreni» di quelle regioni: seminativo, prato ed incolto produttivo (CLUC, Provincia di Cuneo, cartella 177, comm. Garitta [21 giugno 1934]). Su questi appezzamenti pendono anche dei ricorsi per il riconoscimento di proprietà private, formatesi a seguito di alienazioni comunali, come ad esempio quello dei Stellardo-Briatore per terreni coltivati in regione Merlo (CLUC, Provincia di Cuneo, cartella 177 [27 febbraio 1941]).
Nel corso del Settecento la difesa territoriale si sposta piuttosto sul colle S. Bartolomeo e su quei pascoli tendenti verso Vetria. La cartografia realizzata nel 1776 evidenzia come l’utilizzazione del territorio sia differente per le due comunità: i particolari iscritti al catasto di Priola hanno appezzamenti gerbidi, compatibili con l’attività pastorizia e con l’affitto della «bandita» che Priola ha in quella zona. La famiglia Reinaldi di Vetria invece si è insediata su alcuni appezzamenti con coltivazioni di frumento e legumi, cintando e di fatto precludendo il pascolo sul monte. In realtà questa visita dei confini è determinata piuttosto dall’esigenza degli Stati limitrofi di misurare e delimitare precisamente le frontiere, mentre ormai si avverte una consolidata tradizione di fruizione dell’area da parte delle due comunità. Nella relazione infatti entrambe le parti convengono sia sull’uso dell’acqua, che nell’attestare la proprietà privata e le coltivazioni dei particolari. Non è quindi una vertenza territoriale, quanto piuttosto la delimitazione della nuova frontiera tra Stati, tracciata sugli antichi confini giurisdizionali che le comunità avevano concordato tra loro nei secoli precedenti (AST, Corte, Mondovì provincia, Bagnasco, mazzo 9, fasc. 21),
Le “selve comunali” su questo versante e sul fronte verso Bagnasco sono descritte nelle relazioni tecniche contemporanee in «pascolo, bosco ceduo e castagneto da frutto», che il comune concede in appalto per il taglio, dietro riscossione di canone annuo (CLUC, Provincia di Cuneo, cartella 177 [14 marzo 1933]). Priola esercita inoltre gli usi civici dietro pagamento dei diritti, su un terreno di Bagnasco, in località Valdemanno. Tale regione risulta di esigue estensioni, destinata ad incolto produttivo, di cui è stata disposta l’alienazione. Di migliori condizioni è invece un’altra area promiscua a Bagnasco, dove anche quelli di Calizzano possono accedere a pagamento: Fusarello è infatti un bosco ceduo, su cui sono stati riconfermati l’uso civico e la proprietà demaniale di Priola (CLUC, Provincia di Cuneo, cartella 8 [12 luglio 1935]). Il dissolvimento dell’antica ripartizione plebana ha lasciato sul territorio l’eredità di una fruizione promiscua di determinate zone, comprese ora nella giurisdizione comunale del paese che ha saputo imporsi sull’area.
Le variabili di formazione del territorio comunale sono quindi individuabili nello sviluppo demografico ed economico di un centro piuttosto che di un altro, nonché nella capacità contrattuale delle universitates con il marchese. Priola è riuscita comunque a ritagliarsi un proprio spazio grazie all’organizzazione comunitaria, espressa nelle congregazioni devozionali, e radicata sul territorio attorno ad edifici religiosi. Ma proprio la sua storia di frantumazione politico-ecclesiastica ha consentito l’aggregazione di parte dell’originario patrimonio boschivo a favore dello sviluppo dei centri di Bagnasco e Garessio.