Autori | Caffù, Davide |
Anno Compilazione | 2007 |
Provincia | Alessandria.
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Area storica | Basso Monferrato.
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Abitanti | 1391 (ISTAT 2007).
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Estensione | 22,38 Kmq (ISTAT 2007; Bersano 1972).
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Confini | A nord-ovest Casale Monferrato, a nord Borgo San Martino, a est Pomaro Monferrato e Giarole, a sud Lu e Mirabello Monferrato, a ovest Conzano.
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Frazioni | Non sono presenti frazioni amministrative.
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Toponimo storico | La toponomastica fondiaria in -ano indicherebbe i primitivi stanziamenti romani nella regione (Settia 1991a, p. 173), che a Occimiano sono fra l’altro avvalorati dal rinvenimento di due epigrafi di epoca repubblicana (cfr. il lemma ‘Assetto insediativo’).
I toponimi più frequenti sono «Occimianus» (diploma di Carlo il Grosso dell’anno 882, che Francesco Panero sospetta però essere stato interpolato: I Biscioni I, doc. XXXIV, p. 114; Panero 2004, pp. 29-30) e «Ocimianus» (I Biscioni I, doc. 2, p. 42; Cartario alessandrino I, doc. CXXIII, p. 167 [1192]) alternati a «Aucimianum», «Ozimianum» e «Ucimiano» (rispettivamente: MGH Diplomata X, docc. 253-255, pp. 52-56 [1159]; Cartario alessandrino II, doc. CCC, p. 146 [1210]; Il Libro degli Acquisti II, doc. 324, p. 612). Il toponimo «Cimiano» confermerebbe questa ipotesi, suggerendo con il riferimento alla voce cima l’esistenza di un insediamento collocato in posizione più elevata rispetto agli altri (ARMO, doc. XXXIV, p. 108 [1348]).
L’editore della documentazione cluniacense identifica con Occimiano i seguenti toponimi dei secoli XIII-XIV: «Arsiniaco (alias Ursiniaco)», «Alzimiano», «Antimiano»; «Lucinano», «Olauniano», «Olciniaco», «Ursiniano», «Vehumano», «Vichimaco», «Visimano» (Cattana 1969, p. 131). Un altro toponimo che si riferisce al territorio dell’attuale comune di Occimiano è «Iadate» (CIL, V, 2, nn. 7449-7450, p. 842; cfr. il lemma ‘Assetto insediativo’). Il suffisso -ate avrebbe un’origine preromana, forse ligure o celtica (Settia 1991a, pp. 172 e 187) e deriverebbe dal nome Iactum attribuito al torrente Grana (Durandi 1774, p. 330; Novarese 1892, p. 224). |
Diocesi | Diocesi di Vercelli fino alla costituzione della diocesi di Casale nel 1474.
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Pieve | Negli elenchi delle decime della Chiesa di Vercelli della fine del Duecento le chiese di Occimiano dipendevano dall’antica pieve di S. Giovanni di Mediliano nel territorio di Lu (ARMO, doc. XVIII, p. 36; Settia 1991a, p. 281). Le successive attestazioni documentarie del 1348 e del 1440 confermano questa dipendenza (ARMO, doc. XXXIV, p. 108; doc. CIX, p. 235; Settia 1983, p. 37), anche se nel registro della decima papale redatto nel 1360, nel quale la pieve di Mediliano non compare, le chiese occimianesi furono indicate nella pieve di Giarole (Cognasso 1929, p. 222).
Secondo Enri Bo nei pressi della cascina di S. Maria, situata sulla collina a ovest di Occimiano, «sorgeva l’antica pieve di S. Maria di Carexana o Caresana» o «S. Maria in Pié» (Bo 1979-1980, p. 59; Durandi 1774, p. 329), che avrebbe poi perso le funzioni pievane a vantaggio di S. Giovanni di Mediliano (Novarese 1892, p. 245). A esclusione del toponimo non è pero stato possibile rinvenire alcuna prova documentaria a sostegno di tale ipotesi e la maggior parte degli studiosi concorda nell’assegnare l’area di Occimiano a S. Giovanni fin dalla fondazione della pieve, che risalirebbe all’epoca carolingia (Banfo 2000-2001, p. 167; Banfo 2004, pp. 164-165; Demeglio 2004, p. 201; Settia 1991a, p. 281). |
Altre Presenze Ecclesiastiche | Nell’elenco delle decime della Chiesa di Vercelli redatto nel 1299 a Occimiano compaiono i seguenti enti religiosi: «prioratus Sancti Vitalis de boscho de Ocimiano, capella castri de Ocimiano […] ecclesia Sancti Valerij de Ocimiano» (ARMO, doc. XVIII, p. 36. Non convince l’identificazione della chiesa di S. Vitale «de bosco» con quella «de Roa» proposta da Bo sulla base dell’evidente omonimia, perché i due edifici religiosi occupano due distinti punti nello stesso elenco: Bo 1979-1980, pp. 61-63 e 113).
Il priorato di S. Vitale, situato fuori dall’attuale concentrico verso nord-est, sarebbe stato fondato dai marchesi di Occimiano come monastero di famiglia (Banfo 2003, p. 27; Banfo 2004, p. 171; Recueil des chartes de l’Abbaye de Cluny, doc. 3996, pp. 348-51) e quindi risalirebbe al secolo XII, come conferma l’esame dell’abside, che «è indubbiamente di età romanica, se non addirittura precedente, e ingloba laterizi forse tardoantichi di spoglio» (Ieni 1980a, p. 26; priva di fondamento è la datazione del 500 d.C. proposta in: Bersano 1972, p. 5). Forse i legami fra il priorato e Cluny iniziarono già in quegli anni visto che, il 21 novembre 1127, il marchese di Occimiano Oberto e sua moglie Berta donarono all’abbazia alcuni beni situati in Occimiano e le decime di Occimiano, Pomaro Monferrato, San Salvatore Monferrato, Lu e Conzano (Ferraris 1995, p. 159 n. 154; Banfo 2004, p. 171). Tuttavia si è ipotizzato che questi beni inizialmente avessero rafforzato la dotazione della comunità cenobitica di Castelletto e che solo in seguito avessero costituito la dotazione fondiaria per dei priorati di San Benedetto di Conzano e di San Vitale di Occimiano (Panero 2009, p. 147). In ogni caso la prova documentaria di questo legame è molto più tarda: forse nel 1293, sicuramente a partire dal Trecento, S. Vitale è attestato come priorato cluniacense (Cattana 1969, pp. 131-132). In quegli anni, come altri edifici religiosi del luogo, subì ingenti danni e distruzioni a causa delle guerre (Settia 1973, p. 636 n. 136). Nel 1342 fu così abbandonato dal priore e dal monaco, che dimoravano «in villa de Onzimiano et in illa domo in qua habitant faciunt divunum officium et elemosinam prout possunt» (Cattana 1969, p. 134). Tale situazione è confermata dall’assenza del priorato nell’elenco delle decime della Chiesa di Vercelli del 1348, nel quale compare la sola «ecclesia Sancti Valerij de Cimiano» (ARMO, doc. XXXIV, p. 108). Nel 1440 il priorato fu nuovamente attestato (ARMO, doc. CIX, p. 235), ma dal 1554 i suoi beni e il censo che la comunità pagava ai monaci passarono alla Mensa vescovile di Casale Monferrato (Durandi 1774, p. 329; Novarese 1892, p. 229). Nel 1798 i beni di S. Vitale furono incamerati dal governo francese e venduti a privati (Bo 1979-1980, p. 64), ma con la Restaurazione il censo fu ripristinato, per essere definitivamente riscattato dalla comunità nel 1868 (Novarese 1892, p. 229). Anche la «capella castri de Ocimiano» scompare dagli elenchi delle decime del 1348 e del 1440 (ARMO, doc. XXXIV, p. 108, doc. CIX, p. 235), perché probabilmente fu abbandonata. Conferma questa ipotesi la richiesta avanzata nel 1573 dalla compagnia delle Vergini di poter usare la «capilla del castello, tutta però disfatta e rovinata», di rimetterla in sesto e di costituire un altare per un’opera pia (AST, Corte, Monferrato, Materie ecclesiastiche, m. 5: Supplica delle Vergini d’Occimiano ad effetto di poter servirsi della cappella del castello esistente nella parrocchia di detto luogo [11 marzo 1573]). Il castello non deve essere identificato con il complesso che i conti Passano fecero costruire successivamente nell’area est di Occimiano, ma con una struttura fortificata – sempre dei conti – che si affacciava sulla piazza accanto alla chiesa parrocchiale (AST, Corte, Monferrato Feudi, mazzo 54, n. 21: Relazione del Senato di Casale nella causa vertente tra il conte d’Occimiano e la comunità d’esso luogo per la fabbrica che il detto conte intende far nella piazza avanti il castello [17 febbraio 1619]. Cfr. il lemma ‘Assetto insediativo’). Il principale edificio religioso di Occimiano è la chiesa di S. Valerio, attestata per la prima volta nel 1178 (Le carte dell’archivio capitolare I, doc. XXXIX, p. 51), anche se non dovrebbe trattarsi dell’attuale edificio di culto, ma di quello che Novarese identificò come «S. Valerio Vecchio» e collocò ai piedi della collina all’inizio della strada detta della Costa (cfr. il lemma ‘Assetto insediativo’; Novarese 1892, p. 228). Non è stato possibile trovare alcuna conferma documentaria alla notizia – riportata da più autori senza citare alcuna fonte – che nel 1438 papa Eugenio IV avrebbe ridotto le quattro chiese parrocchiali allora esistenti in Occimiano alla sola S. Valerio (<http://www.artestoria.net/book_0_1.php?loc=54>). Secondo quanto riferì nell’Ottocento il prevosto Giuseppe Taravelli la parrocchiale sarebbe stata consacrata dal vescovo di Casale il 30 novembre 1560. L’attuale edificio religioso risale proprio alla prima metà del Cinquecento (Marzi 2000, p. 42). Il prevosto riferì inoltre che la chiesa disponeva di un reddito annuo di 1636,67 lire, in gran parte derivante da censi (ASDC, Visita pastorale del vescovo Monsignor Francesco Ignazio Ichieri di Malabalia [1830-1846]. Risposte, mazzo 496, c. 308; Novarese 1892, p. 239). Alcuni degli altari proverrebbero dalla chiesa della Consolazione, eretta nel 1673 dai Padri Crociferi di S. Camillo e smantellata nel 1798. Oltre alla parrocchiale erano officiate la chiesa di S. Giuseppe, appartenente alla cappellania Morelli; la chiesa di S. Francesco da Paola, costruita in stile barocco alla fine del secolo XVIII nel palazzo dei conti Passano e di loro proprietà; la chiesa del SS. Nome di Gesù – o della Madonna del Rosario (Bersano 1972, p. 26) –, che nel Cinquecento era appartenuta ai Domenicani e in seguito fu gestita da una confraternita (a metà Ottocento aveva una rendita di 1600 lire annue: <http://www.artestoria.net/book_0_1.php?loc=54>; AST, Corte, Materie ecclesiastiche, Regolari di diversi paesi, O, mazzo 1, n. 1); la chiesa di Sant’Antonio abate, gestita dalla confraternita di Sant’Antonio (che a metà Ottocento aveva un reddito di 250 lire annue). Dal 1532 in questo edificio o nell’oratorio di S. Giovanni Battista si riunivano i Disciplinati. Negli stessi anni era attiva anche la compagnia del SS. Sacramento ed è attestata la cappella della SS. Annunziata, che successivamente scompare dalla documentazione, perché fu forse abbandonata o distrutta come avvenne in quegli anni per altri edifici religiosi del luogo (ASDC, Visita pastorale del vescovo Monsignor Francesco Ignazio Ichieri di Malabalia [1830-1846]. Risposte, mazzo 496, cc. 282 e 284v; AST, Corte, Monferrato Feudi, mazzo 54, n. 4: Privilegium della comunità di Occimiano avuto dal marchese Giovanni Giorgio di Monferrato [8 maggio 1532]). Il convento e la chiesa dei Padri Crociferi, attestati fra Sei e Settecento, furono invece soppressi nell’Ottocento e acquistati dal conte Passano (ASDC, Visita pastorale del vescovo Monsignor Ignazio Della Chiesa (1746-1758). Relazioni. Città e diocesi, mazzo 480, fasc. 495, c. 285). Il legato che era appartenuto ai Padri Cruciferi consentì all’associazione di carità di S. Camillo de Lellis di gestire un ospedale, che si occupava di donne povere e vedove, alle quali dispensava elemosine e medicine (AST, Corte, Materie ecclesiastiche, Regolari di diversi paesi, O, mazzo 1, n. 2). Erano presenti anche la compagnia della Dottrina Cristiana, dal 1822 la compagnia degli Agonizzanti e Addolorati e nel 1832 fu autorizzata la costruzione di una cappella privata – o solo di un oratorio – nella casa del casalese Luigi Margara. Negli anni Settanta nel Novecento nel concentrico risultava attiva solo la chiesa di S. Valerio, perché le chiese della Madonna del Rosario e dei Padri Cruciferi erano ridotte a magazzini (Bersano 1972, p. 26). Fuori dal paese svolgeva invece le sue funzioni la cappella della Casa di Riposo (Bersano 1972, p. 26). Numerosi erano gli edifici religiosi presenti nel territorio di Occimiano. La chiesa di S. Maria di Carexana, costruita nei pressi della cascina di S. Maria e del castello Cavalla, con al suo interno murate le epigrafi romane (Durandi 1774, pp. 329-331), apparteneva ai canonici regolari di S. Andrea di Vercelli e risultava pericolante nel 1584 (Bo 1979-1980, pp. 59-60; Prato 1915, p. 7). La chiesa di S. Lorenzo de Rualdo – oggi scomparsa – sorgeva nei pressi dell’omonima cascina fra Occimiano e Terruggia (Banfo 2004, p. 164). Nel 1266 era officiata da canonici che avevano abbandonato la basilica della Natività e gli altri santuari della Terrasanta (Ferraris 1984, pp. 64, 395-96). Più volte attestata nella documentazione fra XIII e XV secolo, nell’ultimo quarto del sec. XVI era una semplice cappella con un beneficio (ARMO, doc. XVIII, p. 36; doc. XXIV, p. 116, doc. CIX, p. 235; Cognasso 1929, p. 234; Bo 1979-1980, pp. 61-63; 113-115). Lungo il torrente Rotaldo sarebbe sorta anche la chiesa dei Santi Nazario e Maurizio. È possibile che la chiesa fatta costruire sulla collina nel 1418 dal marchese Teodoro II e intitolata al solo S. Maurizio, abbia sostituita quella lungo il Rotaldo. Oggi tale edificio è nella frazione S. Maurizio del comune di Conzano (Banfo 2004, p. 164; si veda la scheda dedicata a Conzano). Presso castel Grana (attualmente nel territorio di Mirabello Monferrato) c’era l’«ecclesia S. Spiritus de Grana» (ARMO, doc. XXXIV, p. 108; Bo 1979-1980, p. 70). A Baldesco nel 1675 fu edificata la chiesa del castello dedicata a Santa Caterina (Angelino 1986, p. 398). Non è stato possibile rinvenire documentazione sugli altri edifici religiosi citati da Novarese nell’Ottocento: S. Giacomo nella regione Ponara, dietro l’attuale cimitero; la Madonna vicino al ponte sul torrente Grana; S. Bovone all’inizio della strada per Borgo San Martino; S. Giovanni presso il castello di Braida; La Madonna vicina al ponte vecchio sul torrente Grana (Novarese 1892, pp. 227-228). Detenevano beni fondiari e immobili nel territorio di Occimiano: l’abbazia di Lucedio, che aveva acquistato alcuni beni nell’area di Sarmatia dai marchesi di Occimiano e dall’abbazia di S. Silano (Cartario alessandrino II, doc. CCC, p. 146 [1210]); i canonici di Casale che fin dal 1203 possedevano almeno un manso a Occimiano (Ripanti 1970, p. 119) e che nel 1784 affittavano beni enfiteutici al pari del vescovo di Casale, della cappellania di S. Giovanni evangelista e del convento degli Agostiniani (AST, Camera dei Conti, II archiviazione, capo 26, n. 41: Indice del ricavo dei beni ecclesiastici enfiteutici della Provincia di Casale fatta dagli ordinati della comunità trasmessi al sig. Intendente Generale con lettere dei 23 e 30 maggio 1784). Nella seconda metà del Seicento le monache di S. Maria Maddalena di Casale affittano il pristino di Occimiano (AST, Corte, Paesi per A e B, O, mazzo 1, n. 1: Affittamento per mesi 22 del pristino di Occimiano mediante il prezzo di ducatoni 24 fatte dalla RR. MM. Di S. Maria Maddalena di Casale al Carlo Botteto fu Marco [14 marzo 1659]; n. 2: Locazione per 3 anni del diritto del pristino di Occimiano fatto dalle RR. MM. Di S. Maria Maddalena di Casale alli nobili Gioanna e Tommaso madre e figli Botteto mediante il fitto di filippi annui 24 da fiorini 25 caduno [1677]; n. 3: Affittamento del pristino di Occimiano fatto per 6 anni al nobile Biaggio Botteto fu Carlo [13 novembre 1684]). |
Assetto Insediativo | Sui tempi e sui modi dell’insediamento a Occimiano sono state formulate differenti ipotesi, che non hanno sempre avuto un adeguato supporto probatorio. È pertanto necessario valutarle in relazione sia agli studi generali sul popolamento della regione sia ai dati documentari e archeologici effettivamente disponibili.
