Autori | Olivieri, Antonio |
Anno Compilazione | 1996 |
Provincia | Cuneo
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Area storica | Alta Langa (Langa saluzzese).
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Abitanti | 4.666 (ISTAT 1991).
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Estensione | 35,85 kmq (ISTAT 1991).
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Confini | A nord Monchiero e Monforte d’Alba, a nord-est Roddino e Cissone, a est Bossolasco e Somano, a sud-est Bonvicino e Belvedere delle Langhe, a sud e a ovest Farigliano, a ovest Lequio Tanaro.
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Frazioni | Fossato, Giachelli, Gombe, Pian del Troglio, Taricchi («località abitate» diverse dal capoluogo secondo il censimento del 1991). Vedi mappa.
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Toponimo storico | Sono sicuramente attestate le forme Dolianus nel 1142, Doianus nel 1251, Doglianus nel 1228 e Dulianus nel 1245. Secondo alcuni autori, in un privilegio di papa Urbano IV del 1091 si avrebbe «Doliana» [Casalis; Strafforello].
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Diocesi | Nel medioevo, Dogliani aveva fatto parte della diocesi di Alba. Con la costituzione della diocesi di Saluzzo da parte di papa Giulio II (1511), alcune isole di territorio interne alla diocesi di Alba, evidentemente sotto il controllo politico del marchesato di Saluzzo, vennero annesse al territorio diocesano di Saluzzo, formando isole diocesane: tra esse una delle più rilevanti è quella di Dogliani, che comprende anche Roddino e Cissone [vd. anche schede Cissone e Roddino]. Nel 1803 un decreto del governo francese riordinò l’assetto territoriale delle diocesi subalpine. La Sede Apostolica, nell’età della Restaurazione, pur abolendo la riforma francese, non restaurò lo status quo ante, ma, cogliendo l’occasione della formazione della diocesi di Cuneo, procedette a una generale razionalizzazione dei profili territoriali diocesani della zona [Atlante storico 1973; Dao 1965, pp. 265-273]. Mondovì, a partire dalla riforma dell’assetto circoscrizionale diocesano che si ebbe con la creazione della diocesi di Cuneo nel 1817. |
Pieve | Santa Maria di Dogliani, soggetta alla chiesa canonicale agostiniana di San Pietro, San Paolo e San Nicola di Ferrania [A.S.T., Corte, Provincia di Saluzzo, Mazzo 5, n. 7 (1309)]. Nel 1187 il marchese Manfredo di Saluzzo, che aveva appena comperato Dogliani da Manfredo marchese di Busca, conviene di non poter rimuovere dalla pieve di Santa Maria di Dogliani il prete Claudio de Clericis, il quale l’aveva avuta in beneficio da Guglielmo di Busca padre di Manfredo, con il patto di pagare ogni anno le decime al prevosto di Oulx e a quello di Ferrania presso il Bormida di Pallare (canonica fondata alla fine del secolo XI Bonifacio del Vasto) [Regesto dei marchesi di Saluzzo, pp. 325 sg., doc. 6 (1187); Nada Patrone 1966; Provero 1992, p. 235].
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Altre Presenze Ecclesiastiche | Dogliani ha due parrocchie, quella di San Lorenzo in Borgo Castello con titolo di arcipretura, e quella dei Santi Quirico e Paolo in Borgo Maggiore, con titolo di prevostura. Un convento di carmelitani, fondato dai Saluzzo nel 1480, fu soppresso nel 1800. Vi sono poi il santuario della Madonna delle Grazie e un monastero di suore domenicane [Manno 1884-1934, p. 178]. Si veda anche la Descrizione della provincia di Mondovì dell’intendente Calvesi, compilata intorno al 1760 [B.R.T., Storia patria n. 383].
