Autori | Battistoni, Marco |
Anno Compilazione | 2002 |
Provincia | Alessandria.
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Area storica | Basso Monferrato. Vedi mappa 1. Vedi mappa 2.
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Abitanti | 404 [censimento 1991]; 367 [dati comunali 1999].
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Estensione | 535 ha. [ISTAT]; 502 ha. [SITA].
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Confini | A nord Camagna Monferrato, a est Lu, a sud Quargnento, a sud-ovest Fubine, a nord-ovest Vignale Monferrato.
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Frazioni | Le odierne fonti ISTAT non segnalano centri o nuclei abitati al di fuori del capoluogo. Secondo i dati del censimento 1991, il 5 per cento della popolazione risiede in case sparse. Vedi mappa.
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Toponimo storico | «Cuccarum» o «Cucharum», secondo la più antica testimonianza documentaria (960) (Cartario alessandrino, vol. III, doc. 450). Forme come queste o a esse molto simili risultano largamente affermate nei secoli XI-XIII: ad esempio, «Cucharus» è attestato nel 1028, «Cucarus», nel 1116, «Cuccarus», nel 1224 (Gasca Queirazza 1997, p. 241). Cuccaro Monferrato dal 1 febbraio 1863 (Ministero 1889, p. 4).
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Diocesi | L’appartenenza diocesana di Cuccaro in epoca medievale non è del tutto assodata. In un documento del 1366 la chiesa locale appare sottoposta alla giurisdizione del vescovo di Acqui (Monumenta Aquensia, vol. I, col. 707, lin. 30). Tale è anche la sua collocazione lungo i secoli dell’età moderna fino al 1805, quando fu aggregata alla diocesi di Alessandria. Nel 1806 la stessa diocesi alessandrina fu tuttavia soppressa e il suo territorio confluì in quella di Casale. Cuccaro restò in quest’ultima diocesi, anche dopo che, nel 1817, Alessandria tornò a essere sede episcopale (Savio 1898, p. 589; Canepa 1989, p. 69; Fraikin 1914, coll. 370-371; Fraikin 1912; Iozzi 1971).
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Pieve | Non si hanno attestazioni. Da un atto di presentazione al vescovo di Acqui del nuovo rettore, risalente al 1366, sembra però che allora il titolare della chiesa locale rivestisse la dignità di arciprete (Monumenta Aquensia, vol. I, col. 707, lin. 30). Nell’età moderna non risulta che la parrocchia di Cuccaro conservasse traccia di questa prerogativa.
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Altre Presenze Ecclesiastiche | Attorno al 1730, la parrocchia, sotto l’intitolazione di Santa Maria di Prelio, ossia «della Battaglia», possedeva beni per oltre 77 moggia di Monferrato, «nottoriamente antichi prima del 1620, come assegnati in dote a detta Parochiale al tempo della sua eretione, seguita molto prima di tal tempo». Alla metà del secolo XVIII, il suo reddito annuale ammontava a circa £380 di Piemonte (AST, Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 26, Mazzo 32, Monferrato, Province di Casale ed Acqui: memorie e stati concernenti la collettazione de’ beni ecclesiastici e luoghi pii [1728-1729]; Mazzo 37, Relazione generale dell’operato dal Commendatore Petitti in dipendenza del Regio Editto delli 24 giugno 1728 concernente li beni posseduti dalli ecclesiastici e luoghi pii nel Ducato di Monferrato [1729], cc. 26v-27r; AST, Sezioni Rinite, II Archiviazione, Capo 79, Statistica generale, Mazzo 6, Relazione della Provincia di Casale, tabb. 1-2 e testo corrispondente; Cuccaro Monferrato, in “Monferratoarte”, Associazione Casalese Arte e Storia Sito web (2013)).
