Celle Enomondo

AutoriLeggero, Roberto
Anno Compilazione2005
Anno RevisioneVERSIONE PROVVISORIA
Provincia
Asti.
Area storica
Basso Monferrato occidentale. Media collina dell’Astigiano.
Abitanti
465 [ISTAT 2007].
Estensione
551 ha.
Confini
A nord Asti, a est Revigliasco d’Asti, a sud Antignano, a ovest San Damiano d’Asti.
Frazioni
Merlazza.
Toponimo storico
«Cellae» [Le più antiche carte dello archivio capitolare di Asti, doc. 101, p. 199]. Papa afferma, seguendo il Du Cange, che il toponimo «celle» deve essere letto nell’accezione di «luoghi di raccolta dell’annona militare» [Dizionario di toponomastica 1990, p. 188]. Il nome attuale del comune deriva dalla decisione di associare al nome antico «Celle» il termine «Enomondo», letteralmente «vino puro». Tale decisione venne presa dall’amministrazione comunale di Celle nel 1862 (deliberazione del consiglio comunale 19 ottobre 1862) su suggerimento della sottoprefettura del Circondario d’Asti (in data 18 luglio 1862) e confermata con R.D. 1160 1/2/1863 [Gazzetta Ufficiale 23/2/1863] per evitare le possibili omonimie sul nome del comune che l’unificazione italiana comportava. La scelta cadde su «enomondo» per sottolineare la vocazione vitivinicola del comune [Brunazzi 1964-1965, p. 13]. Sembra da scartare, l’interpretazione di «celle» nel senso di «grotta» con il significato specifico, stante l’orografia di Celle Enomondo nella quale non si evidenziano presenze di grotte, di «luogo per la conservazione di alimenti». Prima di assumere l’attuale denominazione era «Celle d’Asti».
Pieve
Secondo Bosio [Bosio 1894, p. 117] nel 1345 la chiesa di Celle era soggetta alla cattedrale di Asti.
Altre Presenze Ecclesiastiche
La prima menzione di Celle è in un documento dell’898 nel quale il vescovo d’Asti «provvedendo perché i suoi canonici s’accrescessero fino al numero di 30 e vivessero vita comune e regolare, stabiliva di donare loro la chiesa di S. Pietro “in villa que dicitur Quarte”, le decime della città d’Asti e molti luoghi adiacenti, fra cui Celle». Il 25 luglio 1169, papa Alessandro IV, «confermando i privilegi, le immunità e le possessioni dei canonici della cattedrale di Asti, menziona “ecclesiam de Cellis cum illo quod fuit Hugonis et quicquid habetis in eadem villa seu territorio eius ex parte Obberti extirpantis vineam”» [Brunazzi 1964-1965, pp. 1 sgg.].
Assetto Insediativo
Nel maggio del 933 nel corso di una vendita di alcuni beni posti nel «luogo e territorio d’Astesiana» fatta dal marchese Adalberto, uno dei testi è tale «Alamandi filio Valfredi de villa Celioni». Ciò attesta che la struttura dell’abitato, a quella data, corrisponde a un insediamento a maglie larghe. La tendenza di questo tipo di abitati è quella evidenziata da Settia di subire un processo di “restringimento” attorno al castrum che qualche dominus locale si incarica di costruire. La presenza di un castrum a Celle è già attestata nel 1041, in un documento nel quale Enrico III conferma a favore della Chiesa d’Asti le concessioni regie e imperiali. Nel 1169 in una conferma dei privilegi dei canonici della cattedrale di Asti, papa Alessandro IV menziona «ecclesiam de Cellis» e la «villa seu territorio».
Dagli statuti di Celle del 1444, veniamo a sapere che la comunità era chiamata a partecipare alla manutenzione degli spalti, del fossato e di tutte le altre fortificazioni [artt. 70, 109 in Brunazzi 1964-1965, p. 58].
Secondo la Relazione generale dell’intendente sullo stato della Provincia d’Asti del 1753 Celle si presentava suddiviso in tre “borgate”, il capoluogo, quella detta di Merlazza e quella detta di Boschetto. Sempre secondo la Relazione del 1753, Celle confinava con i territori di Antignano, Revigliasco, Vareglierano, Asti e di San Damiano. Il territorio risultava «mediocremente coltivato» e la qualità dei campi mediocre. Il terreno non era adatto neppure per il «germoglio de moricelli» per cui non c’era altra soluzione «per ridurlo di migliori condizioni se non che meglio coltivarlo e fare piantamenti ne siti umidi di salici, ed al longo del torrente Borbora che ivi decorre di piante d’albere e verne» [BAt, Relazione dell’intendente (1753)].
