Autori | Bordone, Renato |
Anno Compilazione | 1998 |
Provincia | Asti.
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Area storica | Astigiano.
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Abitanti | 855 (ISTAT 1991).
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Estensione | 1456 ettari (312 del territorio di Bagnasco).
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Confini | A nord Capriglio, Piovà Massaia e Piea, a nord-est Viale d’Asti, a sud-est Cortazzone, a sud Roatto e San Paolo Solbrito, a ovest Villanova d’Asti e Buttigliera d’Asti.
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Frazioni | Montafia, Bagnasco, Cascina Marco, Pessina, Zolfo.
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Toponimo storico | «Castrum Montis Phialis» nel 1108 (Codex Astensis, docc. 890-91), dalla fine del XII secolo sempre «Montafia» o «Muntafia».
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Diocesi | Asti.
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Pieve | Bagnasco, da cui dipendono nel 1345 S. Martino di Montafia, S. Marziano di Montafia e la chiesa di Vignole (nel territorio di Montafia), oltre a Capriglio e i luoghi scomparsi di Montercaldo e Mainito (Bosio 1894, p. 523).
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Altre Presenze Ecclesiastiche | Fin dal 1118 l’abbazia di S. Solutore di Torino possiede in Montafia «ecclesia Sancti Marciani cum suis pertinenciis» (Le carte dello Archivio Capitolare di Torino, doc. 9), beni confermati nel 1146 dal papa Eugenio III (Le carte dello Archivio Capitolare di Torino, doc. 13) e nel 1159 dall’imperatore Federico Barbarossa (MGH, Diplomata, doc. 251, pp. 48-49). Probabilmente per conto di S. Solutore a partire dal 1268 il vescovo di Torino ne investe feudalmente i signori de Montafia (I protocolli di Tedisio, docc. 67 e 130).
Nel 1585 la visita apostolica fornisce testimonianza di un ormai estinto giuspatronato signorile cui era sottoposta la parrocchiale di San Martino (AD Asti, Visitatio apostolica episcopi Sarsinatensis 1585, ms., ff. 189-190v). |
Assetto Insediativo | Le fasi insediative di Montafia risultano al contempo complesse e oscure. Il territorio attuale è il risultato di una policentricità altomedievale, attorno ai luoghi di Varisella, Bagnasco e del castello di Montafia. Il villaggio di Varisella è nel secolo XII un presidio feudale del comune di Asti, a sud della Montafia attuale. Il villaggio nei pressi della chiesa di S. Martino – oggi cimiteriale – scompare presto e si sposta nell’area del castello. A nord di questo, parallelamente, si sviluppa il villaggio di Bagnasco, con appartenenza feudale separata e dal secolo XIII staccato dal feudo ecclesiale di Montafia (cfr. il lemma ‘Mutamenti territoriali’). A metà Settecento il luogo risulta ormai «unito e non diviso in borgate» (BRT, Relazione generale dell’Intendente d’Asti sullo stato della Provincia, 1753, f. 146v).[Voce a cura di Cesare Morandini, 2004]
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Luoghi Scomparsi | Varisella, attestato nel 1108, a sud dell’attuale abitato.
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Comunità, origine, funzionamento | La dipendenza signorile dai di Montafia obbligava la comunità a sottostare ai diritti giurisdizionali, di omaggio, fedeltà, di pascolo, di pesca ecc. dei signori (elencati nell’investitura del 1467) (Ragioni della Sede Apostolica 1732, p. 337). Secondo testimonianze del tempo, fino a tutto il Settecento su un colle a meridione era ancora visibile il patibolo fatto erigere da papa Clemente XII (Bordone 1977, p. 171). La comunità, organizzata nel Cinquecento, si mostra dunque in gran parte dipendente dal signore.
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Dipendenze nel Medioevo | Un terzo del castello e del villaggio nel 1108 perviene al comune di Asti che lo riconferma in feudo ai signori de Montafia (1191) (Codex Astensis, docc. 784, 890-91) e ancora nel Trecento pare esercitare un certo controllo, grazie anche alle alleanze dei signori con i Visconti (1377) e gli Orléans (1388) (Archivio Opera Pia Barolo, m. 66/2), ma fin dal 1268 i di Montafia risultano essere vassalli del vescovo di Torino («de castro, villa, iurisdictione, contili») che li investe reiteratamente per tutto il medioevo. Anche il marchese di Monferrato, di cui i signori nel 1320 appaiono essere vassalli per il feudo di Castelvero (Piovà) (BSAT, Inventari Torelli), cercò di esercitare diretta autorità su Montafia, includendo il luogo nell’elenco delle terre confermate nel 1355 dall’imperatore Carlo IV, ma, si direbbe, senza seguito.