I più antichi atti di battesimo, matrimonio e sepoltura oggi conservati presso l’archivio parrocchiale risalgono agli anni Ottanta del Cinquecento, ma la chiesa era stata ricostruita dopo che nel 1666, definito pericolante il vecchio edificio già durante la visita pastorale effettuata dal vescovo di Acqui Giovanni Ambrogio Rienti nel 1664, l’ostia consacrata e le funzioni parrocchiali erano state trasferite provvisoriamente presso la cappella castrense di San Michele. La ripartizione degli oneri della riedificazione aveva dato luogo a vivaci contrasti tra la comunità e i feudatari. In seguito, si segnalano ricorrenti dispute sull’assegnazione dei banchi tra i numerosi consignori: gli episodi maggiori si verificarono all’indomani stesso della consacrazione (1676) e si ripeterono nel 1723 e nel 1725. Nel 1834 compare per la prima volta la nuova dedicazione della parrocchiale all’Assunta (Canepa 1989, pp. 34-38 e 142). Secondo uno «Stato della parrocchia» inviato dal parroco Pietro Bellati al vescovo di Acqui nel 1716, la chiesa parrocchiale ospitava allora quattro altari, oltre all’altar maggiore, dedicati rispettivamente al Rosario (le fonti sei-settecentesche oscillano in realtà fra questa dedicazione e altre due: la Concezione, quella originaria, e, semplicemente, la Beata Vergine; in epoca successiva, l’altare risulta invece intitolato all’Ausilatrice), a Sant’Apollonia (patrona del luogo), a San Giovanni Battista, alle anime del purgatorio (fondato nel 1693). Il più antico era forse il beneficio dell’Immacolata Concezione, istituito nel 1613 dal principale dei consignori di Cuccaro, Alberto Colombo, con la dotazione di 900 scudi, «annualità da impiegare poi o in beni o in censi, al che si è solo adempiuto nel 1713 con l’assegnatione di questi beni fatta dalla Contessa Eleonora Avellana Miroglia a favore del Vassallo Ottavio Colombo, che ne ha il patronato» (Eleonora Avellani, moglie del conte Antonio Miroglio, era figlia ed erede del conte Michele Francesco Avellani e di Cinzia Colombo, a sua volta figlia ed erede di Alberto Colombo). In realtà, oltre al «fondo inalienabile per la cappellania» ceduto in quell’occasione, sembra che sussistessero altri beni costitutivi del beneficio, come quelli che furono alienati nel 1726 dagli eredi della contessa Avellani Miroglio al conte Miglietti di San Salvatore. E anche altri fondi provenienti dall’eredità di Alberto Colombo, acquistati nel 1747 dall’avvocato casalese Orazio Benedetto De’ Conti, apparivano gravati dal vincolo del pagamento di almeno la metà del legato annuo della cappellania. Per esimersene, l’acquirente aveva in effetti avanzato dubbi sulla validità dell’assegnazione del patrimonio della cappellania effettuato dalla contessa Eleonora e valutato in 22 moggia di Monferrato dalle fonti ecclesiastiche e statali, oltre che sulla trasmissibilità degli obblighi connessi all’esercizio del giuspatronato altrimenti che in linea maschile e all’interno del cognome dei Colombo (Canepa 1989, pp. 21, 26, 47 e 56-59; AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 26, m. 32, Monferrato, Province di Casale ed Acqui: memorie e stati concernenti la collettazione de’ beni ecclesiastici e luoghi pii [1728-1729]). La relazione del parroco Bellati del 1716, elencava, oltre alla chiesa parrocchiale, altre tre chiese: la chiesa campestre della Madonna, demolita (sarebbe stata riedificata nei primi anni del secolo XIX e intitolata alla Madonna della Neve); la cappella castrense di San Michele, di patronato di Luca Antonio Colombo, uno dei consignori del luogo; la chiesa campestre di San Bernardino, di patronato della contessa Maria Vittoria Avellani Garimberti (un’altra figlia ed erede di Cinzia Colombo Avellani), che sorgeva presso il bosco detto appunto di San Bernardino, dove oggi sussiste una nicchia dedicata al Santo. La cappella del castello era stata prefigurata da Alberto Colombo contemporaneamente all’erezione dell’altare della Concezione, nel suo testamento del 1613. La motivazione espressa era una necessità di «maggiore comodità e sicurezza» dopo l’assassinio di Luca Antonio Colombo, perpetrato all’interno della chiesa parrocchiale nel 1599. Ma l’effettiva fondazione della cappella, che fu dedicata a San Michele, avvenne soltanto nel 1654 e si dovette al genero di Alberto Colombo, il conte Michele Francesco Avellani (Canepa 1989, p. 47). Tra il 1786 e il 1787 venne infine edificata una cappella presso l’importante complesso produttivo della Cascina Grossa (già inglobante beni della dote del beneficio della Concezione) dai nuovi proprietari della tenuta, i fratelli Giuseppe e Vincenzo De’ Conti, che s’impegnavano a fornire alla nuova cappella l’annuo reddito di 10 lire di Piemonte (Canepa 1989, pp. 33 e 62-63). Attorno alla metà del Settecento, le associazioni devozionali presenti a Cuccaro erano la compagnia dell’altare di Sant’Apollonia e la congregazione del Santissimo Sacramento (AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 26, Monferrato, m. 32, Monferrato, Province di Casale ed Acqui: memorie e stati concernenti la collettazione de’ beni ecclesiastici e luoghi pii [1728-1729]). Si possono infine menzionare le importanti presenze patrimoniali di due realtà casalesi, la Commenda di Malta di Santa Maria del Tempio, e, nel secolo XVIII, l’Ospedale dello Spirito Santo. Quest’ultimo, in seguito a un legato testamentario del 1698, aveva acquisito nel territorio di Cuccaro beni per 80 moggia (AST, Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 26, Monferrato, Mazzo 37, Relazione generale dell’operato dal Commendatore Petitti in dipendenza del Regio Editto delli 24 giugno 1728 concernente li beni posseduti dalli ecclesiastici e luoghi pii nel Ducato di Monferrato [1729], Relazione particolare de’ beni posseduti da’ Luoghi Pij della Provincia di Casale, c. 169v). |
Assetto Insediativo | >Cuccaro affiora per la prima volta nella documentazione nel 1028 come «locus et fundus» ossia piccolo insediamento con un proprio territorio. Il nucleo più antico corrisponde forse al Cuccaro «vecchio» citato in un documento del 1376, sito allora di una «motta», fortezza o semplice rilievo, possibile residuo del «castrum Cucari» ricordato in un diploma imperiale del 1116, attorno al quale si sarebbe agglomerato il primitivo insediamento, poi spostatosi verso il nuovo castello, che nei secoli dell’età moderna ospitò le dimore («case» o «parti di case») del quasi sempre folto consortile dei signori di Cuccaro. Fra il tardo medioevo e l’età moderna, il possesso di frazioni del castello appare fedelmente rappresentativo e proporzionale alle quote di giurisdizione detenute da ogni signore sul feudo (Sergi 1986, pp. 420-421).
