Monasterolo di Savigliano

AutoriFiore, Alessio
Anno Compilazione2008
Provincia
Cuneo.
Area storica
Saluzzese.
Abitanti
1173 (ISTAT, 2001); 1227 (dati comunali del 2008).
Estensione
1506 ettari (dati comunali e ISTAT 2001).
Confini
Da nord a sud, in senso orario, Cavallermaggiore, Ruffia, Savigliano e Scarnafigi.
Frazioni
Nessuna. Oltre al nucleo principale sussistono solo case sparse, dove attualmente risiede una frazione ridottissima della popolazione comunale.
Toponimo storico
Le prime attestazioni del toponimo (non certe ma probabili), a partire dall’inizio del X secolo, vedono la presenza delle forme Monasterjrolum, Monasteriolum. Nel corso del '500 si assiste alla regolarizzazione del toponimo Monasterolo. Da metà '700 diviene Monasterolo di Saluzzo, fino al 1862 (dopo la scomparsa della provincia di Saluzzo) quando, con regio decreto, il nome viene cambiato nella versione ad oggi vigente di Monasterolo di Savigliano (Cera 2002, p. 129).
Diocesi
Torino.
Pieve
All’inizio del XIV secolo è attestata la pieve di S. Maria Maggiore dell'Assunta, che assolve alle funzioni parrocchiali fino al 1659. Già nel 1386 la chiesa sembra aver perso la dignità pievana e dipendere dalla pieve di Murello. In un atto di collazione del 1397 S. Maria viene definita pieve, ma si tratta con ogni probabilità solo di un residuo lessicale non più coerente alla realtà istituzionale (Casiraghi 1979, p. 113).
Altre Presenze Ecclesiastiche
Nel 1118 circa, è menzionata a Monasteriolo (quasi sicuramente Monasterolo di Savigliano) una ecclesia S. Maria, che con i connessi diritti di decimazione è di proprietà dell’abbazia torinese di S. Solutore (Le carte dell’archivio arcivescovile di Torino, doc. 9). Si tratta della chiesa in seguito attestata come pieve e poi come parrocchia. Dopo l'abbattimento dell'ormai pericolante chiesa di S. Maria Maggiore dell'Assunta, avvenuto nel 1659, diviene chiesa parrocchiale la S.S. Annunciazione della Beata Vergine, di proprietà della famiglia Solaro, che ne mantiene il patronato. La nuova chiesa parrocchiale, dichiarata inagibile viene a sua volta abbattuta nel 1781 (Cera 2002). Da segnalare è poi la chiesa della Madonna dell'Assunta (1740-47), costruita su iniziativa della Compagnia dei Disciplinati; tra il 1781 e il 1904 ha assolto alla funzione di chiesa parrocchiale, fino al termine dei lavori di costruzione della chiesa dei Santi Pietro e Paolo, a tutt'oggi chiesa parrocchiale. Si possono inoltre ricordare la cappella della Madonna delle Grazie (fine '500), situata nel concentrico, la cappella di S. Anna (1630), la cappella rurale del Sacro Cuore (1935), la cappella rurale di S. Pietro (1878), la cappella rurale della Beata Vergine del Consiglio (1822) alla fine del XVII secolo risalgono invece le cappelle di S. Paolo, lungo la strada per Scarnafigi, e della Beata Vergine Incoronata, lungo la strada per Savigliano. Sulle chiese presenti sul territorio molto utile la visita effettuata nel 1751 dal vescovo di Torino Roero.
Assetto Insediativo
La prima probabile menzione del luogo, risalente al 903 non fornisce dati sull’assetto insediativo. Verso il 1118 l’insediamento di Monasterolo è definito come villa; si tratta quindi di un insediamento accentrato ma aperto, un villaggio; così pure nel 1146 (Le carte dell’archivio arcivescovile di Torino, n. 9 e n. 13). Nel 1159 in un diploma imperiale l’insediamento è definito curtis, un lemma con il quale si va ad indicare in questo contesto una realtà insediativa analoga alla villa (Le carte dell’archivio arcivescovile di Torino, n. 24). Solo nel 1266 l’insediamento viene definito castro et villa; si tratta quindi di un insediamento accentrato e fortificato. la natura accentrata dell’insediamento rimane una caratteristica anche nel periodo successivo. Il nucleo principale, sviluppatosi intorno al castello/palazzo signorile costituisce l'unico agglomerato demico di rilievo. Accanto a questo nucleo sussistono però, a partire almeno dal Seicento alcune cascine e case sparse, oggi in gran parte disabitate. Tra le principali si segnalano Cascina Ingea, Cascina Carpice, Cascina Capitolo, Cascina S. Pietro, Cascina Barge, Cascina Roncaglia (Dati comunali). L'assetto insediativo non sembra avere subito sostanziali modifiche negli ultimi due secoli; anche secondo il catasto del 1805 il ruolo demografico delle cascine era marginale; venivano infatti segnalate solo 9 cascine (Ferme) principali, tra le quali si possono ricordare Cascina Besansone, Cascina Cumiano e Cascina Gringiano.
