Autori | Raviola, Alice B. |
Anno Compilazione | 2003 |
Anno Revisione | REVISIONE IN CORSO |
Provincia | Asti
|
Area storica | Basso Monferrato-Valle Versa. Vedi mappa.
|
Abitanti | 1392 (ISTAT 1991).
|
Estensione | 17,44 kmq.
|
Confini | A nord e nord-est Penango, a est Grana, a sud-est Castagnole Monferrato, a sud Scurzolengo, Portacomaro e Asti, a sud-ovest Castell'Alfero, a ovest Tonco, a nord-ovest Alfiano Natta.
|
Frazioni | San Desiderio e Perrona. In età medievale e moderna, San Desiderio era noto anche come cantone di Perno (AD Casale, Visita pastorale Pascale, 1616-24, 3 voll., vol. II, c. 56v «al cantone di Perno, o sia Santo Desiderio, giurisditione di detto logo di Caliano») ed è anzi ipotizzabile che la denominazione «San Desiderio» sia posteriore a quella di «Perno», già attestata dalla fine del XIII secolo (Le carte dell'Archivio capitolare di Asti, pp. 452 sgg.), ma oggi scomparsa. Il territorio è suddiviso anche in cantoni (Ceriaglio, Marcagnana, Famolenta, Cavagna, Montarzone, Ceresa, reg. Rolassa), cascine (della Valle, Mongartone, Coggiola) e bricchi (del Bosco, di San Desiderio, Montarsone). Vedi mappa.
|
Toponimo storico | Calliano, già attestato nel 924 d.C. [Bordone 1980, p. 43]); Calianum, Calianno, nel secolo XII (Le carte dell'Archivio capitolare di Asti).
|
Diocesi | In precedenza soggetto alla pieve di Grana e, di conseguenza, alla diocesi di Asti, appartiene a quella di Casale dal 1474, anno della sua costituzione (Settia 1987).
|
Pieve | Sulla chiesa di San Pietro di Calliano, già esistente nell'886, nel 1003 aveva supremazia la pieve di Grana, che faceva capo alla diocesi di Asti (Bordone 2002, p. 8). Non si hanno invece attestazioni di pievi in Calliano.
|
Altre Presenze Ecclesiastiche | Le notizie sulle presenze ecclesiastiche in Calliano consentono di risalire all'Alto Medioevo: si è appena fatto cenno alla chiesa di San Pietro, già attestata nell'886 e considerata la più antica tra le chiese dell'Astigiano studiate nel repertorio curato da Pittarello nel 1984 (Salerno 2002, p. 60). La data si ricava da un atto di vendita effettuato da Adalardo, prete di San Pietro, con il proprietario longobardo Amandolone. Nei secoli successivi la pieve di Grana continuò a esercitare il suo predominio temporale e spirituale sull'area e nel 1345 aveva alle sue dipendenze non solo San Pietro, ma anche altre tre chiesette di Calliano e quelle delle scomparse località di Perno e Razate.
In età moderna, a seguito del passaggio di Calliano alla diocesi di Casale, la situazione appare ancor più articolata. Nella visita pastorale di mons. Scipione d'Este (1555-67) si menzionano un «oratorium societatis Disciplinatorum sub vocabulo Beate Marie Annunciationis de platea que est prope et intra portam ville dicti loci», in stato relativamente buono e officiata nei giorni festivi; una «ecclesiam seu capellam Sancti Rochi [...] extra portam de la villa, que est voltata duabus croceriis, dealbata et depicta, tegulis coperta et clausa»; una «capellam ruralem sub vocabulo Beate Virginis del Mortusio, [...] coperta regulis»; l'«ecclesiam Sancti Felicis, matrix unius parrochie eiusdem loci», priva di tetto, da restaurare e munire degli arredi sacri opportuni; l'«ecclesiam Sancti Desiderii», oggetto di devozione di molti abitanti del paese e in contrasto con la parrocchiale di San Felice; la chiesa di San Pietro, anch'essa parrocchiale e in lite con San Felice; l'«ecclesiam Sancte Marie pro comunitatem constructa», in stato di grave degrado. All'interno di quest'ultima, presso l'altare dedicato a San Sebastiano, si riuniva una «societas laicorum» che aveva dotato di «bandellam» la cappella del santo. San Pietro, che minacciava rovina, poteva vantare il controllo su altre chiese del paese: San Sebastiano; Santa Maria «della Nave» (sic per "Neve"?); la già citata Santa Maria del Mortusio; un'altra parrocchiale intitolata a San Martino; San Defendente; San Gervasio e San Bernardino. Si registrava infine una cappella di Sant'Anna fatta costruire dagli abitanti «capsinarum de Persono» (AD Casale, Visita pastorale di mons. d'Este, 1555-67, cc. 150-156). La visita di mons. Aldegatti del 1569 restituisce invece una situazione più compatta, per quanto non meno conflittuale: in essa sono menzionate, infatti, solo le due parrocchiali di San Pietro e San Felice (in quest'ordine), entrambe da restaurare e ancora in lite tra loro, e la chiesa di Santa Maria «constructam per populum» (AD Casale, Visita mons. Aldegatti, 156869, cc. 145 sgg.). San Pietro si trovava ormai «prope et extra muros». Santa Maria, invece, acquistò via via maggiore importanza: nella visita effettuata da mons. Scipione Pascale il 26 giugno 1619, il vescovo fu accompagnato dai membri della compagnia dei Disciplinanti «alla chiesa parrocchiale sotto il titolo di Santa Maria, nella quale, se bene non sia la parochiale vera, si aministrano li sacramenti» (AD Casale, Visita Pascale, vol. II, c. 54). Oltre a questa, erano attivi la chiesa di San Michele, gestita dalla confraternita dei Disciplinanti, e «fabricata da basso del castello»; un altro oratorio dei Disciplinanti «sotto il titolo dell'Annonciata [...] fabricato all'altra parte della terra», officiato nei giorni festivi e nelle ricorrenze della Vergine; la «chiesa picola sotto il titolo dell'Assumptione della Madonna [...] fabricata per sua devotione et comodità dal fu sig. cap. Horatio Cavallo, [...] benissimo fornita» e ricca di reliquie; la chiesetta di San Rocco, «fori