Autori | Palmero, Beatrice |
Anno Compilazione | 2008 |
Provincia | Cuneo.
|
Area storica | Cuneese.
Entracque figura altrimenti, secondo una lettura storico-geografica classica, nei domini piemontesi estesi sulle cosiddette “Alpi marittime”. Nell’opera dell’erudito nizzardo Pietro Gioffredo, che aveva dedicato a metà Seicento un libro alla Storia delle Alpi Marittime, veniva assegnato alla città di Nizza un ruolo baricentrico tra l’assetto della frontiera al Var e la realtà delle vie di comunicazione alpine. Nello stesso periodo Bouche affermava che le alpi sud-occidentali appartenevano alle “montagne di Provenza”[La chorographie et l’histoire de la Provence, 1664, p.14].
Sulla base della ricostruzione proposta dall’abate Gioffredo, la Nicea o meglio le Alpi Marittime risultano un’area storica, effettivamente poco studiata. Il lavoro del Gioffredo è stato ignorato per tutto il Settecento, nonostante si riuscì ad acquisire i diritti di pubblicazione dagli eredi nel 1773. Nel momento di massima espansione della dominazione sabauda a sud-est, ossia sulle alpi liguri, non si voleva forse irritare il prezioso alleato francese con tale interpretazione politica dello spazio alpino. Il manoscritto ebbe invece particolare successo nella prima metà dell’Ottocento, quando conobbe la sua prima edizione a stampa nella collezione dei Monumenta Historiae Patriae edita jussu regis Caroli Alberti (1839, Bottin 2001, p.61-68), in un clima di propaganda della dominazione piemontese nel Nizzardo e di consolidamento dell’assetto territoriale del Regno di Piemonte e Sardegna.
|
Abitanti | 878 [CSI 1991], 848 [ISTAT: censimento 2001], 836 [ISTAT/2004], 840 [BDDE: popolazione residente 2006].
|
Estensione | (ISTAT/SITA, 1991): 15.991 ha.
|
Confini | Limone Piemonte, Valdieri, Roaschia, Vernante, Tende (La Brigue ?), St. Martin Vésubie e Belvédère (région PACA-Département Alpes Maritimes, France).
|
Frazioni | Sulla base degli ultimi rilievi abitativi non ci sono frazioni, mentre secondo i parametri precedenti costituivano frazioni del comune S. Giacomo e Trinità (ISTAT 2001). Si consideravano nuclei insediativi anche in presenza di un solo abitante i “tetti”, sparsi sul comprensorio alpino entro gli 800 e i 1100 msl: Tetti Colletta Sottana (1037 msl), Tetti Garretti (1042 msl), Tetti Miclot (814 msl), Tetti Patrunet (818 msl), Tetti Perulet (835 msl), Tetti Prer (1140 msl), Tetti Rim (807msl), Tetti Violino (1043 msl), Tetto Dietro Colletto (1074 msl), Tetto Traversa (1069 msl). Così come costituivano porzioni di rilievo insediativo stagionale del territorio di Entracque i laghi disseminati sull’alta valle, benché non costituiscano degli effettivi luoghi di residenza: Lago Bianco (2297 msl), Lago Bovina (1535 msl), Lago Bracan (2000 msl), Lago Carbone (2560 msl), Lago Chiotas (1960 msl), Lago del Vei Del Bove (2054 msl) Lago della Roccia (2440 msl) Lago Piastra (925 msl), Maledia (1083 msl): questi dati [CSI 1991, Piemonte] sono stati ripresi in quanto indizi significativi della conformazione insediativa del territorio alpino del comune. Vedi mappa.
Attualmente Entracque e il suo comprensorio alpino costituiscono parte integrante del Parco naturale delle Alpi Marittime. Il nuovo ente parco è stato creato nel 1995, in seguito alla fusione del Parco naturale dell'Argentera (istituito nel 1980) con la Riserva del Bosco e dei Laghi di Palanfré (istituita nel 1979). Il territorio prevalentemente alpino del comune di Entracque entra così a far parte di un'unica grande area protetta che si estende su una superficie di 27.945 ettari, ripartita su tre valli (Gesso, Stura, Vermenagna) e quattro comuni (Aisone, Entracque, Valdieri, Vernante). Vedi mappa.
|
Toponimo storico | «Interaquium» è attestato nell’iscrizione romana che rammenta lo scioglimento di un voto di un centurione di “Cimela” (Cimiez, antico luogo romano sulle alture di Nizza), tra i 6 decurioni di “Pedona”, oggi Borgo S. Dalmazzo.
«Entraques» a. 1284 (AST, Corte, Scritture della Città e Provincia di Cuneo, mazzo 6 fasc. 1: Fedeltà prestata dalli Uomini d'Entraques a' favore del Marchese Tommaso di Saluzzo. 31 luglio 1284).
|
Diocesi | Le chiese di Entracque sono soggette al vescovo di Asti fino all’erezione della diocesi di Mondovì (a.1388, Bolla papale Clemente X). La dipendenza del vescovo di Asti si estende sull’intero priorato dell’abbazia di S. Dalmazzo, ossia sulla valle Gesso dal colle delle Finestre alla colla di Cornio (Tenda). La prima attestazione della chiesa di Entracque compare nel 1246 e testimonia di una concorrenza tra vescovo di Asti e abate di Borgo S. Dalmazzo nel controllo delle chiese, una concorrenza che si inasprisce nel corso del XIV con l’importanza acquisita dalla villanova di Cuneo, le cui chiese insieme a S. Dalmazzo risultano assoggettate al vescovo di Asti (Giacchi 1976, p. 420-421).
Con la costituzione del distretto diocesano di Cuneo del 1817, confluisce tra le chiese che passano sotto detta giurisdizione (Berra 1955, pp. 52-54).
|
Pieve | Il diploma imperiale del 1041, che attribuisce al vescovo di Asti il territorio del comitato di Bredulo specifica oltre alla «Plebs S. Mariae de Pedona», l’estensione del distretto sulla valle Gesso fino al colle delle Finestre entro i possedimenti dell’abazia di S. Dalmazzo: «cum canonica, abatiam Sancti Dalmatii cum valle Gexii, usque ad Fenestras, Rocha Corvaria et Rubulando et Alvergnando usque ad montem Cornium» (Il Libro verde della chiesa di Asti, p. 217, doc. 304). La prima attestazione di una ecclesiae nel luogo di Entracque risale invece alla bolla di papa Innocenzo IV (1246), in cui Sant'Antonino Martire viene annoverata come chiesa dipendente dall'Abazia di Borgo S. Dalmazzo (Riberi 1929, pp. 490-493). La dipendenza della chiesa di Entracque, insieme ad altre, all’abazia è indizio di concorrenza giurisdizionale in questo periodo con il vescovo di Asti. La giurisdizione dell’abazia di S. Dalmazzo, attestata dal X secolo e più espressamente nell’XI sulle valli Gesso e Vermenagna documenta l’affermazione di un centro di potere su un’area che gravita tra la diocesi di Nizza-Cimiez e quella di Torino prima della riorganizzazione longobarda (Tosco 1996, p. 36 e 59 e v. scheda Borgo S. Dalmazzo). La concorrenza giurisdizionale sulle pievi e sulle chiese tra l’abate e il vescovo di Asti si rinnova fino alla creazione della diocesi di Mondovì (1388, Giacchi 1976, p. 425).
|
Altre Presenze Ecclesiastiche | Nel quartiere del Paschero, sulle rovine del castello signorile, sorge la parrocchiale del luogo di Entracque, attestata nel 1246 sotto il titolo di S. Antonino Martire. Tra Cinque e Seicento per iniziativa privata o per devoluzione collettiva o ancora per legato testamentario sorgono diverse cappelle sul territorio: la confraternita di Santa Croce, la cappella della Madonna del Bealetto, la cappella di S. Rocco, la Cappella di S. Antonio da Padova, la Cappella della Visitazione di Maria Vergine al Cornaletto, la cappella di S. Giovanni Battista, la cappella di S. Lucia, la cappella della Trinità, ancora oggi esistenti; inoltre la confraternita della Misericordia, la cappella di S. Pietro in Vincoli, la cappella dello Spirito Santo, sono oggi abbandonate, in rovina o destinate ad altri usi.
La stessa chiesa di Sant'Antonino Martire, che ottenne il titolo di Parrocchia nel 1673 è il risultato di una fase di ampliamento e trasformazione tra XVI e XVII sec. In questo periodo infatti sorsero all’interno della chiesa gli altari dedicati alla Madonna del Rosario e dell'Immacolata. Inoltre venne realizzato l’affresco raffigurante una Madonna con Bambino fra Sant 'Antonio Abate e Sant'Anna, tutt’ora presente sul lato meridionale esterno. L’accesso principale assunse poi importanza con una scalinata costruita nel 1611 (oggi visibile nel rifacimento ottocentesco, Ristorto 1978).
Il Santuario di Nostra Signora delle Finestre appartenne ad Entracque fino all’ultimo riassetto della frontiera franco-italiana (1947). Un ospizio al colle, attribuito all'Ordine Militare dei Templari, fu rilevato dai cavalieri di Gerusalemme. Nel 1287 risulta però officiato dai canonici di Nizza (cappellano Don Giovanni D’Acqui). Assolse a lungo il compito di ricovero di viaggiatori e commercianti, che transitavano al colle delle Finestre, lungo la più antica via del sale. La presenza di un’altra chiesa-ospizio, dedicata a S. Martino, sembra attestare inoltre l’importanza di quest’asse di comunicazione medioevale. Sorta ai piedi del colle dell’Argentera in regione Grange, oggi è scomparsa.