Nel 1760 i nuclei familiari erano 238, mentre pochi anni dopo, nel 1743, risultano 1051 abitanti di cui 149 miserabili. Dopo avere raggiunto un picco con oltre 1500 residenti attestati nel 1881, la popolazione ha subito un lento processo di erosione fino al 1960 circa, quando si è finalmente stabilizzata. Da quel momento ha fluttuato intorno alle 1200 unità.
Luoghi Scomparsi
Non risultano luoghi scomparsi nell’attuale territorio di Monasterolo.
Comunità, origine, funzionamento
La prima versione pervenutaci degli statuti locali, risalente al 1378 (primo anno di governo dei Solaro) mostra già l’esistenza di una comunità solida e matura sotto il profilo istituzionale. La comunità ottiene nel 1628 dal governo ducale una riduzione del tasso (AST, Paesi per A e B, Mazzo 23, 7 Monasterolo, n. 3). Nel 1762 la comunità è in lite con il feudatario del luogo per i diritti sui mulini e i forni AST, Paesi per A e B, Mazzo 23, 7, Monasterolo, n. 5).
Statuti
La versione più antica degli Statuti risale al 1378 (conservata oggi presso l'archivio storico comunale di Scarnafigi) e fu redatta in occasione della concessione in feudo ai Solaro dei diritti signorili su Monasterolo. Presso l'archivio comunale di Monasterolo si conservano invece le versioni del 1412, del 1481 e del 1545, oltre a alcuni frammenti di una versione di inizio '600 (ACMonasterolo di Savigliano, faldone 51, fasc. 1). Vanno inoltre ricordati i bandi campestri del 1726 (AST, Paesi per A e B, Mazzo 23, 7, Monasterolo, n. 4; ACMonasterolo di Savigliano, faldone 91, fasc. 1).
Catasti
Una prima versione del Cadastro risale al 1430. Sempre al XV secolo risalgono due ulteriori catasti, rispettivamente del 1472 e del 1486 (ACMonasterolo di Savigliano, faldone 103, fasc. 1-3). Due altri catasti risalgono al 1515 e al 1525 (ACMonasterolo di Savigliano, faldone 103, fasc. 4-5). Seguono poi nuovi Catasti datati al 1615, al 1624 , al 1671 (versione preparatoria al catasto dell'anno successivo) (ACMonasterolo di Savigliano, faldone 104, fasc. 3), al 1672 (ACMonasterolo di Savigliano, fasc. 105) al 1715 (ACMonasterolo di Savigliano, faldone 106), al 1724 (ACMonasterolo di Savigliano, faldone. 107), per arrivare al Catasto Clerico del 1760 (ACMonasterolo di Savigliano, faldone 108-109).
Ordinati
Il primo volume degli Ordinati risale al 1538; un secondo volume copre il periodo 1572-1582; segue una lacuna fino al 1592, dopo di che la serie prosegue sostanzialmente ininterrotta (ACMonasterolo di Savigliano, Ordinati).