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Assetto Insediativo | Dolianum. Vedi mappa. Vedi scheda. |
Luoghi Scomparsi | |
Comunità, origine, funzionamento | Quando, nel luglio 1297, il sindaco «communis et hominum Doliani [...] in pleno consilio hominum Doliani» donò l’ufficio del consolato a Giovanni di Saluzzo (cfr. il lemma ‘Feudo’), donò un diritto e una prerogativa che spettavano, come precisa il documento, agli uomini di Dogliani. Giovanni prometteva di rispettare in perpetuo «omnia pacta et omnes conventiones et usus que continentur in instrumentis pactorum et conventionum hominum Doliani» e, oltre al resto, concedeva ai Doglianesi di «facere capitula et ordinare omni anno et ban[n]a statuere, minuere et augere», di eleggere consiglieri come sino ad allora avevano fatto, di convocare il consiglio, prometteva di pagare il salario a un numero imprecisato di piccoli funzionari comunali, detti decani, posti al servizio, come sino ad allora era accaduto, degli homines di Dogliani. Veniva inoltre pattuito che ciascun anno, nel corso delle tre settimane precedenti la festa di san Michele, i capitoli statutari venissero emendati e quindi pubblicati nel corso dell’arenga; che il castellano, un agente di Giovanni di Saluzzo, vi giurasse sopra e ne rispettasse il contenuto. L’esazione dei frodri e delle taglie imposte agli uomini di Dogliani doveva essere affidata a un notaio del luogo. Venivano inoltre pattuite alcune modalità di repressione dei reati contro il patrimonio degli uomini di Dogliani (le «offensiones rerum hominum Doliani»), prevedendo un controllo comunitario sullo svolgimento delle cause e la gestione di pegni a garanzia dei risarcimenti, in modo da evitare arbitri signorili in particolare nei confronti degli accusati o condannati (Tallone 1916, pp. 414-418, doc. 63). Dal documento appena visto si può dedurre un quadro istituzionale abbastanza definito dei rapporti tra il potere signorile e la comunità nel momento della loro formalizzazione. In precedenza il linguaggio delle carte aveva individuato la natura e l’articolazione di questi rapporti in modo assai più fluido: così in un documento dell’ottobre 1197, in cui il confronto avviene tra Manfredo marchese di Busca e gli «homines de Doliano», senza che emerga ancora l’esistenza di meglio definite organizzazioni comunitarie (che peraltro compariranno appena un mese dopo, con un corpo di «consules» e un «consilium Dolianensium hominum»). Già in quest’ultimo caso però l’adozione della carta di franchigia – comprendente una serie di singole normative in materia fiscale, successoria e di repressione dei crimini – dimostra la capacità della comunità di servirsi dello strumento documentario per regolare in modo stabile i suoi rapporti con il potere signorile (Tallone 1916, p. 358, doc. 2, pp. 359-60, doc. 3). Anni dopo, nel 1215, quando Manfredo II marchese di Saluzzo confermò a Dogliani giustizie e buone consuetudini, lo fece investendo di esse i consoli di Dogliani e ricordando espressamente l’instrumentum delle convenzioni pattuite tra il marchese di Busca e il «commune Doliani» (Regesto dei marchesi di Saluzzo, p. 332, doc. 13). In un documento del tutto analogo di alcuni anni più tardi (marchese era divenuto Manfredo III) i consoli di Dogliani agivano in nome «omnium militum et totius communis Doliani» (Regesto dei marchesi di Saluzzo, pp. 343-4, doc. 24). I buoni usi e le consuetudini della universitas di Dogliani vengono confermati da Tommaso I di Saluzzo nel 1267, sia che fossero fissate nello scritto sia che costituissero pure consuetudini tramandate oralmente (Regesto dei marchesi di Saluzzo, pp. 397-8, doc. 66). |
Statuti | Statata burgi Doliani confermati dal re di Francia Carlo IX nel 1567 (12 capitoli statutari inviati dai Doglianesi al re di Francia per ottenerne conferma: Statuti e documenti di Carrù, pp. I-VII e pp. 3-13); nel Museo Adriani di Cherasco è poi conservato un codice membranaceo della fine del XV sec., definito nel proemio Liber in quo describuntur franchisie et libertates concesse hominibus Doliani per magnificos condominos Doliani, contenente in tutto 50 documenti datati dal 1197 al 1479 (Statuti e documenti di Carrù, pp. I-VII e pp. 1-109, alle pp. 111-124 un regesto cronologico dei 50 docc.; Fontana 1907, vol. I, pp. 436-7).
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Catasti | 1667, 1711 e sgg. (28 voll).
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Ordinati | 1548-1913 (per un totale di 76 voll.).
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Dipendenze nel Medioevo | Nel 1187 Manfredo marchese di Busca figlio del fu marchese Guglielmo, agendo anche a nome di suo fratello Bellingerio, compì refuta nelle mani di Manfredo marchese di Saluzzo del castello, villa, giurisdizione e uomini del luogo chiamato Dogliani per una somma di 1150 fiorini o genoini d’oro (Regesto dei marchesi di Saluzzo, pp. 324-326, doc. 6). Da allora Dogliani sarebbe stato di pertinenza dei Saluzzo.
