Pareto

AutoriGiana, Luca
Anno Compilazione2002
Anno RevisioneVERSIONE PROVVISORIA
Provincia
Alessandria.
Area storica
Monferrato
Abitanti
703 (ISTAT 1991); 683 abitanti (AC Pareto 1 gennaio 2001) e 694 (AC Pareto 31 dicembre 2001).
Estensione
40,91 Kmq (AC Pareto).
Confini
A nord Malvicino, a est Ponzone, a sud Sassello, Mioglia e Giusvalla, a ovest e a nord Spigno.
Frazioni
Miogliola, Roboaro, Garbarini, Giuliani, Grossi, Sorba, Valla. Alcune indicazioni sui confini del castello di Pareto si possono trarre da un lungo documento duecentesco (Monumenta aquensia, vol. II, col. 401, n. 177).
Toponimo storico
La documentazione di età medievale riporta indifferentemente le due forme «Paretum» e «Peretum» (Documenti Genovesi, doc. 318 del 1218; Carte dell’archivio comunale, doc. 40 del 1243).
Diocesi
Acqui.
Pieve
Nessuna notizia.
Altre Presenze Ecclesiastiche
Casalis narra che nel 991 il marchese Anselmo, all’atto della fondazione del monastero di S. Quintino di Spigno, lo dota di due mansi «in loco et fundo Pereto». Tale donazione sarebbe stata confermata dal papa Alessandro III nel 1178. Di certo si sa che nel 1230 il papa prende sotto la sua protezione il monastero di San Tommaso di Genova e ne conferma i beni, fra cui la chiesa di Sant’Egidio di Pareto (Documenti Genovesi, doc. 426).
La parrocchia di S. Michele, posta nel centro della borgata, risale al 1634, la facciata invece ad un restauro del 1734. È composta da due succursali: una a Miogliola (chiesa di San Anna, S. Lorenzo e S. Giovanni Battista), e l’altra a Roboaro (chiesa di S. Rocco). In epoca moderna a Pareto sono presenti tre confraternite: Confraternita dei Disciplinanti, Compagnia del SS. Sacramento e Compagnia del Santo Rosario.
Nelle relazioni parrocchiali compaiono le seguenti chiese e cappelle: chiesa dei Disciplinanti (poi oratorio) intitolata a S. Pietro e M. V. Assunta; cappella di San Giuseppe, proprietà degli eredi dell’avv. Gio Carlo Borreani; cappella di Santa Rosalia; chiesa della Beata Vergine e della Madonna del Romitolo; cappella di S. Antonio; chiesa di S. Giuliano; chiesa di San Lorenzo Martire di Miogliola; chiesa di S. Lorenzo di Pontinvrea. Quest’ultima, sita nella diocesi di Acqui ma appartenente dal 1606 alla Repubblica di Genova, dal 1680 ha un cappellano che svolge funzioni di vice parroco mentre l’arciprete di Pareto officia (Relazione del 1787 di don Carlo Giuseppe Sburlati in ASVA, Pareto, Parrocchia di S. Pietro, fald. 2, cart. 1, fasc. 1; AST, fondo Benefizi di qua dai monti 81, Arcipretura di Pareto).
La chiesa di San Martino fu fatta distruggere nel 1770 dai Savoia, dopo l’acquisto del feudo di Pareto, perché reputata luogo di ricovero per i banditi. Sorgeva presumibilmente già prima del 1650 nel luogo detto del «castello di Miogliola», luogo di transito tra la Valle Erro e la valle Bormida sulla via per Genova (AST, Corte, Paesi per A e B, Pareto, mazzo 4, 1770 Demolizione cappella S. Martino). La cappella divenne determinante, nel contenzioso sul controllo delle strade nella zona, quando venne distrutto il castello di Mioglia nel 1642 ad opera dei Monferrini (cfr. la parte narrativa).
La chiesa di Roboaro ottiene il titolo di chiesa parrocchiale il 31 gennaio 1612, nel 1611 era stata fondata la Confraternita dei Disciplinanti e nel 1621 quella del Corpus Domini (ASVA, Pareto, Parrocchia di S. Pietro fald. 2, cart. 1, fasc. 1).
Nella frazione di Roboaro sono presenti altre due chiese, sempre attestate a partire dal XVIII secolo: la chiesa di San Rocco e la cappella intitolata a Santo Stefano, situata a Monte Acuto. La cappella di Santo Stefano era patronato di Pietro e Antonio Vezzoso.
Le ultime due presenze ecclesiastiche rilevate sono distinte da quelle sopra citate perché molto recenti rispetto alle altre. La chiesa di S. Bartolomeo a Miogliola, fondata il 26 maggio 1867 e consacrata nel 1871, voluta dall’esattore Bartolomeo Scaiola, fu edificata per la Confraternita dei Disciplinanti di San Carlo costituitasi nel 1847. È inoltre possibile seguire le vicende della cappella intitolata a San Carlo, costruita nel 1910 da Carlo Borreani, detto Carlin l’americano, emigrante rimpatriato, in località Sorba per onorare la sua borgata con una festa patronale.