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Luoghi Scomparsi | Non si hanno attestazioni.
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Comunità, origine, funzionamento | Non sembra esistere alcuna decisiva attestazione dell’esistenza di una comunità organizzata fino all’età moderna.
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Statuti | Non si hanno attestazioni di produzione statutaria.
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Catasti | Ancora nel 1781 la comunità non disponeva di un catasto. Presso l’archivio comunale esistevano allora soltanto una Vacchetta, ormai completata, registrante i «trasporti», ossia i mutamenti di proprietà degli appezzamenti, iniziata nell’ottobre del 1770 e redatta assumendo per base la situazione descritta nel Quinternetto esattoriale di quell’anno e un Registro delle notificanze per il trasporto de’ beni acquistati, pervenuti in eredità ed in qualsivoglia altro modo, precedente la presentazione degli instrumenti al Consiglio evidentemente appena iniziato. Due altri documenti conservati nel 1781 tra le carte della comunità, contenevano informazioni su una parte dei beni feudali e su quelli ecclesiastici presenti nel territorio: un Consegnamento de’ beni fidecomissarij, feudali e primogeniali del marchese Luigi Della Valle e di due altri consignori del luogo, Luca Antonio Colombo e Giovanni Battista Coppo, presentato nel 1724 e uno Stato de’ beni ecclesiastici e luoghi pij sittuati sul finaggio di Cuccaro, non datato, ma probabilmente riasalente a epoca coeva o di poco posteriore al documento precedente (cioè corrispondente agli anni in cui si svolsero l’inchiesta e le relazioni del commendatore Antonio Petitti sui beni ecclesiastici del Monferrato) (AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 26, m. 13, Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale, in risposta alla circolare del Signor Intendente Generale, in data delli 10 dicembre 1781, cc.117r-118v; m. 18, Memorie del Basso Monferrato [s.d. ma 1784-1789]; AST, Camera dei conti, I archiviazione, Provincia di Casale, m. 2, fasc. 4, Monferrato. Ricavo de’ redditi di quelle comunità, misura de’ territorj e de’ beni antichi e moderni e notizie diverse [s.d. ma 1760-1769]; AST, Corte, Antichi inventari di archivi comunali piemontesi [sec. XVIII], m. 4, fasc. Cuccaro Monferrato, Inventaro delle scritture appartenenti alla communità di Cuccaro [4 Giugno 1781]). Come in altri casi di imposizione interessante specificamente i massari nelle comunità monferrine, l’unità contributiva era probabilmente il «brazzante», seguendo la regola che «un massaro che tenga un paia bovi vien considerato per un brazzante, tenendo un altro due paia, due brazzanti» (AST, Camera dei conti, I archiviazione, Provincia di Casale, m. 2, Modo con cui le comunità di questa Provincia sono sempre state per lo passato solite imporre il tasso di cittadella, li ordinarij, accordij, debiture private e locali [1730]).
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Ordinati | Secondo l’antico inventario delle scritture esistenti nell’archivio comunale redatto nel 1781, il primo Libro dei convocati o Libro delle ordinanze del consiglio della comunità allora conservato iniziava con un atto del 1636 (AST, Corte, Antichi inventari di archivi comunali piemontesi [sec. XVIII], m. 4, fasc. Cuccaro Monferrato, Inventaro delle scritture appartenenti alla communità di Cuccaro [4 Giugno 1781]).
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Dipendenze nel Medioevo | Durante i secoli X-XI, Cuccaro si trova in un’area segnata da una presenza patrimoniale aleramica particolarmente fitta, benché, successivamente, la signoria sul luogo appaia dapprima esercitata da lignaggi non aleramici: un diploma imperiale del 1116 la riconosce infatti a un consortile capeggiato da Gerardo e Guidone Cane. La presenza dei marchesi di Monferrato si fa tuttavia sentire in misura crescente a partire dal Duecento. Nel 1224, il marchese Guglielmo VI di Monferrato risulta in possesso della «terza parte» di Cuccaro, concessa a un suo vassallo. Agli inizi del secolo XIV, la preponderanza dei marchesi sui signori locali, espressa nelle forme del rapporto vassallatico-beneficiario, è ormai affermata (Merlone 1983, pp. 580-583; Merlone 1992, p. 658; Monumenta Aquensia, vol. I, col. 45, n. 33; Sergi 1986, p. 418; Cancian 1983, p. 737).