della terra et [...] del tutto spogliata». San Pietro era classificata come «vechia parrochiale fori del logo [...] fabricata in forma antica [...] rovinata, derelitta et spogliata»; le due chiese di «San Felice et San Desiderio, le quali, ai tempi passati, erano tutte parrocchiali» erano state unite a quella di San Pietro e ne avevano seguito le sorti. A San Pietro, comunque, era ancora formalmente destinato un vicecurato e San Desiderio continuava a essere officiata in alcune circostanze (AD Casale, Visita Pascale, vol. II, c. 56v). Nel 1656, in occasione della visita di mons. Miroglio, furono censite Santa Maria, ormai parrocchiale a pieno titolo e retta dall'arcipresbitero Gio. Francesco Cotti, di una delle principali famiglie del paese (chiesa in buono stato e compagnia del SS. Sacramento attiva al suo interno); l'oratorio dei Disciplinanti, o della SS. Annunziata, e quello di San Michele, frequentati soprattutto per la devozione mariana (AD Casale, Visita pastorale mons. Miroglio, cc. 130v-131 [1 settembre 1656]). Pochi anni più tardi, nel 1665, fu constato il definitivo declino dell'antica San Pietro, presso la quale si celebrava ancora Messa solo nel giorno dedicato al santo (Salerno 2002, p. 61). Le tre chiese principali, invece, furono trovate in ottimo stato dal vescovo Radicati, che le visitò nel 1725; in buone condizioni anche la chiesa di S. Desiderio, gestita da due priori («questa chiesa dipende dalla matrice di Calliano, ma quivi si amministrano i sacramenti») e la chiesetta campestre dedicata all'Assunzione della Beata Vergine nel cantone di Mongartone, fatta erigere dal canonico G.B. Berretta. Discreto lo stato dell'antica parrocchiale di San Felice, presso cui era un cimitero dismesso e non più officiata regolarmente, della chiesa di Sant'Anna in loc. Perrona, della Madonna della Neve sita sulla strada per Moncalvo, e delle chiesette di San Rocco e della Madonna delle Grazie (AD Casale, Visita mons. Radicati, vol. I, cc. 190 sgg.). Nel corso del XVIII secolo e durante la prima metà del XIX si moltiplicarono, a Calliano come in altre località del Basso Monferrato, le associazioni devozionali di laici (ne sono state contate 6), una delle quali femminile (la Compagnia delle Umiliate, sorta nel 1817 e il cui altare aveva sede presso l'analoga compagnia maschile). Proseguiva, inoltre, l'attività delle due confraternite (SS. Annunziata e San Michele) per le quali «la differenza nella divisa consiste nel tipo di tela, ruvida per una confraternita e fine per l'altra» (Parola 1999, pp. 22- 24). Funzionanti anche le compagnie del Rosario e del Suffragio, sorte entrambe nel 1753 (Parola 1999, pp. 45-49; Calliano, in “Monferratoarte”, Associazione Casalese Arte e Storia. Sito web (2013)). |
Assetto Insediativo | Il paese, compatto a vedersi arrivando dalla Asti-Moncalvo in direzione Moncalvo, ha in realtà una struttura piuttosto allungata ed è dislocato sulla dorsale di una collina. Alcuni abitanti vivono in case sparse o nelle frazioni, la più popolosa delle quali è tuttora San Desiderio, nella parte piana. Altri toponimi indicano località del territorio, in riferimento a zone o cognomi di famiglie che li abitano: cantoni (Ceriaglio, Marcagnana, Famolenta, Cavagna, Montarzone, Ceresa, reg. Rolassa), cascine (della Valle, Mongartone, Coggiola), bricchi (del Bosco, di San Desiderio, Montarsone).
|
Luoghi Scomparsi | Perno; Razate (cfr. il lemma 'Altre presenze ecclesiastiche').
|
Comunità, origine, funzionamento | Nel 1285 un «dominus Tarturus de Caliano» fu presente in qualità di testimone all'atto di affitto di un appezzamento concesso dai canonici della Cattedrale di Asti a Filippo di Portacomaro, residente a Quarto (Le carte dell'Archivio capitolare di Asti, p. 307, atto del 17 novembre; si veda la scheda dedicata a Portacomaro). Nel 1291, nell'ambito delle guerre tra Asti e il marchese Guglielmo di Monferrato, seguendo l'esempio di Montemagno (1255) e di Vignale (1290), uomini e comunità di Calliano stipularono un accordo con la città (cittadinatico), che permise a questa di attenuare l'influenza sia dei domini loci sia dei Monferrato (Pia 2001, p. 35). Cinque atti consecutivi del settembre 1296 rendono ulteriormente conto dell'esistenza di una comunità organizzata, dotata di un podestà, di un suo luogotenente e di un messo comunale: tra il 3 e il 13 di quel mese, infatti, Bareria de Caprilio, nunzio del comune di Calliano, diede pubblico avviso del termine entro cui l'astigiano Pietro Bocone avrebbe dovuto presentare ricorso in merito all'eredità del defunto Guglielmo Ocello, callianese «de Perno», verso cui avanzava alcune pretese. Bocone o chi per lui avrebbe dovuto presentarsi a «Conradi de Thoma, tenentis locum domini Phylipi de Viallo, potestatis Caliani». Lo stesso nunzio, con atto di Filippo de Viallo del 12 settembre, fu poi nominato procuratore dei beni dell'Ocello in seguito alla rinuncia del precedente «curatore Nicholaus de Croxia, de Caliano» (Le carte dell'Archivio capitolare di Asti, pp. 452-456). Segno più evidente dell'esistenza di una comunità organizzata è però il giuramento di fedeltà presentato dai Callianesi a Teodoro I Paleologo nel 1319, dopo che, nel 1306, il luogo aveva ospitato il marchese impegnato nelle trattative di pace con Asti e gli Acaia (Raviola 2002, p. 16).
|
Catasti | Serie V, reg. 1, Catasto descrittivo, 1534-1621; reg. 2, Registro della Comunità di Calliano stato dal sig. Mariano Serra nell'anno 1684 formato; reg. 3, Catasto, 1810-12.