Luoghi Scomparsi
Prima del 1220 Pareto era unito con il luogo di Mioglia (Casalis 1833-1856).
Comunità, origine, funzionamento
La prima testimonianza attestata dell’attività di una comunità a Pareto è il giuramento di fedeltà di 136 capi casa di Pareto alla Repubblica di Genova nel 1223 (Monumenta aquensia, vol. II, col. 401, n. 177). Vengono invece menzionati gli «homines de Pareti» a partire dal 1261 nei documenti seicenteschi dell’archivio di Genova, relativi ad un tentativo di ricomposizione della plurisecolare lite tra Spigno, Mioglia, Giusvalla e Pareto per lo sfruttamento del bosco di monte Orsaro. Il 2 settembre 1261 «in Genova il sig. Guglielmo Boccanegra capitano del Comune e del Popolo di Genova da una parte a nome di esso Comune ed Emanuele, Tommasi e Giacomo Marchesi di Ponzone, dall’altra parte per loro stessi e per i loro uomini di Spigno, fecero la transazione seguente, per stroncare e finire le liti e le controversie ch’erano tra di loro e che potevano nascere per occasione del bosco di Monteorsaro […] che il detto bosco si custodisse e bandisse dagli uomini di Pareto, uomini del comune di Genova e da quelli di Spigno o sia dai campari eletti dagli uni e dagli altri. Che tutti i bandi che si prenderebbero e tutto ciò che si esigerebbe dalle persone trovate in esso bosco contro la proibizione si dividessero in due porzioni uguali, una dalle quali fosse del comune di Genova e del castello di Pareto e l’altra dei marchesi, per loro e per i loro uomini» (ASG, Archivio Secreto Confinium, n. 97, n. 23).
Statuti
Gli statuti di Pareto, custoditi nella Biblioteca Civica di Alessandria, risalgono al 13 febbraio 1513 e furono approvati dal marchese Guglielmo di Monferrato il 17 gennaio 1561 (pubblicati da G. Parola 1997, pp. 403-479). Vengono anche nominati nelle carte del fondo Monferrato dell’archivio di Stato di Torino nel 1652 (AST, Corte, fondo Feudi Monferrato, mazzo 55. Il 2 dicembre 1652 Carlo II riconosce gli statuti che vengono riconfermati il 2 dicembre 1671).
Catasti
Sono andati persi.
Ordinati
Sono posteriori al 1903, quelli più antichi sono andati persi.
Dipendenze nel Medioevo
L’imperatore Enrico III conferma al vescovo di Acqui i diritti della sua chiesa, in particolare la giurisdizione sulla città e su alcuni castelli dei dintorni, fra cui quello di Pareto (Le carte medievali, doc. 15 del 1039). Il 29 gennaio 1218 il marchese Ottone del Bosco e suo figlio Guglielmino cedono il castello di Pareto a Pietro Carrario di Alessandria (Cartario alessandrino, vol. II, p. 252). Questa vendita non delegittima la successiva ai Genovesi del 13 maggio 1223 fatta da Enrico Uxecio e figli (Monumenta aquensia, vol. II, pp. 401-420). Tra i terreni venduti ai genovesi, corrispondenti a «Villam Pareti et Miogiam, et Mioyalem et Castellum Delphinum cum totis suis curiis et cum omnibus suis contilibus», compare anche il diritto a richiedere il pedaggio, sulla strada che passa vicino al castello di Pareto, due denari per animali o persone e per trasporti di grano e sale, otto denari per il trasporto di olio o altri generi di scambio. In un documento del 1223 si fa cenno, in seguito alla vendita del luogo al comune di Genova, ad un castellano (Monumenta aquensia, vol. II, col. 401, n. 177).
Nel 1307 sicuramente il vescovo risiede a Pareto, come risulta da una concessione di decime a favore di un prete di Sassello redatta nella chiesa di Pareto (Monumenta aquensia, vol. I, col. 499, n. 71). Secondo Casalis, nel 1364 l’imperatore Carlo IV conferma al vescovo Guido di Acqui tutto ciò che egli possedeva in questo luogo.
La Republica di Genova cede definitivamente Pareto al Monferrato nel 1419.