Luoghi Scomparsi
Castiglione de Romano oggi regione Castiogno [Bordone 1977, p. 604].
Comunità, origine, funzionamento
In Età medievale la comunità di Celle risulta soggetta alla città d’Asti. La struttura del comune, come si evince dall’analisi degli statuti del 1444, era articolata in un arengo, in un consiglio e nella figura del podestà di nomina cittadina. L’arengo era l’assemblea popolare ristretta ai capi-famiglia. L’approvazione degli statuti veniva fatta dal consiglio, convocato dal vicepodestà su mandato del podestà. Se ne disponeva poi l’invio al governatore ducale di Asti per la conferma.
Sulla base degli statuti è possibile affermare che il consiglio veniva nominato ogni anno tra Natale e Capodanno, su convocazione del podestà o del luogotenente. Era richiesta la presenza di almeno i due terzi del membri del consiglio stesso affinché l’assemblea fosse ritenuta valida. La procedure per l’elezione erano di tipo indiretto: attraverso un sorteggio si eleggevano quattro cittadini che, il giorno successivo all’elezione, eleggevano dodici uomini scelti tra quelli più «prudenti» e «discreti» della comunità di Celle presenti all’assemblea generale. Ognuno dei quattro cittadini estratti a sorte aveva diritto di designare tre persone. Ognuno dei nominati doveva accettare l’incarico pena una multa. Immediatamente dopo la nomina del consiglio i quattro elettori dovevano inviare al podestà o al suo luogotenente l’elenco dei nomi dei dodici consiglieri. Questi ultimi duravano in carica sei mesi. Pene pecuniarie erano previste sia per i consiglieri che non si presentassero in consiglio sia per coloro che arrivavano in ritardo. Le multe, in questi casi, dovevano essere immediatamente riscosse dal podestà senza formalità e l’incasso devoluto interamente al comune. Il luogotenente del podestà era eletto dal consiglio e restava in carica per tre mesi. Il consiglio eleggeva anche due estimatori, quattro campari e quattro ufficiali per la manutenzione delle strade. Il podestà veniva nominato, come s’è detto, dalla città di Asti ma non è chiara la durata della sua carica, forse un anno forse sei mesi. Il podestà o il suo luogotenente avevano la pienezza della giurisdizione civile e di quella criminale [Brunazzi 1964-1965, pp. 16 sgg.].
Dopo la riforma dei Pubblici del 1775 promossa da Vittorio Amedeo III, le strutture amministrative del comune facevano capo, al consiglio comunale che era composto da tre consiglieri ordinari e da tre supplenti. Tra gli ordinari il più anziano ricopriva la carica di sindaco per sei mesi. Dopo di che cessava di far parte del consiglio e veniva sostituito nella carica dal consigliere più anziano.
Secondo la Relazione generale dell’intendente sullo stato della Provincia d’Asti del 1753 a Celle il consiglio ordinario risultava composto di tre «soggetti». Il segretario della comunità era il notaio Perusino.
Statuti
Statuti del 1444 [in Brunazzi 1964-1965].
Catasti
Secondo la Relazione generale dell’intendente sullo stato della Provincia d’Asti del 1753 a Celle «la case del comune, l’archivio, le scritture, i cadastri, i libri di trasporti sono in buon stato» [B.A., Relazione dell’intendente (1753)].
Ordinati
Ordinati seicenteschi (1667), citati in estratto negli atti di vertenza del 1754 tra la comunità di Celle e Revigliasco relativi a questioni territoriali nei quali si perviene ad una delimitazione dei territori delle comunità [AC Celle, categoria 5, classe 5, Catasto-Limiti territoriali]. Inoltre Bandi campestri formati dall’Illustrissimo Consortile di Revigliasco e Contado di Celle per la conservazione di detti beni e pascoli in detto luogo e territorio del 1753 [Dadone 1982-1983, pp. XXXV-LX].