|
Ordinati | Il primo vol. di Ordinati conservatosi è relativo agli anni 1590-98 (sez. I, m. 1, fasc. 1); la serie prosegue poi pressoché continuativa.
|
Dipendenze nel Medioevo | La più antica menzione di Calliano in qualità di «terra regia» risale all'886 d.C., anno in cui Asti e dintorni erano soggetti alla dominazione franca; in quell'anno vi fu effettuata una permuta in presenza dello scabino Giselbertus (Bordone 1980, pp. 29, 63). Nel 924 vi possedeva terre il franco Gariardus, «judex de vico Calliano, finibus Astense, filius quondam Amandoloni», e a sua volta Amanadolo, fu Petrus, di Calliano, aveva realizzato due permute territoriali nell'878 e nell'886 (Bordone 1980, pp. 43, 64). Nel X secolo, durante il processo d'incastellamento, fu costruito un castello anche a Calliano di cui s'ignorano però i proprietari (Bordone 1980, pp. 76, 78, 84, 127). Se parte della località era soggetta a proprietari del posto legati al vescovo di Asti, parte era invece di pertinenza degli Aleramici che, dall'XI sec., incrementarono la propria influenza sulla zona (Bordone 1980, p. 143). Oggetto delle contese tra Astigiani, Alessandrini e Vercellesi nel XII secolo, nel 1291, come si è visto sopra, la comunità stipulò un cittadinatico con Asti, in quel momento vittoriosa sul marchese Guglielmo VI di Monferrato che fino ad allora aveva tenuto Calliano ricevendolo in feudo dalla città stessa (Pia 2001, p. 36). Con la vittoria riportata da Giovanni I di Monferrato su Asti nel 1294 Calliano entrò a far parte definitivamente del Monferrato (Raviola 2002, p. 15).
|
Feudo | Località dipendente direttamente dal dominio dei marchesi di Monferrato fino al principio del Cinquecento, Calliano subì anch'esso il processo di feudalizzazione che interessò tutta l'area: nel 1528 il suo tasso ordinario fu ceduto a Violante Pugiella Biandrate e nel 1550 la sua giurisdizione fu acquistata dalla famiglia Bobba. Nel 1604 il luogo fu ceduto in feudo al nobile mantovano Galeazzo Canossa, tra i più fidati cortigiani di Vincenzo I Gonzaga. Nel 1674 Isabella Canossa in Scozia ottenne di conseguire le proprie doti sul feudo, ancora in mano alla famiglia mantovana. Nel 1707, però, gli Scozia, famiglia casalese di giuristi e funzionari ducali, riuscirono ad acquistare la località che fu così infeudata a Bernardino, a suo figlio Carlo Bernardino (1736) con titolo di marchese, e al nipote di questi Francesco Maria (1784) (Manno 1895-1906, vol. I, p. 155; Raviola 2002, pp. 24 sgg.).
|
Mutamenti di distrettuazione | Calliano appartiene al Monferrato sin dal consolidamento della dominazione paleologa sulla zona. Dal 1536, con l'avvento di quella gonzaghesca, fu compreso tra le terre «di qua da Tanaro» e, con la creazione di suddivisioni amministrative più compiute, nella provincia di Casale, cui continuò ad appartenere anche in seguito al passaggio del Monferrato ai Savoia (1708) (Raviola 2003). Tale assetto fu confermato dalla definitiva sistemazione delle province piemontesi attuata nel 1749 e si mantenne fino alla caduta dell'antico regime in Piemonte (1798). Entro la maglia amministrativa francese, Calliano seguì le sorti del territorio della vecchia provincia di appartenenza, aggregato alla circoscrizione di Alessandria, prima nel dipartimento del Tanaro (1799), poi in quello di Marengo (1801), circondario («arrondissement») di Casale. Non toccato dal successivo rimaneggiamento del 1805, l'inquadramento amministrativo del Casalese non mutò fino alla Restaurazione (Sturani 2001). Dopo la parentesi napoleonica, Calliano rientrò a far parte della ricostituita provincia di Casale, inclusa nel 1818 nella divisione di Alessandria e ridotta a circondario della provincia di Alessandria nel 1859. Con la creazione della provincia di Asti decretata dal governo fascista nel 1935, Calliano fu tra le località assegnate alla nuova realtà amministrativa.
|
Comunanze | Dai tre catasti conservatisi non emerge una situazione precisa dei beni comuni di Calliano. Tra gli anni Venti e Trenta dell'Ottocento, comunque, il comune vendette i pochi terreni che gli erano rimasti per favorire la costruzione di strade o edifici di uso pubblico (AST, Corte, Paesi per A e B, C, m. 3, fascc. 4, 5, 7).
|
Liti Territoriali | Sez. I, m. 45, fasc. 4, 1457, stabilimento dei confini tra Calliano e Castell'Alfero; m. 50, 1722-31, Misurazione dei confini con Asti e Castell'Alfero; m. 51, fasc. 146, 1755, Ricorso di diversi particolari dei cantoni di questo luogo contro la comunità per la pretesa d'entrare nel consiglio; fasc. 151, 1760, Misurazione dei confini di Calliano con i Comuni di Grana e Penango; fasc. 156, 1763-65, Atti di lite contro i particolari di Castagnole Monf.; fascc. 157-159, 1759-68, Atti di lite contro i particolari di Grana; fasc. 171; fasc. 170, 1775, Comunità vs San Desiderio; m. 52, fascc. 174-175.
|
A.C.C. (Archivio Storico del Comune di Calliano). Vedi inventario.
AD Casale (Archivio Storico della Diocesi di Casale Monferrato), Visita pastorale di mons. d'Este, 1555-67, cc. 150-156; Visita pastorale mons. Ambrogio Aldegatti 1568-69, cc. 145 sgg.; Visita pastorale mons. Scipione Pascale, 1616-24, 3 voll., vol. II, cc. 54-57; Visita pastorale mons. Miroglio, 1656, cc. 130v-132; Visita mons. Radicati, 1701-29, 1725, cc. 190218 e cc. 227-231.
