Morozzo

AutoriGuglielmotti, Paola
Anno Compilazione1996
Provincia
Cuneo
Area storica
Monregalese.
Abitanti
1860 (ISTAT 1991).
Estensione
2196 ha (ISTAT 1991); 2215 ha (SITA 1991).
Confini
A nord S. Albano, a est Rocca de’ Baldi e Mondovì, a sud Margarita e Beinette, a ovest Cuneo, Castelletto Stura e Montanera.
Frazioni
Le attuali frazioni di Morozzo sono tre, tutte poste ai confini del territorio comunale: Trucchi, all’estremo limite ovest; Consovero, a nord, e Riforano, a est.
Toponimo storico
Nelle fonti più antiche (950-51) Morozzo è ricordata come «Morucio» (Le più antiche carte dell’archivio capitolare di Asti, doc. 66, pp. 122-126), e poi, dai secoli XI-XII, in frequente alternanza con «Morocio» o «Morotio»: non ne è proponibile un’etimologia, anche se i reperti romani trovati nelle sue vicinanze depongono per un’origine tardo antica (Nallino 1788, pp. 100, 114). In età moderna non è raro incontrare, per le contaminazioni idiomatiche francesi, la forma Moroty.
Diocesi
Fino al 1388, anno di erezione della diocesi di Mondovì, Morozzo rientra nella diocesi astigiana, che ha una distante appendice nell’estremo Piemonte meridionale: infatti il territorio compreso tra i fiumi Tanaro e Stura (il comitato di Bredulo) all’inizio del secolo X è donato dall’imperatore Ludovico III alla Chiesa di Asti (Guglielmotti 1990), che di fatto estende anche a questa zona la propria giurisdizione ecclesiastica. Questo territorio costituisce poi il nucleo principale della nuova diocesi monregalese, che dunque include anche Morozzo (Bordone 1992).
Pieve
La pieve è attestata documentariamente per la prima volta in un ampia conferma papale dei beni della Chiesa di Asti del 1153 (Il libro verde della chiesa di Asti, doc. 315, pp. 202-206): ne appare proponibile una fondazione nel pieno secolo XI sulla base di una recente ricognizione di superficie condotta alla cascina Chiesa Vecchia, situata al di fuori dell’abitato verso levante (Coccoluto, Comino, Ricchebono 1995, p. 45). Nel 1345 quella che è ormai definita la prepositura di Morozzo è a capo di dieci chiese (per il Registrum ecclesiarum diocesis astensis si veda: Conterno 1988, pp. 17-19).
Altre Presenze Ecclesiastiche
La presenza di altri enti ecclesiastici nel territorio direttamente organizzato dal castello di Morozzo è articolata già a partire dal secolo XI: nel 1014 è confermata una precedente donazione al distante monastero di S. Benigno di Fruttuaria, nell’Eporediese, di tutte le cappelle situate nel comitato di Bredulo, tra cui, anche se non esplicitamente menzionata, S. Biagio, che evolverà nel monastero di famiglia dei signori di Morozzo (MGH 1957, n. 300 bis, pp. 423-426). Dal secolo XII inoltrato o nel XIII sono poi attestate altre chiese di un certo rilievo ai fini dell’organizzazione della comunità e del territorio: S. Stefano (con funzioni cimiteriali), S. Giacomo, pertinente quei signori di Morozzo che si sono insediati a Bredulo, il priorato di S. Quirico, dipendente dal monastero di Breme in Lomellina. Nel territorio di Morozzo si sviluppano tra la fine del secolo XII e la prima metà del XIII importanti aziende delle certose di Pesio e di Casotto ed è inoltre fondato nel 1180 il monastero cistercense femminile di Pogliola, largamente dotato di compatti possedimenti dai signori locali (Guglielmotti 1990).
Assetto Insediativo
Luoghi Scomparsi
Comunità, origine, funzionamento
Prima ancora che sia attestato il comune di Morozzo, nel 1233, è possibile pensare a una trattativa condotta, anche a livelli molto semplici, dalla collettività locale con i signori locali: l’obiettivo è l’erezione di una fortificazione verosimilmente destinata ad accogliere gli abitanti del villaggio. Ciò è precedente il 1180, quando è appunto ricordato il dominus Guglielmo «de veteri castello», palesemente contrapposto a uno nuovo (Guglielmotti 1990, p. 195). L’organizzazione comunale è attestata non prima del 1233, quando il comune di Morozzo giura un’alleanza, nella forma del cittadinatico, con quello di Asti a scopo difensivo rispetto all’aggressività delle villenuove di Cuneo e Mondovì, fondate alla fine del secolo XII. Sono citati due consoli, Prando e Bonifacio Cavalerio (Guglielmotti 1990, p. 232). La piena età moderna non è quasi documentata.