Feudo
Nel 1218 il castrum di Pareto, con altri, viene ceduto al comune di Alessandria dal marchese del Bosco e dal figlio in qualità di tutore dei figli del dominus Bonifacio di Pareto, ottenendone poi l’investitura (Cartario alessandrino, vol. II, doc. 374; Documenti Genovesi, doc. 318). Tuttavia, è del 1223 un atto con cui il marchese Enrico de Uxetio de Sexio e i figli vendono al podestà di Genova, fra le altre località, il castello e il luogo di Pareto con la curia e annessi diritti: sono elencati in dettaglio gli uomini e le terre cedute, le entrate e i contratti effettuati; al termine del lungo documento si riporta, inoltre, il giuramento degli abitanti di Pareto al comune genovese di custodire e difenderne il castello (134 sottoscrittori). In parallelo viene redatta, davanti al podestà di Genova, una stipula in cui si elencano terre, diritti ed entrate spettanti a Pareto e alla sua curia, ma anche obblighi, quasi si trattasse di una specie di statuto relativo alla nuova condizione del luogo (Monumenta aquensia, vol. II, col. 401, nn. 177 ss).
Una porzione del territorio di Pareto, un terreno chiamato gli «Olmi di San Martino», compare nella dote di Salumbra, sposa di Guglielmino del Monferrato. I figli, generati dal matrimonio tra Guglielmino e Salumbra, sono i primi a ricevere la denominazione di marchesi «de Pareto». Alla morte di Bonifacio, uno dei figli di Guglielmino, il territorio viene unificato dal fratello Enrico, con il titolo di Marchesato di Pareto e Uxecio (Bigliati 1897, p. 60).
Il 29 novembre 1594, il ducato di Mantova concede l’investitura a Guerrieri Gio Giorgio; il duca Ferdinando Gonzaga lo infeuda nel 1689 a Raffo Ferdinando che lo vende successivamente (1716) a Scati Alessandro (Guasco di Bisio 1911, vol. III, pp. 154-55).
Mutamenti di distrettuazione
In epoca medievale il feudo di Pareto apparteneva alla Repubblica di Genova, dopo il 1419 viene ceduto al Monferrato. Nel 1699, prevedendo l’annessione al Regno di Savoia avvenuta poi nel 1713, Pareto si dichiara imperiale e si offre alla Repubblica di Genova. Questo tentativo di sottrarsi ai Savoia naufraga, infatti, pochi anni dopo, i Savoia acquistano il Monferrato e quindi anche Pareto.
Dal 1730 viene istituita la provincia amministrativa di Acqui in cui gravita l’ex feudo monferrino di Pareto.
Nel 1798, con la dominazione napoleonica, viene costituito il dipartimento del Tanaro e successivamente la provincia di Acqui venne accorpata nel dipartimento di Montenotte che comprende anche Pareto. Anche in questa occasione viene mantenuta la dipendenza amministrativa dal mandamento di Acqui.
L’Editto Regio del 27 ottobre 1815 decreta la costituzione della provincia di Acqui in quattro cantoni: Ponzone, Pareto, Bistagno e Roccaverano. Il cantone di Pareto è a sua volta formato da Malvicino, Mioglia, Pontinvrea e Roboaro. La provincia di Acqui gravitava nella Divisione di Alessandria ricostituita dal Regno di Sardegna nel 1819 (Parola 1997, p. 229). Il riordino amministrativo del Regno di Sardegna del 1848 fa confluire parte della provincia di Acqui in quella di Savona. A partire però dal 1860, il Regno di Savoia ristruttura nuovamente l’assetto amministrativo della zona e buona parte della provincia di Acqui viene smembrata e distaccata nella provincia di Alessandria. Pareto, in un primo tempo, continua a persistere nei confini amministrativi di Savona, ma nel 1880 viene definitivamente accorpato alla provincia di Alessandria.

     In anni recenti ha aderito alla Comunità Montana Alta Valle Orba, Erro e Bormida di Spigno, dal 2005 denominata Comunità Montana “Suol D'Aleramo”. Rientra nella Regione Agraria n. 8: Colline dell'Alto Bormida.
Mutamenti Territoriali
La lite plurisecolare per l’uso e il transito del bosco di monte Orsaro indica una pratica dei confini molto fluida che instaura una dinamica tipica di questa zona, caratterizzata da vari scontri con annessioni e cessioni continue. Nel 1606 Pontinvrea, fino a quel momento parte coerente del territorio meridionale del feudo di Pareto, viene venduta agli Invrea tramite una concessione del duca Vincenzo Gonzaga a Giovanni Battista Invrea (AST, Corte, fondo Feudi Monferrato, mazzo 55, n. 11; AST, fondo Benefizi di qua dai monti 81, Arcipretura di Pareto, 28 febbraio 1721; cfr. anche Bigliati 1896).