La romanizzazione del Monferrato risalirebbe al II secolo a.C., come dimostrano le tracce di centuriazione e i resti epigrafici ritrovati nel Casalese (Giorcelli 1994, p. 101; Mennella, Zanda 1996, pp. 234-235). Nei secoli I-II d.C. è attestata «nel territorio casalese una rete insediativa che fa pensare a un territorio fittamente romanizzato, con una particolare concentrazione nella zona fra gli attuali abitati di Ticineto e Frassineto», poco più a nord di Occimiano (Mennella, Zanda 1996, p. 237). Tuttavia gli studiosi non sono concordi sull’esatta ubicazione dell’antico centro romano di Varcadate, identificato da alcuni con Casale Monferrato (Giorcelli 1994; Mennella, Zanda 1996, pp. 236-238) e di conseguenza non sono certi neanche i percorsi viari che avrebbero collegato Varcadate con l’abitato di Valenza e con la via Fulvia, il «principale asse di attraversamento del Monferrato tramite il vicus di Iadate» (Mennella, Zanda 1996, p. 236). Da Iadate (Occimiano) la via seguiva il torrente Grana verso Lu e forse lo attraversava nei pressi della chiesa pievana di S. Giovanni di Mediliano (Banfo 2004, p. 165; Demeglio 2004, p. 194). Da Lu una strada proseguiva verso Valentia e Forum Fulvi e un’altra si collegava alla via Hasta-Vercellae (Settia 1991a, pp. 167-271; Giorcelli 1994, p. 103). In seguito alla decadenza di Varcadate, contemporanea alle incursioni della fine del secolo I e l’inizio del secolo II d.C., la popolazione si sarebbe distribuita in nuclei più piccoli lungo tali percorsi che restarono parzialmente attivi (Giorcelli 1994, p. 107). Fu proprio la presenza di alcuni percorsi stradali e fluviali a favorire nascita, sviluppo e persistenza degli insediamenti (Demeglio 2004, p. 194). Il territorio occimianese avrebbe quindi accolto insediamenti di epoca romana e forse anteriori alla stessa romanizzazione del Monferrato, come suggeriscono le indagini toponomastiche che suppongono per Iadate un’origine ligure-celtica e romana per Occimiano (Settia 1991a, p. 173). A esclusione di Filippo Prato, per il quale l’attuale Occimiano sarebbe stato un accampamento militare romano e Iadate l’insediamento collinare (Prato 1915, pp. 8-9; tesi smentita in: Settia 1991a, p. 188) e di Bo, secondo il quale l’insediamento romano sorgeva sul colle di S. Maria de Carexana (Bo 1979-1980, pp. 22-23 e 59), gli studiosi concordano nell’identificare Iadate proprio con «l’odierno Occimiano» (Giorcelli 1994, p. 106 n. 40; Mennella, Zanda 1996, pp. 245-246; Settia 1991a, p. 187). Il ritrovamento a Occimiano di due epigrafi, risalenti alla seconda metà del I secolo d.C. (ora murate nella parrocchiale: CIL, V, 2, nn. 7449-7450, p. 842), e i riferimenti in una di esse a tre individui di estrazione servile testimoniano l’esistenza di «ville rustiche e di piantagioni nelle campagne varcadatesi, e in specie nel vicus di Iadates» (Mennella, Zanda 1996, pp. 245-246). Inoltre, in seguito a un sopralluogo è emersa un’altra epigrafe (non censita nei CIL e pertanto non studiata), che secondo gli abitanti del luogo sarebbe stata rinvenuta a fine Ottocento nel corso degli scavi per le fondazioni della cascina Severina, nella parte sud-est di Occimiano. L’epigrafe funeraria riporta l’invocazione agli dei Mani da parte di «f. Severanae». Quest’epigrafe non sarebbe stata successivamente spostata, perché fu murata all’ingresso della cascina. Il vicus dovette svolgere la funzione di polo di attrazione per tutta la zona circostante e porsi quindi in una posizione gerarchicamente privilegiata rispetto agli insediamenti sparsi (Demeglio 2004, p. 193). In generale il vicus era densamente popolato, privo di fortificazioni, con gli edifici addossati gli uni sugli altri e poteva anche essere affiancato da abitazioni disperse nei campi (Todisco 2004, pp. 162-166). Tale stanziamento fu almeno parzialmente abbandonato nel corso dell’alto medioevo fino a risultare spopolato nel Duecento. Fra VIII e IX secolo si può ritenere che la popolazione vivesse raccolta in villaggi detti vici (o, dal secolo IX, villae) e in case costruite direttamente sui fondi coltivati e pertanto lontane dal villaggio. Nei secoli della dominazione longobarda il vicino abitato di Lu sarebbe rimasto nel piano in continuità con l’insediamento romano (Demeglio 2004, pp. 199-201). La collocazione in aperta campagna accanto a un percorso viario della chiesa pievana di S. Giovanni di Mediliano confermerebbe l’assenza di centri demici di rilevanti dimensioni (su queste dinamiche si veda: Settia 1991a, pp. 23-25 e pp. 264-267). A Occimiano potrebbe essere avvenuto qualcosa di simile, come si può dedurre dal diploma dell’882 nel quale il villaggio di Occimiano è indicato come curtis, forse appartenente al fisco regio (il diploma potrebbe però essere stato successivamente interpolato dal vescovo di Vercelli Leone: I Biscioni I, doc. XXXIV, p. 114; Panero 2004, pp. 11 e 29-30). Si trattava di un’azienda agraria con un nucleo abitato (il vicus) che coordinava un patrimonio fondiario di rilevanti dimensioni, anche se disperso nel territorio circostante (analoghi sarebbero i casi di Lu e Sarmatia a meno che non si tratti delle strutture decentrate di un’unica azienda agraria: Banfo 2004, pp. 165-168). In seguito alla deposizione di Carlo il Grosso avvenuta nell’anno 887, tali beni rimasero in larga misura a disposizione dei funzionari pubblici locali (Panero 2004, p. 11). La capillare costruzione di fortezze promossa dai poteri signorili locali produsse una profonda ristrutturazione dell’insediamento umano. Le strutture fortificate attrassero popolazione e richiesero la costruzione di nuovi edifici religiosi, che a loro volta alimentarono la crescita dell’insediamento. Nel X secolo le chiese rurali persero rilievo a vantaggio di nuovi edifici religiosi costruiti nei pressi dei villaggi più grandi e delle fortificazioni. In questa fase fra agglomerati umani ed edifici iniziò a formarsi una gerarchia. A Occimiano gli insediamenti sparsi nei fondi coltivati e il vicus di Iadate potrebbero aver progressivamente perso popolazione a vantaggio di un nuovo nucleo sorto sulla collina – anche per ragioni difensive –, la cui crescita favorì la costruzione al suo interno o l’ampliamento di edifici di culto e di strutture difensive. Questa dialettica non dovette essere limitata agli insediamenti compresi nell’attuale territorio comunale di Occimiano, perché fra XII e XIII secolo i marchesi di Occimiano controllavano un’area di notevoli dimensioni che arrivava a sud fino a S. Salvatore Monferrato, a sud-ovest fino alla chiesa pievana di S. Giovanni di Mediliano (Lu) e a Mirabello Monferrato, a ovest fino a Vignale Monferrato e Vicoburno (nel territorio del comune di Rosignano); a nord-est fino alla località scomparsa di Sarmatia e a est fino a Pomaro Monferrato e anche al di là del Tanaro (cfr. il lemma ‘Dipendenza nel Medioevo’). Occimiano con le sue strutture coordinava in maniera più o meno efficace questo territorio: gli abitanti di Sarmatia, per esempio, risiedevano nel loro villaggio ma in caso di necessità si difendevano nel castello di Occimiano (Provero 2007, pp. 361-375). Per sostenere la loro egemonia i marchesi fondarono il priorato di S. Vitale, sostennero quello San Benedetto di Conzano (Panero 2009, p. 147) e controllarono numerose fortificazioni. Iacopo Durandi, che nel Settecento riprese un’antica tradizione, scrisse di «circa sette castella» costruiti a protezione di Occimiano (Durandi 1774, p. 329). Tale notizia fu ripresa da Novarese e da altri eruditi locali, che hanno attribuito ai marchesi di Occimiano il possesso di un castello in Occimiano; del castello Cavalla sulla collina a ovest dell’attuale concentrico, di cui restano quasi informi le «vestigia di una torre» (Durandi 1774, p. 329; Prato 1915, p. 7; nel 1477 il castello Cavalla risultava abbandonato, anche se nel 1667 il comune traeva un reddito dal suo affitto: AC Occimiano, Archivio storico, serie I, Pergamene, n. 15; AST, Corte, Monferrato Feudi, mazzo 54, n. 34: Suppliche e Memorie diverse riguardanti il feudo d’Occimiano); del castello Daneto presso l’attuale cascina Daneto e di cui nel Settecento restava il fossato difensivo (Angelino 1986, p. 393); del castello Braida, documentato ma ora scomparso; del castello della Motta, presso la cascina Motta, che aveva un suo poderium i cui confini erano stati stabiliti da Giovanni II di Monferrato nel 1351 (Angelino 1986, pp. 393-394); del castello Baldesco, documentato a partire dal Trecento, la cui struttura fortificata, tutt’ora esistente, è inserita in una cascina (Angelino 1986, p. 393; Ieni 1980b, p. 101); del castello Grana con un «grosso mozzicone quadrangolare della torre» (gli ultimi due sono oggi nel territorio di Mirabello Monferrato: Angelino 1986, p. 393). Casalis e Novarese collocarono accanto a ciascuna di queste strutture anche una chiesa (Casalis 1845, p. 20; Novarese 1892) e tale coesistenza supporrebbe a sua volta la presenza di nuclei demici (Settia 1991a, pp. 33-38). Sulla collina nei pressi del castello Cavalla, dalla quale si domina la pianura verso il Po, Duranti riferì l’esistenza di altre rovine, che tradizionalmente erano fatte risalire alla «Torre Ponara» e alla «fontem Paunare» menzionata negli statuti (Durandi 1774, p. 329; Prato 1915, p. 13 e p. 73, rub. 143). Non è chiaro contro quali forze fosse stato sviluppato un tale sistema difensivo, anche se fu opera di un unico potere, perché unendo i castelli si ottiene «un pentagono solo leggermente irregolare», a dimostrazione di «una ben riuscita mediazione fra il desiderio di rendere regolare la disposizione dei punti forti della cintura difensiva di Occimiano e la necessità di controllare le principali arterie del territorio» (Angelino 1986, pp. 393 e 396). Dal punto di vista insediativo si deve rilevare che nessuno di questi castelli diede vita a insediamenti concorrenziali al centro. Nel 1159 Federico I emanò due diplomi «apud castrum Aucimianum» (MGH Diplomata X, docc. 253, 255, pp. 52-56). Il passaggio dalla definizione di curtis a quella di castrum non implicherebbe necessariamente un cambiamento di sito, ma solo che gli edifici curtensi erano stati circondati da strutture difensive (Banfo 2004, p. 172). Non è possibile identificare con certezza in quale fortificazione avesse soggiornato l’imperatore svevo anche se potrebbe essere stato nel castello Cavalla. Suffragherebbero questa ipotesi il «rinvenimento di tombe e lapidi mortuarie, presso le chiese campestri poste sulla collina» e la presenza di «fontane murate e ben conservate, che dovevano servire a soddisfare i bisogni di una popolazione stanziale» (Novarese 1892, p. 221). Sulla collina accanto al castello Cavalla doveva quindi essersi formato un consistente insediamento, anche se Novarese, al quale si devono queste osservazioni, identificò il castello in cui soggiornò l’imperatore con quello dei conti Passano nell’attuale Occimiano, che è invece cronologicamente successivo così come l’attuale Occimiano (Novarese 1892, p. 224). Per Novarese Federico I dovette soggiornare nel castello di Occimiano perché il villaggio nel piano sarebbe stato fondato «molto prima del Mille» (Novarese 1892, p. 220-228). Citate in modo acritico queste tesi di Novarese non possono più essere accettate: le indagini storiche degli ultimi decenni hanno accertato che le più antiche fondazioni di nuovi insediamenti nell’area subalpina risalgono agli ultimi decenni del secolo XII e non certo all’anno Mille. Resta però aperta la questione in merito all’esatta localizzazione dell’insediamento principale, che poteva sorgere sulla collina accanto al castello Cavalla oppure nel piano in continuità con l’abitato romano. Le dinamiche insediative altomedievali e i ritrovamenti nei pressi dei castello Cavalla mi fanno propendere per la prima ipotesi. Nel 1202 l’abitato principale sorgeva nei pressi della chiesa di S. Valerio, perché i canonici di Sant’Evasio e i marchesi di Occimiano siglarono un patto «in Occimiano in ecclesia sancti Valeri» (Le carte dell’archivio capitolare I, doc. LX, pp. 92-93) e nel 1231 alcuni uomini giurarono «in loco Ocimiani in platea ecclesie» (Le carte dell’archivio capitolare I, doc. CLI, p. 270). Nell’atto non si farebbe necessariamente riferimento all’attuale chiesa parrocchiale, perché in caso di traslazione dell’insediamento era pratica diffusa costruire un nuovo edificio di culto che manteneva la stessa intitolazione di quello precedente. Pur sbagliando la ricostruzione delle dinamiche insediative, anche in questo caso Novarese suffraga indirettamente questa ipotesi ricordando l’esistenza di un pilone intitolato a «S. Valerio» ai piedi della collina e quindi in un sito differente da quello dell’attuale parrocchiale (Novarese 1892, pp. 220 e 