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Feudo | Nel 1197 Bonifacio di Monferrato dà – in feudo? – a suo nipote Bonifacio figlio di Manfredo II di Saluzzo alcune sue terre, fra cui Dogliani (Regesto dei marchesi di Saluzzo, p. 36, reg. 115). Giusto un anno prima veniva rogato un atto «in turri Dolanii» con cui Manfredo di Busca conte di Loreto donava a Bonifacio di Monferrato tutto ciò che possedeva in «Lombardia», vale a dire «Dolanum», Santo Stefano e Cossano, eccettuati Bossolasco e Niella (forse «Dolanum» non va identificato con Dogliani ma con un luogo scomparso, come si può ipotizzare quando si noti che tutti gli altri luoghi citati sono posti lungo la valle Belbo e che la forma «Dolanum» non è altrimenti attestata) (Regesto dei marchesi di Saluzzo, p. 34, reg. 110). Venti anni dopo, nel 1223, Guglielmo di Monferrato investe Manfredo III di Saluzzo del castello, villaggio e giurisdizione di Dogliani (Regesto dei marchesi di Saluzzo, pp. 74-5, reg. 255, pp. 76-77, reg. 264). Nel 1233 Bonifacio di Monferrato promette al comune di Alba il salvacondotto per il passaggio dei suoi uomini presso Dogliani e il suo territorio nel corso della guerra che gli Albesi avevano contro gli Astigiani e i marchesi del Vasto (altrimenti detti di Saluzzo), promettendolo di far giurare in proposito gli uomini e il castellano di Dogliani (Regesto dei marchesi di Saluzzo, pp. 94-5, reg. 326). Bonifacio sembrerebbe quindi rivendicare la capacità di intervenire sulla comunità e i castellani di Dogliani (nominati dai Saluzzo) nella sua qualità di signore eminente. D’altra parte che egli fosse l’autorità dalla quale proveniva l’investitura su Dogliani non appariva dubbio: nel 1254 il marchese di Saluzzo Tommaso I «consignavit pro feudo» il castello di Dogliani, con il patto che gli uomini di Dogliani prestassero fedeltà prima al marchese di Monferrato e, in un secondo tempo, fedeltà e omaggio al marchese di Saluzzo su mandato del marchese di Monferrato (Regesto dei marchesi di Saluzzo, p. 119, reg. 415). Nel 1297 per volere di Manfredo IV di Saluzzo un rappresentente della comunità di Dogliani promise che gli uomini di Dogliani sarebbero stati «fideles et legitimos homines» del dominus Giovanni di Saluzzo suo fratello (Regesto dei marchesi di Saluzzo, p. 180, reg. 695). Nel medesimo anno la comunità di Dogliani donò l’ufficio di consolato, che spettava agli uomini di Dogliani, a Giovanni; in cambio Giovanni rinunciò a certi diritti che vantava sulle comunanze di Dogliani (cfr. il lemma ‘Comunanze’) e alle prestazioni d’opera che gli dovevano i Doglianesi (Tallone 1916, pp. 414-418, doc. 63). Da allora Giovanni divenne signore di Dogliani e la signoria su Dogliani passò sotto il controllo di un ramo cadetto dei Saluzzo (nel 1299 il marchese di Monferrato investe Giovanni del feudo di Dogliani: AST, sez. I, Provincia di Saluzzo, m, 5, n. 5). Nel 1311 viene sanzionata, in un arbitrato tra Teodoro di Monferrato e Manfredo IV di Saluzzo, la dipendenza diretta per il feudo di Dogliani di Giovanni di Saluzzo e i suoi eredi dal marchese di Saluzzo che, a sua volta, tiene il feudo dal marchese di Monferrato: Teodoro procede infatti immediatamente a concedere la licenza a Giovanni di Saluzzo di giurare fedeltà al marchese di Saluzzo per il castello e villaggio di Dogliani e per tutti gli altri feudi che tiene dai marchesi di Monferrato (Regesto dei marchesi di Saluzzo, pp. 221-24, reg. 809, p. 224, reg. 810). I diritti sul feudo di Dogliani avrebbero mantenuto unitarietà fino alla morte di Giovanni di Saluzzo. Quest’ultimo con il suo testamento (datato al gennaio 1334) e successivi codicilli (dicembre 1338) lasciava ai suoi figli e nipoti un patrimonio indiviso di beni, diritti e giurisdizioni. Ancor prima della sua morte, e con il suo stesso concorso, si provvide a dividere il patrimonio in quarti, destinando ogni quarto a due fratelli (un