A.S.T. (Archivio di Stato di Torino):
Corte, Paesi, Monferrato, Feudi per A e B, m. 9; Paesi per A e B, C, m. 3; Materie ecclesiastiche, cat. XII, Immunità reale del Monferrato, m. 1, fasc. 3, 1553-1726, Volume in cui sono descritte le transazioni seguite fra le comunità della Prov. di Casale ed Acqui con li corpi o persone ecclesiastiche per il concorso de ' carichi per li beni da essi acquistati, cc. 1-3, Calliano; m. 3, fasc. 1; m. 3, fasc. 2, Informative de' titoli concernenti l'acquisto de' beni ecclesiastici trasmesse a Torino con lettera delli 5 ottobre 1728 e le loro risolutioni, cc. non numerate; fasc. 4, 1728, ottobre, Ricavo de' registri de ' signori ecclesiastici da collettarsi. Provincia di Casale, cc. non numerate; Beni e luoghi pii dopo il 1619. Provincia di Casale; Camera dei Conti, Seconda Archiviazione, capo 79, Statistica generale, m. 6, s.d. (ma post 1755), Stato delle città e terre della provincia di Casale. AC Calliano (Archivio Storico del Comune di Calliano), riordino e inventario di G. Bogliolo, 1999. B.N.F. (Bibliothèque nationale de France). Vedi catalogo.
B.N.F., département Cartes et plans, GE DD-2987 (5054 B), La principauté de Piémont, les marquisats de Saluce et de Suze, les comtés de Nice et d'Ast, le Montferrat / dediée au roy par son très humble, très obéissant, très fidèle sujet et serviteur H. Jaillot, géographe de sa Majesté, [chez l'auteur] (A Paris), 1695 [Jaillot, Alexis-Hubert (1632?-1712). Cartographe]. Vedi mappa. | |
Bibliografia | Bogliolo G., L’Archivio comunale di Calliano, in Note su Calliano in età moderna, Asti 2002, pp. 77-82.
Bordone R., Città e territorio nell'alto Medioevo: la società astigiana dal dominio dei Franchi all'affermazione comunale, Torino 1980 (BSSS 200).
Bordone R., «Già parrocchiale, ora campestre e minacciante rovina…». Tracce romaniche per una storia del popolamento nell’Astigiano medievale, in Le chiese romaniche delle campagne astigiane, a cura di L. Pittarello, Asti 1984, pp. 7-11.
Caramellino C., La Confraternita della SS. Annunziata, in Note su Calliano in età moderna, Asti 2002, p. 87.
Cartari minori, Cartario dei monasteri di Grazzano, Vezzolano, Crea e Pontestura. Cartario del monastero di Rocca delle Donne. Carte varie di Casale e del Monferrato, a cura di E. Durando, Pinerolo 1908 (BSSS 42).
Le carte dell’Archivio capitolare di Asti (secc. XII-XIII), a cura di A.M. Cotto, G.G. Fissore, P. Gosetti, E. Rossanino, Torino 1986 (BSS 190).
Casalis G., Dizionario geografico storico-statistico-commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna, Maspero, Torino 1833-1856, 28 voll.
Cavallo P., Dalla Lega di Augusta al Trattato di Utrecht: aspetti di vita militare e civile a Calliano tra Sei e Settecento, in Note su Calliano in età moderna, Asti 2002, pp. 35-76.
Censimento della popolazione del Regno d’Italia al 10 febbraio 1901, Roma 1902.
Le chiese romaniche nelle campagne astigiane. Un repertorio per la loro conoscenza, conservazione, tutela, a cura di L. Pittarello, Torino 2002.
Informazioni statistiche raccolte dalla Regia Commissione superiore per gli Stati di S.M. in terraferma, Stamperia Reale, Torino 1839.
Manno Antonio, Bibliografia storica degli stati della monarchia di Savoia, vol. III, Torino, Fratelli Bocca librai di S.M., 1891, pp. 399-400. Vedi testo.
Manno A., Il patriziato subalpino. Notizie di fatto storiche, genealogiche, feudali ed araldiche desunte da documenti, Civelli, Firenze 1895-1906, 2 voll. e 27 dattiloscritti, vol. I, ad vocem.
Pia E.C., Il processo di definizione politica di un’area di confine: il territorio di Montemagno tra XII e XIII secolo, in Montemagno tra arte e storia, Asti 2001, pp. 21-36.
Ragusa E., Restauri a Calliano, in Note su Calliano in età moderna, Asti 2002, pp. 83-84.
Raviola B.A., Una località di frontiera. Note su Calliano in età moderna, in Note su Calliano in età moderna, Asti 2002, pp. 15-34.
Raviola B.A., Il Monferrato gonzaghesco. Istituzioni ed élites di un micro-stato (1536-1708), Firenze 2003.
Salerno P., Calliano, chiesa di San Pietro, in Le chiese romaniche nelle campagne astigiane. Un repertorio per la loro conoscenza, conservazione, tutela, a cura di L. Pittarello, Torino 2002, pp. 59-62.
Settia A.A., «Fare Casale ciptà»: prestigio principesco e ambizioni familiari nella nascita di una diocesi tardo-medievale, in Vescovi e diocesi in Italia dal XIV secolo alla metà del XVI. Atti del convegno di storia della chiesa in Italia, Brescia, 21-25 settembre 1987, a cura di G. De Sandre Gasparini, Roma 1990, pp. 676-715.
Sturani M.L., Innovazioni e resistenze nella trasformazione della maglia amministrativa piemontese durante il periodo francese (1798-1814): la creazione dei dipartimenti ed il livello comunale, in Dinamiche storiche e problemi attuali della maglia istituzionale in Italia. Saggi di geografia amministrativa, a cura di Ead., Alessandria 2001, pp. 89-118.
|
Descrizione Comune | Calliano
Già in altra sede ho avuto occasione di definire Calliano «una località di frontiera» tra Monferrato e Astigiano (Raviola 2002). Oltre a questo, che costituisce indubbiamente il primo elemento di rilievo, altri due sono gli aspetti caratterizzanti le vicende di Calliano dal Medioevo fino almeno al termine dell'Antico Regime: la presenza di una frazione dall'identità forte come quella di San Desiderio e una certa conflittualità interna per questioni religiose e territoriali.