Comunanze
Nel 1388 i marchesi del Carretto promettono di lasciare l’uso boschivo di monte Orsaro, e la sua custodia e possesso, agli abitanti di Pareto («universitas hominum Pareti»), come già risultava da una scrittura del 1261 nel registro comunale di Genova e da un’altra del 1290 (Savio 1967, vol. III, p. 253, doc. 1196 bis). D’altronde il bosco di questo monte – che si trova tra i rivi «Ambrosio», «Franguello», «Valle» fino al territorio degli abitanti di Deo, e fra i territori di «Iusvalle» e «Miogia» – era già stato oggetto di lite nel 1223 tra il comune di Genova e i marchesi di Ponzone (anche a nome degli uomini di Spigno); in quest’occasione gli abitanti di Pareto sono definiti «homines communis Ianuae». Il bosco viene così diviso in due: una parte al castellano di Pareto (e a Genova) e una parte ai marchesi, in modo da risolvere anche le discordie relative tra gli abitanti di Pareto e quelli di Spigno. Vengono quindi indicati i diritti e i doveri di ciascuna parte, mentre il comune di Genova, oltre ad esercitare i suoi diritti per dieci anni sulla parte spettante a Pareto, si impegna a difendere l’intero bosco da altre pretese (Monumenta aquensia, vol. II, col. 401, n. 177). Nel luogo esisteva anche un pedaggio lungo la strada che arriva al castello di Pareto, cui erano sottoposti bestie e merci che si muovevano tra il mare e la Lombardia; ne sono esentati gli uomini di Spigno, Sassello, Ponzone e Montechiaro (1223, Monumenta aquensia, vol. II, col. 401, n. 177).
Non ci sono fonti considerevoli che possano far luce sulle competenze della collettività se non gli atti di lite inerenti l’uso del bosco di monte Orsaro conteso tra Pareto, Mioglia, Giusvalla e Spigno. La lite viene documentata a partire dal 1261, data in cui la Repubblica di Genova concede l’uso del bosco alle comunità di Pareto e Spigno. È proprio questa soluzione ad aprire il conflitto continuo con le altre comunità escluse. La documentazione rivela che non sono in gioco le risorse materiali del bosco (legna, carbone e castagne) ma piuttosto il controllo dei transiti nella frequentatissima rete viaria tra litorale e pianura (ASG, Archivio Secreto Confinium, n. 106).
Solo nel documento preparatorio dell’acquisto, fallito perché i Savoia acquistano il Monferrato, i Genovesi elencano gli introiti della curia di Pareto: il «pedaggio che vi si esige nella strada, la quale va al castrum Pareti»; «l’introito del Molino di Valla»; «l’introito del forno»; «certi pagamenti annui o siano prestazioni dovute da particolari»; «delle decime che si pagano da coloro i quali travagliano nelle terre di Meginola [Miogliola]»; «dell’obbligo di riparare i molini e dell’obbligo di contribuire a pagare» (ASG, Archivio Secreto Confinium, n. 106).
Attualmente le aree comunali, divise in prati, seminati, incolti e boschi, e si trovano per il 50 per cento circa nel territorio vicino alla palestra comunale, il 20 per cento circa nella frazione di Mioglia, il 20 per cento circa nella località presso i campi da tennis e il restante nella loclaità Colletta (AC Pareto, dati messi a disposizione dall’impiegato comunale).
Liti Territoriali
Le liti giurisdizionali tra Pareto e Mioglia innescano una grande produzione di documenti nei tre archivi di Stato di Torino, Milano e Genova. Nel fondo Feudi Monferrato, mazzo 55 si trovano le lotte contro Mioglia e quelle contro Montenotte e la comunità di Stella (Repubblica di Genova). La documentazione riguarda soprattutto casi del XVI secolo. Le liti con Montenotte sono confinarie tra Montenotte e quella che oggi si chiama Pontinvrea (scissa da Pareto nel 1606 e oggi comune della provincia di Savona, AST, fondo Benefizi di qua dai monti 81, Arcipretura di Pareto, 28 febbraio 1721).
Fonti
L’archivio comunale è andato perso e rimane solo la documentazione prodotta nel XX secolo. Le delibere comunali sono leggibili a partire dal 1903.
Gli archivi di Torino non possiedono una documentazione estesa come quella presente per gli altri comuni della zona. Questa scarsità di documentazione piemontese sembra essere dovuta alla permanenza di Pareto nella Repubblica di Genova fino agli inizi del Quattrocento e successivamente nel Ducato del Monferrato fino agli inizi del Settecento. L’archivio di Milano invece osserva attentamente Pareto, soprattutto attraverso la lite confinaria, archiviata nel fondo Feudi Imperiali sotto la voce Mioglia, cercando di monitorare le pretese monferrine sui feudi Imperiali della zona. Il conflitto è infatti presente anche nei faldoni riguardanti le liti giurisdizionali contro Spigno. In questo caso è molto evidente che l’oggetto della contesa sono le vie di accesso tra riviera e Feudi Imperiali.
Occorre precisare che le istituzioni milanesi sono sempre pronte a dimostrare l’imperialità di Pareto che invece viene negata dai Savoia (ASM, Feudi Imperiali, 419, 420, 421, 425, 641, 642, 643; 650 n. 2 e n. 6; ASM, Feudi Imperiali 419, n. 6).