<p class="rtejustify style=" margin-bottom:="" 0cm"="">Sulle fondazioni successive delle chiese-ospizi santuario come quella di S. Gicomo di Noceto (hospitalis Neyereti, fondato insieme alla Cappella di S. Giacomo, bolla papale 1246) si avanzano invece altre ipotesi. Così come per il santuario di S. Anna di Valdieri, sembra rilevante per queste fondazioni il concorso della comunità e del clero locali. S. Giacomo risulta infatti retto da un parroco-priore di Entracque, il quale doveva “tenervi un letto ed un uomo nell’estate onde soccorrere i passanti, provvedervi di fuoco e di elemosine e rendere più agevole il passaggio verso Francia”(Ristorto 1972, p.21). Inoltre le tensioni insorte tra la comunità e il parroco di S. Antonino, circa la proprietà dell’ospedale all’inizio del Seicento depongo a favore di questa ipotesi (AC Entracque, “Causa fra la comunità di Entracque e il Priore della parrocchia di S. Antonino circa la proprietà dell’Ospedale” [1608-1609]). S. Giacomo di Neyreto è stata officiata fino al 1882, quando entrambi gli edifici furono trasformati in caserma estiva dei Carabinieri a servizio della Casa Reale (Ristorto 1978, p.207).
|
Assetto Insediativo | I dati statistici contemporanei rivelano la frammentazione dell’assetto insediativo del comune montano in tetti e case sparse, oltre a edifici alpini di frequentazione stagionale adibiti alla caccia, alla pastorizia, alla devozione, all’uso militare e oggi turistico. Nella relazione dell’Intendente di metà Settecento si esprimeva già la scarsa rilevanza delle case per determinare l’effettivo numero degli abitanti di questo luogo, proprio perché costituito da pastori e margari; per lo stesso motivo il Brandizzo riteneva irrilevante la consegna del sale, in cui si registravano 2000 abitanti. La stima più attendibile secondo Brandizzo sarebbe stata infatti di almeno 5000 abitanti, sulla base dei 700 capi casa che sedevano nel Parlamento della comunità (BRT, Storia e Patria n.855, 1753, 322v.). I dati della popolazione tra Cinque e Settecento sono stati oggetto di uno studio approfondito, che incrocia i dati dei registri parrocchiali e quelli dei rilievi fiscali della comunità e adotta i criteri di valutazione statistica messi a punto dall’odierna storiografia (Arneodo, Deidda, Volpe 1997, nota 69 e p. 142-143). Risulta così un costante incremento demografico, che culmina alla metà del Seicento con la stima di 5167 abitanti, mentre l’inflessione è contenuta nell’oscillazione delle 4500-3500 unità, che si attestano nell’ultimo rilievo dell’anno 1729 a 3788 abitanti. Ciò indica un effettivo sviluppo del centro alpino e in particolare una ripresa delle forme abitative di montagna nel corso del Settecento, che si può collegare al rinnovamento dell’attività pastorizia.
Possiamo dunque considerare che il dato demografico adotta parametri di rilievo residenziali che non si confanno alle consuetudini abitative stagionali e periodiche adottate dalla gente di montagna. Come meglio rilevato dagli studi sui flussi migratori si delinea come caratteristica principale delle comunità alpine incentrate sulla pastorizia, per Entracque dimostrato nel senso della “diaspora” verso la piana piemontese (Guida 1997, p.146). In questo senso anche il quantitativo di bestiame è un parametro che sfugge al computo fiscale, e i coeficenti di calcolo per valutare la presenza del bestiame sul territorio di pascolo comunale si approssimano per difetto. Come attestano le suppliche, che si susseguono a più riprese nel corso del XVII secolo, gli entracquesi si lamentano presso il governo per l’aumento del carico della levata del sale, mentre per tutelare il computo dei carichi pascolativi s’istituisce l’obbligo alla “numerazione” del bestiame, ribadito anche nei bandi campestri (AC Entracque, “Bandi campestri della Comunità di Entracque sulle fini di Valdieri”[1697; 1709; 1713] capo 21).
E’ chiaro che il problema evidenziato di quantificare il numero di abitanti della montagna è determinato dagli usi abitativi, a sua volta strettamente correlati alle pratiche migratorie delle comunità alpine. Questo si ripercuote allo stesso tempo sullo sviluppo insediativo di Entracque, caratterizzato da abitazioni stagionali, i “tetti”. Risulta così che in età moderna l’organizzazione dell’abitato fosse in terzieri, ossia «Pasquer, Quiapere (Chiapere) e Aoutarì (Oltrerivo)» (ACE, Ordinati 1667-1698: 1667), mentre sono scarsamente rappresentati gli insediamenti minori decentrati sia nelle fonti fiscali comunali che in quelle parrocchiali (Arneodo, Deidda, Volpe 1997, p. 107). I “tetti”, disseminati tra i 900 e i 1200 msm lungo le strade percorse dalla transumanza inversa, attestano della pratica abitativa dei mesi intermedi alla salita agli alpeggi, ossia dall’inverno fino alla primavera, dove l’attività pastorizia si integra a coltivazioni temporanea cerealicole e foraggere delle valli. Lo sfruttamento intensivo dell’erba di autunno da parte del comune che istituisce nuove bandite e in particolare la pratica dell’appalto, ossia della vendita al miglior offerente a partire dal 1612, porta a ipotizzare uno spopolamento degli insediamenti ai 900-1000mt, in cui si lascia il posto al bestiame; mentre si torna ad abitare in paese, dove appunto si registra un incremento demografico, nonostante a partire dal 1624 si susseguono attestazioni del movimento del bestiame entracquese verso i pascoli piemontesi più convenienti (Griseri 1997, p. 55-57). Una centralizzazione della residenza nel corso del Seicento sembra prendere avvio da una riforma della confraria (ACEntracque, Ordinati [17 dicembre 1605]), che all’assistenza dei viandanti associa una più spiccata vocazione di ospizio sanitario per i malati e bisognosi del borgo. Inoltre l’istituzione di una bandita inverneca (ACEntracque, Ordinati [25 giugno 1592]), in cui vengono raccolte le capre del villaggio tra novembre e maggio contribuisce a leggere la riforma commerciale dei pascoli di autunno come la risposta a un’aumentata domanda locale di erba autunnale.
Lo sviluppo ottocentesco del centro si attesta infine nelle due borgate di Paschero e Oltre Rivo, tanto che nella prima viene costruito il nuovo Palazzo comunale (1830), ad opera dell’architetto Rosso di Andonno. In questo senso ci sembra stabilizzarsi la situazione demografica ai dati del Settecento, se nell’Ottocento Casalis annotava una popolazione di 3230 abitanti (Casalis 1834, vol. VI, p. 349).
I rilievi storico-architettonici condotti sul centro abitato indicano però come costruzioni più antiche le case situate in località “Ciastlas", alle spalle dell'attuale chiesa Parrocchiale. Mentre i borghi "Pascher", luogo dove si radunavano i capi di bestiame affidati al vaccaro o al pastore comune per il pascolo, e "Chiapera", toponimo che fa riferimento all’aspetto sassoso del terreno, si sarebbero aggiunti nel corso del Medio Evo. Secondo una tradizione locale invece il borgo "Autarì" (Oltrerivo) sarebbe stato il primo centro abitato. Lo sviluppo della borgata di Oltrerivo sarebbe altrimenti legato alla devozione locale, una devozione che ha radici profonde nella penetrazione benedettina, che alla predicazione di S. Dalmazzo collega la costruzione delle chiese locali. In termini residenziali però la borgata ha il suo incremento solo nel XIX secolo.
Per effetto della frontiera franco sarda del 1860 tutto il vallone delle Fénètre con il santuario e le case sparse, ossia gli abitati di qualche centinaio di persone, legati a Saint Martin Vésubié e a Bélvèdere, passano sotto giurisdizione italiana e vengono accorpati a favore del territorio di Entracque (De Michelis 2002, p.107). Ciò ha prodotto notevoli difficoltà nella gestione del territorio, come attesta lo scioglimento del consiglio comunale di Saint Martin Vésubie (1919, Otho 2007, p. 22), che si trovava con l’economia bloccata dai nuovi dazi della frontiera e dal decurtamento dell’alta valle. Non sembra però che si siano effettuati cambiamenti significativi per ciò che concerne l’assetto abitativo dell’alta valle, né migrazioni da parte degli abitanti restati fino al 1947 sul territorio piemontese.
|
Luoghi Scomparsi | Non si sono rilevate attestazioni.
|
Comunità, origine, funzionamento | In assenza di studi e altri riscontri documentari, non è stato possibile stabilire se Entracque, alla data del riconoscimento dei diritti feudali sul luogo (inizi del XIV secolo), sia già costituita in Comune autonomo con una sua propria amministrazione, benché il novero nell’elenco dei “luoghi” della valle Gesso lo lascia supporre. Così il giuramento di fedeltà al marchese di Saluzzo fa esplicito riferimento agli uomini di Entracque (1282). Di ius proprium comunitario in valle Gesso ci parla l’analisi della ricognizione dei diritti dell’abazia di Borgo S. Dalmazzo del 1262. Emergono però in quel contesto come meglio definite le comunità di Valdieri e Andonno (Marro 1992, p.13 e ss.). Mentre Entracque dal punto di vista giuridico-formale dichiara di seguire gli statuti di Cuneo nella convenzione stipulata con il Marchese nel 1620 (AC Entracque, Documenti antichi, Copia di convenzione tra il marchese Carlo Solaro di Moretta e la comunità di Entracque del 20 luglio 1620 [12 dicembre 1631, rog. Tibaldi], Griseri 1997, p. 68).