Le prime attestazioni relative al luogo risalgono al secolo IX, durante la seconda metà del quale il franco Amandolo divenne «un notevole possessore a Calliano, dove la proprietà era spezzettata», trasmettendo poi buona parte del patrimonio al figlio Gariardo, giudice di Calliano stesso (Bordone 1980, p. 64). Già dotata di un castrum nel 924, la località faceva probabilmente parte dell'area d'influenza della Chiesa d'Asti, come dimostrerebbero una serie di atti stipulati dal vescovo in presenza di testimoni callianesi: lo scabino Giselbertus, il giudice Gariardus, Walfredus di Calliano e suo figlio Alamundus, vero e proprio vassallo vescovile (Bordone 1980, p. 84). La zona, piuttosto popolata, era coltivata soprattutto ad arativo e a vigneto (Bordone 1980, p. 118). Tra X e XI secolo cominciarono ad acquisirne porzioni gli Aleramici di Monferrato che, nonostante la permanenza di alcune proprietà ecclesiastiche (Bordone 1980, pp. 143, 149), consolidarono via via la propria posizione sminuendo invece quella del vescovo di Asti, le cui proprietà finirono per concentrarsi nella vicina pieve di Grana (Bordone 1980, p. 158). La pieve stessa, tuttavia, esercitava diritti di controllo spirituale e temporale su Calliano dall'886 almeno, avendo alle sue dipendenze l'antichissima parrocchiale di San Pietro (Bordone 2002; Salerno 2002) e, nel 1345, tutte le altre chiese presenti sul territorio. Dal punto di vista politico, la presenza di una comunità organizzata in Calliano pare non solo precoce, ma solida e in grado di tenere testa ai tentativi di influenza e penetrazione del comune di Asti sul territorio monferrino. Si pensi, per esempio, al cittadinatico del 1291 (Pia 2001), ma soprattutto al corpus di cinque atti del settembre del 1296 (cfr. il lemma 'Comunità, origine, funzionamento'; Le carte dell'Archivio capitolare di Asti, pp. 452-456) dal quale traspare non solo l'articolazione del comune di Calliano, dotato di podestà (Filippo de Viallo), vice podestà (Corrado de Thoma) e messo comunale (Bareria de Caprilio), ma anche la volontà di tutelare i terreni dell'eredità del defunto callianese Guglielmo Occello, «de Perno», dalle pretese del cittadino astigiano Pietro Bocone che ne rivendicava la proprietà contro le ragioni di Germano de Monte, anch'egli di Perno. Le notifiche del messo Caprilio furono tutte pronunciate a Calliano, in «platea pontis castri ubi reditur ius», e alla presenza di vari testimoni locali: Guglielmo Acerio e Pietro Abetus (Le carte dell'Archivio capitolare di Asti, p. 452 [3 settembre 1296]); lo stesso Germano de Monte e Martino Gigliengo (Le carte dell'Archivio capitolare di Asti, p. 453 [6 settembre]); il «dominus Anianus, minister ecclesie Santi Felicis et dominus Ascherius Rogerengus, ambo de Caliano» (Le carte dell'Archivio capitolare di Asti, p. 454 [10 settembre]); ancora Martino Gigliengo e «Obertus de Robaldo de Monte de Serra» (Le carte dell'Archivio capitolare di Asti, p. 455 [12 settembre]) e infine Guglielmo Cugamolino e Rofino de Valle (Le carte dell'Archivio capitolare di Asti, p. 455 [13 settembre]). Si noti anche che il «notarius sacri palatiii» cui furono rogati i cinque mandati di comparizione era Oberto de Monte, anch'egli di Calliano e per il quale si può presumere una parentela con Germano, l'aspirante erede di Occello. Come altre località limitrofe, tra cui Portacomaro e Scurzolengo, tra Due e Trecento Calliano subì anche l'influenza del crescente potere dell'abbazia di San Bartolomeo di Azzano che andava perseguendo una politica di acquisizione territoriale nella zona di Asti e dintorni (si vedano le schede dedicate a Portacomaro, Scurzolengo e Viarigi): per quanto riguarda Calliano, ne sono prova due atti stipulati tra Germano Remussato (o Ramosino), di Scurzolengo, e l'abate Nicolao Miroglio tra il 1316 e il 1321. Con il primo Germano vendette per 10 lire astesi a fra' Rufino, rappresentante dell'abate, una pezza di terra di 10 stara «iacentem in posse Caliani, in terratorio Perni, ubi dicitur in poderio dicti monasterii Sancti Bartholomei, cui coherent ecclesia dicti monasterii Sancti Bartolomei a duabus partibus et heredes Rollandi de Serra» (Le carte dell'Archivio capitolare di Asti, p. 444 [17 novembre]). Con il secondo l'abate acquistò da Beatrice, moglie di Germano, un altro appezzamento di 10 stara «iacente in iudicione Caliani, in posse Perni, cui coherent Andreas Rubeus de Castagnolis, Iacobus Garetus et via comunis» (Le carte dell'Archivio capitolare di Asti, pp. 558-559). In tempi precedenti, peraltro, gli uomini di Calliano avevano avuto qualche legame con la chiesa di Sant'Agata di Pontestura, come dimostrerebbero la presenza di un «Vuilielmus de Caliano» tra i testimoni di un atto di donazione di terre effettuato da due coniugi di Camino nel 1151 (Cartari minori I, p. 10) e di un «Alinerius de Caliano», sempre in qualità di teste, a un contratto d'affitto stipulato dalla chiesa nel 1268 (Cartari minori I, p. 59). Con la vittoria riportata dal marchese Giovanni I di Monferrato su Asti nel 1294, Calliano entrò definitivamente a far parte del Monferrato. Nel 1306 ospitò Teodoro I Paleologo impegnato nelle trattative di pace con Asti e con gli Acaia e tredici anni più tardi la comunità prestò il suo giuramento di fedeltà al marchese, ottenendo da allora varie conferme delle prerogative locali, statuti compresi (altre giunsero nel 1376, nel 1404 e nel 1445) (Raviola 2002, pp. 16-17). Il fenomeno andò di pari passo da un lato con il sempre maggior asservimento del luogo alla signoria monferrina, dall'altro con il perfezionamento dell'assetto politico interno e lo sviluppo di un' élite locale. Di certo, momento fondante per la definizione politico-economica della comunità fu la transazione con gli uomini di Castell'Alfero per lo stabilimento dei confini territoriali. L'accordo ebbe luogo nel 1457 [...]. Non si trattava soltanto di una semplice convenzione tra due località vicine e spesso in conflitto tra loro per questioni patrimoniali: oltre a questo, il provvedimento andava a segnare un confine pressoché definitivo tra il marchesato di Monferrato e la contea d'Asti, ponendo fine a lotte annose e contribuendo a rafforzare la fisionomia d'entrambi. Per quanto concerne Calliano, inoltre, l'atto fu in linea con un processo di auto-definizione geografica delle comunità riscontrabile all'interno del Monferrato stesso (Raviola 2002, p. 17). Il confine fu fissato lungo il corso del torrente Versa e, per ribadirlo, nel 1468 il marchese Guglielmo VIII ordinò ai Callianesi di costruire nuove strutture difensive essendo il luogo «in confinibus territori nostri et [...] ex illo latere [...] propugnaculum et clipeus» (Raviola 2002, p. 18).