Pareto non è un feudo imperiale riconosciuto ma a fine Seicento, nel tentativo di svincolarsi dal Monferrato per non venire acquistato dai Savoia, si dichiara imperiale e si offre alla Repubblica di Genova. L’operazione non ha successo, come osserviamo dall’archivio torinese: Pareto viene considerata parte integrante del Monferrato e come tale viene acquistata dai Savoia.
L’archivio di Genova presenta invece la documentazione più antica, rispolverata a fine Settecento non appena si concretizza l’ipotesi di poter acquistare Pareto, staccandolo dal Monferrato, sostenendo le ragioni della sua imperialità (Libri Iurium della Rep. di Genova, vol I/3, nn. 501-506; ASG, fondo Archivio Secreto Confinium, nn. 97 e 106).
L’archivio storico vescovile di Acqui conserva le carte inerenti la giurisdizione vescovile su Pareto. È sorprendente come la maggior parte dell’archivio sia composto da processi penali, criminali e civili. Questa particolarità non riguarda solo Pareto ma è una caratteristica dell’archivio acquese.
Decisamente interessante è la cartografia settecentesca conservata a Torino (AST, Corte, Monferrato 41, mazzo 62, Spigno, Tipo di parte dei territori di Spigno, Pareto e Giusvalla, e tipi concernenti le pendenze dei confini del Monferrato cogli antichi Stati di S. M. e col Milanese Genovesato, terre imperiali limitrofe e della Chiesa d’Asti).
I notai che rogano a Pareto sono conservati nell’archivio di Stato di Alessandria suddivisi in due categorie: notai distrettuali e notai monferrini. Dieci notai di Pareto rogano dal 1648 al 1838 e sono notai distrettuali (Bogliolo Giacomo 1781-1823; Borreani Enrico 1679-1723; Borreani Gio Paolo 1798-1798; Borreani Gio Tommaso 1816-1838; Bovio Carlo Vittorio 1817-1837; Laiolo Giuseppe 1840-1854; Sburlati Antonio Francesco 1760-1799; Trinchero Carolo 1648-1691; Trincherio Carlo Francesco 1721-1734; Trincheri Domenico 1752-1807) mentre i tredici notai di Pareto che rogano dal 1406 al 1712 sono archiviati sotto la voce Archivio Notarile del Monferrato (Accossano oppure Avosano Giovanni 1662-1691; Bava Gio Angelo 1600-1615; Borreani Pietro 1563-1592; Borreani Pietro Francesco 1669-1672; Borreani Stefano 1591-1632; Braiero Pietro 1637-1658; Gavazzuti Pietro 1571-1610; Scaglia Rolando 1530; Scassi Bartolomeo 1605-1624; Serventi Michele 1689-1712; Trincheri Francesco 1588-1621; Trincheri Pietro, Trincheri Rolando e Scaglia Rolando 1406-1572; Visconti Gio Battista 1579-1599).
Sono conservate a Vicennes alcune descrizioni sommarie dei comuni coinvolti dal passaggio delle truppe francesi. Alcune notizie su Pareto, compaiono nelle carte del 1805 per il disegno della carta generale dei campi di battaglia o «carte des marches» di Rodolphe Schovani, capitano ingegnere geografo dell’esercito (Service Historique de l’Armée de Terre, SHAT, mr. 1364).
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Descrizione Comune

Pareto

     Il territorio di Pareto si estende attorno ad una zona collinare tra il fiume Bormida di Spigno e il torrente Erro. I dati ISTAT del censimento della popolazione individuano tre zone che storicamente corrispondono alle località ove si raggruppano piccoli nuclei insediativi: Pareto e le due frazioni Miogliola e Roboaro. I dati analizzati presentano un incremento notevole della popolazione tra il 1921 e il 1951 (1085 abitanti nel 1921, 2037 nel 1931, 2001 nel 1936 e 1235 abitanti nel 1951). L’aumento della popolazione registrato nel periodo fascista viene in parte confermato dai dati relativi al dopoguerra. Solo dopo il 1961 la popolazione decresce fino a raggiungere stime simili a quelle del 1921. Il drastico calo della popolazione è sensibile a partire dagli anni Sessanta (703 abitanti nel 1991, 788 nel 1981, 909 nel 1971, 1017 nel 1961). La diminuzione di popolazione sembra iniziare nel 1854: Chabrol (Chabrol 1824, p. 138) indica 2160 abitanti per Pareto all’inizio del XIX secolo, e Casalis registra un incremento nel 1854 di circa 700 abitanti (in totale 2860 abitanti: Casalis 1833-56). Tra il 1861 e il 1911 si verifica un incremento della popolazione di quasi trecento unità nel 1901 per poi registrare una flessione nel 1911 (1799 abitanti nel 1861, 1757 nel 1871, 1959 nel 1881, 2080 nel 1901 e 1999 nel 1911). I dati comunali confermano i dati ISTAT della seconda metà del XX secolo: tra il 1921 e il 1962 la popolazione decresce, seguendo le stime nazionali (2001 abitanti nel 1936, 1708 nel 1951, 1476 nel 1955 e 1115 nel 1962, 915 nel 1972, 687 nel 1996 e 694 nel 2001).