Dipendenze nel Medioevo
All’inizio del X secolo Monasterolo sembra essere una proprietà della grande abbazia emiliana di Nonantola (Tiraboschi 1784, doc. 68). È possibile che alla fine dell’XI secolo Monasterolo (come tutta l’area circostante), in seguito al collasso della marca di Torino sia entrata a far parte dei domini di Bonifacio del Vasto, capostipite, tra gli altri dei marchesi di Saluzzo, di Ceva e di Busca. Dopo la morte di Bonifacio la località entrò a far parte dei possedimenti dei Marchesi di Busca. forse però i busca la detenevano in beneficio dal monastero torinese di s. solutore prima e dal vescovo di Torino poi. Nella prima metà del XII secolo (atti del 1118 circa e del 1146) Monasterolo risulta di proprietà del monastro di S. Solutore, che vi possiede la chiesa di S. Maria, i diritti di decimazione e l’intera villa. Nel 1159 il villaggio risulta invece di proprietà del vescovo di Torino (vedi rispettivamente Le carte dell’archivio arcivescovile di Torino, nn. 9, 13 e 24). Né S. Solutore né l’episcopato di Torino risultano mai avere esercitato la giurisdizione il loco (che come già detto era probabilmente nelle mani dei Busca) ma il vescovo di Torino, nella prima metà del XIII secolo possedeva localmente almeno alcuni piccoli campi e vigne, concessi in affitto (Le carte dell’archivio arcivescovile di Torino, nn. 240, 241). Negli anni Quaranta del XIII secolo il dominio locale dei Busca entra in crisi; ne approfittano i Saluzzo che subentrarono nel possesso del centro. Intorno al 1320 il predominio locale dei Saluzzo è messo pesantemente in discussione dall’espansione territoriale del vicino comune di Savigliano. Ciò nonostante i Saluzzo riescono a mantenere il controllo della località fin verso al 1350, quando sono soppiantati dai Savoia-Acaia (Cera 2002, pp. 18 sgg.).
Feudo
Nei primi anni successivi alla loro conquista gli Acaia governano direttamente Monasterolo. Solo nel 1378 gli Acaia concedono in feudo Monasterolo alla famiglia dei Solaro, dietro versamento della somma di 13000 fiorini. Nel 1410 gli Acaia-Savoia, confermano l’infeudazione di Monasterolo ai Solaro, signori di Casalgrasso (AST, Provincia di Saluzzo, 26, Mazzo 7, Monasterolo, n. 2). Con il 1418 e l'integrazione del principato degli Acaia all'interno dei domini del ramo principale dei Savoia, saranno questi ultimi a divenire i signori eminenti dei Solaro. Il possesso del feudo di Monasterolo rimarrà comunque saldamente nelle mani dei Solaro per tutta l'età moderna.
Mutamenti di distrettuazione
All'inizio del Seicento Monasterolo appartiene alla provincia di Savigliano-Fossano. Nel 1619, dopo la riorganizzazione del sistema provinciale, è inquadrata nella provincia di Savigliano. Nel 1724, in seguito ad una nuova ripartizione delle circoscrizioni provinciali passa a Saluzzo. In epoca napoleonica Monasterolo fa parte del Dipartimento della Stura, i cui confini corrispondono grossomodo con quelli dell’attuale provincia di Cuneo. La Restaurazione vede il ripristino del tradizionale ordinamento provinciale, con la ricostituzione della vecchia provincia di Saluzzo a cui Monasterolo è assegnata. Nel 1859 Monasterolo entra a far parte della nuova provincia di Cuneo, alla quale appartiene ancora oggi. (Cera 2002; Sturani 2001).
Mutamenti Territoriali
Nel 1790 in seguito ad una rettifica dei confini con Ruffia Monasterolo guadagna 7 giornate a spese del territorio della vicina comunità. Ma pochi anni dopo perde ben 130 giornate di territorio sulla sinistra del Varaita che passano alla comunità di Scarnafigi (Cera 2002, pp. 116-8).
Comunanze
Nel 1760, secondo i dati del Catasto Clerico, la comunità possiede 177 giornate di terreno, di cui solo 33 erano coltivabili, mentre il resto è costituito da bosco, gerbido, strade e bealere. Nel 1826 viene alienato un pezzo di gerbido (AST, Paesi per A e B, M, Mazzo 12, 7, Monasterolo, n. 6). Altri beni comunali, usurpati, sono venduti nel 1830 (n. 6). Nel 1839 il totale delle terre comunali è sceso quindi a 122 giornate, che calano a 117 nel 1897 per altre piccole alienazioni. Ma nel 1916, quando strade e fossa sono depenna dal calcolo della superficie dei beni comunali, non rimangono che 11 giornate di bosco lungo le rive del Varaita. Tra nei decenni a cavallo del 1900 il comune risulta anche proprietario di alcuni edifici situati nel concentrico, come il peso pubblico, la casa comunale, una locanda, l’asilo). Attualmente il comune risulta proprietario del castello (oggi sede del Comune), dell'ex-Cottolengo (oggi residenza comunale per anziani) e di pochi ettari di terreno, in prevalenza boschivo (Dati comunali).