224). Inoltre, all’inizio del Duecento, l’insediamento nel piano doveva essere quasi del tutto spopolato. La struttura urbanistica dell’attuale Occimiano è associata a un nuovo insediamento (Vigliano 1969, pp. 66, 79): la pianta quadrata, la scansione regolare degli isolati e la trama viaria ortogonale che caratterizza l’attuale concentrico suggeriscono una pianificazione urbanistica, che richiedeva una fase di progettazione precedente alla fondazione e l’assenza di una dialettica in grado di modificare il progetto (Vigliano 1969, p. 79). Pertanto l’area doveva essere priva di edifici di rilievo e non doveva ospitare persone in grado di opporsi alla fondazione. La scomparsa del toponimo Iadate nella documentazione medievale confermerebbe il declino dell’insediamento antico a favore di un sito collinare più sicuro e fortificato nei secoli altomedievali. Non vi fu quindi continuità insediativa, ma più probabilmente si verificarono successive traslazioni del centro demico principale fra l’età romana, l’alto e il basso medioevo, senza che ciò abbia precluso la possibilità di ritornare a risiedere in siti che nel frattempo erano stati più o meno completamente abbandonati. Non è possibile stabilire con certezza a chi si debba tale realizzazione. La collaborazione supposta da Casalis, Novarese, Bersano e Bo fra i monaci cluniacensi di S. Vitale e gli Occimianesi non è improbabile, ma nessun documento testimonia che i monaci abbiano venduto l’area in cambio di un canone annuo (Casalis 1845, p. 19; Novarese 1892, p. 226; Bersano 1972, p. 5). Inoltre la fondazione non poté avvenire «pochi anni prima del mille» (Novarese 1892, p. 224) e difficilmente avvenne fra il 1127 – anno della prima attestazione di S. Vitale – e la fine del secolo (Bo 1979-1980, pp. 22-23 e 59). Fra i soggetti politici che avrebbero avuto le capacità organizzative e coercitive per portare a termine la fondazione c’erano il comune di Vercelli, che grazie al proprio vescovo vantava diritti sull’area, e quello di Alessandria, che aveva eccellenti rapporti con i marchesi di Occimiano. Tuttavia non sono stati trovati documenti che suggeriscano l’intervento di un centro cittadino e, di conseguenza, la fondazione del borgo di Occimiano molto difficilmente poté avvenire prima del secolo XIII (le più antiche fondazioni vercellesi risalgono agli ultimi anni del secolo XII: Panero 1988, p. 46. La prima nuova fondazione dei marchesi di Monferrato fu Brandizzo che avvenne nel 1203: Marzi 2000, p. 41). In questa fase cronologica i marchesi di Occimiano avrebbero avuto scarso interesse a promuovere il borgo, sia perché la loro signoria sul villaggio non era oggetto di contestazione (Provero 2007, pp. 348-375) sia perché nel 1198 avevano ceduto parte dei loro beni al comune di Alessandria (cfr. il lemma ‘Dipendenza nel Medioevo’). Una nuova fondazione in un’area già densamente popolata era spesso legata al tentativo di un nuovo dominus loci di imporre il proprio potere: i sedimi sui quali sarebbero state costruite le abitazioni, meglio se individuati su terra allodiale, erano assegnati a uomini fino ad allora legati ad altri poteri locali. Trasferendosi in modo più o meno coatto, allentavano i legami con gli altri poteri rinsaldando quelli con il nuovo signore (i canonici di Sant’Evasio usarono questa strategia per sottrarre alcuni uomini proprio ai marchesi di Occimiano: Provero 2007, pp. 348-375). Anche se i marchesi già controllavano Occimiano e gli Occimianesi, ha sostenuto questa ipotesi Antonino Angelino, che ha ragionato anche sulla disposizione geometrica delle fortificazioni attorno a Occimiano e supposto che entro la seconda metà del Duecento il paese e il castello esistessero nel piano su iniziativa dei marchesi di Occimiano (Angelino 1986, p. 403 n. 11). È più probabile che la traslazione insediativa sia stata promossa dai marchesi di Monferrato, che ottennero il controllo del luogo in seguito alla scomparsa degli antagonisti marchesi di Occimiano. Un nuovo insediamento avrebbe rafforzato il loro controllo dell’area a danno dei possibili concorrenti come il comune di Alessandria, che in virtù dell’alleanza con gli Occimiano ne avrebbe potuto rivendicare l’eredità. Promossa dai marchesi di Monferrato, la fondazione di Occimiano non sarebbe potuta avvenire prima della seconda metà del secolo XIII, perché solo con Guglielmo VII ottennero il controllo del luogo (Vigliano 1969, p. 65; cfr. il lemma ‘Dipendenza nel Medioevo’). Nel 1265 il marchese di Occimiano Lantelmo si era infatti sottomesso a Guglielmo VII (AST, Corte, Paesi, Monferrato, Feudi per A e B, mazzo 35 di II Addizione, n. 1). Non è chiaro se gli altri marchesi di Occimiano fossero ancora in grado di opporsi, come ha ipotizzato Angelo Marzi che ha letto la fondazione del nuovo insediamento come un «atto di guerra» (Marzi 2000, p. 41. Marzi ha anche supposto una precedente cessione dell’insediamento di Occimiano al comune di Pavia senza però documentarlo). In ogni caso in quegli anni il comune di Alessandria, retto proprio dal marchese di Monferrato, avrebbe rinunciato a esercitare diritti in loco. Una prova documentaria indiretta a sostegno di questa ipotesi – ma, considerata la penuria di fonti, non la si può trascurare – è l’atto di fondazione di Borgo San Martino. Nel 1278 i rappresentanti della comunità pattuirono proprio con Guglielmo VII la costruzione di una «biale, per quod occorra acqua ab Occimiano» fino a Borgo (Nicodemi 1920, p. 6). Tale bealera è la Roggia Molinara, che alimentava i fossati di Occimiano e di Borgo San Martino con le acque del torrente Rotaldo. Una tale concessione implicava che il marchese di Monferrato detenesse il controllo di quelle acque e quindi presumibilmente avesse diritti su Occimiano e sul territorio circostante. Il patto siglato a Chivasso il 20 novembre del 1278 è fondamentale anche perché Guglielmo VII concesse agli abitanti di Borgo San Martino di realizzare «fossata decircum dictam villam S.ti Martini ad modum et mensuram fossatorum burgi Occiminiani» che quindi in quella data risulta già costruito (Nicodemi 1920, p. 5). Il borgo di Occimiano era quindi circondato da un fossato e da una cinta muraria (Prato 1915, p. 65, rub. 97). A ovest c’era la porta di S. Valerio o del Mulino, a nord quella di S. Vitale, a est la porta Nuova o, forse, di S. Sebastiano, e a sud quella di Villa o S. Nazzaro (Prato 1915, pp. 89-90, rub. 214, p. 101, rub. 254). Il castello di Occimiano fu costruito sul lato ovest e un fortino nominato «Rocca» su quello a est, come suggerisce il fatto che nell’Ottocento gli Occimianesi erano soliti chiamare con quei nomi gli edifici che li avevano nel frattempo sostituiti (Novarese 1892, pp. 226-227). Forse lungo le mura, costruite nel Trecento, erano presenti anche alcune torri (Novarese 1892, pp. 226-227; Bersano 1972, p. 8; Marzi 2000, p. 42), ma le strutture fortificate duecentesche non sono più riconoscibili (Angelino 1986, p. 395). Nel corso del Trecento gli edifici e gli insediamenti sparsi fuori dal concentrico subirono ingenti danni e distruzioni a causa di una serie di conflitti armati che coinvolsero anche il territorio di Occimiano (Settia 1973, p. 636 n. 136). Tali eventi favorirono l’immigrazione nel borgo, al cui interno si trasferirono nel 1342 anche i monaci di S. Vitale (Cattana 1969, p. 134). Sul finire del secolo è attestato un ambito territoriale gravitante sul borgo, identificato con i termini «districtus» e «iurisdictio» (Prato 1915, p. 39 proemio, p. 40, rub. 1, p. 53, rub. 42) e i castelli di Grana e Baldesco erano parte integrante del territorio comunale (AST, Corte, Monferrato Feudi, mazzo 54, n. 2: Confermazione fatta da Secondo Ottone, marchese di Monferrato, a favore della comunità e uomini di Occimiano delle loro convenzioni, immunità e franchigie, stategli già concesse dal marchese Giovanni di lui padre [1374]). Fra il 1544 e il 1559 il villaggio di Occimiano fu ripetutamente preso da Francesi e Spagnoli (Prato 1915, p. 11) e, nel corso dell’occupazione francese di Casale (1555-1559), fu ordinato agli Occimianesi di smantellare le fortificazioni, identificate con il «castello» e le «moenia» e «fortilitis», di cui la comunità si accollava la manutenzione (AST, Corte, Monferrato Feudi, mazzo 54, n. 4: Privilegium della comunità di Occimiano avuto dal marchese Giovanni Giorgio di Monferrato [8 maggio 1532]; Giorcelli 1920, pp. XXVII-XXVIII; Angelino 1986, p. 395). Quando, nel 1586, i Domenicani chiesero di poter ingrandire la loro chiesa, chiudendo parte del fossato, le mura – almeno in quel punto – risultavano distrutte e in una condizione analoga versava la cappella del castello (AST, Corte, Materie ecclesiastiche, Regolari di diversi paesi, O, mazzo 1, n. 1; AST, Corte, Monferrato, Materie ecclesiastiche, m. 5: Supplica delle Vergini d’Occimiano ad effetto di poter servirsi della cappella del castello esistente nella parrocchia di detto luogo [11 marzo 1573]). Dei ruderi del castello prese possesso il conte Antonio da Passano, che nel 1587 fu investito del luogo (Angelino 1986, p. 395). Una fortificazione che si affacciava sulla piazza accanto alla parrocchiale era stata ricostruita nel 1619 (AST, Corte, Monferrato Feudi, mazzo 54, n. 21: Relazione del Senato di Casale nella causa vertente tra il conte d’Occimiano e la comunità d’esso luogo per la fabbrica che il detto conte intende far nella piazza avanti il castello [17 febbraio 1619]). Nel 1647 gli Spagnoli distrussero con le mine la fortificazione del luogo, sui cui ruderi i conti Passano fecero costruire il loro palazzo (Angelino 1986, p. 395). Se si presta fede alle notizie riportate da Novarese, che su questi aspetti è più attendibile, la fortificazione distrutta dagli Spagnoli nel 1647 sarebbe stata quella della «Rocca» nell’angolo a nord-est di Occimiano, nei cui pressi sorge tutt’ora il palazzo dei conti Passano. Nel concentrico sarebbero dunque esistiti due differenti edifici fortificati, entrambi dei Passano: uno accanto alla parrocchiale e l’altro a nord-est. Analoga sorte toccò al piccolo centro sorto nei pressi del castello Baldesco. A metà del secolo XVI i Natta avevano costruito «alquante cassine» con le case per i loro massari e sono attestate le abitazioni dei Roccia (Ieni 1980b, p. 101; Angelino 1986, p. 398). All’inizio del Seicento vi risiedevano 12 famiglie per un totale di 86 persone (AST, Monferrato feudi, mazzo 3 di II addizione, Baldesco, n. 4). Scarsamente fortificati, l’insediamento e il castello furono più volte razziati e incendiati dagli Spagnoli fra 1639 e il 1649. I Natta riedificarono gli edifici distrutti, rafforzarono le difese del castello, costruirono una chiesa (che dipendeva dalla pieve di Mirabello), case e stalla, forno e fabbricati (Angelino 1986, p. 398), ma non riuscirono ad attrarre popolazione stanziale. Nel 1656 Vincenzo Natta affermò che la località «non ha proprii habitatori, ma quei soli che accidentalmente colà vanno a lavorare il terreno per quel tempo che pare al padrone di condurli» (Angelino 1986, p. 398). Le proprietà indivise dei Natta a Baldesco ammontavano a 430 moggia, che nel corso dell’Ottocento furono via via smembrate e occupate da cascinali sparsi nel territorio per le attività agricole (Ieni 1980b, pp. 101-102). Per migliorare la rese delle terre nei secoli successivi i Natta piantarono vigne e gelsi per la bachicoltura, aumentarono i fossi irrigui e fecero costruire ponti. Le vicende del castello di Baldesco potrebbero essere esemplificative delle dinamiche insediative dell’area. Se ai tempi dei marchesi di Occimiano la località era stata al centro di una dominazione signorile di ampie dimensioni, con il suo assorbimento nella compagine monferrina il territorio gravitante su Occimiano si era radicalmente contratto. I continui conflitti in cui il Monferrato fu coinvolto difesero però la centralità del borgo, contrastando l’esigenza di insediarsi direttamente sui fondi coltivati. Neanche le cascine fortificate riuscirono a creare stanziamenti concorrenti a quello di Occimiano. Un discorso differente varrebbe invece per due sobborghi sorti fuori dal concentrico - detti Villa e Villario –, a cui accennano diversi autori senza però spiegarne le dinamiche insediative a meno che tali insediamenti non siano altro che quei sedimi lasciati fuori dalla cinta muraria trecentesca (Prato 1915, p. 27; Casalis 1845, pp. 18-25; Novarese 1892, p. 227; Marzi 2000, p. 42). |
Luoghi Scomparsi | Il primitivo insediamento di Iadate (cfr. il lemma ‘Assetto insediativo’); «Sorianum» attestato solamente nel 959 (Settia 1991a, p. 192); Sarmatia la cui popolazione nel 1278 si trasferì a Borgo San Martino e i due sobborghi detti Villa e Villario, che furono forse assorbiti in Occimiano (Novarese 1892, p. 227).