<p class="rtejustify style=" margin-bottom:="" 0cm"="">L’attività del consiglio comunale di Entracque è meglio documentata a partire da metà Cinquecento negli Ordinati. La composizione del consiglio è espressione dei terzieri. Rinnovato nei suoi membri almeno per un terzo ogni due anni, nel 1613 rivela un’inflessione nell’importanza delle Chiapere, che è chiamato a fornire un solo consigliere rispetto ai tre membri provenienti dagli altri terzieri. Meno documentata è la partecipazione di Entracque al Consiglio di Valle, a cui si presenzia nel 1609 e nel 1611, forse per una conflittualità diffusa con le comunità confinanti (Griseri 1997, p. 61-62 e nota 104). Se qui pare che lo spazio politico di un’organizzazione di valle sia in declino nel corso del Seicento, le cause fiscali affrontate in questo periodo da Entracque rivendicavano proprio un distretto fiscale delle valli di Cuneo, rispetto alla contribuzione ducale a cui sono tenuti i singoli luoghi (vedi qui : mutamenti di distrettuazione). A questo proposito, nella seconda metà Seicento il marchese di Entracque si premura di denunciare lo stato di privilegio in cui versa la comunità del luogo rispetto ai diritti feudali. Il marchese evidenzia la condizione anomala del distretto fiscale costruitosi tra luoghi e valli, che evidentemente penalizzava non solo l’accentramento fiscale dei carichi ducali nella città di Cuneo, ma anche la giurisdizione signorile (AC Entracque, Per l’eccellentissimo Marchese Tana di Entracque contro la comunità circa i privilegi ad esso spettanti. [1676]). La condizione di esenzione fiscale di cui godevano i cittadini di Entracque aveva colpito anche l’inchiesta condotta dal Casalis, che dichiarava che, grazie alla proprietà di ingenti selve e boschi, i proventi del taglio dei faggi erano serviti al comune per pagare i tributi regi “a sollievo dei suoi amministrati, i quali non vanno mai soggetti a sborsare danari per imposte locali”(Casalis VI, p. 449).
Sembra dunque evidente che il comune non si sia costituito nella forma pattizia della dotazione di competenze e norme di regolamentazione, tipico dei rapporti con i signori del territorio. In questo senso la dipendenza feudale dall’abbazia di S. Dalmazzo potrebbe spiegare meglio la conformazione del luogo, che nel 1586 risulta organizzato in due confrarie. Tale organizzazione è improntata alla solidarietà e assistenza ospitaliera, come attestano la presenza dell’ospedale al colle delle Finestre, di un ospedale con possedimenti ai piedi della “Montagna del Neiretto” e di un altro ospedale, detto della “Carità”, rilevato a partire dalla visita vescovile del 1633 (ACVM, Visita Ripa, 21 agosto 1633). A questo proposito Comino sottolinea nel caso di Entracque un intreccio difficilmente così ben documentato tra “risorse del villaggio, forme della solidarietà e scelte politiche” (Comino 1997, p.89).
La comparsa di un’organizzazione statutaria invece sembra legata piuttosto alla fondazione di Cuneo, e in particolare sotto l’egida dei legami politico-militari con i signori di Saluzzo e meglio definita nell’ambito del governo provenzale. Gli stessi statuti di Cuneo, pervenuti in edizione trecentesca, risultano infatti influenzati dall’età angioina e vincolati all’effettivo riconoscimento della città stessa (1231-1234, Camilla 1970).
La comunità di Entracque risulta altrimenti vivace e ricca nell’espressione della confraria e di associazioni laico-devozionali. A questo proposito lo studio di Comino sottolinea l’unicum rappresentato dalla confraria dello Spirito Santo di Entracque, in particolare per la pratica di sdoppiare il rito della distribuzione del cibo nelle festività di pasqua e della pentecoste, per la gestione di uno e poi due ospedali e per il rendiconto delle attività, reso ai consiglieri comunali e tenuto direttamente entro l’amministrazione del comune (Comino 1997, p. 80).
Non siamo in grado di documentare in che modo la pur breve dominazione angioina abbia inciso sull’organizzazione della comunità anche se l’holdua, ossia la presenza di una seconda confraria legata linguisticamente alle valli della Vésubie e della Tinée (Comino 1997, p. 86 e note 22 e 23), ampiamente documentata per il XVI secolo, attesta quantomeno di relazioni consolidate con una “frontiera provenzale” che insiste sui domini nizzardi. La consistenza dei beni patrimoniali in prati, ma soprattutto la pratica di dotare le confrarie di Entracque di capi di bestiame, ossia di un vero e proprio gregge comunitario, si conforma al carattere pastorale della comunità, meglio studiato nelle relazioni medievali con la Provenza e ora anche nelle più moderne relazioni con il Piemonte (Genta 1997, p. 153 e segg).
Seguendo l’analisi di Comino, il riassorbimento delle due confratrie in un’unica congregazione di Carità, che gestisce anche l’ospedale omonimo (relazione vescovile Mons. Isnardi 1718), mostra agli albori del Settecento la piena assunzione comunale del carico del bilancio caritativo e l’alienazione della solidarietà della confaria nelle rendite e nei profitti di singoli e gruppi che si stringono nell’identità locale. Si tratta di una esigenza sentita questa a fronte delle pressioni del fisco ducale, ma anche per la delimitazione dell’uso delle risorse che, a seguito del sistema di appalto dei beni comuni, erano utilizzate sotto varie forme da una gran quantità di gente e di bestiame. In questo contesto abbiamo rintracciato anche una stesura dei bandi campestri che tutelano i boschi comunali dal pascolo (1682), insieme all’adozione di una nuova regolamentazione del pascolo vicinale con il comune di Valdieri (1697-1713).
In sostanza, la documentazione reperibile rispetto alle associazioni laico-devozionali di Entracque consente di proporre una genesi del corpo comunitario entracquese, che di fronte alla controriforma traduce l’articolazione della devozione locale in 5 confraternite. Tra Cinque e Seicento assistiamo quindi all’aumento delle confraternite, che raddoppiano la loro presenza nella chiesa parrocchiale. Alla compagnia dei disciplinanti che adotterà poi il nome della Compagnia della Misericordia, si rilevano altre 4 compagnie presenti nella chiesa parrocchiale del luogo.
Inoltre possiamo sottolineare che la comunità moderna investa molto nella funzione ospitaliera, tanto da condividere nella proprietà un ospedale con il comune limitrofo di Andonno (AC Entracque, “Causa tra i comuni di Entracque e Andonno per mancato pagamento da parte dell’ospedale di Entracque delle taglie spettanti al comune di Andonno per proprietà dell’Ospedale” [1620-1623]). L’impostazione ospitaliera e assistenziale si rinnova nella comunità moderna nel consolidamento del ruolo di controllo della viabilità, che consiste nella manutenzione delle strade e dei ponti.
Tale ruolo si sviluppa sotto il dominio sabaudo, che investe in particolare nel potenziamento dei collegamenti con la città di Nizza. Un’istruzione ducale ricorda infatti l’impegno del bilancio comunale di Entracque per il finanziamento dell’asse viario e della strada ducale a incremento dei traffici con la città di Nizza (1681, AST, Corte, Città e contado di Nizza, Porto di Villafranca, mazzo 1). Tra Sette e Ottocento invece l’assetto viario controllato dalla comunità sembra in flessione. Tra la relazione dell’Intendente Brandizzo, che registra 17 ponti di cui 9 in muratura (1753, BRT, Storia patria n. 855, 253v.), e l’inchiesta del Casalis (1834), possiamo segnalare una diminuzione dei ponti sul territorio. La comunità ripristina per l’attraversamento dei numerosi corsi d’acqua 15 ponti, di cui “6 in cotto e 9 in legno” (Casalis 1834, vol. VI, p. 350). Risulterebbero quindi dismessi non i ponti in legno, bensì 3 ponti in muratura, in questo senso compromesso il passaggio dei carri, ossia il transito del traffico pesante.