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Feudo | Nel secolo XV, dal novero dei consignori dell’epoca precedente all’affermazione della sovranità dei marchesi di Monferrato emerse il folto casato dei Colombo. Già nel secolo successivo, però le alienazioni effettuate da membri del consortile familiare favorirono l’ingresso di altre famiglie nobili. Così, nei primi anni del Seicento, accanto ai Colombo, ancora detentori della maggior parte della giurisdizione, tra i feudatari troviamo i Bobba, i Della Sala, i San Giorgio, i Pappalardo, i Della Valle e i Magnocavalli (Sergi 1986, pp. 418-419; Guasco 1911, pp. 675-676; Giorcelli 1904-1905, pp. 92-93). Successioni in linea femminile finirono per trasferire la porzione più cospicua del patrimonio e delle prerogative dei Colombo dapprima, negli anni Sessanta del secolo XVII, agli Avellani e quindi, attorno al 1730, ai Miroglio (Sergi 1986, pp. 418-419; Guasco 1911, pp. 675-676; Canepa 1989, pp. 20, 28-29 e 56-57). Agli inizi del Settecento, i feudatari erano: Eleonora Avellani Miroglio e Anna Vittoria Avellani Garimberti, discendenti in linea femminile dal ramo principale dei Colombo, con titolo comitale, due altri esponenti degli stessi Colombo e due membri della casata Della Valle, con titolo signorile (AST, Corte, Paesi, Ducato di Monferrato, m. 50, fasc. 15, Stato delle città, communità e cassinali del Ducato di Monferrato, coi nomi de’ vassalli ch’anno prestato il giuramento di fedeltà a S.A.R., formato dal Consigliere Mellarède [s.d. ma 1708-1709], p. 10). Alla metà del secolo, la giurisdizione spettava al marchese Carlo Gerolamo Miroglio, residente in Casale, nella misura di 17 mesi e 20 giorni ogni biennio, mentre un membro della casata Colombo ne possedeva cinque mesi; vari esponenti dei Della Valle cumulavano quindici giorni e venti giorni spettavano infine al conte Francesco Ottavio Magnocavalli (AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 79, Statistica generale, m. 6, Relazione della Provincia di Casale [1753], tab. 1). I lignaggi agnatizi dei Colombo, benché nel secolo XVIII detenessero porzioni ormai marginali della giurisdizione sul feudo di Cuccaro, possedevano ancora diritti economici non trascurabili. Così, verso il 1780, uno dei «convassalli» del luogo appartenente alla casata risultava titolare di una quota del pedaggio esistente nel territorio di Cuccaro, il cui reddito annuo complessivo era valutato allora in circa 55 lire di Piemonte. Ma soprattutto, lo stesso cofeudatario possedeva, «da tempo immemorabile», il mulino sul torrente Grana (che rendeva circa 390 lire all’anno) e infine esercitava la bannalità del forno, che gli procurava un reddito annuo di circa 120 lire. L’altra quota del pedaggio di Cuccaro era stata da poco venduta alla regia camera dalla contessa Eleonora Cavasanti di Alessandria (AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 26, m. 13, Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale, in risposta alla circolare del Signor Intendente Generale, in data delli 10 dicembre 1781, cc. 117r-118v).
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Mutamenti di distrettuazione | Appartenne al marchesato, poi ducato, del Monferrato, quando, dapprima con debole valenza in termini di ordinamento amministrativo (al di là cioè della designazione dell’area di competenza, prevalentemente militare, dei governatori delle principali piazzeforti) e poi, dal 1560 circa, con più saldo profilo istituzionale, era classificata fra le terre dello stato «al di qua del Tanaro» o della provincia di Casale (Raviola 2001, pp. 103 e 359). Dopo l’annessione del ducato del Monferrato agli stati sabaudi nel 1708 (riconosciuta internazionalmente con il trattato di Utrecht del 1713) entrò a far parte della provincia di Casale. Tale assetto fu confermato dalla definitiva sistemazione delle province piemontesi attuata nel 1749 e si mantenne perciò fino alla caduta dell’antico regime in Piemonte (1798) (Sturani 1995). Entro la maglia amministrativa francese, Cuccaro seguì le sorti dell’intero territorio della vecchia provincia di appartenenza, aggregato, senza sostanziali alterazioni, a una circoscrizione di estensione variabile avente per capoluogo Alessandria. Si trattò dapprima del dipartimento del Tanaro, creato durante il primo effimero periodo di occupazione (1799), e, dopo il ritorno dei Francesi e in seguito alla riorganizzazione amministrativa del 1801, del dipartimento di Marengo, circondario (arrondissement) di Casale. Non toccato dal successivo rimaneggiamento del 1805, l’inquadramento amministrativo del Casalese e quindi di Cuccaro non mutò fino alla Restaurazione (Sturani 2001; ANP, F2 I 863). Dopo la parentesi napoleonica, Cuccaro rientrò a far parte della ricostituita provincia di Casale, inclusa nel 1818 nella divisione di Alessandria e dopo ulteriori instabili riorganizzazioni a livello sovraprovinciale durante la prima metà del secolo, ridotta a circondario della provincia di Alessandria nel 1859 (Sturani 1995).