Statuti
Nell’archivio comunale sono conservati gli ordinati a partire dai primi anni del secolo XVIII, mentre non sono pervenuti statuti comunali.
Catasti
È pervenuto un catasto forse settecentesco con una carta e conservato con cabrei, piani dimostrativi, tipi e altro materiale settecentesco e ottocentesco presso l’archivio comunale, mentre il materiale in Archivio di Stato di Torino è ottocentesco (AST, Camera dei Conti, Catasti).
Ordinati
Nell’archivio comunale sono conservati gli ordinati a partire dai primi anni del secolo XVIII, mentre non sono pervenuti statuti comunali.
Dipendenze nel Medioevo
Morozzo è in posizione centrale rispetto al territorio dell’estremo Piemonte meridionale affidato, come si è gia detto, alla Chiesa di Asti dall’imperatore Ludovico III nel 901-2: fino all’istituzione della nuova diocesi monregalese, che di fatto li espropria di gran parte delle loro prerogative sulla zona su questo territorio i vescovi astigiani tentano, con alterno successo, di costruire un principato territoriale (Bordone 1992). Uno dei principali ostacoli all’esercizio di una piena e uniforme giurisdizione, anche sul piano ecclesiastico, da parte dei rappresentanti della Chiesa astigiana è costituito dallo sviluppo di una salda circoscrizione signorile, con centro proprio in Morozzo: almeno dal secondo decennio del secolo XI questi signori gestiscono il proprio potere, acquisito al di fuori di qualsiasi delega, facendo perno sul castello eponimo, su quelli di Chiusa, Vasco e Roccaforte e poi anche su quello di Bredulo. È probabile che la tarda menzione della pieve quale pertinenza vescovile sia da attribuire alla resistenza che i signori oppongono per lungo tempo a una qualsiasi presenza di rappresentanti della chiesa di Asti (Guglielmotti 1990).
Feudo
Solo nel 1237 il rapporto tra il consortile di Morozzo e il vescovo di Asti (già presente nel castello da qualche decennio) si configura in modo formalmente feudale, poiché i signori cedono alla chiesa di Asti tutti i loro beni per riprenderli in feudo, benché continuino a restare implicite le rispettive competenze giurisdizionali (Guglielmotti 1990). Ma la loro decadenza nella seconda metà del secolo è inarrestabile. Nel 1319 i signori di Morozzo perdono definitivamente il castello concesso dal re Roberto d’Angiò al marchese Guglielmo di Ceva (Morozzo della Rocca 1858, pp. 12-13). Le infeudazioni del luogo hanno inizialmente lunghe soluzioni di continuità. Nel 1347 la comunità di Morozzo delega due suoi esponenti a sottomettersi a Luchino Visconti, signore di Milano, e a prendere accordi con il comune di Mondovì, dalla cui giurisdizione in precedenza dipendeva (Grassi di S. Cristina 1789, II, doc. 78, pp. 139-140). Nel 1397 gli accordi della tregua tra Amedeo principe d’Acaia e Teodoro marchese di Monferrato prevedono che il castello di Morozzo, insieme a quelli di Carassone, Vico e Beinette, sia dato in deposito ai rappresentanti di Gian Galeazzo Visconti duca di Milano (il marchese di Monferrato teneva Morozzo almeno dal 1382; AST [Archivio di Stato di Torino], Corte, Provincia di Mondovì, m. 1, n. 10). Il Dizionario di Casalis cita un’infeudazione ai Pallavicino nel 1620, subito seguita nel 1628 da una investitura alla famiglia Morozzo, che hanno acquistato il feudo dai Pallavicino.