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Feudo | Il vescovo di Torino Tedisio ne rinnova l’investitura ai signori di Montafia nel 1303 («de parte quam habent») (I protocolli di Tedisio, doc. 67 e 130), nella seconda metà del Trecento e nel Quattrocento (1467: tre parti) (Ragioni della Sede Apostolica 1732, p. 33). Nel 1535 il papa Paolo III concede ad Antonio di Montafia di poter lasciare in eredità la metà del feudo al primogenito; all’estinzione dei Montafia (1577), il vescovo di Torino vi infeudò Lelio Della Rovere che rinunciò a favore del nipote del pontefice Gregorio XIV, Francesco Sfrondati (1591); gli eredi vendettero il feudo al marchese di Pianezza Carlo di Simiane donde agli Imperiali di Simiane (Ragioni della Sede Apostolica 1732, pp. 197, 215, 231, 233). Pervenuto ai Savoia nel Settecento, fu infeudato agli speziali Gamba nella nota “vendita dei feudi” del 1722.
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Mutamenti di distrettuazione | Come feudo ecclesiastico, Montafia non dipende dai Savoia fino al 1741, ma il duca nel 1558 ne ottenne la fedeltà dei signori e nel 1560 viene riconosciuto dal papa a Emanuele Filiberto il vicariato su Montafia, Tigliole, Maretto e Roatto, in cambio di un’annua ricognizione. Alla morte dell’ultimo dei Montafia (1577) la S. Sede, in lite coi Savoia, vi prese direttamente possesso, tramite il Nunzio e poi concedendolo in feudo insieme con gli altri luoghi ricordati. Nel 1672 il papa eresse in principato il feudo; con la convenzione del 1741 passò al Regno sardo e fu attribuito alla provincia di Asti.
In anni recenti Montafia ha aderito alla Comunità Collinare Alto Astigiano. |
Mutamenti Territoriali | Il territorio, probabilmente di origine altomedievale, inglobò ben presto il luogo scomparso di Varisella (attestato nel 1108) (Codex Astensis, doc. 891), poco lungi dalla chiesa romanica di S. Martino, tuttora esistente come cimiteriale. Vi fu uno spostamento di popolazione presso il castello, nelle cui vicinanze sorgeva l’antica chiesa di S. Giovanni, scomparsa nel Cinquecento, mentre rimase il titolo di S. Martino alla nuova parrocchiale. Il territorio originario di Montafia si estendeva a sud dell’attuale centro abitato, mentre a nord si trova quello di Bagnasco, sede della pieve di S. Giorgio, che nel 1928 fu inglobato nel territorio di Montafia e ne rimane ancor oggi parte integrante (Decreto 1058). Lo stesso anno gli fu annesso anche il territorio del comune di Capriglio (Decreto 2142), che venne però nuovamente staccato e ricostituito nel 1946 (Decreto 280).
Nel 1221 (Inventario Torelli cit.) il vescovo di Asti aveva concesso le decime di Bagnasco ai signori di Montafia. In seguito Bagnasco venne a far parte del dominato dei conti di Cocconato, potente consortile che esercitava la sua autorità anche sui territori limitrofi, spingendosi fino al Po, non senza interferenze da parte dei marchesi di Monferrato, di cui apparivano comunque vassalli per Piovà e Cerreto. Per Bagnasco la comunità raggiunse nel 1391 una convenzione con i marchesi, obbligandosi al pagamento di un censo (il che provocò uno strascico di liti protrattesi fino al 1603), benché la giurisdizione fosse esercitata dai conti di Cocconato (AC Montafia, Bagnasco). La contea al principio dell’età moderna comprendeva, oltre Bagnasco, anche Cocconato, Aramengo, Robella, Brozolo, Marmorito, Passerano, Primeglio, Schierano e Capriglio, diventati “feudi imperiali” per sottrarsi alle mire dei Savoia e dei Monferrato, ma nel 1586 passò definitivamente ai Savoia, anche se questi nel 1590 lamentassero come a Bagnasco fossero stati rimossi dai Radicati gli stemmi sabaudi (AST, Corte, Prov. Asti). Pochi anni prima una lite territoriale fra i Cocconato e i Monferrato definiva intanto i confini settentrionali di Bagnasco verso le monferrine Cerreto e Piovà («arbor Ulmi in qua sunt cruces diffinientes fines Plebanatus a finibus Bagnaschi») (AC Piovà). Passato ai Savoia, Bagnasco fu infeudato al medico Giorgio Argentero di Castelnuovo nel 1597.[Voce a cura di Cesare Morandini, 2004] |
Comunanze | Scarse tracce, per la lunga prevalenza della signoria. Nelle misurazioni per la Perequazione sabauda degli anni Venti del sec. XVIII, la comunità risulta in possesso di circa 23 giornate di beni antichi. I boschi sono peraltro di nessun reddito per la presenza di polle d’acqua che li rende «fangosi». Un prato è affittato annualmente per dodici lire, i gerbidi sono lasciati al pascolo comune (AST, Camera dei Conti, capo 21, m. 73: Asti. Consegna beni immuni e comuni [1721], ff. 283-284).
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A.C.B. (Archivio Storico del Comune di Bagnasco). Vedi inventario.