quarto andava a uno dei sette fratelli sopravvissuti e a due figli di un fratello defunto): il mero e misto impero e tutta la giurisdizione su Dogliani rimasero comuni tra le parti, mentre diritti minori promananti da Dogliani stessa, come per esempio il forno o i mulini, andarono all’una o all’altra delle quattro parti (AST, Corte, Provincia di Saluzzo, m. 5, n. 12; il documento n. 13, del marzo 1345, è una ratifica della divisione del 1339). Successivamente i quarti dovettero a loro volta essere divisi in due, e di conseguenza le quote di feudo di Dogliani andarono o a una sola delle due parti titolari del quarto (AST, Corte, Provincia di Saluzzo, m. 5, n. 14, aprile 1349) o furono a loro volta divise in due ottavi. Nell’agosto 1595 Carlo Emanuele I di Savoia infeudava al signor don Rodrigo de Sande marchese di Piovere «il luogo et terra di Dogliani et mandamento» con mero e misto imperio, prima e seconda cognizione di tutte le cause civili e criminali, nonostante la concessione fatta dallo stesso Carlo Emanuele al vassallo Carlo Roero dei redditi e convenzioni del detto luogo, per i quali sarà fatta a quest’ultimo assegnazione in altro luogo. Don Rodrigo e i suoi figli maschi vengono insigniti del titolo di conti di Dogliani. Carlo Emanuele, nelle patenti di concessione, giustificava l’infeudazione con i servigi che il de Sande gli aveva prestati nella guerra presente (AST, Camera dei Conti, Patenti controllo finanze, 1595 m. 96, f. 189). |
Mutamenti di distrettuazione | Il complesso mosaico dei poteri che, a partire dalla fine del XII secolo, furono interessati alla zona delle Langhe in cui si trovava Dogliani, vide in una posizione costante di superiorità il comune di Asti, che, se non disponeva di un controllo diretto sulla zona, era comunque in grado di esercitare una salda egemonia sulle forze in campo: che furono i marchesi di Savona alla fine del XII secolo e poi stabilmente, a partire almeno dagli anni Venti del Duecento, i marchesi di Saluzzo. Nelle prima metà del Trecento Dogliani passò al ramo cadetto dei Saluzzo, il cui capostipite fu Giovanni, investito dell’importante villaggio dal fratello Manfredo IV. Nel Cinquecento Dogliani seguì le alterne vicende del marchesato di Saluzzo, sottoposto, sin dalla lunga reggenza di Margherita di Foix (1504-1526), a crescenti influenze francesi, fino alla diretta dipendenza dalla Francia dal 1544 al 1588. Per fare un esempio, una lite tra la comunità e uomini di Dogliani e la comunità e uomini di Somano, sottoposta quest’ultima allora alla giurisdizione del duca di Mantova, originata dal rifiuto di alcuni uomini di Somano, che possedevano beni fondiari nei confini di Dogliani, a pagare a Dogliani le tasse imposte sulla proprietà fondiaria, viene udita nel 1565 davanti alla camera delfinale (AC Dogliani, Atti di lite, vol. liti tra la comunità di Dogliani e quella di Somano). Nell’ultimo decennio del sec. XVI il marchesato, pur mantenendo una sua identità politico-territoriale, di carattere ormai provinciale, fu annesso al ducato di Savoia. Fu allora costretto a concorrere, con quell’area storico-politica detta allora “Piemonte”, al pagamento dei carichi fiscali imposti dai duchi di Savoia: Dogliani, forte di una sua particolare posizione all’interno del marchesato (cfr. i lemmi ‘Comunità, origine, funzionamento’ e ‘Feudo’), richiesta di concorrere al pagamento dei carichi, accampò immunità fiscali (AC Dogliani, Atti di lite, vol. atti contro il marchesato). Un documento relativo alla settecentesca Perequazione generale del Piemonte comprende Dogliani entro la provincia di Alba (AST, Camera dei Conti, II archiviazione, capo 21). Sembrano chiare le incertezze dei vertici del potere sabaudo circa il destino da attribuire alle comunità già parte del marchesato di Saluzzo entro l’ordinamento provinciale. Nell’Ottocento, Dogliani risulta inserita nella provincia di Mondovì.