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Comunità, origine, funzionamento | Prato riferì di un accordo del 21 marzo 1122 stipulato dal notaio Beltramo di Casabove fra «il borgo di Occimiano» e la città di Pavia, concludendo che in quegli anni «il comune godeva di una certa autonomia» (Prato 1915, p. 14 n. 2). Si trattò molto probabilmente di un’errata interpretazione del parroco di Occimiano, da cui Prato trasse la notizia, perché negli anni successivi non c’è traccia dell’istituzione comunale e la comunità di Occimiano risultava assorbita nella dominazione marchionale. All’inizio del Duecento è documentata l’esistenza di un «potestati Occimiani» e di un «sindicus loci Occimiani», che però agivano come rappresentanti dei marchesi e non della comunità: gli uomini di Sarmatia giurarono «pro rectoribus marchionum et pro potestate Ocimiani et pro consulibus Sarmatie, nomine dominorum de Ocimiano» (Le carte dell’archivio capitolare I, doc. CLI, pp. 267-270; Provero 2007, p. 362). Nel 1217 a Occimiano gli ambasciatori dei comuni di Vercelli e di Alessandria si rivolsero a «domino Anselmo de Camero potestati Ocimiani, prout ibi dictum fuit, et domino Anselmo Monaco dominis et marchionibus Ocimiani, eorum nomine et nomine aliorum dominorum de Ocimiano» (Il Libro degli Acquisti I, doc. 129, p. 209). Lo scetticismo dell’estensore dell’atto il quale, ben conoscendo l’importanza della carica podestarile, precisò che il dominus Anselmo de Canero era detto podestà di Occimiano a Occimiano, conferma che, se un’istituzione comunale poteva anche formalmente esistere, questa era un’emanazione marchionale.
La prima attestazione certa di un comune indipendente dai poteri locali risale al 1365, quando i procuratori della comunità ratificano una divisione territoriale (AC Occimiano, Archivio storico, serie I, Pergamene, n. 3; Prato 1915, p. 20). Nel 1374 i «sindaci et procuratores communis, universitatis et hominum dicti loci Occimiani» giurarono fedeltà a Ottone III, marchese di Monferrato, ottenendo in cambio la conferma dei privilegi che erano stati concessi alla comunità dal marchese Giovanni II e che consistevano nella possibilità di scegliere autonomamente il podestà e nell’attribuzione di competenze giurisdizionali e territoriali (AC Occimiano, Archivio storico, serie I, Pergamene, n. 7; AST, Corte, Monferrato Feudi, mazzo 54, n. 2: Confermazione fatta da Secondo Ottone, marchese di Monferrato, a favore della comunità e uomini di Occimiano delle loro convenzioni, immunità e franchigie, stategli già concesse dal marchese Giovanni di lui padre [1374]; AC Occimiano, Archivio storico, serie I, Pergamene, n. 7; Prato 1915, p. 21). Al marchese di Monferrato erano riconosciuti «merum et mixtum imperium et bayliam», alta giustizia, quella sui furti e gli appelli che li amministrava in loco attraverso un castellano e un notaio, stipendiati dalla comunità. Al marchese spettavano anche fodro, taglia, «onera et alia avaria reales» sulle proprietà. Nel 1389 la comunità riformò i propri statuti, che possedeva almeno dal 1357, modellandoli su quelli alessandrini del 1297 (AC Occimiano, Archivio storico, serie I, Pergamene, n. 1; Prato 1915, pp. 24 e 31). La compilazione terminò nel 1391, ma fu più volte rimaneggiata fino al 1582, quanto il testo statutario fu trascritto in un volume pergamenaceo di 124 fogli (Prato 1915, p. 28). Da queste iniziative politico-documentarie il comune risultava essere strutturato attorno a un podestà scelto dagli Occimianesi e un «maioris conscilii» con funzioni politiche, da cui venivano scelti almeno «octo sapientes» (Prato 1915, p. 41, rubb. 3 e 6, p. 60 rub. 73, p. 84, rub. 192). Al podestà, che era affiancato da un giudice, da un camerarius, da un clavarius, da un notaio, spettava il compito di amministrare la giustizia, fornire consilium se richiesto e riscuotere «banna et condempnationes», fodri e dacita. A quest’ultimi erano sottomessi anche i forestieri e parzialmente gli stessi feudatari (Prato 1915, rubb. 4, 6-8, 10, 73, 178). Particolarmente ampie appaiono le competenze giudiziarie del podestà che riguardavano debiti, percosse, omicidi, ingiurie, risse, furti, ferite e gli appelli senza evidenti limitazioni da parte del potere marchionale (Prato 1915, rubb. 16-28, 38, 300, 305). Dagli statuti emerge così un’istituzione comunale che era autonomamente in grado di gestire il territorio circostante, la riscossione delle imposte e l’amministrazione della giustizia. Nel proemio l’assenza di riferimenti ai feudatari non fu casuale, a differenza del marchese di Monferrato e degli Occimianesi che furono invece ricordati (Prato 1915, p. 39 proemio). La comunità era consapevole che questa autonomia scaturiva dal privilegio del 1374 e pertanto nei secoli successivi cercò di difendere la concessione, chiedendone la conferma ai marchesi di Monferrato, e si adoperò per conservare con cura il documento (Prato 1915, p. 79, rub. 169). Nel 1457 e nel 1468, in base al privilegio del 1374 riconfermato nel 1445, il comune contestò al marchese d’Incisa l’espurgo del fossato del borgo ottenendone la condanna (Prato 1915, p. 22). La situazione dovette però degenerare al punto da richiedere una generale amnistia agli Occimianesi al fine di normalizzare la situazione: nel 1477 Guglielmo VIII, marchese di Monferrato, concesse un indulto «ab omnibus delictis, criminibus, excessibus et peccatis, rapine, furti, violentie, adulterii, stupri, falsitatits ac possessionis turbate vel accupate et periurii necnon homicidii» e fece nuove concessioni al comune, donando ogni suo diritto «super olim castro Cauale, castro Daneti et castro Braye» (AC Occimiano, Archivio storico, serie I, Pergamene, n. 15). In cambio del pagamento di 600 ducati d’oro in tre anni fu inoltre concesso alla comunità la facoltà di gestire le acque e i canali per allagare e irrigare i campi, purché ciò non arrecasse danni ai mulini marchionali presenti a Occimiano. Nel 1515 il feudatario ottenne una parziale riforma del privilegio del 1374, perché la comunità perse il diritto di scegliersi autonomamente il podestà e poteva unicamente proporre al feudatario una terna di nomi (Prato 1915, p. 22). La conflittualità non decrebbe con i conti Passano, anche perché la validità del privilegio del 1374 continuò a essere confermata (AST, Corte, Monferrato Feudi, mazzo 54, n. 4: Privilegium della comunità di Occimiano avuto dal marchese Giovanni Giorgio di Monferrato [8 maggio 1532]). L’atto di investitura feudale prevedeva che al conte Antonio Passano spettassero le «cause importanti, et quelle solitamente che sono espresse in iure» e al comune quelle riguardanti «ferite leggere, caccia e piscagioni» (AST, Camera dei Conti, II archiviazione, capo 23, Beni feudali, n. 9: Permutatio inter ducem Mantue et d. Antoninum ex condomini de Passano [18 aprile 1587]). Nel 1611 il conte ottenne la condanna della comunità da parte del Senato di Casale, perché aveva esteso le prerogative del privilegio per amministrare tutta la bassa giustizia (AST, Corte, Monferrato Feudi, mazzo 54, n. 16: Relazioni del Senato di Mantova sopra le differenze esistenti tra il conte Antonio consigore di Passano investito del feudo d’Occimiano, e la comunità di detto luogo, per riguardo ai suoi privilegi, esercizio della giurisdizione e cognizione de’ delitti per ferite leggere [1611]). La causa continuò negli anni successivi, perché la comunità difese gelosamente la propria giurisdizione sulle ferite leggere, sui piccoli furti e sulle prerogative di caccia (AST, Corte, Monferrato Feudi, mazzo 54, nn. 18-20). Il comune difese anche gli spazi pubblici, opponendosi a un progetto del conte che voleva chiudere una parte della piazza fra il castello e la parrocchiale per costruire una fabbrica. La comunità sostenne l’uso collettivo del luogo «tenuto per pubblico et destinato ad usi pubblici nella quale [piazza] da tempo immemorabile siano stati gli uomini d’Occimiano soliti passeggiare, giocare, ballare, sugar panni al sole, far delli mosti, corri all’anello ed altri simili atti pubblici» (AST, Corte, Monferrato Feudi, mazzo 54, n. 21: Relazione del Senato di Casale nella causa vertente tra il conte d’Occimiano e la comunità d’esso luogo per la fabbrica che il detto conte intende far nella piazza avanti il castello [17 febbraio 1619]). Fra il 1604 e il 1605 era in corso una causa dinanzi al Senato di Casale, intentata dalla comunità di Occimiano contro i consignori di Giarole, che rifiutavano di pagare il tasso della cittadella sui beni posseduti nel territorio di Occimiano (ASA, Senato del Monferrato, Atti di Lite, fald. 11 [1604-1613], Occimiano Comune contro Consignori di Giarole consorti [1604-1605]; si veda la scheda dedicata a Giarole). Negli anni Trenta e Quaranta del Settecento l’oggetto principale della contesa fu il pristino. Di fronte al Senato di Torino le monache di S. Maria Maddalena di Casale sostennero di averlo legittimamente acquisito nel 1633 da Giò Guglielmo Morello, un Occimianese, che a sua volta lo aveva acquistato dalla comunità nel 1618 (AST, Corte, Paesi per A e B, O, mazzo 1, n. 17) e di averlo regolarmente e pacificamente affittato a terzi dal 1659 al 1730 (AST, Corte, Paesi per A e B, O, mazzo 1, nn. 1-3, 9-13). In realtà nel 1667 il pristino era annoverato fra le entrate del comune (AST, Corte, Monferrato Feudi, mazzo 54, n. 34: Suppliche e Memorie diverse riguardanti il feudo d’Occimiano). Non è noto l’evento che scatenò la contestazione, spingendo la comunità a disattenderlo in base a una concessione del marchese di Monferrato del 26 aprile 1518 (AST, Corte, Paesi per A e B, O, mazzo 1, nn. 14 e 16), ma per porre fine alla controversia nel 1750 il diritto fu venduto alla comunità (AST, Corte, Paesi per A e B, O, mazzo 1, n. 17). A sostegno delle iniziative comunitarie c’erano anche: un’accurata gestione della tassazione fondiaria (cfr. il lemma ‘Catasti’), un «molino extra burgum» e un pedaggio (Prato 1915, p. 48 rub. 26, p. 68 rub. 209), la tassazione dei feudatari che contribuivano al tributo ordinario della comunità e dai quali il comune affittava il forno nel borgo (AST, Corte, Monferrato Feudi, mazzo 54, n. 32) e le entrate del mercato settimanale e delle due fiere annuali (il 22 luglio e il 14 settembre), concesse dal marchese di Monferrato nel 1514 (AST, Corte, Monferrato Feudi, mazzo 54, n. 31; cfr. il lemma ‘Comunanze’). Nel Seicento i continui alloggiamenti di truppe colpirono le finanze comunali, spingendone così i funzionari a redigere un puntuale bilancio. Nel 1667 il comune pagava imposte per 2012 ducatoni a fronte di entrate decisamente inferiori: il registro del luogo ammontava a 777 lirette (di cui circa 200 esenti in quanto ecclesiastiche). La comunità possedeva il reddito «d’un mulino, che li dava doppie 40, un forno doppie 30, il dacio doppie 10, l’acqua per adacquare i prati doppie 9, l’hostatura doppie 20, la Piscagione doppie 10, la brenta doppie 6, il prestino doppie 12, il castello di Cavallo et di Braida doppie 10 che in tutto sommano doppie 147» ossia 441 ducatoni (AST, Corte, Monferrato Feudi, mazzo 54, n. 34: Suppliche e Memorie diverse riguardanti il feudo d’Occimiano). A questi si devono aggiungere altri 112 ducatoni tra censi e livelli per debiti da riscuotere, contratti a causa degli alloggiamenti dei soldati. Perciò la comunità aveva un passivo di 1459 ducatoni ogni anno. Nell’ultimo decennio del Seicento la situazione non era migliorata (AST, Corte, Paesi per A e B, O, mazzo 1, n. 5: Locazione per 2 anni a Biagio Botteto fu Carlo [3 luglio 1691]; n. 6: Nota delle contribuzioni eccessive pagate e danni sofferti pel passaggio e stazione delle truppe Alamanne nel luogo di Occimiano estesa dal notaio Giorgio Lorenzo Sapelli [1691-1696]). Per far fronte al disavanzo la comunità aveva cercato di costringere gli ecclesiastici a pagare le imposte con la conseguenza che alcuni Occimianesi erano stati scomunicati (AST, Corte, Paesi per A e B, O, mazzo 1, n. 7: Ordinato della comunità di Occimiano relativo al ricorso di Antonio de Giovannie Lorenzo Unca al vescovo di Casale per essere assolti dalla scomunica in cui erano incorsi per dissidi avuti con ecclesiastici in materia di contribuzioni [8 febbraio 1696]). Fra il 1777 e il 1790 la comunità si lamentò perché la manutenzione delle strade e dei ponti era molto costosa a causa del continuo straripamento del Rotaldo, ma riconobbe che i vantaggi ottenuti erano superiori alle spese (AST, Camera dei Conti, II archiviazione, capo 10, Consegne delle Bocche umane e delle bestie [Regio editto del 10 maggio 1734], nn. 24, 26, 29; AST, Corte, Paesi per A e B, O, mazzo 1, n. 19). Nell’Ottocento i bilanci comunali erano floridi: dalla Tabella generale delle entrate e delle spese comunitative del 1830 si ricava che il comune di Occimiano ricavava dagli affitti di case, beni e mulini 1774 lire, da dazi comuni 1170 lire, dal diritto dei pesi, delle misure e dall’affitto della piazza 990 lire, per un totale di 3742 lire annue, risultando di gran lungo il comune più ricco del mandamento (AST, Corte, Paesi per Provincia in generale, mazzo, 45, fasc. 26). Vi erano inoltre l’affitto di un’osteria e la «privativa di panetteria», che da sola fruttava al comune 980 lire (AST, Corte, Paesi per A e B, O, mazzo 1, n. 24; AST, Corte, Paesi per Provincia in generale, mazzo, 45, fascc. 10, 19). Il comune era così in grado di destinare, nel solo 1832, la somma di 5100 lire per la costruzione di un nuovo cimitero (AST, Corte, Paesi per Provincia in generale, mazzo, 45, fasc. 36) e, negli stessi anni, di acquistare 3 lampioni per l’illuminazione pubblica della strada maestra. L’intendente definì «il predetto comune d’Occimiano cospicio per li regolari suoi fabbricti e per la popolazione; florido per il commercio e per l’affluenza di gente ai suoi mercati si trova situato sulla gran provinciale che da questa città tende in Alessandria» (AST, Corte, Paesi per A e B, O, mazzo 1, n. 22). Come dimostra l’abbondante documentazione il comune aveva conservato con cura le proprie scritture (AST, Corte, Paesi per Provincia in generale, mazzo, 45, fascc. 6, 11). |
Statuti | La comunità dovette avere statuti almeno dal 1357, anche se la copia conservatasi risale al 1389 (AC Occimiano, Archivio storico, serie I, Pergamene, n. 1; Prato 1915, pp. 24 e 31).