I dati sulla distribuzione della popolazione, il rapporto tra case sparse e centri, sono invece stabili e confermano una tendenza storica di questo dato. Il rapporto di abitanti, tra il luogo che viene deputato a centro amministrativo del territorio e gli abitanti delle case sparse, è circa 1 a 3. Durante il progressivo spopolamento dell’area possiamo osservare che il rapporto tra centro e case sparse aumenta. Questo dato resta costante in tutte le indagini con una flessione significativa per il ventennio 1961-1981: viene abbandonato il paese, mentre in proporzione le case sparse continuano ad essere abitate perdendo solo un terzo della popolazione.
L’area di Pareto è fortemente tipicizzata da tre elementi: avere una fortissima e lunghissima tradizione conflittuale con i vicini (Spigno, Mioglia, Giusvalla, Stella e Sassello) documentata a partire dal Medioevo fino al XX secolo; essere un’importante arteria viaria tra Repubblica di Genova e Regno spagnolo in età moderna; conservare pratiche religiose tipiche dell’età moderna, attestate fino ai primi decenni del XX secolo (faccio riferimento all’istituzione di cappelle campestri con patronati locali significativi nella seconda metà del XIX e XX secolo).
Il conflitto sui confini, un filo rosso che attraversa tutte le stratificazioni archivistiche di Pareto, avviene per la gestione del bosco di monte Orsaro, posto a sud-ovest di Spigno, dove si identificano i contesi confini di Spigno, Mioglia, Giusvalla e Pareto. Il bosco offre una rendita in castagne, legno e carbone (ASG, Archivio Secreto Confinium, n. 97, 1699) importante per l’economia locale delle comunità, ma soprattutto è una delle vie privilegiate dai mulattieri per evitare i dazi e godere dei privilegi imperiali del marchesato di Spigno (ASM, fondo Feudi Imperiali, mazzo 641, giugno 1664). Monte Orsaro non è solo un bosco, è infatti parte della strada ritenuta «Franca da gabelle […] che va dal finaggio di Spigno a quello di Mioglia passando sulla sommità di detto monte, tra i confini di Pareto e di Giusvalla. Tale pretesa non dipende tanto dalle differenze tra Pareto e Mioglia, sebbene ancora cerchi d’impadronirsi di questo sito per rendere più sicura tale strada, ma bensì dipende dalle pretese di Spigno» (Parola 1997, pp. 190-191; AST ,Corte, fondo Monferrato, mazzi 15 e 18, 18 agosto 1720).
Gli uomini di Pareto controllavano anche la via chiamata «di Schiappati» che prevedeva il transito attraverso il borgo di Pareto e il pagamento di un dazio. Le contrade attraversate da questa strada erano contese con i vicini Miogliesi proprio per la grande risorsa in gioco: il transito (AST, Corte, Monferrato Confini 41, vol. P, mazzo 1, Pareto e Pontinvrea, 1689). Si capisce perché i Paretesi, chiamati dai documenti dell’archivio di Milano «Monferrini», ostacolassero con atti di banditaggio i transiti alternativi per la strada «pretesa franca». Che il luogo sia importante in quanto transito privilegiato è confermato dall’attenzione che i Genovesi dimostrano per l’acquisto di Pareto esplicitando i benefici dell’eventuale controllo capillare del transito del sale nelle Langhe (ASG, Archivio Secreto Confinium, n. 97, 1699). L’acquisto sembra possibile perché sia Pareto che Ponzone sono feudi pretesi imperiali e quindi scindibili dal Monferrato e acquistabili singolarmente (ASG, Archivio Secreto Confinium, n. 106, Sassello 6 aprile 1710, Lettera di Gio Antonio Perrando).
Questo accesso privilegiato tra Valle Bormida e costa ligure, ricco di risorse consistenti per l’economia locale, è un luogo importante finché viene mantenuto in una situazione conflittuale. Il conflitto per il monte Orsaro, che è anche una frequentatissima via di transito svincolata da gabelle, permette che vi siano diverse giurisdizioni sullo stesso territorio. La pluralità di giurisdizioni offre diverse possibilità nell’uso sia delle strade che delle risorse adiacenti ad esse. Quando il transito perde importanza, con l’annessione del Monferrato ai Savoia, rimangono comunque in gioco le risorse comunitarie delle comunità contendenti: legna, carbone, pascoli e terre agricole. È per questo motivo che il conflitto non è solo un disordine sociale o un tentativo di ripristino dell’ordine ma è il modello di governo più redditizio per quest’area. Questo si dimostra con la lunghissima permanenza della plurisecolare lite sul monte Orsaro, che non viene mai composta ma si esaurisce quando l’area perde il suo interesse e la sua ricchezza.