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Mutamenti Territoriali | Non risultano rilevanti variazioni del territorio comunale nel corso dell’età moderna e contemporanea.
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Comunanze | Verso la fine del XVIII secolo, la comunità possedeva un’appezzamento di circa 25 moggia di terreno collinare incolto, utilizzabile per il pascolo. Un ulteriore moggio di incolti era frammentato in diversi piccoli appezzamenti ubicati prevalentemente nel piano o nei pressi del «luogo». Questi scarsi beni, che probabilmente costituivano poco più del 7 per cento dell’intera superficie comunale, avevano uno statuto incerto dal punto di vista del possesso, non essendo chiaro se la comunità li tenesse a titolo allodiale o enfiteutico e, in questo caso, da quale proprietario diretto (AST, Camera dei conti, I archiviazione, Provincia di Casale, m. 2, fasc. 4, Monferrato. Ricavo de’ redditi di quelle comunità, misura de’ territorj e de’ beni antichi e moderni e notizie diverse [s.d. ma 1760-1769]; AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 26, m. 13, Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale, in risposta alla circolare del Signor Intendente Generale, in data delli 10 dicembre 1781, cc. 117r-118v; m. 18, Memorie del Basso Monferrato [s.d. ma 1784-1789]). Nel 1837-1838, le terre comunali ammontavano a 15 giornate e venivano affittate per 450 lire all’anno (AST, Corte, Paesi, Paesi in genere in generale, m. 18, fasc. 8, Terreni incolti posseduti dalle comunità della Provincia di Casale, Stato dimostrativo dei terreni di spettanza delle comunità della Provincia di Casale, 31 Marzo 1837-27 Ottobre 1838).
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Liti Territoriali | Lite tra Camagna Monferrato e Cuccaro per ragioni di confine, nel 1505 [A.C.CA., Sez. I, n. 29; vd. anche scheda Camagna Monferrato].
Negli anni 1578-1580, il commissario del ducato di Milano «sopra la rinovazione dell’estimo», «eletto alla nuova registrazione del finaggio di Quargnento» rivendicò a questa comunità dell’Alessandrino diverse porzioni di territorio appartenenti allora ad alcune località monferrine di confine, tra le quali Cuccaro, con la motivazione che si trattasse di terre originariamente quargnentine, usurpate dalle comunità di provenienza dei loro proprietari «forensi», ossia non residenti in Quargnento. La situazione di Cuccaro si presentava particolarmente aggrovigliata, per via della mancanza di documentazione sicura del possesso e della giurisdizione sul territorio conteso, tanto che i delegati del Monferrato potevano ammettere: «con Cucaro molto grande è la differenza, poiché i sudditi di Sua Altezza [il duca di Mantova e Monferrato] non hanno sentenza né registro né altra scrittura per loro». Le incertezze di attribuzione territoriale erano in gran parte radicate in un caratteristico intreccio tra presenza patrimoniale privata (la provenienza dei proprietari dei fondi situati in un dato territorio) e giurisdizione comunale (AST, Corte, Paesi, Monferrato, Confini per A e per B, C, m. 35 [1348-1681], Volume di documenti rifferibili alle pendenze territoriali fra lo Stato di Milano e il Monferrato, cioè tra Quargnento e Lu, San Salvatore e Cuccaro e tra Bergoglio e Castelletto Scazzoso, cc. 1-5, 20, 36-63, 160, 162, 164-214; AST, Corte, Paesi, Monferrato, Materie economiche ed altre, m. 7, Confini, fasc. 2, Relazione di Alberto Paltro al Marchese di Castiglione sopra le differenze de’ confini tra li uomini di Guargnento, Castelletto Scazzoso, San Salvatore e Cuccaro [9 novembre 1580]; fasc. 15, Relazione delle vertenze de’ confini de’ luoghi distintamente ivi specificati, le quali restano indecise fra lo Stato del Monferrato e quello di Milano [s.d. ma inizio del XVII secolo]). La tendenza delle proprietà dei non residenti a sottrarsi alla tassazione nel luogo in cui erano ubicate (e talvolta a trasformarsi in isole di esenzione fiscale di fatto) rappresentava così nello stesso tempo un potente induttore di discontinuità territoriale nell’esercizio della giurisdizione comunale. Il contenzioso tra Cuccaro e Quargnento proseguiva ancora in pieno Settecento, quando ormai entrambe le comunità facevano parte di uno stesso stato, quello sabaudo. Attorno al 1760, esse si disputavano due appezzamenti di poco più di 18 giornate complessive, ubicate nella regione del Gambone, rivendicando «l’istesse ragioni del possesso antico di collettarle e di esiggerne le taglie» (AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 13, Province d’ultimo acquisto, Paragrafo I, Censimento, fasc. 25, Stato delle questioni territoriali limitrofe con le communità della Provincia d’Alessandria per la misura generale incominciata nell’anno 1761). Nel maggio del 1761 venne effettuata una visita con ricognizione dei confini e, due anni dopo, Cuccaro e Quargnento limitavano e precisavano concordemente l’oggetto delle loro divergenze in uno «instromento di quistione territoriale», stilato dinanzi all’intendente generale di Alessandria (AST, Corte, Antichi inventari di archivi comunali piemontesi [sec. XVIII], m. 4, fasc. Cuccaro Monferrato, Inventaro delle scritture appartenenti alla communità di Cuccaro [4 Giugno 1781]). Nell’ultimo quarto del XVIII secolo, la comunità appare inoltre impegnata in una causa questa volta di competenza all’intendente della provinicia di Casale contro la comunità di Vignale, che le contestava come appartenenti al proprio «registro» tre appezzamenti di prato situati nella valle del torrente Grana. Alle pretese di Vignale, gli amministratori di Cuccaro opponevano la lunga e incontrastata riscossione da parte della loro comunità dei tributi gravanti sui fondi contesi. (AST, Camera dei conti, I archiviazione, Provincia di Casale, m. 1, n. 24, Stato delle liti attive e passive delle comunità [13 dicembre 1757]). |
A.C.C. (Archivio Storico del Comune di Cuccaro Monferrato: al 2002 in attesa di riordino).