I Bandi campestri, manoscritti, sono del 1740 (AST, Corte, Paesi per Provincia in generale, mazzo, 45, fasc. 28; AC Occimiano, Archivio storico, serie I, mazzo 32, n. 76: Bandi campestri [1740]). |
Catasti | Gli statuti trecenteschi fanno riferimento a una «carta extimi» e a un «Liber summarum registrorum comunis Occimiani» con le somme dei fodri pagati al comune e, pertanto, se ne disponeva la conservazione (Prato 1915, p. 43 rub. 11, p. 72 rub. 128, p. 102 rub. 259). È anche attestato un «libri masarie», con le cifre pagate dagli Occimianesi e quanto invece era ancora dovuto al comune (Prato 1915, p. 182 rub. 471).
Nell’Archivio comunale è conservato un Consegnamento dei beni degli anni 1515-1536 (AC Occimiano, Archivio storico, serie I, mazzo 3, n. 25: Consegnamento dei beni [1515-1536]). Nel 1674 il notaio della comunità affermò che esisteva «un solo estimo e registro», sul quale erano registrati i terreni e non i beni mobili per l’imposizione dei «carichi ordinarii». Tale estimo era «antichissimo et immutabile, mutandosi solamente il nome dei possessori d’essi terreni» (AST, Corte, Monferrato Feudi, mazzo 54, n. 30: Fede sopra l’estimo de’ terreni d’Occimiano e sopra il pagamento dei carichi [27 settembre 1674]). Il territorio comunale era diviso «in fascie, o sia in circoli» concentrici, allibrati in modo proporzionale alla distanza dal concentrico: più il terreno era vicino e più la tassazione era alta. Nel Settecento si riteneva che il registro «colla disegnazione dei circoli» nei quali era articolato il territorio comunale risalisse al 1610 o 1620. Da questo registro erano stati tratti tutti i successivi catasti, come quelli del 1611 e 1690 (AC Occimiano, Archivio storico, serie I, mazzo 3, n. 26: Catasto del 1611 con mutazioni e annotazioni del sec. XVII), un Brogliazzo del 1742, il Libro dei consegnamenti fatto nel 1745 e da cui erano stati tratti il Libro dei trasporti e la Vacchetta, che era del 1776 (AST, Camera dei Conti, II archiviazione, capo 26, n. 13: Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale in risposta alla circolare del sig. Intendente Generale in data delli 10 dicembre 1781; AC Occimiano, Archivio storico, serie I, mazzo 4, nn. 27-28: Mutuazioni di proprietà [1688-1709 e 1708-1737]; mazzo 5, n. 29 Catasto del 1738 con rubrica del 1763; mazzo 6, n. 30: Mutazioni di proprietà [1739-1747]; nn. 31-33: Consegnamento dei beni [1745-1779]; n. 34: Consegne per trasporti dei beni [1772-1775]; mazzo 8, n. 35: Mutazione e trasporti di proprietà). Nonostante tale abbondanza di scritture la comunità rilevò che «resta indispensabile a questo territorio la riforma della misura colla formazione della mappa per essere la sudetta antica fatta sin nel 1620 [o 1610] e senza mappa» (AST, Camera dei Conti, II archiviazione, capo 26, n. 18: Comunità della Provincia di Casale che affermano essere necessaria la misura dei territori). Le imposta continuavano a essere pagate unicamente sui terreni, in base al circolo in cui erano collocati. Le abitazioni presenti nel «recinto del luogo» erano esenti, quelle fuori dal concentrico e i 2 mulini signorili erano invece tassati (i Passano ne detenevano 1 e ½ e l’altra metà era del conte Barbotti della Sala: AST, Camera dei Conti, II archiviazione, capo 26, n. 13: Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale in risposta alla circolare del sig. Intendente Generale in data delli 10 dicembre 1781). |
Ordinati | I più antichi ordinati risalgono alla fine del Quattrocento e sono continui dal 1555 (AC Occimiano, Archivio storico, serie I, mazzi 16-25, Ordinati [1486-1495; 1503-1507; 1533-1542 e poi continui dal 1555]).
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Dipendenze nel Medioevo | Nel diploma di Carlo il Grosso la curtis di Occimiano fu donata alla Chiesa di Vercelli (I Biscioni I, doc. XXXIV, p. 114). Il documento potrebbe però essere stato interpolato, perché i presuli vercellesi contendevano al marchese Aleramo e ai suoi immediati discendenti il controllo dell’area fra la riva destra del Po, a sud di Casale Monferrato, e le colline del Basso Monferrato orientale (Panero 2004, pp. 11, 29-30; Banfo 2004, p. 168). La marca aleramica sopravvisse però di poco al suo fondatore e nel 999 Ottone III attribuì Occimiano alla Chiesa di Vercelli (MGH Diplomata II, doc.323, pp. 748-751; Panero 2004, pp. 178-280). Morto l’imperatore tedesco, gli Aleramici e altre stirpi funzionariali subalpine aderirono all’esperienza politica di Arduino d’Ivrea, contrapponendosi così alle rivendicazioni del vescovo di Vercelli Leone (Banfo 2004, p. 168).
Nel 1027 e nel 1030 Corrado II riconobbe al vescovo vercellese Arderico tutto quanto aveva precedentemente rivendicato Leone (Panero 2004, p. 92). Nel diploma del 1030, che fu molto più selettivo del precedente, i verbi «restituimus» e «reddidimus» indicherebbero che tali beni non erano stati sempre a disposizione della Chiesa vercellese. La località di Occimiano, che è presente in entrambi i diplomi, fu effettivamente «restituita», ma il suo territorio era così ben inserito fra i domini dei marchesi di Monferrato che difficilmente la Chiesa di Vercelli ne avrebbe potuto prendere possesso (Settia 1983, p. 71; Panero 2004, pp. 33-34). Per sostenere le proprie rivendicazioni, i marchesi di Monferrato e i presuli vercellesi si appoggiavano alle forze locali. Corrado II aveva ottenuto la fedeltà di alcune famiglie signorili dell’area, fra le quali quella di Guido e Bosone, dai quali sarebbero discesi i marchesi di Romagnano (Banfo 2004, p. 169; Tarpino 1991). Nel 1040 il figlio di Guido, Olderico, dotò il monastero di famiglia, S. Silano di Romagnano, con alcuni beni situati nelle località di Romagnano e di Occimiano, di cui era evidentemente in possesso (Cartario della abazia di Cavour, doc. VII, pp. 181-184; Tarpino 1991, pp. 376-377). Nel 1055 gli Aleramici e i Romagnano che si contendevano il controllo del territorio si accordarono: i primi accettavano i diritti del monastero di S. Silano in cambio del riconoscimento della loro superiorità sull’area (Banfo 2004, p. 170). «Questa non ben definita influenza aleramica rappresentava tuttavia il retaggio di un passato ormai remoto ed era quindi destinata ad affievolirsi col tempo. I veri signori dell’area di Mediliano continuarono ad essere gli Arduinici del ramo di Romagnano e i loro monaci di S. Silano, finché dopo un lungo silenzio delle fonti, all’inizio del XII secolo i loro beni monferrini risultano in possesso dei marchesi che si definiscono “di Occimiano”» (Banfo 2004, p. 171). Secondo questa ipotesi i marchesi di Occimiano sarebbero discesi da Oberto III di Sezzadio e da Beatrice, che avrebbe ereditato da Olderico di Romagnano, il patrimonio familiare fra Po e Tanaro (Banfo 2000-2001, pp. 388-395; Banfo 2004, p. 171). La tradizione storiografica colloca però i marchesi di Occimiano nel ramo aleramico “oddoniano”, al quale appartengono anche i marchesi di Monferrato (Settia 1983, p. 73; Merlone 1995, p. 159; Vergano, Gardino 1970, pp. 612 sgg.; Prato 1915, pp. 15-16 e 34; Angelino 1986, pp. 383-384; Provero 2007, p. 348 n. 178, Codex Astensis I, quadro I). Nel secolo XII i marchesi di Occimiano controllavano un’area di notevoli dimensioni che aveva per centro Occimiano. A sud avevano beni a S. Salvatore Monferrato, che nel 1119 Oberto di Occimiano restituì al vescovo di Asti Landolfo riottenendoli in feudo (Il Libro Verde della Chiesa d’Asti, doc. 198, p. 47; Banfo 2004, p. 171). La stessa situazione si verificò anche a Vignale Monferrato (Banfo 2000-2001, p. 404). I marchesi di Occimiano riscuotevano le decime di Occimiano, Pomaro, S. Salvatore Monferrato, Lu e Conzano, con le quali dotarono il monastero di famiglia di S. Vitale (Ferraris 1995, p. 159 n. 154; Banfo 2004, p. 171; Banfo 2000-2001, pp. 395-401; Angelino 1986, p. 373; si veda la scheda dedicata a Pomaro Monferrato). Nell’attuale territorio di Mirabello Monferrato controllavano castel Grana e, fra Occimiano e Mirabello, castel Motta (cfr. i lemmi ‘Altre presenze ecclesiastiche’ e ‘Liti territoriali’). A nord-est avevano beni e diritti signorili nella scomparsa Sarmatia, la cui popolazione nel 1278 fondò Borgo San Martino (Ripanti 1970, pp. 134-153; Provero 2007, pp. 348-375). A partire dagli anni Venti del Duecento i marchesi cercarono di sviluppare in questa località una signoria bannale e «pienamente territoriale», scontrandosi con i canonici di Casale che contendevano loro il monopolio della giurisdizione (Provero 2007, p. 350 e 366). Possedevano beni a Rosignano e forse anche al di là del Tanaro (Prato 1915, p. 17). Anche i marchesi di Monferrato erano interessati al controllo di queste località. Nel 1156 donarono al monastero di famiglia di Grazzano i beni che possedevano a Lu (Banfo 2004, p. 172) e, puntando sull’appoggio di Federico I, cercarono di egemonizzare l’area circostante. Nel 1164 l’imperatore svevo confermò a Guglielmo IV di Monferrato numerose località, fra le quali c’erano Pomaro, S. Salvatore Monferrato, Lu e Camagna Monferrato che i Monferrato contendevano agli Occimiano (MGH Diplomata X, doc. 466-467, pp. 376-377). In quegli stessi anni i marchesi di Monferrato favorirono il radicamento a Mogliole-Giarole dei Sannazzaro, che con loro avevano stretti vincoli di fedeltà (Angelino 1986, p. 373). Si trattava di un’area importante perché interessata da percorsi stradali che collegavano Asti e Vercelli alla Riviera ligure. Per questo il territorio fu fittamente incastellato (cfr. il lemma ‘Assetto insediativo’) e i marchesi di Occimiano strinsero rapporti con i vescovi di Asti e il comune di Alessandria, la cui fondazione modificò i rapporti di forza nell’area (Settia 1983, p. 73; Banfo 2000-2001, p. 407). La nuova città era stata fondata in funzione anti-federiciana e quindi anche contro gli interessi dei marchesi di Monferrato, stretti alleati dell’imperatore. I marchesi di Occimiano trovarono quindi un nuovo alleato nell’area e questo permise di spostare verso le loro terre i traffici fra Genova e il Piemonte, che da Alessandria passavano per S. Salvatore Monferrato, Mirabello e Occimiano, evitando invece Lu, che era in mano ai marchesi di Monferrato (Banfo 2004, p. 174). I marchesi di Occimiano divennero fedeli alleati del comune di Alessandria, cui nel 1198 cedettero in feudo la metà dei loro beni e diritti in alcune località e promisero di consegnare Occimiano agli Alessandrini in caso di guerra contro il marchese di Monferrato. In cambio il comune li avrebbe aiutati a recuperare i loro beni in mano al marchese di Monferrato (Cartario alessandrino I, p. doc. CLVI, p. 218; Cognasso 1968, pp. 374-375; Vergano, Gardino 1970, pp. 611-621; Banfo 2004, p. 175). L’anno successivo i marchesi furono dichiarati concittadini di Alessandria (Cognasso 