|
Statuti | Comba porta l’attenzione al tentativo di costituire un libro dei privilegi, rimasto incompiuto:
Libro dei privilegi delle terre delle valli di Gezzo e Vermenagna con transazione tra la comunità di Entracque e quella di Valdiero delli 10 dicembre 1534.[1517-1534]. Si tratterebbe di un fascicoletto che consta di due atti, trascritti dalle copie pergamenacee, segnalate come presenti in archivio, e ugualmente trascritti anche nel volume Sommario et allegazioni delle valli di Gezio et Vermenagna contra la città di Cuneo, 1624 per il pagamento del tasso (A.C.E., cat. V cl. 3, n. 1; Comba 1998, p. 29 nota 11: A.C.E., Documenti antichi, Pergamene n. 1/25 (16 maggio 1481) e n. 1/26 (10 dicembre 1534). Gli atti, rinvenuti altrimenti in un’altra causa di natura fiscale, discussa nel 1556 (“Atti di lite tra il clavario di Cuneo Domenico Beltriti per i diritti fiscali e il gabellatore nobile Bartolomeo Ghisulfi da una parte e dall’altra Francesco Caglia e i particolari di Entracque circa l’estrazione di Bestie dal comune di Entracque”, 1549-1556, volume rilegato in pergamena, ff. 58-59) trattano dei confini e diritti di pascolo non meglio specificati in termini topografici, ma ascritti ai diritti delle singole comunità elencate: Inoltre, nella seconda metà del Cinquecento era stata mossa una opposizione al distretto fiscale cuneese, che avrebbe potuto pensare di raccogliere proprio a questo fine gli atti del cosiddetto “privilegio” (A.C.E., Lite della comunità di Entracque contro la città di Cuneo in fatto di gabella, 1569-1575). Nel 1624 si include infatti nel corpus documentario anche la sentenza favorevole del 1575, che inibiva gli esattori cuneesi ad aumentare le loro pretese contributive sul luogo. A questo punto sembra definitivamente abbandonata la via del “privilegio”, e dunque dell’edizione delle raccolte di scritture antiche, per intraprendere piuttosto una più proficua strada giudiziale, ossia dell’affermazione di un diritto di comunità presso i tribunali (cfr. qui, le considerazioni sulle mutazioni distrettuali di Entracque).
Il regolamento comunale consta di bandi campestri incentrati sulla gestione dei boschi. Le norme riguardano il taglio, il transito e il pascolo dei bestiami nei boschi: A.C.E., 1682, 24 gennaio Bandi campestri e bandi dei boschi sulle fini della comunità. Si segnalano inoltre la presenza dei bandi dei boschi di Valdieri e su quei territori vicinali, su cui evidentemente avevano pari accesso gli abitanti di Entracque, che dovevano sottostare a tali regolamenti: - 1713, Capitoli de bandi campestri per il consiglio ordinario della comunità del presente luogo di Valdieri formati nell’ordinato delli nove luglio 1697. Aumentati li 21 gennaio 1709 e confirmati li 7 agosto 1713. - 1774, Bandi campesti formati dell’ordine del conte Giacomo Federico Valfreddo conte di Valdieri et signore del castel Rajnero da osservarsi nel feudo territorio e contado di Valdieri. Infine, nella prima metà dell’Ottocento, altri regolamenti relativi al pascolo delle capre nei boschi comunali sono sottoposti ad approvazione e consegnati in copia a Torino per ottenere l’esazione della tassa del bestiame (A.S.T., Corte, Paesi A per B, Entracque, Mazzo 1 fasc. 15: Pascolo delle Capre nei boschi comunali di Entraque. 11 giugno 1834 ; fasc. 16: Esenzione dalla tassa per il pascolo delle Capre in Entraque, 20 agosto 1834; fasc. 17: Pascolo delle Capre nei boschi comunali di Entraque, 15 maggio 1839). |
Catasti | Il territorio al registro fondiario del comune risulta organizzato nei tre quartieri residenziali, come meglio si evince dalla struttura delle dichiarazioni catastali:
A.C.E., Brogliazzo del Paschero; Oltrerivo e Chiappera, 1645, 3 voll.
Catasto antico Entracque 1677, 3 voll.
Stato generale delle mutazioni di proprietà, in verbali 1832-1849; 1849-1863; 1863-1878; 1859-1894. Attivazione nuovo catasto 1895.
|
Ordinati | Rilegati in volumi e raggruppati in anni di attività consigliare.
1578-1610; 1624-1666; 1667-1689; 1692-1701; 1705-1726; 1726-1745 (sottoposti a insinuazione); 1755-1768 (sottoposti a insinuazione); 1732-1811.
|
Dipendenze nel Medioevo | La valle Gesso e il colle delle Finestre sono un territorio di penetrazione benedettina, su cui si consolida il dominio dell’abbazia di S. Dalmazzo. Detto monastero si conferma una signoria territoriale, inclusa nella circoscrizione del vescovo di Asti (1153, Bordone ). Nel 1181 risulta che il marchese di Saluzzo ha parte della giurisdizione sugli uomini di Borgo S. Dalmazzo, per la quale riscuote il fodro, a cui sono tenuti per 1/3 a contribuire anche gli uomini della valle Gesso (Camilla 1970).
Il 10 gennaio 1372 Entracque e la Valle Gesso vengono infeudati da Amedeo VI di Savoia ai marchesi di Ceva (AST, Corte, Scritture della Città di Cuneo, Borgo S. Dalmazzo, mazzo 2 fasc. 3 : Promessa di Carlo de' Marchesi di Ceva, di retrovendere al Conte Amedeo di Savoja, o suoi Eredi il Luogo di Borgo S. Dalmazzo, Robilant, Roccaviglione, Vaudieri, Andono, Roaschia, et Entraques mediante la Restituzione delli fiorini 1500. d'oro per esso Marchese pagati per l'Infeudazione de' Sudetti Luoghi delli 10 gennaio 1373).
La signoria cebana dura fino al 1424, quando Entracque passa assieme a tutta la valle Gesso sotto il controllo diretto dei Savoia. Nel 1424, con 101 "fuochi" (famiglie) e 500 abitanti, Entracque è il paese più densamente popolato della “castellania di Borgo”, superato soltanto nel 1443 da Borgo stesso. In questo periodo viene riorganizzata la giurisdizione di Cuneo sulle valli (1463). Iniziano così controversie distrettuali che impegnarono Entracque e i vicini Comuni di Valdieri, Andonno, Roccavione e Borgo San Dalmazzo nella difesa dei diritti acquisiti (Ristorto 1978). A questo proposito l’archivio comunale di Entracque documenta con dei volumi cinque-seicenteschi di lite, le rivendicazioni militari, territoriali, politiche e amministrative, che hanno come controparte la città di Cuneo e i funzionari dell’amministrazione sabauda in loco.
|
Feudo | I marchesi di Ceva nel 1372 prestano atto di vassallaggio al conte Amedeo di Savoia per il luogo di Entracque, insieme ai luoghi di Andonno, Robilante, Borgo S. Dalmazzo, Roccavione e Valdieri (AST, Corte, Provincia di Cuneo, mazzo 2, fasc. 3: Promessa di retrovendere mediante la restituzione di fiorini 1500 d’oro per esso Marchese pagati per l’infeodazione de’ suddetti luoghi [10 gennaio 1373]). Fino al 1392 i marchesi di Ceva restano investiti del titolo feudale sul luogo (AST, Corte, Provincia di Cuneo, mazzo 2, fasc. 4: Investitura concessa da Bona di Bourbon Contessa di Savoia, tutrice del Conte Amedeo di Savoia a favore di Giorgio e Carlo de’ Marchesi di Ceva del luogo di Borgo San Dalmazzo et altri al medesimo adiacenti [28 ottobre 1392]) e ancora nel 1406 prestano atto di vassallaggio e giuramento di fedeltà ai Savoia per detti loro feudi (Beltrutti 1954, p. 132), che vengono quindi divisi nei due rami dei Ceva (AST, Corte, Città di Mondovì, mazzo 11: Divisione tra Garcilasco, ed Oddone fratelli Marchesi di Ceva fu Giorgio, per forma della quale sono caduti in parte al domino Garcilasco i castelli, e luoghi d'Ormea, Torricella, porzioni di Priola, Roasio, e Monasterolo, ed al sudetto Oddone quelli del Borgo di S. Dalmazzo con Roccaviglione, Robilant, Roaschia, Andono, Valdieri, ed Entraque dal medesimo dipendenti, Torre, e Pamparato, con obbligo a questo di soddisfar le ivi espresse somme a F. Leonello Cavaliere Gerosolimitano loro fratello, lasciando ancor in comunione le ragioni sopra Boves, Bastia, e Castelbianco, con vicendevol esenzione di tutti i sudditi da ogni pedaggio, e gabella in qualunque de' predetti luoghi. 8 marzo 1407 [1407]).
Tra il 1614 e il 1796 il casato dei Tana, originario di Chieri, ebbe Limone in feudo comitale insieme ad Entracque (Manno 1896, vol. IX, p. 139); poi acquisì parte del marchesato di Entracque, insieme ai diritti su Valdieri. A seguito della prima guerra del Monferrato, Entracque, insieme a un centinaio di altri comuni piemontesi, viene eretto in Marchesato (AC Entracque, Documenti antichi [1619-31]), sia per rinforzare i confini del Ducato sia per rimpinguare le casse ducali delle spese militari (Rosso 1994, p.215-216). Questo comportò, come stabilisce la convenzione con il marchese Solaro di Moretta del 1620, la conferma delle “antiche concessioni e privilegi” e l’esplicita rinuncia a riscuotere sul luogo qualsiasi onere, accordandosi per la nomina di “ufficiali di giustizia non del luogo”. L’istituzione del marchesato procede a favore del marchese Carlo Solaro di Moretta, che nel 1628 ne faceva donazione al conte Arduino di Valperga Rivara. Rivalità ereditarie in seno alla famiglia Valperga portano a una disputa sulla titolarità del marchesato (Griseri 1997, p.68-69), che infine passa interamente ai conti Tana (1631).
|
Mutamenti di distrettuazione | La costruzione di un Vicariato di Cuneo nel corso del Quattrocento, istituito dal duca Ludovico di Savoia (1463) rimette in discussione i rapporti giurisdizionali con le valli Gesso e Vermenagna [AST, Corte, Scritture della Città e Provincia di Cuneo, mazzo 1, fasc. 19 e altra copia fasc. 32.5: Patenti del Duca Ludovico di Savoja di reunione al Vicariato di Cuneo de' Luoghi del Borgo S. Dalmazzo, Andono, Valdieri, Entraques, Roaschia, Roccaviglione, Roburent, Valli di Gez, e Vermenagna stati infeudati, a favore di Giano suo figliuolo delli 28 settembre 1463, 28 settembre 1463].