A.S.T. (Archivio di Stato di Torino):
Camera dei Conti, capo 21, m. 73: Asti. Consegna beni immuni e comuni (1721), ff. 283-284; Corte, Prov. Asti. B.R.T. (Biblioteca Reale di Torino), Relazione generale dell’Intendente d’Asti sullo stato della Provincia, 1753, ff. 146v-148v.
B.S.T. (Biblioteca del Seminario arcivescovile di Torino), Inventari Torelli, Inventario Montafia.
Fonti edite:
MGH, Diplomata Regum et Imperatorurn Germaniae, XIV, 1, a cura di W. Koch, Hannover 2002.
Ogerio Alfieri, Chronica in Antiche cronache astesi, Asti 1978.
Ragioni della Sede Apostolica nelle presenti controversie colla corte di Torino, IV, s.l. 1732.
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Bibliografia | Bosio G., Storia della Chiesa d’Asti, Asti 1894.
Claretta G., I signori di Montafia, Tigliole, Roatto, Varisella e Maretto, Pisa 1882.
Goria P., Chiesa di Roatto d’Asti, Savigliano 1955.
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Descrizione Comune | Montafia
Nel caso del comune di Montafia appaiono determinanti la collocazione frontaliera del suo territorio e la strategia della famiglia signorile nel conservare, ben oltre il medioevo, una sorta di autonomia amministrativa che ne distingue gli sviluppi rispetto ai comuni circostanti.
Il luogo di Montafia, dominato da una famiglia che ne detiene il castello, compare al principio del XII secolo in un’area di confusa definizione distrettuale, posta quasi all’incrocio delle diocesi di Asti, Torino e Vercelli, alle quali sembrano quasi corrispondere le aspirazioni politiche del vescovo di Asti e del comune da poco sorto, quello del vescovo di Torino e quelle della dinastia aleramica dei marchesi di Monferrato e della loro clientela vassallatica. Se infatti proprio nel 1108 i signori locali donano al comune un terzo del castello che riottengono in feudo, alla metà del secolo il vescovo di Asti riceve il riconoscimento papale sulla pieve di Bagnasco da cui Montafia dipende e sul comitatus della località limitrofa di Capriglio, mentre il monastero torinese di S. Solutore fin dal 1118 possiede ivi la «ecclesia Sancti Marciani cum suis pertinenciis» e forse fin d’allora i signori sono vassalli del vescovo di Torino. Il marchese di Monferrato, dal canto suo, controlla l’area immediatamente settentrionale o in modo diretto o tramite i conti di Cocconato suoi vassalli. L’intreccio giurisdizionale e politico favorì certo lo sviluppo della dinastia locale che successivamente ottenne dai Monferrato il feudo di Castelvero (Piovà) e tentò l’espansione, parzialmente riuscita, verso sud, nell’area di Villafranca d’Asti e di Maretto-Roatto. La vera carta vincente fu però il legame vassallatico con il vescovo di Torino, formalizzato nel 1268 e nel 1303, che, sul lungo periodo, consentirà poi ai di Montafia di mantenersi estranei alla dominazione sabauda. Se nel Trecento la vicinanza con Asti determinava intromissioni giurisdizionali da parte del comune, con la cui classe dirigente formata di prestadenari i di Montafia precocemente si associarono riconvertendosi all’attività feneratizia oltralpina, essi mantennero sempre buoni rapporti con i signori regionali, dai marchesi di Monferrato ai Visconti e poi agli Orleans. I problemi paiono sorgere piuttosto nel Cinquecento con l’avvento dei Savoia che nel 1558 ottengono la fedeltà dei signori e delle comunità da loro dipendenti, Montafia, Maretto e Roatto, una fedeltà che costringe il papa, ora diventato titolare supremo dei feudi vescovili, a riconoscere al duca il vicariato su essi: i rapporti fra i due poteri furono comunque dialettici e la lite fra Roma e Torino sui feudi ecclesiastici si protrasse per due secoli, anche dopo l’estinzione della famiglia (1577). In questo clima di eccettuazione Montafia, con Maretto e Roatto che, pur allodiali, finirono per essere accomunati al feudo, godettero in fondo di una situazione di vigilante tutela dei propri confini – in frazione Barbone, sui confini di Maretto con Monale, ad esempio, sulla facciata di una cappella campestre è ancora visibile lo stemma del papa Gregorio XIV, postovi nel 1596 – e non subirono alterazioni territoriali. Qualcosa di analogo accadde nell’area a settentrione di Montafia, dove i conti di Cocconato difesero l’autonomia del proprio piccolo Stato appellandosi direttamente all’imperatore. Fra i villaggi considerati feudi imperiali era compreso fino al 1586 anche quello di Bagnasco ed è curioso rilevare come il molto più tardo accorpamento fascista (1928) abbia fuso insieme i territori di due “autonomie” storiche che seppero a lungo sottrarsi alla dominazione dello Stato sabaudo. |