Mutamenti di distrettuazione
Oltre alle testimonianze del 1438 e del 1506 relative a un controllo di Mondovì sul villaggio che si possono leggere qui di seguito e che depongono a favore del fatto che Morozzo tenda continuatamente a gravitare su questo centro, va citata una consegna dei beni immuni e comuni monregalesi attuata nel 1721: si apprende che nel 1598 Morozzo faceva capo alla città di Mondovì, come dichiarato rispetto ai diritti di utilizzo del gerbido di Praforchetto (AST, Camera dei Conti, II Archiviazione, Capo 21, Prov. di Mondovì, n. 78, Morozzo, ff. 7 e 8r).
Mutamenti Territoriali
Se appare chiaro a chi effettua transazioni patrimoniali quale sia il posse o territorio di Morozzo, almeno finché i signori vi hanno una salda presa, ciò vien meno non appena si avverte l’aggressività delle villenuove di Cuneo e Mondovì. Mondovì promuove direttamente la nascita di un’altra minore villanuova, Rocca de’ Baldi, attestata dal 1240, che si ritaglia lentamente una sua propria area, in un processo non ancora concluso nel secolo XVI e avvenuto a spese anche del territorio di Morozzo (Comino 1995). Il piccolo insediamento che cresce intorno al priorato benedettino di S. Biagio, situato a due chilometri a sud est dell’abitato, a lungo con funzioni di chiesa di famiglia per i signori di Morozzo, nel 1291 (quando talora è ormai ricordato come villa) appare da tempo incluso nel territorio controllato dal nuovo comune di Mondovì (Guglielmotti 1992, pp. 69 sgg.). È databile a un’età precedente il 1506 (come emerge da un compromesso tra Cuneo e Mondovì: BRT [Biblioteca Reale di Torino], Jura Civitatis Montisregalis, Mondovì 1598, doc. 129) l’aggregazione a Cuneo di Tetti Pesio, un piccolo agglomerato demico sviluppatosi attorno alla grangia della certosa di Pesio, attestata nei primi decenni del Duecento e già allora centro di sfruttamento di circa un migliaio di giornate di terra e prato (Guglielmotti 1986). Il fatto che la certosa di Pesio nel 1308 scelga di farsi proteggere proprio dal comune di Cuneo favorisce indubbiamente l’inclusione nel distretto cuneese della grangia e di gran parte dei compatti fondi che da essa sono coordinati (AST, Corte, Fondo Pietro Vayra). Nel 1326, comunque, un processo prova che «locus Morocii est subditus comunis Cunei» (si veda oltre). Simile sorte, ma con assorbimento da parte di Mondovì, è quella del monastero di Pogliola in età imprecisabile, pur non avendo adesso questa località una sua popolazione e un suo vero e proprio territorio (Bertano 1898, II, doc. 960, pp. 440-441), mentre Margarita, in origine egemonizzata da Morozzo, lentamente si emancipa da questo controllo, con processo sicuramente innescato dalla presenza di un castello, ricordato dalla fine del secolo XII (Guglielmotti 1990, p. 149) e con capacità di iniziativa autonoma almeno dal Quattrocento (Michelotti 1921, pp. 146-147). Un atto datato 1847 mostra come Morozzo detenga da tempo a titolo patrimoniale un’alpe, detta Chiappa, nel territorio del villaggio montano di Roccaforte, in val d’Ellero (di incerta estensione – sono dichiarate 300 giornate nel 1886 e 577 nel 1891 – e confinante con le alpi Piandimale, Pra Canton, Pontetto e il torrente Ellero), ceduta definitivamente nel 1912 alla Società della Maira, dopo una serie di affittamenti (AC Morozzo [Archivio Storico del Comune di Morozzo], cat. V, cl. 1, m. 227, fascc. 13-25; m. 225, fasc. 1).