A seguito poi dell’istituzione delle sette province sabaude (1560), il ruolo di Cuneo in rapporto a Entracque e alla valle Gesso va accentrando le sue funzioni amministrative. Ciò innesca controversie fiscali tra il comune e la città, incentrate in particolare sul metodo di ripartizione del tasso. Questa imposta governativa, a base fondiaria, era calcolata sia sulla fertilità della terra, sia sulla popolosità e ricchezza del comune intero, e si prestava pertanto a frequenti suppliche e ricorsi per la riduzione della quota del riparto (Lombardi 1989, p. 89-90 e nota 37). Le principali rendite territoriali del Ducato, ossia il tasso e il “fogaggio”, innescano così tra Cinque e Seicento delle liti fiscali tra i funzionari della città di Cuneo e i comuni, che rivendicano di fatto ai singoli luoghi un’autonomia nel computo e nella ripartizione di dette tasse governative. Nel caso di Entracque si istruiva una causa nel 1624 ai danni dell’esattore di Cuneo, in cui veniva ribadita una distrettuazione fiscale e dunque un computo “privilegiato” ai luoghi delle valli Gesso e Vermenagna. In questo senso si è voluta consacrare nella raccolta di un “libro dei privilegi” (Comba 1997, p. 29). Il fatto che il libro sia solo abbozzato, mai stampato, e consti esclusivamente della trascrizione delle due pergamene del 1481 e del 1534, a fronte di pagine bianche allegate, ha fatto ipotizzare la sua incompiutezza. A questo proposito vorremmo sottolineare che i due atti selezionati sono quelli in cui la comunità è protagonista della procedura contrattuale, a fronte dei riconoscimenti ducali ottenuti in quegli stessi anni, che conosciamo attraverso la procedura giudiziaria e poi negli anni successivi. Il volume della lite del 1624 presenta infatti una concessione ducale risalente al 1484, riconfermata poi nel 1575 (AC Entracque, C.V cl.III, “Dispute ricorsi ingiunzioni, decreti, cotizzazioni dal 1624 al 1832”). A metà Seicento inoltre Entracque ottiene una nuova conferma con il Decreto della Camera dei Conti di SAR (ACEntracque, C.V cl.III, cit. [9 luglio 1647]), che stabilisce quelle stesse modalità di uso distrettuale della ripartizione per il concorso del tasso delle terre delle valli Gesso e Vermenagna, rispetto alle richieste della città di Cuneo. Ciò lascia pensare che il comune abbia abbandonato la via del riconoscimento dei privilegi per una proficua legittimazione giuridica di un diritto. Sembra quindi che la pratica del riparto fiscale imponga un uso distrettuale del computo fiscale delle tasse governative. Possiamo dire che attraverso la rivendicazione giuridica di un uso, la comunità di Entracque viene affermando una certa “tradizione” dei luoghi delle Valli Gesso e Vermenagna, ripresa in maniera decisiva nell’organizzazione tardo Ottocentesca dell’archivio comunale. Come dimostra il fascicolo in esame, sono stati riuniti in un unico dossier, i documenti successivi al volume della lite fiscale del 1624. Qui troviamo i ricorsi dal 1631 al 1832 per la riduzione del fogaggio, ma anche del cotizzo del sale e delle decime dovute alla mensa episcopale di Mondovì.
La determinazione del luogo di Entracque a ripristinare una distrettuazione fiscale “privilegiata”, o meglio per affermare il diritto a un riparto distrettuale delle tasse governative si manifesta nel corso del Seicento con il rifiuto al pagamento del fogaggio, nonostante fosse stata accolta dal consiglio di Stato di S.A.R. la richiesta di riduzione inoltrata dai capi casa di Entracque (ACEntracque, C.V cl.III, cit.: “Petizione dei capi famiglia del comune per una riduzione della tassa di fogaggio. Relazioni di inchieste e risposta affermativa del consiglio di S.A.R.”, [1631-1635]). Tra il 18 e il 23 novembre 1637, l’intendente di Cuneo non riesce ancora a riscuotere il dovuto (ACEntracque, cit. : “atti dell’intendente Guglielmo di Cuneo delegato di Madama reale contro la comunità di Entracque per mancato pagamento della tassa di fogaggio”). Dunque è nel 1647, con il riconoscimento ufficiale del decreto della camera dei Conti di SAR, che viene ribadito il computo del tasso e del fogaggio per le valli Gesso e Vermenagna.
I rapporti fiscali con Cuneo sono nuovamente in crisi tra 1724 e 1725 e questa volta il riparto del fuocaggio viene stabilito per singolo comune (ACEntracque, C.V cl.III, cit.: “Ricorso della città di Cuneo chiedente informazioni circa la modalità del pagamento dei ducati dovuti per tassa fuocaggio dalle terre da essa dipendenti. Decreto della Regia Camera dei Conti per il riparto del tasso fuocaggio fra i comuni di Andonno, Borgo, Robilante, Entracque, Roaschia, Roccavione, Valdieri” [7 ottobre 1724]). Nel 1759 infine viene ricostituita la moderna provincia di Cuneo (Lombardi 1983, p.96).
|
Mutamenti Territoriali | AST, Corte, Scritture della Città e Provincia di Cuneo, Aradolo, mazzo 2 fasc. 1: Informativa, e Parere delli Conte Nomis, e Proccur.e Gen.le Brea sul dicorso presentato dalli Particolari del Cantone d'Aradolo Provincia di Cuneo, ad'effetto d'ottenere una R.a Patente di smembrazione di detto Cantone dalli Luoghi di Borgo S. Dalmazzo, Roccavione, Valdieri, Audonno, ed Entraque e di erezione del med.mo in corpo di Comunità 10. Giug.o 1759. E sotto li 24. Ap.le 1761. si è da S.M. firmata la supplicata Regia Patente, 20 settembre 1759 [1761]. Probabilmente il nuovo assetto amministrativo dello Stato sabaudo, che aveva prodotto la costituzione della provincia di Cuneo (1759), genera a livello dei luoghi la richiesta di una autonomia amministrativa, come fa proprio Aradolo rispetto a un territorio indiviso in valle Gesso. Rispetto al comune di Entracque era già emersa una questione territoriale, per cui nel 1668 era stata richiesta la registrazione catastale (vedi qui: liti territoriali) della regione di Aradolo, indivisa nell’uso quindi tra i comuni di Borgo S. Dalmazzo, Roccavione, Valdieri e Andonno.
Entracque è segnalata come comune ricostituito per RD 1940/249, anche se non sono indicati i parametri demografici e territoriali. Invece a seguito del tratato di pace del 1947 passano alla Francia 6.052 ettari di superficie territoriale, su cui non è registrata popolazione residente (ICS 1950, p.33).
|
Comunanze | Attualmente iscritte nella categoria "A", beni inalienabili ad uso di bosco e pascolo prevalente, per un totale di 264000 mq [Cluc n.84, decreto commissario prefettizio 17 dicembre 1934]. Nel prospetto riassuntivo, privo di riferimenti topografici e di nominativi possiamo altrimenti distinguere l’assegnazione delle categorie di accettazione di uso civico su un totale complessivo di 480 parcelle catastali (“categoria A6”). Risultano complessivamente assegnati alla categoria A2 e A4 168000 mq e alla categoria A5 96000 mq., ossia destinati all’utilizzo dei frazionisti individuati.
Gli ordinati del comune studiati da Griseri (AC Entracque, Ordinamenti dal 1578 al 1610 [1579]) rivelano alcune indicazioni topografiche, preziose per localizzare gli alpeggi della comunità sui confini del territorio comunale: Agliera, Corbe, Corbette, Cross, Moncolombo, Folgare, Lavazze, Porchiera, Roija, Serentola, Valera del Grasso, valle delle Rovine, Valle degli Sterpiti. Il cosiddetto “limite di maggio” ci informa della ripartizione delle montagne comunali anche per la vendita degli erbaggi, che precede la salita all’alpe, fissata nel calendario dei nurrieri al 24 giugno. Un’ulteriore articolazione del pascolo sul territorio comunale di Entracque è individuata nel “bando dei boschi”, che riporta un altro elenco di località soggette a regolamentazione di pascolo:
Cochieta, Carbonero, Chiotti di Porchiera, Coletta, Costasalero, Moschiglione, Rascazzo, Valera di Garnero, Uglia (Griseri 1997, p. 40-43).