Liti Territoriali
La più antica lite territoriale risale al 1441, quando è in atto un conflitto con la comunità di Cavallermaggiore (ACMonasterolo di Savigliano, faldone 121, fasc. 2). Una lite con Scarnafigi vede al fissazione nel 1468 dell'alveo del Varaita come confine, ma ancora nel 1501 è necessario porre nuovi termini nell'alveo per fissare il confine (ACScarnafigi, cart. 17, fasc. 26). Nel 1601 si segnala una lite con la comunità di Sommariva del Bosco (ACMonasterolo di Savigliano, faldone 34, fasc. 4) e nel 1685 con la comunità di Sanfront (ACMonasterolo di Savigliano, faldone 37, fasc. 18), ma in questi casi si tratta non di liti territoriali ma economico-finanziarie; di natura analoga le liti nel 1618 con la comunità di Villanova (ACMonasterolo di Savigliano, faldone 35, fasc. 6) e con quella di Tigliole (fasc. 7). Di natura territoriale è invece la lite in corso nel 1704 con la comunità di Scarnafigi (ACMonasterolo di Savigliano, faldone 38, fasc. 1) e così pure quella del 1805 (ACMonasterolo di Savigliano, faldone 39, fasc. 8); Nella prima metà del '600 numerose sono le liti con i Cambiano, signori della confinante comunità di Ruffia (ACMonasterolo di Savigliano, faldone 34, fasc. 1-3, 18, 27) e con la comunità di Ruffia (ACMonasterolo di Savigliano, faldone 36, fasc. 12, 15, 17). Da un'inchiesta promossa nel 1717 dall'intendenza non risultano in quel momento attive liti territoriali. Le uniche liti attive sono infatti con nobili non residenti per questioni di esenzioni fiscali fondiarie e con un ex-amministratore comunale accusato di malversazione. (AST, Sezioni riunite, I Archiviazione, Provincia di Saluzzo, Mazzo 1, n.2).
Fonti
Cartario dell’Abazia di Staffarda, 2 voll., a cura di F. Gabotto, G. Roberti, D. Chiattone, Pinerolo 1901-1902.
Le carte dell’archivio arcivescovile di Torino fino al 1310, a cura di F. Gabotto. G.B. Barberis, Pinerolo, 1906.
Il regesto dei Marchesi di Saluzzo, a cura di A. Tallone, Pinerolo, 1906.
Appendice di documenti inediti, a Il regesto dei Marchesi di Saluzzo, a cura di A. Tallone, Pinerolo, 1906.
Archivio storico comunale di Scarnafigi, cart. 17, fasc. 26. Lite tra la comunità di Scarnafiggi e la comunità di Monasterolo per la questione dell’alvevo del Varaita (1468-1504)
ACMonasterolo di Savigliano, faldone 103, fasc. 1-3 Catasti antichi.
ACMonasterolo di Savigliano, faldone 51, fasc. 1 Statuti di Monasterolo.
ACMonasterolo di Savigliano, faldone 121, fasc. 2. Atti di lite tra la comunità di Monasterolo e la comunità di Cavallermaggiore (1441).
ACMonasterolo di Savigliano, faldone 38, fasc. 1. Atti di lite tra la magnifica comunità di Monasterolo e la comunità di Scarnafiggi (1704).
ACMonasterolo di Savigliano, Ordinati.
AST, Sezioni riunite, I Archiviazione, Provincia di Saluzzo, Mazzo 1, n.2 (1717).
AST, Paesi per A e B, Mazzo 23, 7, Bandi campestri di Monasterolo di Saluzzo (1726).
Bibliografia
G. Broggi, M.F. Dentis, W. Burkhardt, Considerazioni sulle origini dei beni allodiali e dei diritti signorili dell’abbazia di Nonantola in Piemonte, in Monasteri in alta Italia dopo le invasioni saracene e magiare (sec. X-XII), Torino 1966, pp. 469-77.