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Mutamenti Territoriali | Nel giugno del 1927 – in seguito all’emanazione della legge che prevedeva accorpamenti e scorpori dei tenitori comunali, intesi a razionalizzare la gestione amministrativa dei comuni, al di là delle specifiche tradizioni storiche di indipendenza o dipendenza istituzionale e territoriale – il comune di Dogliani inviava alla Deputazione provinciale di Cuneo una relazione del suo podestà. Con essa il funzionario tracciava un quadro di Dogliani e della zona immediatamente circostante nell’intento di dimostrare l’opportunità di annettere cinque comuni circostanti a quello di Dogliani, per ragioni di carattere essenzialmente economico e amministrativo: facilitare i servizi pubblici, creare progresso e benessere, disporre di una maggiore base finanziaria per realizzare opere di utilità pubblica che giovassero ai piccoli centri, ecc. I comuni da annettere erano: Monchiero (640 ab., bilancio annuo inferiore alle 40 mila lire, territorio 475 ha e quindi poco esteso), Cissone (460 ab., bilancio annuo inferiore a 25 mila lire), Bonvicino (737 ha di superficie, bilancio annuo inferiore a 28 mila lire, comunicazioni solo con Dogliani e dipendenza da Dogliani per tutti i servizi), Somano (territorio di 1237 ha che si incunea in quello di Dogliani, popolazione di 1080 ab., dipendenza da Dogliani per i servizi, bilancio di circa 40 mila lire che non permette di fornirsi dei necessari servizi, manca per esempio ancora l’energia elettrica), Belvedere Langhe (705 ab., territorio di 496 ha, facili comunicazioni con Dogliani, dipendenza per i servizi da Dogliani). Suggeriva inoltre di annettere tre frazioni di Farigliano – Moncucco, Spinardi e Piamboso – a Dogliani, dato che le comunicazioni con il centro della loro circoscrizione comunale presentava grandi difficoltà, essendo i loro abitanti costretti a passare per il territorio di Belvedere Langhe e poi di Dogliani percorrendo una distanza di 6 km. Infine proponeva di rettificare il confine tra i territori di Dogliani e Roddino nella zona della valle del Riavolo, «in cui i due territori con incomprensibile motivo prolungano due propaggini con evidente danno dei servizi». Ciò allo scopo di facilitare l’annessione del comune di Cissone (Arch. storico della Provincia di Cuneo; cfr. le schede dedicate a Cissone, Somano e Roddino). La proposta, per quanto se ne sa, non ebbe seguito.
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Comunanze | Quando, nel 1297, il comune di Dogliani donò a Giovanni di Saluzzo il consolato di Dogliani (cfr. il lemma ‘Feudo’) Giovanni rinunziò contestualmente ai diritti che vantava sulle comunanze boschive (in cambio gli uomini di Dogliani avrebbero dovuto circondare di mura il borgo di Dogliani). Nello stesso documento si pattuiva anche che Giovanni potesse esercitare il diritto di prelazione nel caso gli uomini di Dogliani avessero voluto vendere le comunanze; inoltre gli eventuali compratori avrebbero dovuto pagare un fitto annuale a Giovanni. Quest’ultimo prometteva anche di fare «expedire comuni Doliani omnia comunia quae tenerentur per aliquas personas iniuste». Giovanni inoltre limitava il suo diritto di tagliare alberi ai soli boschi comunali (evidentemente in precedenza aveva proceduto a prelievi arbitrari di legname) (Tallone 1916, pp. 414-418, doc. 63). La scheda relativa a Dogliani disponibile presso il CLUC, formata con dati raccolti nel corso di sopralluoghi effettuati per conto del Commissariato tra la fine degli anni Venti e i primi anni Trenta (il primo decreto commissariale di assegnazione dei beni comuni di Dogliani a categoria è del marzo 1934) consiste in un elenco di 33 appezzamenti estesi complessivamente 22.079 mq. Si tratta di incolto per 15 appezzamenti (per un totale di 6.339 mq), 6 appezzamenti di bosco (8.545 mq), di 4 appezzamenti inseriti nelle categorie dette «colture agrarie» (435 mq), di 5 pezze di prato (2.860 mq), di un pascolo (245 mq), di 2 seminativi (3.655 mq). Le località in cui si situano i beni comuni sono numerose, le più ricorrenti sono in ogni caso Cabuello, S. Luigi, S. Lucia, Raviolo, Pianezzo, Monera e Martina.