A.C.CA. (Archivio Storico del Comune di Camagna Monferrato).
A.N.P. (Archives Nationales, Paris), F2, Administration Départementale, I, 863[Montenotte], Département de Marengo, Tableau de la Population par commune d’après le récensement fait par ordre du Préfet dans les derniers mois de l’an XII (1804).
A.S.T. (Archivio di Stato di Torino)
A.S.T., Camerale, I archiviazione, Provincia di Casale, m. 1, n. 24, Stato delle liti attive e passive delle comunità (13 dicembre 1757). A.S.T., Camerale, I archiviazione, Provincia di Casale, m. 2: fasc. 4, Monferrato. Ricavo de’ redditi di quelle comunità, misura de’ territorj e de’ beni antichi e moderni e notizie diverse (s. d., ma 1760/1769); Modo con cui le comunità di questa Provincia sono sempre state per lo passato solite imporre il tasso di cittadella, li ordinarij, accordij, debiture private e locali (1730). A.S.T., Camerale, II archiviazione, Capo 13, Province d’ultimo acquisto, Paragrafo I, Censimento, fasc. 25, Stato delle questioni territoriali limitrofe con le communità della Provincia d'Alessandria per la misura generale incominciata nell'anno 1761. A.S.T., Camerale, II archiviazione, Capo 26, Monferrato: m. 13, Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale, in risposta alla circolare del Signor Intendente Generale, in data delli 10 dicembre 1781, cc. 117r-118v; m. 18, Memorie del Basso Monferrato (s. d., ma 1784/1789); m. 32, Monferrato, Province di Casale ed Acqui: memorie e stati concernenti la collettazione de’ beni ecclesiastici e luoghi pii (1728-1729); m. 37, Relazione generale dell'operato dal Commendatore Petitti in dipendenza del Regio Editto delli 24 giugno 1728 concernente li beni posseduti dalli ecclesiastici e luoghi pii nel Ducato di Monferrato (1729), cc. 26v-27r. A.S.T., Camerale, II archiviazione, Capo 79, Statistica generale, m. 6, Relazione della Provincia di Casale (1753). A.S.T., Corte, Antichi inventari di archivi comunali piemontesi (sec. XVIII), m. 4, fasc. Cuccaro Monferrato, Inventaro delle scritture appartenenti alla communità di Cuccaro, 4 Giugno 1781. A.S.T., Corte, Paesi, Ducato di Monferrato, m. 50: fasc. 15, Stato delle città, communità e cassinali del Ducato di Monferrato, coi nomi de’ vassalli ch’anno prestato il giuramento di fedeltà a S. A. R., formato dal Consigliere Mellarède (s. d., ma 1708/1709), p. 13; fasc. 31, Relazione sovra l’origine e natura dei tributi del Monferrato, (s. d., ma dopo 1789). A.S.T., Corte, Paesi, Monferrato, Confini per A e per B, C, m. 35 (1348-1681), Volume di documenti rifferibili alle pendenze territoriali fra lo Stato di Milano e il Monferrato, cioè tra Quargnento e Lu, San Salvatore e Cuccaro e tra Bergoglio e Castelletto Scazzoso, cc. 1-5, 20, 36-63, 160, 162, 164-214. A.S.T., Corte, Paesi, Monferrato, Materie economiche ed altre, m. 7, Confini: fasc. 2, Relazione di Alberto Paltro al Marchese di Castiglione sopra le differenze de’ confini tra li uomini di Guargnento, Castelletto Scazzoso, San Salvatore e Cuccaro (9 novembre 1580); fasc. 15, Relazione delle vertenze de’ confini de’ luoghi distintamente ivi specificati, le quali restano indecise fra lo Stato del Monferrato e quello di Milano (s. d., ma inizio del XVII secolo). A.S.T., Corte, Paesi, Paesi in genere in generale, m. 18, fasc. 8, Terreni incolti posseduti dalle comunità della Provincia di Casale, Stato dimostrativo dei terreni di spettanza delle comunità della Provincia di Casale, 31 Marzo 1837-27 Ottobre 1838. B.N.F. (Bibliothèque nationale de France). Vedi catalogo.