Solo l’archivio di Genova presenta un tentativo di composizione della lite mentre gli altri archivi riportano solo le responsabilità penali e criminali degli scontri in atto tra le comunità. Per esempio nell’archivio di Milano dove sono conservati i documenti prodotti dalle autorità spagnole, gli uomini di Pareto sono spesso definiti «banditi» (ASM, Feudi Imperiali 641, 642, 643, Corrispondenza con il podestà di Spigno Filippo Cassola). La documentazione citata, quella degli archivi centrali, presenta profonde differenze. L’archivio di Milano (Feudi Imperiali, mazzi 419, 420, 424 e 645) presenta il contenzioso, tra Sei e Settecento, tra i Miogliesi, definiti Imperiali, e i Monferrini di Pareto, oppure tra questi e gli uomini di Spigno. I documenti analizzano solo le pratiche del possesso e il fondo Feudi Imperiali è costruito nel tentativo di ricomporre la lite nei termini di un conflitto giurisdizionale. Anche le filze conservate a Torino leggono la vicenda di Pareto attraverso questa prospettiva. Genova invece cerca di sostenere le ragioni dell’imperialità di Pareto contro le altre comunità, tra Sei e Settecento, aspirando all’acquisto di Pareto stessa che le si offre nel 1699 (ASG, Archivio Secreto Confinium, n. 106). C’è una stretta connessione tra la Repubblica e Pareto che fino al 1419 era stata genovese.
Questa connessione stretta con Genova si ripresenta in modo chiaro dopo la ristrutturazione, alla fine della dominazione napoleonica, quando i Savoia riorganizzarono l’area Acquese. I Savoia erano già intervenuti a Pareto prima di Napoleone cercando di regolamentare i transiti e di eliminare i contrasti tra Mioglia e Pareto. Ne è un esempio l’abbattimento della chiesa di S. Martino, posta sul crinale che collega Pareto con Mioglia (AST, Corte, Paesi per A e B, Pareto, mazzo 4, 1770 Demolizione cappella S. Martino). La chiesa, ubicata nel luogo detto «castello di Mioglia», era all’apice dell’altura che domina la Valle Erro e il monte Orsaro. Da sempre questa chiesa era stata oggetto di discordie e veniva gestita, curata, restaurata e dotata, da ambedue le comunità con gravi discordie. La devozione a san Martino e l’uso rituale della cappella hanno una forte connotazione di atti possessori e questo si accompagna a incidenti di ordine pubblico. I Savoia risolvono la questione nel 1770 con la distruzione della cappella indicando tra le motivazioni quella di essere un ricovero di banditi. Le rendite della cappella vengono divise nelle due parrocchie di Mioglia e Pareto. Il tentativo di creare un “non luogo” in quella zona non è un unicum: proprio il castello di Mioglia, su cui sorgeva la cappella, era stato distrutto nel 1642 dai Monferrini su ordine di Casale, perché luogo di aspre contese e ricovero di banditi. È evidente che il luogo è determinante per il controllo dei transiti, tanto più che è posto alle falde del monte Orsaro, quindi occorre che non sia di nessuno per poterlo controllare.
Si deduce dalla lettura delle carte destinate al geografo Shovani, nella relazione del 1805, per il disegno della «carte des marches», una particolare attenzione alla descrizione di questi confini. Questo dato ci illustra la costante tensione sia sui confini di monte Orsaro che su quelli dell’Astoraria (SHAT, mr. 1364).
La lite per il monte Orsaro non è più documentata a partire dal 1837, quando il Reale Intendente di Acqui rinvia gli incartamenti della controversia di monte Orsaro tra Mioglia e Pareto al Segretario di Stato per gli Affari interni, il quale trasmette la gestione del contraddittorio all’Intendente Generale di Alessandria. Questi, non considerando il processo di sua competenza, rinvia le carte al Guardasigilli conte di Barbaroux (AST, Corte, Paesi per A e B, Pareto, mazzo 4, 1815-1830, Questioni tra Mioglia e Pareto per taglio di boschi; e Parola 1997, pp. 230-232).
Non avendo a disposizione la documentazione locale in proposito non è possibile analizzare oltre gli sviluppi, certo sembra che la questione assuma un’importanza mai riscontrata nella documentazione precedente e che venga posta su un livello molto alto. Non è possibile verificare se il conte di Barbaroux abbia poi delegato la questione a funzionari locali. Il dato rilevabile è che le carte di questo periodo perdono il legame stretto con la concretezza del problema locale: non vengono più descritti i boschi e i luoghi delle contese ma solo le intemperanze di ordine pubblico.
Il riassetto dell’amministrazione sabauda del dopoguerra (1848-1880) si trova ad affrontare il problema di come interpretare amministrativamente tutta l’area dell’Acquese. Le risoluzioni prevedono tre momenti: prima il distretto viene accorpato alla Liguria, poi viene nuovamente smembrato e reso autonomo, infine viene riorganizzato concentrando l’amministrazione su Alessandria. Il problema era quindi se considerare la zona dell’Acquese autonoma dalla costa o meno. Questi feudi imperiali si mantengono quindi di difficile collocazione e oggi i confini amministrativi delle province della zona appaiono ancora incomprensibili.