1968, pp. 374-375) e da allora furono più volte scelti come magistrati del comune e indicati come alleati della città (Cartario alessandrino I, doc. LXXXII, p. 110, doc. CXXIII, p. 167; Cartario alessandrino II, doc. CCXLII, p. 68-70; Il Libro degli Acquisti I, doc. 129, pp. 209-210). Benvenuto di Sangiorgio riporta che Federico II, in vista di una spedizione contro Alessandria, era alla ricerca di alleati e pertanto nel 1240 avrebbe investito i marchesi di Occimiano – «Aledramo Camaro, Manfredo Tasio, Pietro Arnaldo, Nicolò e Bernardo Zacidi, nominandoli marchesi di Occimiano» – di numerosissimi castelli e luoghi fra i quali Occimiano, S. Salvatore Monferrato, Mirabello, Pomaro, Lu, Conzano, Camagna, Vignale (Benvenuto Sangiorgio 1780, p. 63). A esclusione di Occimiano, l’imperatore disponeva di questi beni, perché gli erano stati dati come garanzia del prestito di 9000 marchi d’argento che Guglielmo VI di Monferrato aveva contratto nel 1224 per allestire una spedizione in difesa del regno di Tessalonica (Settia 1991b, pp. 417-443; Banfo 2000-2001, p. 413; Banfo 2004, p. 176). L’ampiezza degli interessi territoriali dei marchesi di Occimiano dimostra che l’alleanza con il comune di Alessandria non ne aveva compromesso la capacità operativa. Anzi, proprio in quegli anni i marchesi cercarono di sviluppare in senso bannale e territoriale il loro controllo su Sarmatia. Le proteste del marchese di Monferrato Bonificio, alleato dell’imperatore, per il contenuto del diploma portarono l’anno successivo a un nuovo diploma, in cui Federico II riconosceva ai marchesi di Monferrato alcuni dei beni concessi agli Occimiano (Haberstumpf 1989, regg. 159-160, p. 76). Nella seconda metà del Duecento volse al termine la parabola politica dei marchesi di Occimiano (Angelino 1986, p. 403). Il 12 settembre 1265 Lantelmo, uno dei marchesi di Occimiano, si sottomise a Guglielmo VII di Monferrato donandogli quanto possedeva «in turribus, castris, domibus, villis, hominibus, territoriis et districtibus» di Occimiano, di Grana, di Sarmatia, dell’odierna frazione Berroni (nel territorio di Rosignano Monferrato) e di «Montariolo» (scomparso nel territorio di Rosignano: Angelino 1986, p. 396; AST, Corte, Paesi, Monferrato, Feudi per A e B, mazzo 35 di II Addizione, n. 1). Tali beni gli sarebbero stati restituiti in feudo (Prato 1915, p. 189). Nel 1274 la stessa Occimiano fu espugnata dalle truppe monferrine (Angelino 1986, p. 396). Nel 1305 erano ancora attestati come marchesi di Occimiano «Nicholinus de Baldesco» e «Anselmus de Grano», che parteciparono al parlamento di Trino (Bo 1979-1980, p. 70 n. 234). I marchesi erano rimasti attivi in alcuni castelli che nel Duecento avevano controllato attorno a Occimiano, come attestano i toponimici con i quali si definiscono, perdendo però quello che era stato il centro del loro potere: Occimiano. Nel 1321 gli Occimianesi si sarebbero sottomessi spontaneamente a Raimondo Cardone, capitano di guerra (Casalis 1845, p. 24). |
Feudo | Nel 1351 il marchese di Monferrato concesse Occimiano in feudo a Fiorello – o Fiorenzo – Beccaria (AST, Corte, Paesi, Monferrato, Feudi per A e B, mazzo 35 di II Addizione, n. 2; Guasco 1911, p. 1162; Prato 1915, p. 189). Qualche anno dopo il feudo fu incamerato dalla camera marchionale insieme a quello di Grana, perché Fiorello Beccaria e i domini di Grana, discendenti dei marchesi di Occimiano, si erano alleati ai Visconti ribellandosi ai Monferrato (Angelino 1986, p. 397). Nel 1375 del feudo di Occimiano fu investito Giovanni figlio «bastardo» del marchese Teodoro (AC Occimiano, Archivio storico, serie I, Pergamene, n. 8; Prato 1915, p. 21 e 189; Guasco 1911, p. 1162).
Nel 1393 Teodoro II investì i marchesi d’Incisa del castello e del borgo (Prato 1915, p. 21), ma fra il 1400 e il 1434 il feudo di Occimiano sarebbe stato occupato da Francesco Sforza (Prato 1915, p. 22). Il 19 marzo 1434 il marchese Giovanni Giacomo di Monferrato ne infeudò Febo d’Incisa, dei marchesi della Rocchetta (Guasco 1911, p. 1162, Prato 1915, 189). Secondo quanto dichiarato dal conte Domenico Passano, la sua famiglia sarebbe stata investita con diverse porzioni del feudo, della giurisdizione e di beni feudali di Occimiano il 9 giugno 1485 (AST, Corte, Monferrato Province, Provincia di Casale, mazzo 4, Occimiano, n. 2: Memoria per il feudo di Occimiano riguardo alle porzioni di detto feudo, che possiede il marchese Domenico Passano genovese). Nel 1494 alcune porzioni del feudo di Occimiano, con il castello, il «mero et mistro imperio» e la giurisdizione andarono a Gasparre e Nicolao della Rocchetta (AST, Corte, Monferrato Feudi, mazzo 54, n. 3: Investitura concessa dalla marchesa Maria di Monferrato a favore dei figli del fu Gasperino e Nicolao, fu altro Nicolao dell Rocchetta, del castello, luogo, giurisdizione, beni e redditi feudali di Occimiano [14 novembre 1494]. Nel 1501, non avendo avuto figli, Domenico di Passano ottenne il diritto di vendere le sue porzioni del feudo al marchese Paolo Viale per la somma di 80 lire piemontesi (AST, Corte, Monferrato Province, Provincia di Casale, mazzo 4, Occimiano, n. 2: Memoria per il feudo di Occimiano riguardo alle porzioni di detto feudo, che possiede il marchese Domenico Passano genovese). Nel 1541, nonostante le obiezioni di Margherita Gonzaga circa l’opportunità di favorire un feudatario tendenzialmente ostile ai Gonzaga, Carlo V riconobbe le pretese di Aristeo d’Incisa sul feudo di Occimiano (Raviola 2003, p. 32). Diana, figlia di Aristeo d’Incisa, perse per fellonia le sue quote del feudo, che passarono a Raimondo di Cardona per 300 scudi (AST, Corte, Monferrato Feudi, mazzo 54, n. 7: Vendita di Giovanni Gabriele, Annibale e Bartolomeo fratelli, Nicolao e Marco Antonio figlioli del suddetto Giovanni Gabriele a Ramimondo MICHE GINGOLI de Cardona della porzione spettantegli nel castello, luogo, giurisdizione, beni e redditi feudali di Occimiano per il prezzo di scuti 300 [18 ottobre 1548]; Guasco 1911, p. 1162). Nel 1562 alcune quote erano ancora in mano agli Incisa, che chiesero di far accedere alla successione del feudo anche le donne (AST, Corte, Monferrato Feudi, mazzo 54, nn. 8-9; Prato 1915, p. 23). Nel 1587 il feudo d’Occimiano fu elevato alla dignità marchionale a favore del duca Enrico di Brunswick, che tre anni prima lo aveva acquistato insieme a quelli di Conzano e S. Giorgio per 134.000 scudi d’oro (AST, Corte, Monferrato Feudi, mazzo 54, n. 5: Erezione fatta dal Duca Guglielmo di Monferrato del feudo di Occimiano in titolo e dignità marchionale a favore del duca Enrico di Brunswick, del duca Guglielmo suo figlio e di tutti i loro discendenti, stato detto feudo per esso duca di Brunswick acquistato dal predetto duca di Monferrato assieme a quelli di Conzano e S. Giorgio per il prezzo di scuti 134 mila d’oro). Le quote del feudo detenute dal duca di Brunswick tornarono alla Camera ducale nel 1625, perché il duca era privo di eredi maschi (AST, Corte, Monferrato Feudi, mazzo 54, n. 23). Nel 1587 altre quote del feudo furono acquistate dal conte Antonio Passano, che in cambio cedette il feudo di Villimpenta nel Mantovano (18 aprile e 4 giugno 1587; AST, Corte, Monferrato Province, Provincia di Casale, mazzo 4, Occimiano, n. 2: Memoria per il feudo di Occimiano riguardo alle porzioni di detto feudo, che possiede il marchese Domenico Passano genovese; AST, Corte, Monferrato Feudi, mazzo 54, nn. 11 e 13; Manno 1906, vol. XIX, p. 149; Guasco 1911, p. 1162; Prato 1915, p. 189; Angelino 1986, p. 395). L’atto di investitura feudale prevedeva che nel «luogo e feudo d’Occimiano» il feudatario avesse «mero et mixto imperio, la possanza della spada et la total giurisdizione e con la facoltà degli uomini, l’acque et decorso d’esse, le piscagioni et la caccia con tutti li redditi, emolumenti et con le regalie d’esso luogo» (AST, Camera dei Conti, II archiviazione, capo 23, Beni feudali, n. 9: Permutatio inter ducem Mantue et d. Antoninum ex condomini de Passano [18 aprile 1587]; AST, Corte, Monferrato Province, Provincia di Casale, mazzo 4, Occimiano, n. 2: Memoria per il feudo di Occimiano riguardo alle porzioni di detto feudo, che possiede il marchese Domenico Passano genovese). Ai Passano spettavano le «cause importanti, et quelle solitamente che sono espresse in iure», perché il comune giudicava su «ferite leggere, caccia e piscagioni». Fra Sei e Settecento il feudo restò saldamente in mano ai Passano (AST, Corte, Monferrato Feudi, mazzo 54, n. 17; AST, Corte, Monferrato Province, Provincia di Casale, mazzo 4, Occimiano, n. 2: Memoria per il feudo di Occimiano riguardo alle porzioni di detto feudo, che possiede il marchese Domenico Passano genovese; AST, Corte, Paesi, Monferrato, Feudi per A e B, mazzo 35 di II Addizione, nn. 15-16, 28). La famiglia si estinse nel 1895 (Guasco 1911, p. 1162). Integravano i redditi del feudo detenuto dai Passano la quinta parte dei redditi di un mulino e il reddito del forno costruito nella contrada Castello che veniva affittato alla comunità (AST, Camera dei Conti, II archiviazione, capo 23, Beni feudali, n. 121, Provincia di Casale, Stato dei redditi, giurisdizioni secondo li consegnamenti fati da vassalli e possessori d’essi). Dal 1781 detenevano anche un pedaggio (AST, Camera dei Conti, II archiviazione, capo 26, n. 13: Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale in risposta alla circolare del sig. Intendente Generale in data delli 10 dicembre 1781). Del feudo di Grana e della motta di Grana fu investito nel 1374 Percivalle Bobba. Perse le sue funzioni difensive, il castello fu lasciato andare in rovina e nel Seicento risultava diruto (Angelino 1986, p. 397). Nel Trecento il feudo di Baldesco non fu oggetto di investiture. Ne furono investiti nel 1434 Teodoro Colombo di Cuccaro, nel 1445 temporaneamente Percivalle Asinari e nel 1485 Oddonino e Gabriele Villa (Angelino 1986, p. 397; Guasco 1911, p. 137; Ieni 1980b, p. 101). Alcuni beni feudali e diritti giurisdizionali nel territorio del feudo di Baldesco erano detenuti dai della Roccia e dai Natta (Angelino 1986, p. 397). Nel 1451 Giovanni IV di Monferrato accordava quote del feudo a Enrietto Natta per la somma di 3000 ducati d’oro con il diritto di trasmetterlo ai discendenti (Angelino 1986, p. 397; Ieni 1980b, p. 101). Nella seconda metà del Seicento i Natta acquistarono quasi tutti i beni feudali dei Roccia. Baldesco rimase in feudo ai Natta fino al 1798, quando con l’abolizione della feudalità divenne proprietà dell’ultimo feudatario Romualdo Natta di Cerro (Angelino 1986, p. 398). |
Mutamenti di distrettuazione | Nell’alto medioevo il villaggio di Occimiano era inserito nell’effimera «iudiciaria Torrensis», che intorno alla metà del secolo X aveva ormai perso la sua connotazione pubblica (Settia 1983, pp. 51-53).