B.N.F., département Cartes et plans, GE DD-2987 (5054 B), La principauté de Piémont, les marquisats de Saluce et de Suze, les comtés de Nice et d'Ast, le Montferrat / dediée au roy par son très humble, très obéissant, très fidèle sujet et serviteur H. Jaillot, géographe de sa Majesté, [chez l'auteur] (A Paris), 1695 [Jaillot, Alexis-Hubert (1632?-1712). Cartographe]. Vedi mappa. B.N.F., département Cartes et plans, CPL GE DD-2987 (5043), Le Piémont et le Montferrat avecque les passages de France en Italie ... / Par P. Du Val, Chez l'Autheur (A Paris), 1600-1699 [Duval, Pierre (1619-1683). Cartographe]. Vedi mappa. | |
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Descrizione Comune | Cuccaro Monferrato
Ciò che durante l’età moderna sembra segnare maggiormente l’organizzazione economico-territoriale del feudo di Cuccaro e del suo territorio è la fitta rete di «cascine» o «masserie» che vi si stendeva. In buona parte di masserie appare in effetti costituita l’eredità che nel 1616 pervenne a Cinzia Colombo, figlia del principale signore del luogo, Alberto Colombo, e sposa del conte Michele Francesco Avellani: le due masserie dette del Castello o «vicine al Castello», la cascina detta della Chiesa, quella del Ronchetto, le masserie che prendono il nome dalle contrade Ciresa, Coda Lunga, Cornalino, Mainona, Pagnico, Pilenta, Quaraglie, San Bernardino, Zerba, del Ronchetto, il «cascinotto» della Fontana e soprattutto l’importante complesso della Cascina Grossa, la più distante dall’insediamento centrale, tutte caratterizzate dalla preponderanza della vigna e da una larga presenza del prato (per quanto riguarda la masseria di San Bernardino, va segnalata altresì l’importanza del vicino bosco). Gran parte di questo patrimonio, all’inizio del Settecento, andò alle ultime esponenti degli Avellani di Cuccaro: Anna Vittoria, moglie del conte Francesco Maria Garimberti e soprattutto Eleonora, moglie del conte Antonio Miroglio. Nel 1726 la Cascina Grossa fu alienata al conte Miglietti di San Salvatore e nel 1742 a Orazio Benedetto De’ Conti, avvocato casalese d’illustre famiglia senatoria (Canepa 1989, pp. 56-58 e 145).
Le più importanti tenute, come San Bernardino e la Cascina Grossa comprendevano beni destinati a fondazioni di patronati d’altare, cappellanie o chiese campestri. L’erezione e la trasmissione di benefici d’altare e cappellanie si intrecciava in tal modo, da un lato, alle complesse transazioni patrimoniali tra i diversi membri di lignaggi discendenti, nei casi più importanti per via di matrimonio e successione femminile, dai Colombo; dall’altro, agli scambi tra questi eredi di quelli che fino ai primi decenni del secolo XVII erano stati i principali signori del luogo e altri lignaggi nobiliari, talvolta con loro imparentati, ognuno dei quali detentore di quote diseguali di beni e prerogative all’interno di più feudi monferrini. L’onere ricadente sul beneficio «Colombo», che secondo la mente del fondatore comportava la recitazione di una messa quotidiana in perpetuo, fu successivamente ridotto a 150 messe annue, che furono celebrate fino al 1878 (Canepa 1989, pp. 21, 26, 47 e 56-59; AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 26, m. 32, Monferrato, Province di Casale ed Acqui: memorie e stati concernenti la collettazione de’ beni ecclesiastici e luoghi pii [1728-1729]). La rilevanza dei patrimoni posseduti da enti ecclesiastici e luoghi pii locali o esterni è sottolineata dal fatto che una parte significativa dei redditi della comunità, impiegata a sgravio («in sollievo») del carico fiscale ricadente sui beni «collettabili», cioè imponibili, proveniva «da convenzioni di registro per beni ecclesiastici antichi» (ossia, da contribuzioni parziali o forfetarie che gli enti interessati avevano accettato di negoziare con la comunità, per evitare una laboriosa verifica puntuale della legittimità e della portata dei titoli di esenzione fiscale e il prevedibile contenzioso che ne sarebbe derivato) (AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 79, Statistica generale, m. 6, Relazione della Provincia di Casale [1753], tab. 10, testo a c. 127r). Il carico fiscale ricadente sulla proprietà terriera si ripartiva «a moggia indistintamente», considerando cioè ogni moggio di terra, qualunque fosse la sua qualità o la sua ubicazione, come equivalente a un soldo di registro. Le case sia nel recinto sia nella campagna probabilmente non erano comprese in questa ripartizione, ma i consiglieri e il segretario della comunità non erano in grado di affermarlo con certezza. Mentre la maggior parte della fiscalità, come in genere nelle altre comunità monferrine, pesava ormai sul «registro universale» per circa due terzi e sui «fumanti» (cioè come imposta personale, riscossa sulle