Dipendenze nel Medioevo
Renato Bordone ha scritto che
il trapasso dei poteri di controllo sul districtus dal vescovo al comune [di Asti], benché sentito dal comune come esigenza primaria nello stabilimento di un regime autonomo in grado di garantirsi la sussistenza, non avvenne certo in maniera sempre pacifica e in modo omogeneo su tutto il territorio […] ma ciò che preme qui sottolineare è che il comune, nel suo sforzo espansionistico, pur cercando alleanze e sottomissioni dei signori del contado, mira al controllo di un’area omogenea attorno alla città che si pone già come una circoscrizione territoriale omogenea e come tale resterà sotto l’amministrazione laica [Bordone 1977, p. 607].
In un documento del 15 febbraio 1159, il Privilegium Frederici imperatoris de privilegis concessis communi Astensi, tra le varie località citate compare anche Celle. Dalla documentazione coeva emerge l’importanza che, a livello locale, dovevano rivestire alcune famiglie: all’inizio del XIII secolo ai Cortesi di Celle gli Antignano, legati alla vescovo d’Asti, avevano affidato il feudum di Scutaria.
Feudo
La Procura delle comunità di Celle per prestare la fedeltà al marchese del Monferrato come vicario imperiale e al comune di Asti (7 febbraio 1356) conferma che, al termine del Medioevo, la città di Asti svolge ancora un ruolo fondamentale su di una comunità come quella di Celle, la quale, infatti, ha un podestà di nomina cittadina.
Come conseguenza delle vicende internazionali nelle quali si trova implicato anche l’astigiano, ritroviamo un documento del 16 maggio 1387 con il quale la comunità e gli uomini di Celle prestano giuramento di fedeltà a Ludovico d’Orleans e a Valentina Visconti sua moglie. Il 29 maggio Giovanni Galeazzo Visconti dona alla figlia e al genero il luogo e la giurisdizione di Celle. Il feudo di Celle seguirà poi le vicende dell’Astigiano e anche il passaggio ai Savoia. «Nella generale infeudazione dei mandamenti operata da Carlo Emanuele III, Celle venne infeudata a Gaspare Berlingeri, uditore di Camera (1618) e in seguito, in tutto o in parte, ai Melica di Vaglierano, ai Mestitis conti di Graglia, ai Ramelli di Solbrito» [Brunazzi 1964-1965, p. 12].
Dalla Relazione generale dell’intendente sullo stato della Provincia d’Asti del 1753, veniamo a sapere che a Celle risultavano «vassalli del luogo» il conte Gaspare Ramelli per un sesto, il conte Ignazio Ramelli per un altro sesto, il conte Giuseppe Merliati per un terzo e il conte Giuseppe Melica «per il rimanente della giurisdizione» [BAt, Relazione dell’intendente (1753)].
Mutamenti di distrettuazione
Celle è ricordato tra le comunità descritte come appartenenti al contado di Asti nel più antico riconoscimento territoriale, il diploma di Federico I del 1159 con il quale l’imperatore concedeva a tre cittadini designati la «curam et custodiam et regimen civitatis […] cum districtu villarum quarum districtum soliti erant habere» gli Astigiani [Bordone 1977, pp. 603-604].