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Liti Territoriali | Lite di cui esiste sentenza del 2 luglio 1383, ma che si trascinava almeno dal 1325, quando Lorenzo de Quiliano vende al dominus Giovanni di Saluzzo la metà del navigium Tanagri, [...] quod navigium est in Viaglano cui coherent fines Fariglani et Doliani, qui fines sunt in discordia, et finis Baenarum [A.S.T., Corte, Provincia di Saluzzo, Mazzo 5, n. 10]. La discordia verte quindi tra Farigliano e Dogilani per un luogo detto in Viaglono, frazione presso la riva sinistra del Tanaro, distinta oggi in Viaiano e Viaiano Sottano, situate entro il territorio di Farigliano. Il procuratore dei signori e della comunità di Dogliani, rivolgendosi al giudice e commissario del marchese Federico di Saluzzo, sottolineava invece allora che il luogo era posto nel territorio di Dogliani, confinando con Farigliano, il Tanaro e Monchiero. Secondo l’accusa, i Fariglianesi erano penetrati a mano armata nel territorio di Dogliani, avevano interrotto le strade pubbliche e posto sul luogo conteso nuovi segni di confine. II procuratore di Dogliani rivendicava in particolare il territorio delimitato ab erzenis Poglani ynfra usque ad fines Montisclari (dagli argini di Pogliano ai confini di Monchiero), dicendo che Dogliani l’aveva posseduto pacificamente da 30 anni e più, che non esisteva memoria contraria e che vi aveva tenuto porto, navigium, e passaggio del Tanaro. I Fariglianesi, pur convocati dal giudice marchionale per testimoniare, non si presentano. Depongono allora, su richiesta del procuratore di Dogliani, testimoni di Bene Vagienna e altri, i quali confermano le dichiarazioni del detto procuratore. I Fariglianesi, nuovamente convocati, non si presentano (da osservare che Farigliano era probabilmente sotto la signoria di un Zurato de Braida che poteva faticare, e lo si comprende bene, a riconoscere o comunque a fare affidamento in un giudice marchionale, dato che i signori di Dogliani erano di un ramo cadetto dei marchesi di Saluzzo). Il giudice sentenzia infine l’appartenenza al territorio di Dogliani del luogo di Viaiano. La lite non doveva tuttavia essersi risolta con la sentenza appena detta, se nell’Archivio di Stato di Torino sono raccolti: vari contratti comprovanti siccome la regione di Voglano controversa tra le comunità di Dogliani e Farigliano resta nel territorio di detto luogo di Dogliani [A.S.T., Corte, Provincia di Saluzzo, Mazzo 5, n. 15]. Tali carte, datate tra 1352 e 1428, non contengono altro che rogiti di privati riguardanti terre che si dicono situate nei confini di Dogliani loco dicto in Viaglano. Oggi la zona di Viaiano, come già detto, si trova in territorio di Farigliano. Dogliani è attualmente priva di sbocchi sul Tanaro [Vd. anche scheda Farigliano].
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A.C.D. (Archivio Storico del Comune di Dogliani). Vedi inventario.
A.C.D., Atti di lite, vol. liti tra la comuità di Dogliani e quella di Somano; vol. atti contro il marchesato. A.S.T. (Archivio di Stato di Torino).
A.S.T., Sezioni Riunite, Carte topografiche e disegni, Carte topografiche serie III, Cherasco , Mazzo 1, "Tipo regolare delle strade che dalla Città di Cherasco tendono l'una à Dogliani, e l'altra alla Città di Bene, con la delineazione del / progetto tinto in rosso, e degl'altri fatti sull'Instanza della Stessa Città, e d'Alcuni Particolari Interessati, ed in questo descritti". "Tipo regolare delle strade che dalla Città di Cherasco tendono l'una a Dogliani e l'altra alla città di Bene con la delineazione del progetto tinto in rosso, e degl'altri fatti sull'Istanza della stessa Città ed alcuni particolari interessati ed in questo descritti". Torino, 18 agosto 1778, N. Bojne. Inchiostro e acquerello di vari colori (Data: 18 agosto1778) [Autore disegno originale: N.[icolao] Bojne ]. Vedi mappa. A.S.T.,Camera dei Conti, II Archiviaziazione, Capo 21, n. 13. A.S.T.,Camera dei Conti, Patenti controllo finanze, 1595 Mazzo 96, f. 189. A.S.T.,Sez. I, Provincia di Saluzzo, Mazzo 5, nn. 5, 7,10 e 15. A.S.T.,Corte, Provincia di Saluzzo, Mazzo 5, nn. 12-14. B.R.T. (Biblioteca Reale di Torino).
B.R.T., Storia patria nn. 383 e 853. | |
Bibliografia | Barelli G., Statuti e documenti di Carrù, statuti e “Liber franchisiarum et libertatum” di Dogliani, Borgo S. Dalmazzo 1952 (BSSS 176).
Borelli G.B., Editti antichi e nuovi de’ sovrani prencipi della real casa di Savoia, Torino 1681.
Blaeu, Joan, Theatrum statuum regiae celsitudinis Sabaudiae ducis, Pedemontii principis, Cypri regis. Pars altera, illustrans Sabaudiam, et caeteras ditiones Cis & Transalpinas, priore parte derelictas, vol. 2, apud heredes Ioannis Bleu, Amstelodami, 1682, Dolianum. Vedi mappa.
Dao E., La Chiesa nel Saluzzese fino alla costituzione della diocesi di Saluzzo (1511), Saluzzo 1965.
De Bartolomeis G.L., Notizie topografiche e statistiche sugli Stati Sardi, Torino 1840-1847, 4 voll. in 6 tomi.
Dizionario di toponomastica. Storia e significato dei nomi geografici italiani, Torino 1990.