G. Casalis, Dizionario geografico, storico, statistico, commerciale degli Stati di S.M. il re di Sardegna, Torino 1848.
G. Casiraghi, La diocesi di Torino nel medioevo, Torino, 1979.
L. Cera, Monasterolo di Savigliano, Savigliano, 2002.
G. Eandi, Statistica della provincia di Saluzzo, I, Saluzzo 1833.
L. Provero, Dai marchesi del Vasto ai primi marchesi di Saluzzo, Torino, 1992.
A.A. Settia, I possessi nonantoliani in Piemonte un equivoco di ordine toponomastico e la pretesa esistenza di un eremo benedettino a Vezzolano, in "Bollettino Storico Bibliografico Subalpino", LXV (1967), pp. 357-396.
M.L. Sturani, Innovazioni e resistenze nella trasformazione della maglia amministrativa piemontese durante il periodo francese (1798-1814): la creazione dei dipartimenti ed il livello comunale, in Id. (a cura di), Dinamiche storiche e problemi attuali della maglia istituzionale in Italia. Saggi di Geografia amministrativa. Atti del Seminario (Torino, 18 settembre 1998), Alessandria 2001, pp. 89-118.
G. Tiraboschi, Storia dell’augusta badia di S. Silvestro di Nonantola, Modena, 1784.
Descrizione Comune

Monasterolo di Savigliano

     I confini del territorio di Monasterolo, in assenza di cogenti suggerimenti fisici, appaiono come il risultato delle dinamiche politiche locali, della lotta condotta dal binomio signore-comunità per difendere e allargare il territorio a spese dei vicini. Ciò che caratterizza fortemente l’area, in particolare dal Trecento è proprio la frammentazione politica del territorio. Ogni singolo centro è governato da signori prima, e feudatari poi differenti (o è una città autonoma). Un fatto che favorisce simbiosi interne tra signori e comunità mentre accentua la concorrenza con le entità territoriali confinanti, anche se mediata, almeno da un certo punto in poi, dall’incapsulamento nella struttura statale sabauda. La presa della signoria sulla società locale risulta cioè in molte fasi la garanzia del mantenimento in vita della comunità e del suo territorio, inibendo fusioni (o più raramente gemmazioni) tra comunità diverse come a Fossano o, in misura più limitata, a Savigliano. La capacità del potere signorile di entrare in simbiosi con la comunità locale appare dunque cruciale per la costruzione e la sopravvivenza di quest’ultima in quanto tale. Questa situazione produce un equilibrio dinamico, caratterizzato da una serie di tensioni tra le comunità confinanti; tali conflitti non partano però a sostanziali ridefinizioni degli territori, né, a maggior ragione, all’incorporazione di intere comunità da parte di altre. Il risultato è invece quello di un equilibrio dinamico, di un gioco fatto di piccole perdite e di piccoli guadagni, in cui, sul lungo periodo, nessuno risulta veramente vincitore e nessuno veramente sconfitto. Così le liti con Cavallermaggiore, a partire dal 1441, le numerose liti che nella seconda metà del Quattrocento e poi nuovamente per tutto il Seicento oppongono i Solaro e Monasterolo al consortile e alla comunità di Ruffia, o i conflitti che il 1704 e il 1800 ricorrono con Scarnafigi non portano a sostanziali alterazioni dell’equilibrio territoriale. Sarà solo in epoca fascista che la politica degli accorpamenti interesserà l’area, con la momentanea scomparsa di Ruffia a favore di Scarbafigi; ma anche in questo caso non si tratterà che di un esito temporaneo, a testimoniare la lunga durata degli equilibri in essere.