Anche le vicende del secondo conflitto mondiale ripropongono questo tema del territorio fortemente conflittuale e disomogeneo. È interessante leggere i racconti raccolti sui «cattivi» partigiani (Parola 1997, pp. 244 e sgg. in particolare don Virgilio Aicardi). Questi si nascondevano nel bosco di monte Orsaro o nei paesi vicini e saccheggiavano Pareto e i dintorni per poi finire puniti dai loro stessi compagni. Anche in questi episodi il monte Orsaro e le relazioni tra le piccole comunità hanno un ruolo centrale. Oltre alla guerra contro i Tedeschi e i fascisti, gli episodi della guerra partigiana si giocano proprio attorno a quest’area, riproponendo secolari inimicizie.
La devozione a Pareto ricalca fedelmente le impressioni provenienti dalla lettura dei conflitti giurisdizionali. La relazione del parroco di Pareto del 1758 è particolarmente esemplificativa della situazione della zona, infatti i parrocchiani non sembrano essere particolarmente sensibili ai richiami del parroco che denuncia una religiosità distratta soprattutto nei centri (Relazione di don Carlo Giuseppe Sburlati 1787, ASVA, Pareto, Parrocchia di S. Pietro 1638-1967, Relazioni parrocchiali; fald. 2, cart. 1, fasc. 1; Relazione 1758). Il parroco sostiene che la maggior parte dei suoi fedeli alla domenica non si presenta alla Messa ma, siccome risiede sparsa nelle campagne, preferisce trascorrere la domenica nelle cantine a gozzovigliare. Denuncia anche gli uomini di Miogliola, frazione di Pareto e sede di una cappella campestre, che alla domenica si ritrovano sul sagrato della chiesa ma non entrano per la celebrazione.
La connessione tra cappelle e vie di transito risulta strettissima nel caso della costruzione della chiesa di S. Lorenzo di Miogliola (l’affresco sul fondo della cappella indica la data di costruzione: 18 novembre 1223) edificata sulle sponde dell’Erro nell’unico punto attraversabile dai carri nell’arco di circa 10 km. La cappella viene restaurata nel 1670. La festa di san Lorenzo prevedeva la processione votiva dalla parrocchia alla chiesa dove venivano poi accesi i falò in onore del santo (la processione ha un chiaro significato possessorio). Ancora oggi la festa è praticata e organizzata dalla Pro Loco locale alla quale attribuisce, oltre ad un significato devozionale, un’identità locale.
Sempre a Miogliola ancora nel 1870 viene edificata la cappella di San Bartolomeo e data in gestione alla Confraternita dei Disciplinanti. La cappella viene costruita e finanziata da Bartolomeo Scaiola di Mioglia. La Confraternita e i beni della cappella sono gestiti da Bartolomeo Scagliola che riesce a radicare il culto fino al 1950, anno in cui la chiesa viene sconsacrata. Mi sembra di qualche interesse che l’edificio venga gestito anche in questo caso dalla Pro Loco che si sostituisce alla vecchia Confraternita nella celebrazione delle feste locali usando le stesse strutture (Parola 1997, p. 304).
Diversa e particolare la vicenda della cappella di San Carlo, posta pochi chilometri a sud-ovest di Pareto, nella frazione Sorba, fu edificata in un luogo equidistante dalle poche case raggruppate e sparse della frazione (Parola 1997, p. 317) ad opera di Carlo Borreani nel 1910. Questi aveva fatto edificare la cappella al suo rientro in Italia dopo aver fatto fortuna in America. La cappella fu dotata e vi fu celebrata la festa il 25 ottobre. La festa patronale della località ebbe successo fino al 1931, anno della morte di Carlo Borreani senza eredi. Fino a quel momento tutte le autorità locali intervenivano alla festa con il rito del pranzo a casa Borreani e con il pranzo pagato all’osteria locale.
I luoghi di aggregazione devozionale rispettano le logiche dello scontro giurisdizionale. Non esiste un centro forte né amministrativo, né giurisdizionale, né religioso ma un’infinita varietà di piccoli insediamenti che regolano e costituiscono le due ricchezze della zona: l’accesso alle risorse boschive e i transiti. Non è un caso che sia presente e insoluto il problema dell’uso del bosco ancora per tutto il XIX secolo. I transiti perdono la loro importanza nel corso del XIX secolo ma persiste una forte conflittualità.
Se si vuole interpretare la permanenza del conflitto in quest’area credo si debba leggere lo scontro in un’altra ottica: non come l’espressione di un banale conflitto giuridico ma piuttosto come il modello politico più redditizio per l’area in questione.