In età moderna Occimiano apparteneva al marchesato, poi ducato, di Monferrato, e risultava fra le terre «al di qua del Tanaro» o della provincia di Casale (Raviola 2003). Dopo l’annessione del ducato di Monferrato agli Stati sabaudi – avvenuta nel 1708 e riconosciuta internazionalmente nel 1713 con il trattato di Utrecht – il comune di Occimiano fu inserito nella provincia di Casale. Tale assetto fu confermato dalla successiva sistemazione delle province piemontesi del 1749 e si mantenne tale fino alla conquista napoleonica del Piemonte avvenuta nel dicembre 1798 (Sturani 2001, p. 118). Le comunità della provincia di Casale furono aggregate senza sostanziali alterazioni a una circoscrizione di estensione variabile, che aveva come capoluogo Alessandria. Si trattò del dipartimento del Tanaro, creato durante il primo periodo di occupazione francese (1799) e, in seguito al ritorno dei Francesi e alla riorganizzazione amministrativa del 1801, del dipartimento di Marengo, circondario (arrondissement) di Casale. Il circondario di Casale non fu modificato dal successivo rimaneggiamento del 1805 (Sturani 2001). Dopo la parentesi napoleonica fu ripristinata la provincia di Casale, a sua volta inclusa nel 1818 nella divisione di Alessandria (Sturani 1995, p. 132). Nel 1859 la circoscrizione di Casale fu ridotta a circondario della provincia di Alessandria (Sturani 1995, p. 133). All’interno della circoscrizione di Casale, il comune di Occimiano fu sede di mandamento (gli altri comuni del mandamento erano: Conzano, Giarole, Mirabello e Terruggia (AST, Corte, Paesi per Provincia in generale, mazzo, 45, fasc. 26). Nel 1927 i circondari furono soppressi, per favorire il rafforzamento e il riordino delle prefetture, che per quanto riguarda Occimiano aveva sede a Casale Monferrato. |
Mutamenti Territoriali | Il fallito tentativo attuato dai marchesi di Occimiano fra XII e XIII secolo di costruire un’ampia compagine territoriale attorno a Occimiano portò a una contrazione del territorio gravitante sul borgo. Alcuni territori si separarono già nel medioevo, per altri il processo fu plurisecolare. Nel 1365, per esempio, Occimiano risultava confinare con Valenza e Lazzarone, ma non è chiaro se tale confine scomparve quando i marchesi di Occimiano persero i beni che avevano al di là del Tanaro oppure in altre occasioni (AC Occimiano, Archivio storico, serie I, Pergamene, nn. 2-6).
L’area di Sarmatia, i cui uomini a inizio Duecento si recavano nelle fortificazioni di Occimiano in caso di necessità difensive (Provero 2007, pp. 361-375), acquisì una propria autonomia nel 1278 con la fondazione di Borgo San Martino e si svincolò quindi da Occimiano. In seguito all’investitura concessa a Fiorello Beccaria del feudo di Occimiano avvenuta nel 1351, il marchese di Monferrato Giovanni II Paleologo si curò di distinguere il territorio occimianese da quello del castel Grana, che apparteneva a Enrico di Grana, discendente dei marchesi di Occimiano. Nel territorio di castel Grana era compreso anche quello di Baldesco (Angelino 1986, p. 396). Lo smembramento territoriale fu mantenuto anche dopo che i feudi di Occimiano e di Grana furono confiscati in seguito alla defezione dei loro signori che si erano alleati con i Visconti (cfr. il lemma ‘Feudo’). Tali aree dovettero però ben presto tornare a gravitare su Occimiano, come dimostra la convenzione del 1575 fra Percivalle Bobba, signore di castel Grana, e la comunità di Occimiano per la costruzione e la gestione di un ponte sul torrente Grana (AST, Corte, Paesi, Monferrato, Feudi per A e B, mazzo 35 di II Addizione, n. 14, cfr. il lemma ‘Liti territoriali’). Il castello di Baldesco e il suo territorio furono inseriti nel territorio di Mirabello nel 1798 con l’abolizione della feudalità (Angelino 1986, p. 398; si veda la scheda dedicata a Mirabello Monferrato). Minori informazioni ci sono invece in merito all’area lungo il torrente Rotaldo in cui sorgeva la chiesa di S. Maurizio, che nel medioevo apparteneva a Occimiano e ora, invece, è nel comune di Conzano (Banfo 2004, p. 164). |
Comunanze | Nell’ultimo decennio del Cinquecento la comunità ricava redditi dai pedaggi, dal pristino, dalle altre imposte («brente, stetera, molapita»), dalle acque per irrigare i prati, dall’osteria, dal fosso, dall’affitto di prati e sedimi e disponeva di un mulino e di un forno, sito nel castello di Braida (AC Occimiano, Archivio storico, serie I, mazzo 29, n. 73: Reddito e inventario dei beni della comunità [1590-1593]; cfr. il lemma ‘Comunità, origine, funzionamento’).
Nel Settecento la comunità doveva invece affittare dal conte Passano i forni e il mulino. Nel 1781 l’affitto del forno corrispondeva a 136 lire (AST, Camera dei Conti, II archiviazione, capo 23, Beni feudali, n. 121, Provincia di Casale, Stato dei redditi, giurisdizioni secondo li consegnamenti fati da vassalli e possessori d’essi; AST, Camera dei Conti, II archiviazione, capo 26, n. 13: Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale in risposta alla circolare del sig. Intendente Generale in data delli 10 dicembre 1781). La comunità aveva redditi da «osteria, pristino, Beccaria, forno, piazza, acqua della Roggia per irrigare li prati e li arti de’ particolari, e beni e zerbidi comuni, li quali si sogliono annualmente, ad ogni triennio, sessennio o novennio secondo le convenzioni affittare» (AST, Camera dei Conti, II archiviazione, capo 26, n. 13: Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale in risposta alla circolare del sig. Intendente Generale in data delli 10 dicembre 1781). A causa dell’assenza di vaste estensioni boschive – nel 1782 ammontano a circa 2 moggia – gli Occimianesi sfruttavano gli alberi e gli arbusti presenti sulle rive dei torrenti Grana e Rotaldo che attraversano il territorio comunale. In quegli anni non sono attestati terreni comuni adibiti a pascolo, per cui il bestiame veniva fatto pascolare nelle ripe e sui terreni privati, un’usanza consentita dai Bandi campestri che gli abitanti ritenevano di origine antica (AST, Camera dei Conti, II archiviazione, capo 14, Boschi e selve 1771-1780, Provincia di Casale, cc. 161-163). I terreni comuni erano infatti affittati a privati. Nel 1781 i beni comuni furono quantificati in 15 moggia coltivate e 11 di gerbido (AST, Camera dei Conti, II archiviazione, capo 26, n. 13: Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale in risposta alla circolare del sig. Intendente Generale in data delli 10 dicembre 1781). L’anno successivo fu proposta la vendita di 5 «beni comunali precisamente non necessari al Pubblico», di un terreno coltivo e di gerbidi (AST, Camera dei Conti, II archiviazione, capo 26, n. 14: Ordinati delle città e terre della Provincia di Casale fornati in seguito alla circolare del sig. Intendente Generale del 2 agosto 1782). Nel 1789 la comunità risultava possedere 14 moggia di beni coltivi e gerbidi, che affittava per la cifra di 301 lire e 9 soldi (AST, Camera dei Conti, II archiviazione, capo 26, n. 22: Rimostranza alla Ecc. Giunta intorno agli ostacoli che s’incontrano nel proseguimento della Perequazione del Monferrato [30 novembre 1789]). |
Liti Territoriali | La contrazione del territorio gravitante su Occimiano conseguente al fallimento degli omonimi marchesi di realizzare un’ampia signoria territoriale portò a una serie di liti con le comunità vicine.
Nella seconda metà del Trecento furono i signori di Lazzarone a chiedere l’intervento marchionale affinché fossero delimitati l’area soggetta alla loro giurisdizione signorile e i territori di Lazzarone (attualmente Villabella nel territorio di Valenza), Pomaro, Occimiano e Mirabello (AC Pomaro, Sez. II, n. 28, Carte varie Catasto). In quest’occasione furono definiti anche i confini che Occimiano aveva sia con Pomaro Monferrato e Mirabello e San Salvatore e Valenza (AC Occimiano, Archivio storico, serie I, Pergamene, nn. 2-6). Nel 1772 furono nuovamente definiti i confini con il comune di Pomaro (AC Pomaro, Sez. II, nn. 27-28, Carte varie Catasto; si veda la scheda dedicata a Pomaro Monferrato). Nel 1441 si procedette a un nuovo aggiustamento territoriale fra i territori di Occimiano, Lu e Mirabello (AST, Corte, Paesi, Monferrato, Feudi per A e B, mazzo 35 di II Addizione, n. 3).
Più complicata, anche se scarsamente documentata, risulta la situazione dei due “tenimenti separati” di Castel Grana e Castel Motta. Nel 1707 il territorio di Castel Motta misurava 198 moggia per un estimo di 50 soldi e quello di Castel Grana 455 moggia e aveva un estimo di 114 soldi. In quell’occasione ne fu proposta l’aggregazione a Occimiano (AST, Camera dei Conti, II archiviazione, capo 26, n. 17: De daciti e redditi comunitativi, e di ciò che cadune delle infranotate comunità della Provincia di Casale s’esige de Registro convenzionato, e di quanto ciascuna comunità paga in Camere [1707]). Nel 1781 è registrata una lite territoriale con Mirabello per beni che sono ritenuti di scarso valore, perché esenti da carichi e che potrebbero pertanto essere identificati con Castel Grana e Castel Motta (AST, Camera dei Conti, II archiviazione, capo 26, n. 13: Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale in risposta alla circolare del sig. Intendente Generale in data delli 10 dicembre 1781). L’anno successivo Castel Grana e Castel Motta furono definiti «castelli con territorio esente per i tributi ordinari ed aggregati solamente per le imposizioni straordinarie» (AST, Camera dei Conti, II archiviazione, capo 26, n. 14: Ordinati delle città e terre della Provincia di Casale fornati in seguito alla circolare del sig. Intendente Generale del 2 agosto 1782). Nel 1790 i due castelli risultano ancora tenimenti separati non accorpati alla comunità (AST, Camera dei Conti, II archiviazione, capo 10, Consegne delle Booche umane e delle bestie [Regio editto del 10 maggio 1734], n. 29).
Ancora negli anni della Perequazione generale del Piemonte risultano terre separate sia Castel Grana, di cui si chiese l’aggregazione a Mirabello, sia Castel Motta aggregabile invece a Occimiano (AST, Camera dei conti, II archiviazione, capo 21, Perequazione generale del Piemonte, n. 17: Tabella de’ cantoni, borgate e tenimenti separati ed indipendenti per la rispettiva aggregazione alla città e comunità vicina).
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AC Mirabello (Archivio Storico del Comune di Mirabello), Sez. Archivio Storico, Serie VI, Territorio comunale – Confini, n. 1, Atti relativi alla definizione del confine dei territori di Mirabello e di Occimiano in località Castelgrana.