Nel 1525, negli anni delle guerre italiane, la comunità ottenne un esonero dal pagamento di contribuzioni militari per le truppe imperiali in virtù delle 1803 lire sborsate tra ordinario, tassa sui cavalli e «pro libertate molendi». Calliano, dunque, a differenza di altre località della zona, era riuscito a salvaguardare prerogative di vitale importanza quale quella del moleggio, prova della sua strategicità anche economica legata sia alla buona produzione cerealicola sia alla vicinanza con il mercato di Moncalvo e con quelli dell'Astigiano» (Raviola 2002, p. 18). Tuttavia, nei decenni successivi, non riuscì a sfuggire al fenomeno delle infeudazioni che, a partire dalla dominazione gonzaghesca, interessò tutto il marchesato: nel 1550 la giurisdizione di Calliano fu acquistata dalla famiglia Bobba e negli anni successivi furono minacciate alcune delle prerogative economiche e politiche della comunità, dalla libera gestione dei forni comunali alla possibilità di nomina del podestà con il sistema della rosa di tre nomi. In quel clima maturarono i dissidi interni per il controllo e la gestione degli spazi cultuali. Già nella visita del 1555 di mons. Scipione d'Este si fa ampio riferimento ai contrasti tra la chiesa di San Desiderio, quella parrocchiale di San Felice cui essa faceva capo e l'altra parrocchiale di San Pietro. La prima era all'epoca in pessimo stato di manutenzione («tecto desctructa et sine clausuris») e totalmente dipendente da San Felice, ma assai frequentata da parte della popolazione del paese («ex devotione, cupiunt multiores cellebrari facere missam in eorum ecclesiam»). Di qui alcune tensioni con la chiesa madre, che andavano a unirsi a quelle tra i parroci di San Felice e San Pietro che rivendicavano entrambi il diritto a esigere un reddito annuo di 15 scudi tradizionalmente percepito dalla chiesa di Calliano, il tutto «in scandalum populi et in dedecus divini cultus» (AD Casale, Visita pastorale d'Este, 1555-67, c. 150 v). Nonostante la richiesta del rettore di San Felice e San Desiderio di poter incamerare le prerogative dell'antica San Pietro privandola così dello status parrocchiale, il presule di Casale ordinò allora di verificare la documentazione delle due parrocchie e di ripristinare in entrambe la regolarità delle funzioni religiose. Dal canto suo San Pietro poteva vantare il controllo su numerose altre chiese callianesi: un'altra parrocchiale, dedicata a San Martino e ad essa legata; la chiesetta campestre di Santa Maria della Neve; Santa Maria del Mortusio; San Defendente; San Gervasio e San Bernardo. Facevano da contraltare alle forti presenze ecclesiastiche di San Felice e San Pietro sia l'«ecclesiam Sancte Marie pro comunitatem constructa» - presumibilmente nel tentativo dei rappresentanti della comunità di potersi avvalere di uno spazio avulso dalle tensioni delle due parrocchie principali - e altri edifici di culto espressione di una religiosità popolare sempre più diffusa (in particolare una confraternita di Disciplinanti e una chiesetta dedicata a San Rocco). Pochi anni più tardi, in occasione della visita del mantovano Ambrogio Aldegatti, nuovo vescovo di Casale, la situazione appariva meno frammentata, ma sempre conflittuale: le chiese callianesi ricordate erano solo le due parrocchiali di San Pietro e San Felice (in quest'ordine) e quella della comunità dedicata a Santa Maria, da cui iniziò la visita. Le prime erano ancora ferocemente in lite per il controllo del reddito annuo (passato da 15 a 14 scudi), allora percepito dal «decrepitus presbiter Antonius Testa», parroco di San Felice dietro approvazione della curia casalese che, per porre fine a «scandalos» e «controversias», ne aveva privilegiato le ragioni disponendo però che, in caso di sue dimissioni o decesso, l'obolo passasse al rettore di San Pietro in vista di un'unione pacificatrice delle due parrocchie (AD Casale, Visita di mons. Aldegatti, 1568-69, cc. 145 sgg.). Il conflitto non riguardava solo il problema della cura d'anime e della gestione dei benefici ecclesiastici: alle spalle era anche il dissidio tra famiglie dell' élite locale che si contendevano l'uso degli spazi cultuali. Se infatti il vescovo fu accolto dal Testa con tutti gli onori, fu però ospitato in casa del presbitero Vincenzo Cozio, rettore della parrocchiale di San Pietro (con un reddito di 40 scudi annui) ed esponente di una delle famiglie consolari più influenti del paese. San Pietro però risultava ormai «prope et extra muros», il che farebbe pensare a un progressivo spostamento dell'abitato motivato dalle frequenti scorribande militari che interessarono l'area nella prima metà del secolo, da nuove esigenze difensive e dalla lenta ripresa demografica. Anche per questo, probabilmente, la chiesa di Santa Maria acquistò progressivamente maggiore importanza: frequentata assiduamente dalla popolazione e espressione della comunità che l'aveva fatta costruire in posizione più centrale rispetto all'abitato, essa acquisì negli anni lo status di parrocchiale e come tale, «se bene non sia la vera parochiale», fu censita durante la visita di mons. Pascale (AD Casale, Visita Pascale, vol. II, c. 54). Lì funzionavano le confraternite locali, dedicate al SS. Rosario, al Corpus Domini e al SS. Sacramento e lì alcuni esponenti dell' élite avevano fondato