unità familiari) per un terzo, cinque sesti della tassa nota come «accordi» (tributo ormai anch’esso in parte prediale e in parte personale, benché nato all’inizio del secolo XVII come contributo fisso negoziato da alcune comunità con gli appaltatori del dazio generale del Monferrato, in cambio dell’esenzione dall’obbligo di dichiarare periodicamente le variazioni quantitative del bestiame e delle scorte di prodotti agricoli posseduti da ogni abitante (AST, Corte, Paesi, Ducato di Monferrato, m. 50, fasc. 31, Relazione sovra l’origine e natura dei tributi del Monferrato [s.d. ma dopo 1789]; sul composito sistema fiscale del Monferrato gonzaghesco e sulle sue trasformazioni cfr. Raviola 2001, in particolare, pp. 129-159 e 236-240) restavano «a carico de’ massari, rispetto a’ beni coltivati a massarizio» (AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 26, m. 13, Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale, in risposta alla circolare del Signor Intendente Generale, in data delli 10 dicembre 1781, cc. 117r-118v; m. 18, Memorie del Basso Monferrato [s.d. ma 1784-1789]; AST, Camera dei conti, I archiviazione, Provincia di Casale, m. 2, fasc. 4, Monferrato. Ricavo de’ redditi di quelle comunità, misura de’ territorj e de’ beni antichi e moderni e notizie diverse [s.d. ma 1760-1769]; AST, Corte, Antichi inventari di archivi comunali piemontesi [sec. XVIII], m. 4, fasc. Cuccaro Monferrato, Inventaro delle scritture appartenenti alla communità di Cuccaro [4 Giugno 1781]). Come in altri casi di imposizione interessante specificamente i massari nelle comunità monferrine, l’unità contributiva era probabilmente il «brazzante», seguendo la regola che «un massaro che tenga un paia bovi vien considerato per un brazzante, tenendo un altro due paia, due brazzanti» (AST, Camera dei conti, I archiviazione, Provincia di Casale, m. 2, Modo con cui le comunità di questa Provincia sono sempre state per lo passato solite imporre il tasso di cittadella, li ordinarij, accordij, debiture private e locali [1730]). La Statistica generale fornisce un dato sull’estensione complessiva del territorio (1394 moggia di Monferrato) inferiore di 89 moggia alla cifra (1483 moggia) indicata nel convocato del consiglio comunitativo del 31dicembre 1781 – redatto in ottemperanza alla circolare diramata dall’intendenza provinciale il giorno 16 dello stesso mese –. Il problema principale nell’analisi dei dati sulla distribuzione delle colture sul territorio di Cuccaro è tuttavia costituito dal fatto che la superficie totale del territorio comunale fornita dal documento del 1781 è assai lontana da quella che si può calcolare sommando le superfici attribuite nello stesso testo alle quattro categorie di destinazione del suolo individuate, corrispondente a 883 moggia. Le percentuali relative alle singole colture, calcolabili sulla base di quest’ultima cifra, risultano del tutto discordanti con quelle desumibili dai dati della Statistica generale, comportando in particolare un completo rovesciamento della prevalenza dei vigneti sui campi: i primi, che nella Statistica generale risultano occupare il 53,1 per cento dell’estensione agricola totale del territorio, si riducono al 20 per cento nel convocato del 1781; contemporaneamente i secondi passano dal 28,7 per cento al 56,6 per cento. Un ulteriore contraddizione sembra data dall’affermazione contenuta nello stesso convocato, secondo la quale il genere predominante prodotto dal territorio di Cuccaro sarebbe stato il vino (AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 79, Statistica generale, m. 6, Relazione della Provincia di Casale [1753], tab. 4; AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 26, Monferrato, m. 13, Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale, in risposta alla circolare del Signor Intendente Generale, in data delli 10 dicembre 1781, cc. 117r-118v; m. 18, Memorie del Basso Monferrato [s.d. ma 1784-1789]). I dati sulla produzione agricola riferiti nella Statistica generale evidenziavano notevoli eccedenze di frumento (pari al 61,2 per cento del prodotto) e di vino (ben il 77 per cento della produzione), accanto alla consueta carenza di «meliga bianca» (per l’85,5 per cento del fabbisogno locale) e di «marzaschi» (per l’80 per cento del fabbisogno) (AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 79, Statistica generale, m. 6, Relazione della Provincia di Casale [1753], tabb. 5-9). Sempre secondo la Statistica generale era diffusa la pratica di recarsi a lavorare nelle pianure a nord del Po e della Lomellina nei tempi dei raccolti delle granaglie e del riso e della fienagione (AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 79, Statistica generale, m. 6, Relazione della Provincia di Casale [1753], tab. 3). |