L’inchiesta ottocentesca del Casalis annoverava tra i beni comunali, oltre ai boschi di rovere e faggio, le cave “di calcaria bigia chiara, di grana fina, compatta e gesso”(Casalis VI p. 348).
|
Liti Territoriali | Nella seconda metà del Quattrocento la concessione in enfiteusi del territorio della Fracta determina un contenzioso con il comune di Valdieri che ne detiene il dominium. Il riconoscimento del possedimento della Fracta a Entracque è frutto di una sentenza arbitrale del 1534, corredata da una copia della rattifica delle parti dell’anno seguente [A.C.E., “Transazioni e cause per divergenze territoriali e fiscali. Rescritti di censi, atti di compravendita e transazione di diritti”, 1428-1792, fasc. 2].
10 dicembre 1534, Intracque enfiteusi in cadastri et ipseu registri Valdieri con copie atti successivi di ratifica 1535, risalente a un instrumentum 1473 in latino). La costituzione di una cartellina in archivio comunale che acclude gli atti dal 1428 al 1792, ci sembra collegare tale conflitto nella gestione amministrativa alle decime di S. Dalmazzo, che Entracque aveva acquisito nel 1428. Non conosciamo il risultato di questa acquisizione entro il riassetto giurisdizionale operato dalla Mensa vescovile di Mondovì, che assorbe gli antichi diritti dell’abbazia di Borgo S. Dalmazzo, a seguito della soppressione di quest’ultima (1438, Comino 1997, p. 79 nota 2). Ci sembrano però rilevanti a questo proposito gli interventi di normalizzazione che il vescovo Scarampi compie rispetto alla gestione dei beni terrieri e animali della confraria dello Spirito Santo. L’obbligo di consegnare i rendiconti al parroco manifesta quantomeno la tensione tra le parti e le difficoltà d’imporre il distretto episcopale sugli ex-possedimenti dell’abbazia in valle Gesso. Le confrarie si sottomettono nel 1587, non senza opposizioni, alla volontà diocesana (Comino 1997, p. 80). Mancano quindi allo stato attuale degli studi ricerche sui passaggi censuari e giuridici che inquadrino i diritti acquisiti da Entracque rispetto al dominium di Valdieri, identificato nel toponimo della Fracta e in qualche modo certificato come “località del territorio comunale” dalla dichiarazione catastale del 1534. Mi sembra però significativo un approfondimento in tal senso, che deve necessariamente tenere conto dell’aspetto nominativo dei censi, così come di quello topografico dei beni della confraria. A maggior ragione, considerato il rilievo dei rapporti creditizi instaurati tra le comunità di Entracque e Valdieri, che conducono a formalizzare una lite nel 1624 (AC Entracque, Lite fra la comunità di Entracque e la comunità di Valdieri per crediti. [1624]).
Nel corso del XVI secolo si sviluppa invece una questione propriamente territoriale legata alla zona di Aradolo e al transito e manutenzione dei ponti di comunicazione della valle Gesso. Troviamo così: - A.C.R., Atti di lite, fasc. 63: Atti di lite tra Roccavione e le Comunità di Entraque, Valdieri, Borgo S. Dalmazzo per terreni e il ponte di Aradolo [1560-1561]; - A.S.T., Camera dei Conti, art. 500, mazzo C in L 1 e 2: Entraque contro la comunità di Cuneo, Robilante e Borgo S. Dalmazzo [1673]; per la regione di Aradolo indivisa con Borgo S. Dalmazzo, Roccavione, Valdiero, Andonno. G.te 225 di beni catastali nel suo territorio [1668]; - A.C.E., Vertenza fra la comunità di Entracque e la comunità di Valdieri circa la costruzione di un ponte sul Gesso [1656-1660]. |
A.C.R. (Archivio Storico de Comune di Roccavione. B.R.T. (Biblioteca Reale di Torino).
<p class="rtejustify style=" margin-bottom:="" 0cm"="">C.U.C. (Commissariato per la Liquidazione degli Usi Civici, Torino.). | |
Bibliografia | Barelli H., La frontière dans l’opinion publique niçoise, ivi, pp. 25-39 Adami V., Storia documentata dei confini del regno d’Italia, Vol. I, Confine italo-francese, Roma, Stabilimento poligrafico per l’Amministrazione della Guerra, 1919, pp. 456 con carte e piani Bordone R., Un tentativo di «pricipato ecclesiastico» tra Tanaro e Stura. Le trasformazioni bassomedievali del comitato di Bredulo, in Le strutture del territorio fra Piemonte e Liguria dal X al XVIII secolo, a cura di A. Crosetti, Cuneo 1992, pp. 121-140. Bottin M., Les Alpes Marittimes selon Pierre Gioffredo (1629-1692). Eléments pour une histoire transfrontalière de la région niçoise, in «Histoires des alpes- Storia delle alpi-Geschichte der alpen», 2001/6, pp. 55-70. Comba R., Commercio e vie di comunicazione del Piemonte sud-occidentale nel basso medioevo, in «BSBS», 74 (1976), pp. 77-144. Griseri M., La comunità di Entracque tra Cinque e Seicento (1578-1631), ivi pp. 33-78 Arneodo F., Deidda D., Volpe L., Attività pastorizia ed evoluzione degli equilibri socio-economici a Entracque (secoli XV-XVIII), ivi p. 107-143. Coulet N., Une entreprise: la transhumance en Provence au Moyen Age, in Greggi, mandrie e pastori nelle Alpi occidentali (secc. XII-XX), a cura di R. Comba, A. Dal Verme, I. Naso, p. 38-56. Gazzola F. P., Comino G., Indice cronologico degli <Jura venerabilis capituli Montisregalis> e <Iura civitatis Montisregalis>. Presentazione e note critiche, in «BSSAACn», n. 107(1992). Guglielmotti P., Comunità e territorio, Roma 2001. ICS, Variazioni territoriali e di nome delle circoscrizioni amministrative e delle zone agrarie, Roma 1950. Manno A., Bibliografia storica degli Stati della Monarchia di Savoia, Torino 1884-1896, voll.VIII. Lombardi G., I comuni della provincia di Cuneo nello stato sabaudo, problemi evolutivi delle autonomie locali, BSSSAACN, 89 (1983), pp. 73-97. Idem, Une activité traditionelle dans la pratique pastorale de l’époque moderne. Les « vaili » de Tende et La Brigue, «Provence Historique», t.XI/fasc. 206, 2001, pp. 467-492. Idem, Una fonte per lo studio del territorio. Il Commissariato agli Usi Civici, in « Quaderni storici », 2007/2, pp. 549-590. Otho A., Les litiges frontaliers franco-italiens de 1861 à 1940 en Tinée et haute Vésubie, pp. 20-45. Tosco C., S. Dalmazzo di Pedona. Un’abbazia nella formazione storica del territorio dalla fondazione paleocristiana ai restauri settecenteschi, Cuneo 1996. Idem, Entracque: la sua storia, Cuneo 1978. |
Descrizione Comune | Entracque L’assetto alpino del territorio di Entracque è sconvolto dagli interventi di negoziazione di una frontiera militare, che la diplomazia del 1860 ha contrattato sulla base di un discorso di “salvaguardia dei territori di caccia del Re Vittorio Emanuele”. Gli studi sulla costruzione della frontiera italo-francese mettono in luce una negoziazione avulsa dalla realtà comunale, che era piuttosto quella della gestione delle risorse e in particolare dei beni indivisi di bosco e pascolo, esistenti tra comunità limitrofe (Poorter 1991, p.96). Per quel che riguarda Entracque, la convenzione di delimitazione del 7 marzo 1861 sanciva un ampliamento dei confini comunali lungo il corso dei fiumi che dipartono dal monte Gélas e dal monte Agnel. L’applicazione della corografia alla costruzione del confine sulle Alpi Marittime in quel periodo faceva ricorso sia alla vetta delle alpi che ai corsi d’acqua, benché in questo caso sia stata adattata anche ad altre esigenze, riconducibili a un vago “circondario di Nizza”, che è ritenuto estraneo alla storia delle istituzioni (Barelli 1991, p.26). Risulta infatti per Entracque l’acquisizione di un vasto territorio al di là del Monte Argentera (3297 m.s.l.), di gran lunga la cima più alta del fronte alpino, per estendersi lungo il corso della Vésubie, sui valloni di Salèse, Boréon e di Fenestres; sulla porzione settentrionale del vallone della Gordelasque fino alla cima del Diavolo, ben al di là del contrafforte alpino. Ciò costituì per Entracque un ampliamento notevole del territorio comunale, ai danni dei comuni di S. Martin Vésubie e di Belvédére, decurtati rispettivamente del 75% e di circa il 30% del loro territorio, con evidenti ripercussioni nella vita amministrativa e nella gestione delle risorse (Otho 2007, p.23 e 40). Il nuovo territorio comunale di Entracque si prospetta in effetti anomalo alla conduzione dell’area montana di acquisizione. In primo luogo perché Entracque non conosce questioni confinarie formali a causa della nuova frontiera del Regno d’Italia. Ciò a differenza di altri comuni interessati da detta frontiera politico-militare, come ad esempio Valdieri e Valdebonne, che nella seconda metà dell’Ottocento sono protagonisti di una contestazione sui diritti di caccia, in conflitto con gli usi indivisi dei territori annessi alla giurisdizione italiana (Barelli 1992, p. 29). La presenza di agglomerati alpini passati al territorio italiano sul fronte di Valdieri e Vinadio aveva creato piuttosto difficoltà ai comuni di Belvédére e Saint Martin Vésubie, che erano stati decurtati della loro area di pascolo e degli introiti del taglio dei boschi. In questo senso il consiglio comunale di St. Martin Vésubie nel 1919 aveva sciolto l’amministrazione, “per l’impossibilità di gestire il territorio” (Otho 2007, p.104).