altari e cappelle (ad es. quella di Santa Caterina di Federico Cozio), riccamente ornati da splendidi dipinti di Guglielmo Caccia (Ragusa 2002). Altri, come il capitano Orazio Cavallo, avevano preferito far costruire una chiesetta a proprie spese (cfr. il lemma 'Altre presenze ecclesiastiche'), mentre San Felice e San Desiderio, unite per decreto vescovile a San Pietro, ne avevano seguito le sorti di degrado e abbandono (Ragusa 2002). Sul lungo periodo, però, gli attriti di natura cultuale non vennero meno come dimostra il fatto che, nel 1713, a colpi di suppliche e ricorsi, gli abitanti della frazione di San Desiderio riuscirono a ottenere dal vescovo di Casale l'erezione dell'omonima parrocchia, venendo svincolati dall'obbligo di frequentare quella di Santa Maria. Dietro alla richiesta non erano solo ragioni di comodità, ma anche problemi di rappresentanza politica dei residenti poiché il consiglio comunale era in mano ai notabili paesani (Cozio, Cotti, Donna, Migliarino) (Raviola 2002, p. 32). La nascita di nuovi luoghi di culto e associazioni devozionali, ancor più sensibile tra XVIII e XIX secolo (Parola 1999), andò di pari passo con la proliferazione dei benefici ecclesiastici e dei patrimoni immuni, fenomeno che a Calliano non fu indifferente e che, da metà Seicento, provocò scontri tra l'amministrazione e i religiosi che si rifiutavano di pagare le imposte di registro. Per questo, ad esempio, il 3 agosto 1721 fu stipulata una convenzione tra il prevosto Giovanni Battista Serra e la comunità per le taglie annue da lui dovute al fine di «troncar liti» da tempo accese. Secondo l'accordo, che ebbe luogo a Calliano, nella «casa del Comune», il prevosto Serra s'impegnò a pagare 9 lire conformi alla tassa «che pagano li altri signori ecclesiastici» e 3 lire alla comunità per ogni libra di registro posseduta «alla forma della convenzione col sig. canonico Beretta fatta con la presente comunità sotto li 12 del mese di luglio 1711» (AST, Corte, Materie ecclesiastiche, cat. XII, Immunità reale del Monferrato, m. 1, fasc. 3). Nel 1728 fu rilevata l'esistenza di un beneficio legato alla cappella di San Giovanni della parrocchiale di Calliano assegnato al chierico Gio. Antonio Antonione e, in sua vece, al sacerdote Giovanni Ottavio Trinchero. Il beneficio consisteva in un appezzamento di 7 giornate «non cattastrate» e immuni, site nel territorio di Calliano, «nella contrada detta in Verra»; «per verificatione che detti beni fossero di detto benefficio prima del 1620, si presenta estratto autentico dal cattastro d'essa comunità in cui si vede che li 15 aprile 1518 si descrissero li beni apartenenti in tal tempo alla capella di San Gioanni di Calliano». Inoltre, sempre in Calliano (contrada Val di Lazzaro), i Padri della Certosa d'Asti possedevano 300 moggia di terreno (tra cui la masseria di Montefarengo, sul controverso confine con Castell'Alfero), del valore complessivo di £ 50 di registro, ma immuni, acquisiti in parte con atto di compravendita del 30 dicembre 1500. I «Padri della missione di Casale» detenevano, invece, 48 lire di registro sul territorio callianese, 44 delle quali pervenute all'ente a titolo di donazione nel 1703 e tassate per 100 lire all'anno (AST, Corte, Materie ecclesiastiche, cat. XII, Immunità reale del Monferrato, m. 3, fasc. 1, Informazioni de' titoli). 6 moggia di terreno, tassate per 1,5 libre di registro, erano invece posseduti in Calliano dal beneficio di San Giovanni Evangelista eretto nella parrocchiale di Grana (AST, Corte, Materie ecclesiastiche, cat. XII, Immunità reale del Monferrato, m. 3, fasc. 2). Altri enti ecclesiastici - gli Agostiniani di Asti della Madonna delle Grazie, i Barnabiti astigiani di San Martino e i Padri conventuali di San Francesco di Moncalvo - avevano beni parzialmente immuni sparsi sul territorio (AST, Corte, Materie ecclesiastiche, cat. XII, Immunità reale del Monferrato, m. 3, fasc. 4, Ricavo de' registri). L'unico ente callianese che possedeva beni ecclesiastici acquisiti dopo il 1619 e dunque collettabili, era la compagnia del Rosario, istituita nel 1668 e tassata per 2 £ di registro (AST, Corte, Materie ecclesiastiche, cat. XII, Immunità reale del Monferrato, m. 3, Beni e luoghi pii). La concentrazione di benefici ecclesiastici e la separatezza, anche patrimoniale, tra Calliano e le sue borgate principali (San Desiderio e Perrona) è testimoniata anche dai tre catasti conservatisi. Il primo, piuttosto precoce, abbraccia gli anni 1534-1640 ed è un buon repertorio per i toponimi di un territorio in espansione: Airali; val Grana; Castagneto; Montarsone; Valmirono; Vaseysium; «ad Variatorem»; «ad glischum»; «Opium»; Casette; Ronco; Centenario; «ad Petram»; Bozzola; Valle Taxinaria; «ad Vasoneam»; «ad montem» o cappella S. Giovanni; Val Sabena; plano Poleti; Val Gossana; Val Buttigliera; prato Siroto; «in Sosallum»; Val Rotonda; San Gervasio; Montearbuino; Vasarengo; «ad moleam»; Monterosso; Buffalora; Monteansaldo; prato Duali; Montarello; Brusello; prato Giroto; Garabiglia; Montedecanibus; Val Palazzo. La proprietà era all'epoca ancora piuttosto frazionata, con diverse incursioni di proprietari di Moncalvo e di Penango. Più chiara la situazione fotografata dal catasto del 1684, probabilmente compilato per far luce sui beni ecclesiastici e aggiornato fino al 