Comunanze
Le prime terre di fruizione comune pertinenti in origine a un segmento della comunità di Morozzo sono citate quando appunto gli uomini «porte mezane Morocii», trasferitisi a Cuneo, S. Margarita e Rocca de’ Baldi (la nuova collettività costituitasi a ovest di Morozzo poco prima del 1240), decidono nel 1251 di cedere ai certosini di Casotto gli alberi di un bosco, forse situato in prossimità del «tectum» del priorato di S. Quirico di Morozzo (probabilmente una grangia), vale a dire a nord ovest dell’abitato (Guglielmotti 1995, pp. 71 sg.). È probabile che in questa fase siano gli ultimi lembi della Selva Bannale a costituire terre di comune sfruttamento, anche se non ne abbiamo chiare attestazioni. Altre comunanze sono godute per secoli, in maniera indivisa e non senza conflitti (ne è ad esempio documentato uno nel 1717), con Margarita in regione Praforchetto, su un gerbido esteso secondo un accordo del 1855 quasi 360 giornate piemontesi: anzi, parte di questa regione avrebbe costituito il nucleo del primitivo territorio di Margarita. La prima di queste controversie di natura territoriale è affrontata già nel 1326 a proposito del bosco della Retormia, ed è risolta a favore degli uomini di S. Margarita: Bertano 1898, II, doc. 960, pp. 440-441). Una ricostruzione delle vicende successive è stata compiuta – si direbbe – in questo dopoguerra da uno studio di geometri di Cuneo, ma l’abbondante documentazione citata è quasi tutta non più reperibile (AC Morozzo, cat. V, cl. 1, m. 227, fascc. 27-30; m. 225, fasc. 5). Una ripartizione della tenuta ha luogo nel 1879, con attribuzione più abbondante per Margarita e progetto di messa a coltura delle terre, che vediamo in seguito realizzato. Ma sulla natura delle terre così assegnate a Morozzo si discute ancora negli anni Trenta quando infine – a termine di accertamenti sollecitati anche dall’acquisto di appezzamenti di terreno nel 1932 da parte del Consorzio irriguo Bosco Speciale di Morozzo – nel 1938 è dichiarata la natura demaniale delle terre del comune di Morozzo nella ex tenuta di Praforchetto (AST, Camera dei Conti, II Archiviazione, capo 21, Prov. di Mondovì, n. 78, ff. 7 e 8r; CLUC [Commissariato per la liquidazione degli usi civici], Prov. di Cuneo, cartella 118, Margarita e cartella 144, Morozzo).
Liti Territoriali
Per quanto riguarda le fonti relative ai conflitti territoriali, la documentazione è scarsa. Nel 1429 Morozzo risulta indirettamente coinvolta in una lite: due commissari del duca Amedeo di Savoia, venuti per piantare i termini di confine tra Morozzo e Cuneo ricevono le proteste di due rappresentanti di Rocca de’ Baldi, perché il confine è fissato all’interno del territorio di questa comunità, presso la grangia del Consovero. Non sono noti i sicuri strascichi e l’esito di questa controversia (Comino 1995, pp. 77-78, 93). E' attestata una ite con  Castelletto nel 1453,  nella quale Morozzo è sostenuto da Mondovì,  [Ristorto 1977, pp. 37; vd. anche scheda Castelletto Stura]
     Non è chiaro se via sia una lite all’origine dell’accertamento di confini condotto dal signore di Margarita Francesco de Tomatis nel 1438, che mostra comunque Morozzo inclusa nel territorio egemonizzato da Mondovì (BRT, Jura Civitatis Montisregalis, Mondovì 1598, doc. 72).
Fonti
A.C.M. (Archivio Storico del Comune di Morozzo).
È pervenuto un catasto forse settecentesco con una carta e conservato con cabrei, piani dimostrativi, tipi e altro materiale settecentesco e ottocentesco presso l’archivio comunale, mentre il materiale in Archivio di Stato di Torino è ottocentesco. Nell’archivio comunale sono conservati gli ordinati a partire dai primi anni del secolo XVIII, mentre non sono pervenuti statuti comunali.
A.S.T. (Archivio di Stato di Torino).
A.S.T., Camera dei Conti, Catasti. Per quanto riguarda le fonti relative ai conflitti territoriali, la documentazione è scarsa. Nel 1429 Morozzo risulta indirettamente coinvolta in una lite: due commissari del duca Amedeo di Savoia, venuti per piantare i termini di confine tra Morozzo e Cuneo ricevono le proteste di due rappresentanti di Rocca de’ Baldi, perché il confine è fissato all’interno del territorio di questa comunità, presso la grangia del Consovero. Non sono noti i sicuri strascichi e l’esito di questa controversia (Comino 1995, pp. 77-78, 93). Non è chiaro se via sia una lite all’origine dell’accertamento di confini condotto dal signore di Margarita Francesco de Tomatis nel 1438, che mostra comunque Morozzo inclusa nel territorio egemonizzato da Mondovì (B.R.T., Jura Civitatis Montisregalis, Mondovì 1598, doc. 72).