Nella storia della formazione del territorio comunale di Entracque, il ruolo frontaliero risulta relativamente recente, e meglio identificato nella riorganizzazione del confine franco-italiano del 1947. Si afferma, come abbiamo visto, solo attraverso la nuova delimitazione della frontiera di Stato, che ripristina i confini dei comuni secondo l’assetto precedente il trattato del 1860, ossia sul contrafforte alpino. Ciò comporta la riduzione del territorio di Entracque da 22049 are a 16032 are (De Michelis 2007, p.198). Nei dati ufficiali del ICS il trattato di pace incide su una variazione di 6052 ha, non interessato da popolazione, e ripristina così l’estensione del territorio del comune di Entracque a 15 997 ha (ICS 1950, p.33).
Per Entracque la costruzione di una frontiera alpina va di pari passo con l’erezione del demanio pubblico sulle foreste e sulle acque e con la costituzione dei diritti reali di caccia e pesca. Quest’ultimi avevano comportato la cessione di tutti i diritti di pesca sul fiume Gesso (AC Entracque, 1863) e di caccia nelle foreste, che godevano di una documentata regolamentazione comunale per quel che riguarda il pascolo e il taglio dei boschi (AC Entracque, Bandi campestri e dei boschi [1682]). Il rovere e il faggio risultavano infatti dalla fine del Seicento dipendenti anche dal fisco ducale, come attesta la riscossione del banno, fissato a 1/3 al fisco, 1/3 alla comunità e 1/3 all’accusatore. A Entracque, la fissazione attraverso il banno della regolamentazione del taglio dei boschi nel corso del Seicento si affianca all’acquisizione dei bandi campestri di Valdieri, a cui sono soggetti gli utilizzatori di Entracque (AC Entracque: Capitoli de bandi campestri per il consiglio ordinario della comunità del presente luogo di Valdieri formati nell’ordinato delli nove luglio 1697. Aumentati li 21 gennaio 1709 e confirmati li 7 agosto 1713[1713]). Attraverso questi bandi possiamo segnalare quindi un territorio boschivo indiviso nell’uso tra Entracque e Valdieri, localizzabile entro i limiti del territorio comunale di quest’ultimo [toponimi dei boschi: Comba, Barre e Infernetto; Oltre l’acqua; Ciolere; Rovori e S. Lorenzo; Bosco Mondina; Boschi gentili]). In particolare il capo n.18, riservato alla regolamentazione dei Boschi d’Aradolo ripropone a livello di conformazione del territorio comunale un’altra delimitazione, che possiamo sottolineare nel “confine dei boschi di Aradolo”, tracciato appunto dai bandi campestri di Valdieri, che ribadiscono la giurisdizione di quel comune sull’utilizzo di detta zona, su cui gli entracquesi hanno accesso.
Il luogo di Aradolo si presenta nell’incrocio delle fonti fiscali e comunali come un’area di contesa territoriale, ben documentato in età moderna. Quest’ultimo si propone infatti come spazio di notevole conflittualità, poiché compare in liti di carattere fiscale e territoriale con più comuni diversi, tra XVI e XVII secolo. Nel contesto seicentesco dei bandi campestri del comune di Valdieri, a cui sono soggetti gli uomini di Entracque per l’utilizzo del pascolo e dei boschi di quel comune, abbiamo trovato i “boschi di Aradolo”. Mentre nella lite di Roccavione, di un secolo precedente, emerge il “ponte di Aradolo”. La localizzazione geografica del toponimo di Aradolo evidenzia dunque un’area di convergenza dei confini comunali di Entracque, Valdieri, Borgo S. Dalmazzo e Roccavione, oltre a una zona di attraversamento e congiunzione delle valli Gesso e Vermenagna verso Cuneo e la piana piemontese. Ciò connota una questione iniziata da Roccavione, il quale nel 1560 chiamava a contribuire alla manutenzione del ponte di Aradolo e allo stesso tempo al riparto collettivo dei carichi ducali anche le comunità montane (AC Roccavione, Atti di lite, fasc. 63: Atti di lite tra Roccavione e le Comunità di Entraque, Valdieri, Borgo S. Dalmazzo per terreni e il ponte di Aradolo [1560-1561]). Entracque quindi presenta una morfologia territoriale dai contorni caratterizzati dagli usi indivisi di un’area di fondovalle, adibito a raccordo viario con Cuneo e il Piemonte, ma anche a compendio economico di attività mobili, che gravitavano appunto verso la vicina pianura. Questa connotazione del territorio viene ribadita da Entracque sotto forma di un privilegio contributivo di valli rispetto alla fiscalità centralizzata a Cuneo, di cui si è ampiamento parlato nella scheda alla voce mutamenti distrettuali [1575].
Sembra questo il contesto per il comune di Entracque in cui si innesta il processo di indebitamento, che porta alla ridistribuzione delle risorse collettive in quote di assegnazione ai creditori della comunità (Palmero 1992, p. 740-742). Mi sembra significativo a questo proposito che il magistrato chiamato a verificare lo stato dei beni del comune non rilevi alcuna rendita tassabile sulle alpi, le montagne e gli erbaggi del comune, se non per una cifra irrisoria sui prati. La ricognizione ai fini della fiscalità ducale interessa infatti solo le rendite delle gabelle solite, dei mulini e dei forni (AST, Camerale, art. 749, m.64, [1624], Griseri 1997, p.57-59). Allora i mutamenti rilevati nella gestione comunale delle alpi e degli erbaggi d’inizio Seicento, appaltati al miglior offerente, e non più ripartiti tra i nurrieri del luogo (Griseri 1997, p. 53-55), lasciano presumere la formazione di nuove situazioni possessorie sui beni collettivi legati all’ambiente pastorizio. In questo senso diventa più complesso attribuire sul piano giurisdizionale le risorse collettive della montagna, in particolare rispetto al tasso governativo, che vorrebbe imporsi sulle rendite fondiarie del comune. A questo proposito Entracque solleva il problema della regione di Aradolo, posseduta in regime indiviso con altri quattro comuni: Borgo S. Dalmazzo, Roccavione, Valdieri, Andonno. Nel “catasto vecchio”, ossia nel “brogliasso dei terreni”, su cui il comune calcolava tra i suoi contribuenti la colletta per il tasso, erano state registrate 225 giornate, mentre nel 1668 Entracque denuncia lo smembramento fiscale della regione di Aradolo in parti uguali di 100 giornate ciascuna negli altri 4 comuni. Ciò a discapito evidente di Entracque, che risulta danneggiato nelle entrate fiscali provenienti dalla tassazione dei suoi terreni (AST, Camerale, art. 500, mazzo C in L 2, n.16 [1668]). Il caso dimostra che la registrazione catastale, che univa alla dichiarazione possessoria la valutazione della rendita dei terreni in giornate di bontà del suolo, è sensibile alle modificazioni possessorie dei beni indivisi. Di fronte all’avvocato patrimoniale, Entracque ottiene dunque che venga ricalcolata la quota contributiva del tasso per ciascuno dei suddetti comuni, presenti nel registro di Cuneo e delle “terre di suo mandamento”(AST, Camerale, art. 500, mazzo C in L 2, n.15 [1673]). Non potendo documentare la ridefinizione dei confini territoriali tra i comuni in questione, nemmeno in epoche successive, deduciamo che le indivisioni che connotano il territorio comunale di Entracque in un distretto di valle siano soggette a un processo di privatizzazione delle terre. In altri termini i registri catastali si dimostrano in grado di assorbire le modificazioni delle forme possessorie di tali risorse, consegnandole infine, attraverso la misurazione dei terreni, entro la giurisdizione del comune Ottocentesco (Palmero 2007, p. 552-553).