AC Occimiano (Archivio Storico del Comune di Occimiano): Archivio storico, serie I, Pergamene, nn. 1-8, 15; Archivio storico, serie I, mazzo 3, n. 25: Consegnamento dei beni [1515-1536]; n. 26: Catasto del 1611 con mutazioni e annotazioni del sec. XVII; mazzo 4, nn. 27-28: Mutuazioni di proprietà [1688-1709 e 1708-1737]; mazzo 5, n. 29 Catasto del 1738 con rubrica del 1763; mazzo 6, n. 30: Mutazioni di proprietà [1739-1747]; nn. 31-33: Consegnamento dei beni [1745-1779]; n. 34: Consegne per trasporti dei beni [1772-1775]; mazzo 8, n. 35: Mutazione e trasporti di proprietà; Archivio storico, serie I, mazzi 16-25, Ordinati [1486-1495; 1503-1507; 1533-1542 e poi continui dal 1555]; Archivio storico, serie I, mazzo 26, n. 67: Consegne delle bocche umane [1776-1790]; Archivio storico, serie I, mazzi 27-28, Atti di lite dal 1580 al 1699; Archivio storico, serie I, mazzo 29, n. 73: Reddito e inventario dei beni della comunità [1590-1593]; Archivio storico, serie I, mazzo 32, n. 76: Visita a Ponti e Strade [1781-1791]; Descrizione del finaggio d’Occimiano fatta dall’agrimensore Giacomo Giordano [1748]; Bandi campestri [1740]. AC Pomaro (Archivio Storico del Comune di Pomaro Monferrato), Sez. II, nn. 27-28, Carte varie Catasto. AC Terruggia (Archivio Storico del Comune di Terruggia), m. 40, fasc. 61. ARMO (Acta Reginae Montis Oropae), Biella 1945. ASDC (Archivio storico diocesano di Casale Monferrato): Visite pastorali, Decreti della visita apostolica di Monsignor Girolamo Ragazzoni (1577), vescovo di Novara, mazzo 458, cc. 75-78; Visita pastorale del vescovo Monsignor Ignazio Della Chiesa (1746-1758). Relazioni. Città e diocesi, mazzo 480, fasc. 495, cc. 279-289; Visita pastorale del vescovo Monsignor Francesco Ignazio Ichieri di Malabalia (1830-1846). Risposte, mazzo 496, cc. 308-337. ASA (Archivio di Stato di Alessandria), Senato del Monferrato, Atti di Lite, fald. 11 [1604-1613], Occimiano Comune contro Consignori di Giarole consorti [1604-1605]. AST (Archivio di Stato di Torino): Camera dei Conti, II archiviazione, capo 10, Consegne delle Bocche umane e delle bestie [Regio editto del 10 maggio 1734], n. 9: Ricavo generale delle Bocche umane e del bestiame portato dall’editto del 10 maggio 1734; nn. 24, 26, 29; Camera dei Conti, II archiviazione, capo 14, Boschi e selve 1771-1780, Provincia di Casale, cc. 161-163; Camera dei conti, II archiviazione, capo 21, Perequazione generale del Piemonte, n. 17: Tabella de’ cantoni, borgate e tenimenti separati ed indipendenti per la rispettiva aggregazione alla città e comunità vicina; Camera dei Conti, II archiviazione, capo 23, Beni feudali, n. 9: Permutatio inter ducem Mantue et d. Antoninum ex condomini de Passano [18 aprile 1587]; n. 121, Provincia di Casale, Stato dei redditi, giurisdizioni secondo li consegnamenti fati da vassalli e possessori d’essi; Camera dei Conti, II archiviazione, capo 26, n. 13: Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale in risposta alla circolare del sig. Intendente Generale in data delli 10 dicembre 1781, cc. 20-28; n. 14: Ordinati delle città e terre della Provincia di Casale formati in seguito alla circolare del sig. Intendente Generale del 2 agosto 1782, c. 119; n. 17: De daciti e redditi comunitativi, e di ciò che cadune delle infranotate comunità della Provincia di Casale s’esige de Registro convenzionato, e di quanto ciascuna comunità paga in Camere [1707]; n. 18: Comunità della Provincia di Casale che affermano essere necessaria la misura dei territori; n. 22: Rimostranza alla Ecc. Giunta intorno agli ostacoli che s’incontrano nel proseguimento della Perequazione del Monferrato [30 novembre 1789]; n. 41: Indice del ricavo dei beni ecclesiastici enfiteutici della Provincia di Casale fatta dagli ordinati della comunità trasmessi al sig. Intendente Generale con lettere dei 23 e 30 maggio 1784; Corte, Materie ecclesiastiche, Regolari di diversi paesi, O, mazzo 1, nn. 1-2; Corte, Monferrato, Materie ecclesiastiche, m. 5: Supplica delle Vergini d’Occimiano ad effetto di poter servirsi della cappella del castello esistente nella parrocchia di detto luogo (11 marzo 1573); Corte, Monferrato Feudi, mazzo 54, n. 1: Copia di due articoli degli Statuti della comunità di Occimiano [1368], n. 2: Confermazione fatta da Secondo Ottone, marchese di Monferrato, a favore della comunità e uomini di Occimiano delle loro convenzioni, immunità e franchigie, stategli già concesse dal marchese Giovanni di lui padre [1374]; n. 3: Investitura concessa dalla marchesa Maria di Monferrato a favore dei figli del fu Gasperino e Nicolao, fu altro Nicolao della Rocchetta, del castello, luogo, giurisdizione, beni e redditi feudali di Occimiano [14 novembre 1494]; n. 4: Privilegium della comunità di Occimiano avuto dal marchese Giovanni Giorgio di Monferrato [8 maggio 1532]; n. 5: Erezione fatta dal Duca Guglielmo di Monferrato del feudo di Occimiano in titolo e dignità marchionale a favore del duca Enrico di Brunswick, del duca Guglielmo suo figlio e di tutti i loro discendenti, stato detto feudo per esso duca di Brunswick acquistato dal predetto duca di Monferrato assieme a quelli di Conzano e S. Giorgio per il prezzo di scuti 134 mila d’oro; n. 6: Dichiarazione della comunità che riconosce come sovrano solo il Duca Federico di Mantova [1536]; n. 7: Vendita di Giovanni Gabriele, Annibale e Bartolomeo fratelli, Nicolao e Marco Antonio figlioli del suddetto Giovanni Gabriele a Raimondo MICHE GINGOLI de Cardona della porzione spettantegli nel castello, luogo, giurisdizione, beni e redditi feudali di Occimiano per il prezzo di scuti 300 [18 ottobre 1548]; n. 8: Relazione de’ senatori circa la trattativa delle due rinuncie che dovevano farsi da Gabriele d’Incisa e dai suoi figliuoli per Occimiano [5 settembre 1562]; n. 9: Parere del senato sopra la successione delle femmine ed in particolare di Diana d’Incisa nel feudo di Occimani [s.d.]; n. 10: Pace stabilità d’ordine del duca di Mantova tra le famiglie Bocca e Sillanca del luogo di Occimiano con remissione delle offese [11 marzo 1579]; n. 11: Atto di possesso dato al conte Antonio dei signori di Passano del castello, luogo e giurisdizione di Occimiano in conformità dell’instrumento di permuta fatta col duca di Monferrato e dell’investitura indi ottenuta [27 luglio 1587]; n. 12: Parere sul punto se il duca di Monferrato possa aver ragione sopra il credito del duca di Brunswick, acquistatore dei feudi di Occimiano, Conzano e S. Giorgio; n. 13: Investitura concessa dal duca Vincenzo di Mantova e Monferrato a favore di Antonio del fu Gio Gioachini, consignore di Passano e conte di Occimiano, del castello, luogo e giurisdizione, beni redditi e prerogative del feudo di Occimiano; n. 14: Memoriali della comunità e degli uomini di Occimiano per ottenere dal duca di Monferrato la confermazione de’ loro statuti e privilegi e la facoltà di proibire la caccia in quel territorio con decreti favorevoli [13 settembre 1589]; n. 15: Relazioni sui privilegi della libertà di caccia prestata dalla comunità di Occimiano; n. 16: Relazioni del Senato di Mantova sopra le differenze esistenti tra il conte Antonio consignore di Passano investito del feudo d’Occimiano, e la comunità di detto luogo, per riguardo ai suoi privilegi, esercizio della giurisdizione e cognizione de’ delitti per ferite leggere [1611]; n. 17: Investitura concessa dal duca Vincenzo di Mantova al marchese Antonio da Passano del feudo di Occimiano [17 ottobre 1613]; n. 18: Relazione del Maestrato sulle controversie insorte tra il conte Antonio da Passano feudatario d’Occimiano e la comunità di questo luogo [1616]; n. 19: Relazione del Senato nelle controversie tra il conte d’Occimiano e la comunità per le ferite leggere [1618]; n. 20: Relazione della comunità; n. 21: Relazione del Senato di Casale nella causa vertente tra il conte d’Occimiano e la comunità d’esso luogo per la fabbrica che il detto conte intende far nella piazza avanti il castello [17 febbraio 1619]; n. 22: Memoriale del marchese Domenico, consignore di Passano e de’ conti d’Occimiano, ad effetto d’ottenere dal duca di Monferrato l’ampliazione delle prerogative per il detto feudo d’Occimiano; n. 23; n. 24: Supplica della comunità d’Occimiano per l’osservanza del di lei privilegio circa li carichi da pagarsi dalli Forensi [21 novembre 1627]; nn. 25-26; n. 27: Relazione del Maestrato ad istanza del segretario Alberto Paltro circa la pezza di prato feudale posta sulli fini d’Occimiano devoluta alla Camera per la morte del capitano Guglielmo Frossa e chiesta in dono dal suddetto Paltro; nn. 28-29; n. 30: Fede sopra l’estimo de’ terreni d’Occimiano e sopra il pagamento dei carichi [27 settembre 1674]; nn. 31-33; n. 34: Suppliche e memorie diverse riguardanti il feudo d’Occimiano; Corte, Paesi, Monferrato, Feudi per A e B, mazzo 35 di II Addizione, nn. 1-3, 14-16, 28; Corte, Monferrato Province, Provincia di Casale, mazzo 4, Occimiano, n. 1: Supplica delli marchesi Antonio e Gianni Stefano di Passano per cui chiedono che i privilegi concessi dall’illustrissimo Ferdinando Carlo, ultimo duca di Mantova, il 1 agosto 1701 al marchese Domenico, loro zio, per il feudo di Occimiano in Monferrato si estendano anche a loro favore per le porzioni spettantegli in detto feudo [1715]; n. 2: Memoria per il feudo di Occimiano riguardo alle porzioni di detto feudo, che possiede il marchese Domenico Passano genovese; Corte, Paesi per Provincia in generale, mazzo, 45, fascc. 6, 10-11, 19, 26,-28, 30, 36, 40, 46; Corte, Paesi per A e B, O, mazzo 1, n. 1: Affittamento per mesi 22 del pristino di Occimiano mediante il prezzo di ducatoni 24 fatte dalla RR. MM. Di S. Maria Maddalena di Casale al Carlo Botteto fu Marco [14 marzo 1659]; n. 2: Locazione per 3 anni del diritto del pristino di Occimiano fatto dalle RR. MM. Di S. Maria Maddalena di Casale alli nobili Gioanna e Tommaso madre e figli Botteto mediante il fitto di filippi annui 24 da fiorini 25 caduno [1677]; n. 3: Affittamento del pristino di Occimiano fatto per 6 anni al nobile Biaggio Botteto fu Carlo [13 novembre 1684]; n. 4: Costituzione con vendita d’un censo di 3 doppie di Spagna d’oro stabilito sopra una pezza di terra nelli fini di Occimiano fatta dal D. Domenico Francesco nunzio di detto luogo fu Gabriele prevosto del castello di Rosignano a favore delle RR. MM. Di S. Maria Maddalena di Casale [3 luglio 1685]; n. 5: Locazione per 2 anni a Biagio Botteto fu Carlo [3 luglio 1691]; n. 6: Nota delle contribuzioni eccessive pagate e danni sofferti pel passaggio e stazione delle truppe Alamanne nel luogo di Occimiano estesa dal notaio Giorgio Lorenzo Sapelli [1691-1696]; n. 6: Nota delle contribuzioni eccessive pagate e danni sofferti pel passaggio e stazione delle truppe Alamanne nel luogo di Occimiano estesa dal notaio Giorgio Lorenzo Sapelli [1691-1696]; n. 7: Ordinato della comunità di Occimiano relativo al ricorso di Antonio de Giovannie Lorenzo Unca al vescovo di Casale per essere assolti dalla scomunica in cui erano incorsi per dissidi avuti con ecclesiastici in materia di contribuzioni [8 febbraio 1696]; n. 8: Locazione del pristino per 6 anni al nobile Pietro Antonio de Giovanni di Giacomo Antonio [7 maggio 1698]; nn. 9-22. | |
Bibliografia | Angelino A., Castello di Giarole, Castello di Pomaro Monferrato, Castelli di Baldesco, di castel Grana, di Occimiano e Ricetto di Mirabello Monferrato, in Andar per castelli da Alessandria da Casale tutto intorno, a cura di G. Sergi, Torino 1986, pp. 373-408.
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Descrizione Comune | Occimiano
La fertilità del suolo, l’abbondanza di acqua e la presenza di vie di comunicazione terrestri e fluviali favorirono il popolamento nell’area di Occimiano fin dall’antichità. Attorno all’insediamento romano o pre-romano di Iadate nei secoli medievali si svilupparono villaggi, chiese e castelli. Nel Settecento si consolidò la tradizione che «circa sette castella» fossero stati costruiti a protezione di Occimiano (Durandi 1774, p. 329). In realtà le prove documentarie sono assai scarse e non sono state condotte indagini archeologiche. Proprio per questo motivo sono utili i testi di alcuni eruditi locali che, accanto a ricostruzioni improbabili, riferiscono informazioni che sarebbero altrimenti andate perse. L’eccezionalità di Occimiano risiede nella cura con la quale la comunità seppe custodire la propria memoria storica più che nelle vicende di cui fu protagonista.
Fin dal Trecento alcune rubriche statutarie furono dedicate proprio alla conservazione delle scritture del comune e a distanza di molti secoli, nel 1825, l’intendente osservò che la documentazione continuava a essere conservata con cura in una camera con buoni armadi (AST, Corte, Paesi per Provincia in generale, mazzo, 45, fasc. 11). Ancora oggi l’Archivio del comune di Occimiano conserva un’abbondante documentazione medievale e moderna. La passione di alcuni eruditi locali arricchì questo patrimonio con notizie che non trovano sempre posto negli atti ufficiali e non sono sempre verificabili. L’incertezza che ne deriva su quello che effettivamente avvenne a Occimiano non è differente da quella che interessa altre località. È solamente più fitta, perché maggiori sono le notizie non più verificabili e gli eventi di cui non è possibile conoscere la conclusione. Fra XII e XIII secolo, con i marchesi di Occimiano, la località era stata il centro politico, militare ed economico di un territorio di ampie dimensioni. Grazie alla lite con i canonici di Casale è noto che gli uomini di Sarmatia si recavano nei castelli occimianesi in caso di necessità e come loro facevano forse anche gli abitanti di altri villaggi vicini. La fondazione di Alessandria aveva limitato la libertà politica dei marchesi ma aveva anche offerto nuove opportunità dirottando su Occimiano gli importanti traffici con Genova. La scomparsa dei marchesi di Occimiano e l’inserimento della località all’interno della dominazione dei marchesi di Monferrato comportò una drastica riduzione del territorio gravitante su Occimiano. Questa contrazione non impedì alla comunità di conservare gelosamente le proprie prerogative per tutta l’età moderna. Il privilegio del 1374 le riconosceva ampie libertà nei confronti dei feudatari e pertanto ne fu sistematicamente chiesto il riconoscimento a tutti i marchesi di Monferrato. Inoltre il documento fu gelosamente conservato. I feudatari riuscirono a limitarne la portata, acquisendo la facoltà di scegliere il podestà, che restava però proposto dagli Occimianesi, e contestando le competenze giurisdizionali del comune. Nonostante questo la comunità seppe costruirsi una propria identità. Questo le permise, da un lato, di agire compatta contestando al feudatario ogni abuso e, dall’altro, di accogliere al suo interno tutte quelle forze produttive, come quei forestieri che erano in grado di contribuire alle spese collettive, che potevano arricchirla. Gli statuti trecenteschi forniscono l’immagine di una comunità dedita alle attività agricole e che pertanto era interessata a esportare fuori dal borgo legumi, «blavis et frumento» (Prato 1915, p. 43 rub. 12 e p. 65 rub. 96). Nel 1781 il territorio coltivabile ammontava a 6436 moggia, di cui 4170 erano destinate a coltivo, 772 a vigna, 574 a prato, 12 canapa e 2 a bosco. I terreni immuni misuravano 896 moggia: quelli ecclesiastici 661, quelli feudali 196 moggia (AST, Camera dei Conti, II archiviazione, capo 26, n. 13: Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale in risposta alla circolare del sig. Intendente Generale in data delli 10 dicembre 1781). Negli anni Settanta del Novecento si producevano uva e grano in collina, fieno, riso, granoturco e ortaggi in pianura (Bersano 1972). |