B.R.T. (Bilioteca Reale di Torino).
B.R.T., Jura Civitatis Montisregalis, Mondovì 1598, doc. 72.
Bibliografia
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Bordone R., Un tentativo di «principato ecclesiastico» fra Tanaro e Stura. le trasformazioni bassomedievali del comitato di Bredulo, in Le strutture del territorio fra Piemonte e Liguria, a cura di A. Crosetti, Cuneo 1992, pp. 121-140.
Coccoluto G., Comino G., Ricchebono M., Presenze ecclesiastiche nell’area di Morozzo (secoli XI-XIV): dati e problemi, in Rocca de’ Baldi. Un borgo e un castello dimenticati (secoli XI-XVI), a cura di R. Comba, A.M. Massimino, G. Viara, Cuneo 1995, pp. 27-57.
Comba R., Metamorfosi di un paesaggio rurale. Uomini e luoghi del Piemonte sud-occidentale dal X al XVI secolo, Torino1983.
Comba R., Il primo incastellamento e le strutture economiche e territoriali del Piemonte sud-occidentale fra X e XI secolo, in Castrum 2. Structures de l’habitat et occupation du sol dans les pays méditerranéens: les méthodes et l’apport de l’archeologie extensive, a cura di G. Noyé, Rome-Madrid 1988, pp. 479-488.
Conterno E., Frazionamento di possessi e valore di terre nel XIII secolo: gli acquisti della certosa di Casotto, in «BSBS», 68 (1970), pp. 377-413.
Conterno G., Pievi e chiese tra Tanaro e Stura nel 1388, in La diocesi di Mondovì: le ragioni di una storia. Miscellanea di studi storici nel VI Centenario 1388-1988, Farigliano 1988, pp. 7-55.
Grassi di S. Cristina G., Memorie istoriche della Chiesa vescovile di Monteregale in Piemonte dall’erezione del vescovato sino ai nostri tempi, Torino 1789, vol. II.
Guglielmotti P., Gli esordi della certosa di Pesio (1173-1250): un modello di attività monastica medievale, in «BSBS», 84 (1986), pp. 5-44.
Guglielmotti P., I signori di Morozzo nei secoli X-XIV: un percorso politico del Piemonte meridionale, Torino 1990 (BSS 206).
Guglielmotti P., Le origini del comune di Mondovì: progettualità politica e dinamiche sociali fino agli inizi del Trecento, in «BSBS», 90 (1992), pp. 5-79.
Guglielmotti P., L’incidenza dei nuovi comuni di Cuneo e Mondovì nel Piemonte meridionale del Duecento, in «Società e storia», 67 (1995), pp. 1-44.
Guglielmotti P., Origini di un insediamento rurale: Rocca de’ Baldi nel declino della prima dominazione dei signori di Morozzo, in Rocca de’ Baldi. Un borgo e un castello dimenticati (secoli XI-XVI), a cura di R. Comba, A.M. Massimino, G. Viara, Cuneo 1995, pp. 59-73.
Il libro verde della chiesa di Asti, a cura di G. Assandria, Pinerolo 1904 (BSSS 25, I).
MGH, Diplomata regum et imperatorum Germaniae, IV, Berlin 1957.
Michelotti A., Storia di Mondovì, Mondovì 1921.
Morozzo della Rocca E., Degli antichi signori di Morozzo. Memorie storico-genealogiche corredate di documenti inediti, Torino 1858.
Morozzo della Rocca E., Le storie dell’antica città del Monteregale, ora Mondovì in Piemonte, Mondovì 1894-1905, 3 voll.
Nallino P., Il corso del fiume Pesio, Mondovì 1788.
Le più antiche carte dell’archivio capitolare di Asti, a cura di F. Gabotto, Pinerolo 1904 (BSSS 28).
Ristorto, M.,  Castelletto Stura. Storia civile e religiosa, Cuneo, 1977.
Descrizione Comune

Morozzo

La storia del territorio pertinente Morozzo è caratterizzata, dopo una fase espansiva e di consolidamento, da un lungo processo di erosione, avviato già a metà Duecento: lo denuncia lo stesso frastagliato e tormentato profilo dell’attuale territorio comunale, che trova scarsa giustificazione nell’orografia, dato che si tratta di suoli per lo più pianeggianti. La documentazione a noi pervenuta restituisce solo parzialmente lo svolgersi di questo processo.