1716 almeno: oltre ad alcuni toponimi relativi a nuovi insediamenti abitativi (in particolare Gattina, Sparzurato, San Desiderio, Perrona), sono elencati in dettaglio i beni feudali in mano alla contessa Maria Maddalena Natta Callori, erede dei feudatari Scozia (£ 28,5 di registro), quelli delle chiese del paese e dei vari benefici e quelli delle famiglie dei principali possidenti (Allemano, Donna, Trombetta). A tal proposito, comincia a emergere la concentrazione in San Desiderio di terreni della famiglia Accomazzo, alcuni membri della quale, non a caso, gestirono in priorato l'omonima chiesa, legandovi numerosi appezzamenti e rendite (AD Casale, Visita mons. Radicati, 1725, c. 195). Non stupisce, dunque, che proprio gli Accomazzo abbiano promosso la richiesta dell'autonomia parrocchiale e, nel 1755, guidato la protesta dei cantoni San Desiderio e Perrona contro la sistematica esclusione dei propri abitanti dal consiglio comunale (AC Calliano, m. 51, fasc. 146). Nonostante la risposta negativa dei consiglieri (per lo più esponenti dei casati Antonione, Mellana, Mascarana, Donna, che dichiararono di non aver «mai visto alcun particolare de' cassinali di San Desiderio e della Perrona [...] entrato nel corpo di questo consiglio [...] anzi, abbiamo sempre sentito dire dalli vecchi [...] che li particolari di questi cassinali siano sempre stati esclusi»), gli Accomazzo e con loro i Maranzana, i Gambertoglio, i Vercelli e i Cavallo accumularono proprietà sempre più consistenti, risultando tra i maggiori possidenti registrati dal catasto del 1810. Ai loro nomi vanno uniti anche quelli di famiglie tradizionalmente benestanti (gli stessi Antonione, Allemanno, Cotti), quelli di altre in ascesa (i Berruti, i Pasquini, i Cavagna, i Porrato, per non citarne che alcuni) e quello dell'ex vassallo della Sala Spada, subentrato agli eredi Scozia. Non si ha notizia di un catasto di metà Settecento, ma è probabile che l'Intendenza di Casale ne avesse promosso la redazione sia per rinnovare i dati risalenti alla fase gonzaghesca sia per chiarire le controversie di confine che si infittirono proprio in quel periodo. Dopo decenni di relativa tranquillità, infatti, tra il 1756 e il 1770, fu necessario l'intervento di funzionari sabaudi per ridefinire i contorni della comunità, entrata in lite con i vicini comuni di Grana, Penango, Moncalvo e Castagnole Monf. Le trattative (AC Calliano, mm. 51-52) durarono anni e si concentrarono per lo più sull'individuazione delle proprietà di particolari non callianesi (come quelle della fam. Vervelli, di Grana, sul confine tra i due paesi) o di elementi naturali che potessero essere utilizzati come limite (ad es. il rivo Valsesio tra Calliano e Penango). All'epoca il territorio di Calliano era di 4096 moggia, la maggior parte delle quali coltivate (soprattutto a vigneto) e 1 '88 delle quali di beni immuni. La popolazione, di 2000 anime circa per 283 fuochi, era dunque soprattutto dedita all'agricoltura, ma «alcuni particolari attendevano alla compra e vendita di grano fuori territorio; altri facevano fornaci di calcina che conducono nell'Asteggiana; conducevano anche vino nell'Asteggiana ed a Torino per vendere». Tassata per 2677 lire all'anno di tributi camerali, l'amministrazione aveva allora un debito residuo di 7386 lire (AST, Camera dei Conti, II Arch., capo 79, m. 6, Prov. di Casale [post 1753]). La costruzione della Asti-Casale favorita dalle Intendenze dei due capoluoghi di provincia, tuttavia, agevolò anche Calliano che poté sfruttare la sua posizione per incrementare le esportazioni e ravvivare il mercato locale, soprattutto in seguito alla Restaurazione: nel 1823, infatti, il consiglio chiese e ottenne di poter fissare un mercato settimanale il martedì che facesse da ponte tra quello di Asti del mercoledì e quello di Moncalvo del giovedì e che potesse rifornire sia gli abitanti del paese (circa 2000) sia quelli di San Desiderio e Perrona (circa 700 in tutto) (AST, Corte, Paesi per A e B, C, m. 3, fasc. 2). Il dato demografico rimase stabile per un decennio e più: nel 1839, infatti, Calliano contava 2630 abitanti suddivisi in 584 nuclei familiari (Informazioni statistiche 1839, p. 29). Come altre località della zona, nella seconda metà dell'Ottocento fu interessato da un certo incremento demografico che portò la popolazione a 3370 unità censite nel 1901 e suddivise tra il paese, le frazioni di San Desiderio e Perrona e poche case sparse (Censimento 1902, p. 9). Vent'anni più tardi, anche a causa del primo conflitto mondiale, si registrò un calo destinato a protrarsi negli anni: 3010 ab. (dei quali 556 a San Desiderio e 301 alla Perrona) (Censimento 1927), scesi a 2426 nel 1931 (Censimento 1937) e a 2267 nel 1951 (Censimento, 1955), quando fu anche rilevato un incremento dei nuclei abitativi. Oltre alle due frazioni, infatti, fu censita la popolazione delle Cascine Cavagna, delle Cascine Montarsone e delle Cascine della Pietra, dipendenti dal paese, e della loc. Rolassa facente capo a San Desiderio. Oggi Calliano - 1400 ab. circa, molti dei quali ancora dediti ad attività agricole - appartenne, con Tonco, Castell'Alfero e Portacomaro, alla Comunità collinare Monferrato- Valle Versa, che ha lo scopo di valorizzare il territorio promuovendone le tradizioni enogastronomiche e folkloristiche. |