La più antica menzione di Monasterolo è considerata dall’erudizione locale quella in un documento contenente un elenco dei beni del grande monastero emiliano di Nonantola del 907. In realtà i dati topografici presenti nel documento e la diffusione del toponimo Monasterjolum non consentono un’identificazione del tutto certa. Mancano infatti dati successivi relativi alla presenza patrimoniale di Nonantola nell’area; anche se neppure quest’assenza è un dato probante vista la dissipazione del patrimonio del cenobio sul finire del X secolo. Per un’attestazione quasi assolutamente certa del nucleo insediativo dobbiamo quindi attendere la prima metà del XII secolo, quando il nucleo insediativo appare come villaggio di proprietà del monastero di S. solutore di Torino (1118 circa), prima e del vescovato di Torino poi (1159). Si può comunque ipotizzare che i due enti non controllassero direttamente la località e i diritti giurisdizionali ad essa connessi ma che questi fossero concessi in beneficio ai Busca. Monasterolo ricompare infatti nella documentazione verso la metà del XIII secolo come una parte del patrimonio dei marchesi di Busca, una famiglia i cui beni sono in gran parte noti solo nel momento in cui inizia l’assorbimento del loro patrimonio da parte dei Saluzzo (nel caso di Monasterolo intorno al 1240), con loro imparentati e che divengono fino all’inizio del Trecento la potenza egemone dell’area. Nonostante i tentativi di espansione del comune di Savigliano i Saluzzo mantengono il controllo di Monasterolo fino alla metà del XIV secolo, quando vengono soppiantati dai Savoia-Acaia. Nel 1378 questi ultimi, in cambio di una forte entratura monetaria concedono Monasterolo e il suo territorio in feudo alla famiglia astigiana dei Solaro, che conserveranno tale feudo fino al finire del Settecento. Proprio in occasione dell’acquisizione da parte dei Solaro della signoria locale vengono redatti (nello stesso 1378) i primi statuti locali pervenutici, volti a regolare anche i rispettivi ambiti di azione e governo della comunità locale e dei signori. Il rapporto tra la comunità e il consortile, a giudicare dalla documentazione sopravvissuta, sembra di natura simbiotica anche se, la relazione appare decisamente sbilanciata a vantaggio dei signori, estremamente ricchi e in grado, attraverso le loro clientele fondiarie, di manipolare a proprio vantaggio le istituzioni comunitarie. nonostante le ricorrenti ed inevitabili tensioni la relazione appare comunque meno tesa rispetto ad altre realtà dell’area; ma si tratta probabilmente del prodotto della perdurante egemonia signorile sulla società locale.
Questa egemonia e questa capacità di riprodurre il proprio potere da parte della famiglia signorile è in qualche modo attestata anche dalla struttura topografica dell’insediamento. Sotto il profilo insediativo l’abitato appare oggi decisamente accentrato, e si presenta raccolto intorno all’antico castello signorile (i cui locali sono oggi sede dell’amministrazione comunale, a confermarne la perdurante centralità, non solo spaziale). Negli ultimi anni, anche grazie alla vicinanza con il polo industriale di Savigliano, si è assistito alla nascita di una serie di attività industriali che hanno contribuito ad arrestare il fenomeno di depauperamento demografico e hanno contribuito alla vitalità del centro abitato a differenza di quanto avvenuto in altre località dell’area. La diminuita importanza dell’agricoltura nell’economia locale si è del resto tradotta in un ulteriore indebolimento del già anemico insediamento sparso, con l’abbandono di alcune cascine. Anche dalle fonti più antiche l’insediamento sparso delle cascine non risulta comunque mai avere messo in discussione la netta preponderanza demografica del concentrico. La forte presenza signorile, plasticamente rappresentata dal castello, funge da magnete, contribuendo fortemente a inibire un’eccessiva dispersione dell’abitato e la creazione di poli identitari alternativi.
Tra i motivi di tensione con il consortile il principale è, poco sorprendentemente, quello dei beni comuni. Così nel 1621 la comunità rivendica come beni propri 60 giornate di pascolo, di cui si propone la messa a coltura e l’affitto a privati o la vendita; da parte loro i Solaro reagiscono sostenendo che si trattasse di beni annessi al feudo. Negli anni ’20 del ‘700 si rilevano dure liti con i Solaro per i diritti di pascolo esercitati da questi ultimi in modo molto ampio, che travalicava ampiamente le disposizioni contenute nei bandi campestri. Negli stessi anni la comunità risulta in possesso di 75 giornate di beni comuni, composti soprattutto da pascoli e boschi, che non sono affittati ma sottoposti ad uno sfruttamento a bassa intensità da parte dei membri della comunità. Contemporaneamente i beni feudali (che non esauriscono quelli nelle mani di grandi proprietari, tra cui i Solaro) ammontano a 920 giornate e quelli ecclesiastici a 161 (con la commenda di Carpice a fare la parte del leone, mentre alla parrocchiale vanno 63 giornate di cui 40 arabili); il tutto su una superficie complessiva di 3155 giornate. I beni comuni sono in questa fase dunque già ridottissimi, molto probabilmente proprio per la pressione effettuata nei secoli precedenti da parte dei Solaro sulle aree boschive e di incolto pertinenti alla comunità.