Fontana L., Bibliografia degli statuti dei comuni dell’Italia superiore, Torino 1907.
Istituto Geografico Militare, Firenze, tavoletta n. 80-I-SE, Bene Vagienna.
Istituto Geografico Militare, Firenze, tavoletta n. 81-IV-SO, Bossolasco.
Istituto Nazionale di Statistica, 13° censimento generale della popolazione e delle abitazioni, 20 ottobre 1991. Fascicolo provinciale Cuneo, Roma 1994.
Manno A., Bibliografia storica degli stati della monarchia di Savoia, Torino 1884-1934, 10 voll., vol. IV.
Nada Patrone A., I centri monastici nell’Italia occidentale (Repertorio per i secoli VII -XIII), in Monasteri in alta Italia dopo le invasioni saracene e magiare (sec. X-XIII). Relazioni e comunicazioni presentate al XXXII Congresso storico subalpino (Pinerolo, 6-9 settembre 1964), Torino 1966, pp. 631-794.
Provero L., Dai marchesi del Vasto ai primi marchesi di Saluzzo. Sviluppi signorili entro quadri pubblici (secoli XI-XII), Tonno 1992 (BSS 209).
Società per gli Studi storici, archeologici ed artistici della Provincia di Cuneo, Atlante storico della provincia di Cuneo, Cuneo 1973.
Raccolta per ordine di materie delle Leggi, Editti, Manifesti ecc. […] della Real Casa di Savoia compilata dall’avvocato Felice Amato Duboin, Torino 1833, tomo IX.
Regesto dei marchesi di Saluzzo (1097-1340), a cura di A. Tallone, Pinerolo 1906 (BSSS 16).
Tallone A., Tommaso I marchese di Saluzzo (1244-1296). Monografia storica con appendice di documenti editi, Pinerolo 1916 (BSSS 87).
Torre A., Il consumo di devozioni. Religione e comunità nelle campagne dell’Ancien Régime, Venezia 1995.
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Descrizione Comune | Dogliani
Di un certo interesse per i nostri scopi è la relazione, redatta intorno al 1760, dell’intendente sabaudo Corvesi sulla provincia di Mondovì, in cui Dogliani risultava allora compresa (BRT, Storia patria n. 853). Accorpamento anomalo quello alla provincia di Mondovì, se nello stesso tempo, come notò l’intendente, Dogliani restava compresa nella diocesi di Saluzzo. In realtà se scorriamo le liste provinciali precedenti notiamo che l’anomalia era cosa recente: l’editto del 1622 di Carlo Emanuele I – che riduceva a 12 le provinole di qua dai monti che nel 1620 erano state fissate in numero di 16 (per l’editto del 1622: Duboin 1833, pp. 337-343; Statuti e documenti di Carrù, pp. 787-88) – comprendeva Dogliani nella provincia di Saluzzo, mentre un documento più tardo relativo alla Perequazione generale del Piemonte (AST, Camera dei Conti, II archiviazione, capo 21, n. 13) lo situava nella provincia di Alba. Grandi incertezze dunque al vertice: Dogliani – che storicamente aveva costituito il caposaldo orientale del marchesato di Saluzzo e che della diocesi saluzzese, costituita nel 1511, era una delle isole più rilevanti all’interno dell’antica diocesi di Alba – era stata in poco più di un secolo accorpata a tre diverse province: Saluzzo (provincia, si direbbe, “naturale”), Alba e poi Mondovì. Alla provincia di Mondovì avrebbe poi continuato ad appartenere, come attesta per esemio De Bartolomeis (De Bartolomeis 1840-1847, vol. II, p. 31). L’inclusione di Dogliani nell’ambito provinciale monregalese dovette anzi essere considerato il suo destino definitivo se, quando la Sede Apostolica, nell’età della Restaurazione, mise mano a una riforma complessiva dell’assetto circoscrizionale diocesano, assegnò Dogliani alla diocesi di Mondovì (cfr. il lemma ‘Diocesi’).