L’inerzia del territorio comunale di Entracque si prospetta nei termini della capacità interna della comunità del luogo di gestire in crediti, censi e lasciti, la trasmissione di risorse comuni. In questo modo si riescono a consolidare i confini amministrativi di un territorio comunale, meglio definito a livello topografico nel caso di Entracque nei suoi boschi e pascoli dalle fonti Cinque e Seicentesche. Questa dinamica può essere illustrata nel dettaglio per i beni delle confrarie di Entracque, che si contraddistinguono tra l’altro per il possesso di due boschi di castagne a Boves e per un cospicuo numero di animali (Comino 1997, p. 88-91). Pertanto non sono evidenti fratture territoriali, ossia non si registra a livello di richiesta di autonomia, il tentativo di segmentazione del territorio. La consistenza delle frazioni ottocentesche di S. Giacomo e Trinità si connette meglio alla pratica degli usi civici, che risolve con il decreto del 17 dicembre 1934, il riconoscimento di 264 ha di terreno inalienabili, ossia destinati all’uso di bosco e pascolo permanente, di cui i frazionisti sono beneficiari (Cluc n.84). Piuttosto il processo di costruzione del comune di Entracque passa attraverso il dissolvimento di quel distretto di valle, di cui abbiamo attestazione nell’atto di dedizione di Cuneo ad Amedeo IV di Savoia (1382, Camilla 1970). Menzionato anche negli statuti della città, il distretto cuneese coinvolgeva il comune di Entracque nel “consiglio delle valli”, da tenersi a Cuneo, dove il villaggio inviava ben due consiglieri. L’attività del consiglio di valle sembra affievolirsi nel corso del Seicento, considerato che sporadicamente Entracque invia i suoi consiglieri a Cuneo (Griseri 1997, p.62 nota 107). Nella costruzione del territorio di Entracque il distretto delle valli cuneesi gioca un ruolo importante nello sviluppo degli spazi deputati all’economia pastorizia, in particolare nella circolazione del bestiame e nell’incremento dei traffici di pascolo del XV secolo, come attestano gli studi sulla vicina Provenza (Coulet 1996, p. 44-45). Alla fine del Quattrocento infatti Entracque, insieme a Borgo S. Dalmazzo, Roccavione, Robilante, Andonno, Valdieri e Roaschia ottenevano per sentenza arbitrale del consiglio ducale, il riconoscimento di disporre dei pasci de valle, sui quali Cuneo pretendeva di avere giurisdizione, e d’imporre la tassazione del bestiame proveniente da fuori (AC Entracque, Atti di lite contro il clavario di Cuneo, 1549-1556 [16 maggio 1481]). Ritengo che l’importanza per Entracque di una contrattazione fiscale di valle, rispetto alla riorganizzazione sabauda del distretto cuneese, non sia semplicemente una politica fiscale, ma rappresenti un discorso politico-territoriale di rinnovamento delle relazioni con la Provenza. Come è noto gli investimenti sulla strada ducale di Nizza per il col di Tenda avevano dirottato le risorse e il traffico del sale lungo la val Roya. Nonostante la ristrutturazione dell’asse viario per il colle delle Finestre, affidata allo stesso Paganino Dal Pozzo, costruttore dei nuovi ponti tra Saorge e Breil, il traffico per la valle Gesso risulta inferiore a quello della direttrice della val Roya (Comba 1976, p.79). Per i nurrieri di Entracque però si configura nei termini di possibilità di offrire ai bestiami provenzali un’area franca dal pedaggio, dagli obblighi dei magazzini del sale e dalla tratta sul bestiame. Una risorsa territoriale non tanto come strada in sé, quanto piuttosto come collegamento dal valico alla valle, ossia dagli alpeggi ai pascoli primaverili e alle erbe autunnali che potevano estendersi lungo la valle Gesso grazie alla conformazione di valle del territorio comunale. A questo proposito la causa aperta dal comune di Entracque contro il clavario di Cuneo e il gabellatore del sale a metà Cinquecento ci permette di distinguere in giurisdizioni e competenze questo territorio di valle. Allora Entracque ribadisce le sue competenze nei termini di controllo del transito e della circolazione dei bestiami entro i confini dei comuni di Borgo San Dalmazzo, Roccavione, Robilante, Andonno, Valdieri, Entracque stessa, Roaschia e su tutti i territori di pascolo presenti lungo le valli Gesso e Vermenagna. Al pari sottolinea invece l’onere del mantenimento dei ponti e pianche sui torrenti Gesso e Vermenagna, di cui è responsabile in primis proprio il gabelliere (AC Entracque, Lite della comunità di Entracque contro la città di Cuneo in fatto di gabella 1569-1575). Questa transumanza di corto raggio del bestiame entro i confini dei comuni vicini si suppone regolata da accordi e norme intercomunali, di cui si ha traccia ad esempio nei “Bandi campestri della Comunità di Entracque sulle fini di Valdieri” (ACEntracque, cit. [1713]). D’altra parte la circolazione lungo la valle è una preoccupazione dei comuni. Così Roccavione nel 1560 intimava la partecipazione alla manutenzione del ponte di Aradolo, che collegava la valle Gesso alla valle Vermenagna. Mentre un secolo più tardi Entracque e Valdieri si accordavano per la ristrutturazione del ponte sopra il torrente Marmoree, rovinato dallo straripamento di quel torrente (ACEntracque, Vertenza fra la comunità di Entracque e la comunità di Valdieri circa la costruzione di un ponte sul Gesso 1656-1660).
Per il territorio comunale di Entracque si può forse parlare di assemblaggio di altri territori. Entro il rapporto altomedievale con l’abate di Pedona si profila per gli uomini di Entracque la formazione di uno spazio socio-economico lungo la valle Gesso. Tra XII e XIII secolo è in relazione all’avvicendamento e alla concorrenza giurisdizionale dei poteri sovralocali che Entracque acquista un profilo politico. Sull’area infatti il concorso del vescovo di Asti e del marchese di Saluzzo prima, delle villenove di Cuneo e Mondovì poi fino all’arrivo degli Angioini rendono vivace il panorama istituzionale. In valle Gesso spiccano in un primo momento Valdieri e Andonno, come attestato nella ricognizione dei diritti dell’abbazia di Borgo S. Dalmazzo del 1262 (Marro 1992, p. 13). A seguito della soppressione dell’abbazia di S. Dalmazzo (Comino 1997, p. 79 nota 2) emerge una prima concorrenza territoriale con il comune limitrofo di Valdieri. Un non meglio localizzato “territorio della Fracta” è oggetto di contenzioso e divisione territoriale, documentato in un fascicolo di atti dal 1428-1792 di censo, di compravendita e di transazione di diritti. Quindi è a seguito di una transazione territoriale del 1473, che Entracque nel secolo successivo poteva appunto registrare tale territorio nei beni enfiteutici del catasto di Valdieri (AC Entracque, Transazioni e cause per divergenze territoriali e fiscali [1534-1535]). Forse proprio una sviluppata pratica di registrazione dei possedimenti concorre a una precoce delimitazione dei confini tra comuni limitrofi e determina l’assenza di isole amministrative per il territorio di Entracque.
Allora nell’ottica istituzionale i “terzieri” (Paschero, Chiapera e Oltrerivo, cfr. AC Entracque, Brogliazzo 1645) costituivano l’unità contributiva principale, come attestato nelle dichiarazioni possessorie per il riparto fondiario dell’imposta ducale. Questi corrispondevano sul piano abitativo alle case del centro e, benché illustrino altrimenti il rapporto composito con le risorse e i possedimenti immobili del territorio, non sono rappresentativi della nota conformazione insediativa sparsa dei “tetti”. Resta dunque da stabilire una connessione tra il carattere mobile della comunità pastorizia e la posizione abitativa, che a fronte della coesione dei terzieri nella rappresentanza delle due confrarie, si manifesta nella dispersione degli abitanti su un territorio montano e nello sviluppo residenziale dei “tetti”. Una pista da seguire è rappresentata dalle indicazioni topografiche delle regioni catastali e delle località definite nella regolamentazione dei bandi campestri, che possono fornirci le fonti dell’archivio storico del comune di Entracque. Per il Sei e Settecento infatti è possibile produrre una mappatura del territorio comunale in termini di delimitazione comunale del pascolo e del bosco attraverso i bandi e dei possedimenti immobili degli abitanti. Un’attenzione a parte meritano i possedimenti fondiari delle confrarie, che sono oggetto di censi e lasciti. La disponibilità dei beni della contraria direttamente dal comune, come abbiamo visto, comporta anche in termini territoriali l’organizzazione di spazi comunitari. Ciò si concretizza ad esempio nella disposizione della “bandita invernenca” ad uso del capraro comune del 1628 (Comino 1997, p. 89). In questi termini la presenza al villaggio del gregge comune di proprietà delle confratrie, per il quale sono stati ipotizzati spazi appositi di pascolo, incide sull’organizzazione del territorio comunale.
Così il contrasto con il priore della parrochia di S. Antonino e la comunità è stato meglio configurato nelle esigenze di controllo della Mensa vescovile di Mondovì sui lasciti devozionali e nel complesso sulla gestione del culto e delle rendite deputate alla carità e solidarietà nel luogo di Entracque. Dopo aver acquistato tutti i diritti dell’abbazia di S. Dalmazzo, in termini di decime e rendite sulle alpi di Entracque (1438), il vescovo aveva cercato di disciplinare la presenza importante delle associazioni laico-devozionali, ma in particolare delle due confratrie, con l’imposizione di una denuncia patrimoniale da rendere al parroco, non senza opposizioni degli interessati (1583-1586, Comino 1997, p.80-81). Possiamo sottolineare inoltre che l’Ospedale costituisce un ulteriore ambito di concorrenza giurisdizionale tra i sindaci della comunità e il priore della confraria, che nei primi anni del Seicento sembra allineato, almeno per quanto riguarda la gestione dell’ospedale, alla chiesa parrocchiale (AC Entracque, Liti: “Causa fra la comunità di Entracque e il Priore della parrocchia di S. Antonino circa la proprietà dell’Ospedale” 1608-1609).
Mi sembra infine che la forma del territorio di Entracque tragga spunto sia dalla conformazione fisica deputata all’insediamento umano, sia dalla ricchezza di boschi e pascoli. Così la confluenza di tre torrenti sembra chiamare il luogo a collegamento tra le valli; mentre lo sviluppo dell’allevamento e dell’industria tessile, insieme alle pratiche della transumanza rende sensibile il territorio alle strade oltre i valichi alpini (Finestre, Sabbione e Cornio).
|