     Le prime menzioni di Morozzo si leggono, a partire dal 950-51, in relazione a personaggi in posizione di preminenza nel villaggio e in rapporto, presto conflittuale, con i vescovi di Asti (nel 981 un Eremberto è accusato di usurpare beni ecclesiastici nei pressi di Morozzo). Questi personaggi caratterizzati sul piano patrimoniale dalla simultanea presenza anche in area astigiana, concentrano presto, almeno dal secondo decennio del secolo XI, le proprie scelte nell’estremo Piemonte meridionale. Nel 1018 Anselmo figlio del fu Eremberto appare aver direttamente promosso l’edificazione di quattro castelli, senza alcuna delega da parte di altri poteri. Oltre a quella che darà presto stabile predicato al raggruppamento familiare, si tratta di fortificazioni erette in zona premontana o montana: Chiusa, Vasco e Roccaforte (e in seguito quella di Bredulo, presso Mondovì), rispetto alle quali Morozzo assume funzione non solo di coordinamento ma anche di vero e proprio avamposto verso la pianura. Già nel 1018, inoltre, Morozzo – forse anche in quanto centro di una curtis, benché forse non nella forma più compiuta della grande azienda dei secoli centrali del medioevo – organizza fondi disseminati in zone per lo più adiacenti, per un estensione complessiva di 100 iugeri di terre arabili, 400 di prato e 1000 di boschi: una porzione della vastissima Selva Bannale, che costituiva parte rilevante delle terre cedute alla Chiesa di Asti (Comba 1988). I vescovi di Asti non riescono a contrastare questa estesa dominazione: l’indicatore più vistoso è sicuramente la tarda menzione della pieve morotina come chiesa pertinente d’ufficio al vescovo. È infatti verosimile che siano i signori di Morozzo stessi a ostacolare l’istituzione della pieve oppure a controllarla direttamente.
     La repentina crisi del raggruppamento signorile diventa crisi del territorio, e si deve a una serie di concause. In primo luogo le due villenuove di Cuneo e Mondovì, sorte alla fine del secolo XII, si ritagliano un proprio territorio a spese soprattutto di Morozzo, con sempre maggior vigore a partire dagli anni Quaranta e Cinquanta del Duecento. I loro attacchi al villaggio facilitano il deflusso di popolazione, che già subisce la vigorosa espansione fondiaria sia delle certose di Pesio e di Casotto attorno alle proprie grange, sia del monastero di Pogliola. Il risultato è che le funzioni esercitate proprio dal centro di Morozzo – anche a livello delle semplici pratiche agricole – si indeboliscono sensibilmente e che questo territorio risulta troppo esteso e facilmente erodibile, tanto nell’immediato quanto nel lungo periodo. Abbiamo ricordato la nascita del nuovo insediamento di Rocca de’ Baldi, l’annessione dei monasteri di Pogliola e di San  Biagio a Mondovì e quella della grangia certosina di Tetti Pesio a Cuneo. È indubbio comunque che la successiva soppressione dei monasteri di San  Biagio di Morozzo e di San  Quirico e la loro unione alla mensa capitolare di Mondovì nel 1440 sanzionino ulteriormente il passaggio delle zone loro limitrofe al territorio comunale monregalese (la bolla di Felice V è in Grassi di S. Cristina 1789, II, n. 115, pp. 237-239; al n. 125, pp. 275-276, del 1461 la bolla di Pio II che ribadisce l’annessione di San Biagio alla mensa capitolare). Può inoltre denunciare uno scarso controllo sul territorio anche la lunga gestione indivisa del gerbido di Praforchetto con il comune di Montanera.