Ma torniamo alla relazione dell’intendente Corvesi. Egli indicava i confini del territorio comunale con i territori delle altre comunità: Lequio Tanaro, Cherasco, Somano, Farigliano, Bonvicino e Belvedere; e sottolineava che l’unico fiume che scorreva all’interno del territorio era il torrente Rea, insieme con due suoi minori affluenti. A due cose bisogna almeno accennare: anzitutto alla notevole nitidezza e semplicità della “immagine confinaria” che Corvesi aveva del territorio che prendeva in esame, nitidezza e semplicità che assumono particolare risalto se confrontate con l’attuale situazione (cfr. il lemma ‘Confini’). Poi al fatto rilevante che nella descrizione settecentesca si ignorava il Tanaro, che doveva essere la principale risorsa economica della zona. Torniamo allora per un momento alla lite tre-quattrocentesca con Farigliano. Con la località di Viaiano Dogliani contendeva a Farigliano uno sbocco sul Tanaro. La vendita a Giovanni di Saluzzo della metà del del «navigium Tanagri» di Viaiano, proprio mentre infuriava la discordia confinaria tra Dogliani e Farigliano, si era nel 1325, sembrava voler precostituire una soluzione favorevole alla comunità doglianese, di cui Giovanni era signore (cfr. il lemma ‘Feudo’). E in effetti il tribunale marchionale sentenziò in favore di Dogliani. Peccato però che Farigliano non ricadesse sotto la giurisdizione marchionale, cosa che rendeva la sentenza un mero ineseguibile pronunciamento di volontà di una parte. Non si conoscono gli sviluppi della vicenda, che dovette prolungarsi per almeno buona parte del Quattrocento, ma resta certa la sua conclusione: se Dogliani avesse avuto partita vinta l’intendente Corvesi avrebbe dovuto, se non accennare al Tanaro, almeno segnare una confinanza con Bene Vagienna, cosa che nella sua strana designazione di confini non avviene. Non si scorrerà qui la relazione Corvesi relativa a Dogliani, luogo medio come grandezza entro l’insieme delle 64 comunità che componevano la provincia di Mondovì, nella sua interezza e, secondo Manno, articolato nei quartieri di Borgo Maggiore, Borgo Superiore o Castello, Borgo degli Airali (Manno1884-1934, vol. V, p. 177). Ci si soffermerà soltanto ancora sugli enti religiosi del territorio comunale, sui quali verteva buona parte della descrizione dell’intendente. Anzitutto le due parrocchie: quella dei SS. Quirico e Paolo nel Borgo inferiore, priva di cimitero (il vescovo di Saluzzo, precisa l’intendente, aveva allora dato l’ordine di formarlo); quella di Borgo Castello con il titolo di S. Lorenzo. Fra le due parrocchie, aggiungeva Corvesi, «corre poca unione, con ammirazione e scandalo non solo de’ parrocchiani che del vicinato, e ciò per motivi di precedenza ed altri pontigli di processione per cui vi è lite attuale avanti la curia vescovile di Saluzzo». Questioni, come si vede, di carattere giurisdizionale, la cui reale portata si può qui solo intuire, ma che in ogni caso dovevano andare al di là della precedenza e del puntiglio (Torre 1995). C’è poi la questione del cimitero, di cui risulta priva la parrocchia di S. Quirico. In realtà grazie a quanto dice Corvesi, che ci informa che a un quarto circa di miglio da Dogliani esisteva una cappella di S. Quirico già parrocchia, intuiamo che quest’ultima non doveva essere priva di un luogo di sepoltura, e che quando si era deciso di spostare la parrocchia nel concentrico di Dogliani non si era potuto, per motivi che ignoriamo, dotarla di un connesso cimitero. Inoltre lo spostamento, probabilmente abbastanza recente, non era forse stato del tutto indolore, se l’ormai cappella di S. Quirico, oltre a essere dotata di una «fabbrica di esercizi spirituali» era dotata di un reddito derivante da un recente legato pio. Capace quindi ancora di attrarre devozioni e pii legati, la cappella conservava un ruolo derivante dal ricordo di una passata dignità. Tralasciamo quanto riguarda le due confraternite del Borgo inferiore, il convento dei Carmelitani (dotato di un reddito di 5.000 lire proveniente da beni allodiali), e le numerose cappelle del territorio prive di redditi fissi. Soffermiamoci invece, in conclusione, sull’antica pieve. Si è visto (cfr. il lemma ‘Pieve’) che la pieve di Dogliani era intitolata a S. Maria e soggetta agli Agostiniani di Ferrania. Non disponiamo di altra documentazione relativa a questo importante titolo. Corvesi conferma che la «Madonna della Pieve», distante da Dogliani circa un miglio, dipendeva dall’abbazia di Ferrania. Al tempo suo era però, non sappiamo da quando (forse sin dal XV secolo), ridotta in commenda in possesso del conte di Scarnafigi in quanto erede dell’ultimo marchese Scarampi del Cairo. La commenda possedeva due grosse cascine che, qui ciò che più ci interessa, i commendatari pretendevano immuni dai carichi comunali, mentre alla comunità tale immunità non risultava. Anche in questo caso, se non un conflitto, una tensione su corpose questioni di carattere giurisdizionale, a conferma che gli enti ecclesiastici, quale che sia la loro consistenza, emergono spesso nella documentazione di età moderna in legame con interessi di questa natura. |