     Ma va considerata significativa dell’incapacità di mettere pienamente a frutto tutte le risorse del territorio la vicenda della frazione Trucchi. A insediarsi nella zona occidentale del territorio e poi a dar vita all’agglomerato dei Trucchi non sono dei Morozzesi, bensì abitanti del non lontano ma non confinante villaggio premontano di Peveragno, in epoca che stentiamo a fissare, forse già nel Quattrocento (Michelotti 1921, p. 146). I discendenti di queste famiglie provenienti da Peveragno, comunque, non recidono i propri legami con il luogo d’origine, se nel 1716, quando è fondata la chiesa di S. Rocco nella frazione, si statuisce che sia ancora il pievano di S. Maria di Peveragno a nominarne in futuro il parroco, come tuttora avviene. È importante sottolineare che al parroco di S. Rocco è da subito offerta come residenza la casa della confraria locale (AC Morozzo, cat. VII, cl. 6, mazzo 557, fascc. 1 e 4). Ha funzioni di stabilizzazione di questa zona il fatto che la Congregazione di Carità di Morozzo (non è noto in quale relazione con la confraria) vi abbia possessi, spesso integrati da donazioni, come quella di Bartolomeo Eula (1820) che avvia la sua trasformazione in Opera Pia (m. 177, fascc. 2-7). Altri interventi che mirano a un’ulteriore stabilizzazione di questa piccola frazione, che ha solo tenui legami con Morozzo, sono l’istituzione del cimitero, nel 1835 (AST, Corte, Provincia di Mondovì, n. 24), e della scuola elementare, nel 1971 (AC Morozzo, cat. IX, mazzo 579, fasc. 38). Nei primi anni Cinquanta la maggioranza degli abitanti della frazione Trucchi e della zona di Praforchetto chiede infine – ma senza successo – di essere aggregata al comune di Margarita, a motivo della vicinanza a questo villaggio e del prelievo fiscale operato da Morozzo, considerato iniquo (AC Morozzo, cat. I, cl. 1, m. 1, fasc. 5).
     Non sono indagabili le origini e le vicende della frazione di Riforano, mentre della località Consovero («Caput superius», appunto l’estremo limite settentrionale del territorio organizzato da Morozzo) è noto che si sviluppa già nel corso del Duecento attorno alla grangia della certosa di Casotto e che segna stabilmente il confine con il territorio di Montanera (Conterno 1970). La frazione e le immediate adiacenze finiscono per raccogliere fedeli, oltre che del comune di Morozzo, anche di Sant'Albano Stura e Montanera, come si apprende quando è nel 1947 richiesto, con successo, che la chiesa succursale sia eretta in chiesa parrocchiale autonoma (la consacrazione è nel 1958: AC Morozzo, cat. VII, cl. 6, m. 557, fasc. 4).
     Un progetto di riordinamento circoscrizionale degli anni Venti tiene conto di questi labili legami tra il centro maggiore e le sue frazioni. La Regia prefettura della Provincia di Cuneo tra il 1927 e il 1928 propone prima l’aggregazione a delle frazioni Trucchi e Riforano al comune di Cuneo (insieme a Castelletto Stura, Cervasca, Vignolo e la frazione San Rocco di Bernezzo), quella di Margarita a Morozzo e suggerisce inoltre l’aggregazione della frazione Consovero a Rocca de’ Baldi e Montanera. Il podestà di Morozzo è incline a lasciare le cose come stanno, oppure a privarsi della frazione Trucchi solo con la minima perdita di territorio. La frazione di San Biagio, l’antico monastero di famiglia dei signori di Morozzo, nel 1947-55 chiede senza ottenerlo di essere aggregata al comune di Morozzo e distaccata da quello di Mondovì, con persuasive motivazioni, innanzitutto quelle della ben maggiore contiguità (le due proposte in AC Morozzo, cat., I, cl. 1, m. 1, fascc. 3 e 4).
     Non sono documentariamente visibili le conseguenze dell’inclusione del territorio di Morozzo in quello più latamente controllato da Mondovì. Morozzo non figura infatti tra i luoghi egemonizzati da Mondovì quando è sciolto il suo Mandamento (la vicenda è ripercorribile attraverso la documentazione in AST, Corte, Paesi per A e B, lettera M, m. 22, Mondovì). È lecito però ascrivere a quella fase l’acquisizione dell’Alpe Chiappa, nel territorio di Roccaforte: anche per Morozzo, così come avviene per altri villaggi distanti dalla zona montana (ad esempio Magliano, che poi diventa Magliano Alpi) sarebbe creata la possibilità di fruire di pascoli alpini, forse dapprima in modo indiviso e in seguito con l’attribuzione di un’area ben delimitata.