Il comune di Asti perde la propria autonomia nel 1312 con la dedizione al re Roberto d’Angiò. Nel 1355 Giovanni II marchese di Monferrato viene investito del feudo da parte dell’imperatore Carlo IV. Ai Visconti la città di Asti offrirà la piena balia nel 1379. Nel 1380 Gian Galeazzo Visconti istituisce il capitaneatus Astesane. Nel 1575 la contea di Asti passa ai Savoia. Nel 1735 il feudo imperiale transita definitivamente ai Savoia. Alla fine del XVIII secolo le vicende della Rivoluzione produrranno un effetto anche sul Piemonte che venne in parte annesso alla stessa nazione francese. Al Piemonte fu applicata la divisione in dipartimenti, già dal 1799, quindi 3 anni prima dell’effettiva annessione al territorio francese. I dipartimenti del 1799 comprendono quello del Tanaro (Alessandria), che nel 1801 si sdoppierà in quelli di Marengo (Alessandria) e Tanaro (Asti) per ritornare, nel 1805 al solo dipartimento di Marengo (Alessandria). La nuova organizzazione, motivata dall’aggregazione della Liguria all’Impero, comportò la soppressione del dipartimento del Tanaro e l’assegnazione ad altri dipartimenti dei tre arrondissements di cui era composto (Asti, Acqui, Alba). Asti cessò di essere capoluogo e venne aggregata per l’amministrativo a Marengo (Alessandria) e, per quanto riguarda l’ecclesiastico, alla diocesi di Acqui (che era stata aggregata a Montenotte). Come capoluogo di dipartimento Asti era stata sede di prefettura mentre come capoluogo di arrondissement essa divenne sede di sottoprefettura. Nel 1817 la situazione si modifica nuovamente e la diocesi di Asti riprende la titolarità sulla zona mentre l’area viene reintegrata nei domini dei Savoia. Capoluogo di provincia resterà Alessandria fino al 1935 quando venne creata la provincia d’Asti. Dopo l’8 settembre 1943, sorse la necessità di coordinare, attraverso un organismo superiore, l’azione dei comandi delle formazioni partigiane e del C.L.N. Si formò quindi una Giunta di Governo per la zona liberata dell’astigiano, la cui sede venne collocata presso i locali dell’albergo Fons Salutis di Agliano [Bordone 1976, pp. 156-157; Bordone 1978, pp. 146-147; Bussi 2000, p. 178; Laiolo 2002].
Mutamenti Territoriali
Secondo la Relazione generale dell’intendente sullo stato della Provincia d’Asti del 1753 tra i comuni che confinavano con Celle c’era anche Vareglierano mentre attualmente la comunità confina con Antignano, San Damiano d’Asti, Asti, Revigliasco d’Asti. Liti territoriali si registrano durante tutta l’Età moderna con Antignano e Revigliasco [si veda il lemma ‘Liti territoriali’].
Al 1829 risale invece un documento di lite con il comune di Asti: il motivo del contendere risiedeva nella richiesta di quest’ultimo «per essere esonerata da alcune taglie che paga alla communità di Celle in vigor d’ordinanza 3 settembre 1740» ciò che Celle respinge poiché «venne mutual obbligo alla città ingiunto perché li beni da essa ceduti al Registro di Celle erano in parte e pel quantitativo di giornate 10 […] 15 piedi 4 immuni dai tributi quando che quelli della communità di Celle incorporati al Territorio d’Asti erano tutti collettabili» [AC Celle, fald. 19, fasc. 1, Atti di lite. Inchieste].
Nel 1927 il comune di Celle Enomondo iniziò una pratica, sostenuta anche dal PNF locale, per evitare di essere aggregato al comune di Antignano nell’ambito del riordino amministrativo a cui il Fascismo aveva dato impulso. Il comune affermava di avere i mezzi sufficienti per continuare ad esistere quale entità amministrativa indipendente e proponeva, qualora l’aggregazione si fosse rivelata indispensabile, di unire Celle a Vaglierano. Il segretario comunale, nella sua relazione, proponeva anche di aggregare a Celle-Vaglierano una porzione del territorio di Asti (regione Battibò a ridosso del Borbore fino al confine di San Damiano). In alternativa a tutto ciò Celle proponeva, infine, l’aggregazione diretta con Asti [Carbone 1998-1999, pp. 15-16]. Tuttavia l’Atlante dei Comuni del Regno d’Italia del 1938 non registra nessuna variazione in tal senso: il comune di Celle, infatti, risulta confinare con Antignano, San Damiano d’Asti, Asti e Revigliasco d’Asti.
Comunanze
Dagli statuti della comunità di Celle è possibile sapere che la comunità possedeva un ponte (forse il ponte detto «bandillia» di cui si parla nelle squadre dei confini di Revigliasco del 1358) e un forno pubblici la cui manutenzione era affidata ai cittadini. Coloro che non concorrevano a essa non potevano usufruire di quei beni, fatta salva la licenza dell’autorità [artt. 86, 1113 in Brunazzi 1964-1965, p. 57]. Inoltre la comunità era chiamata a partecipare alla manutenzione degli spalti, del fossato e di tutte le altre fortificazioni [artt. 70, 109 in Brunazzi 1964-1965, p. 58].
Secondo la Relazione generale dell’intendente sullo stato della Provincia d’Asti del 1753 i boschi cedui a Celle risultavano «di sole giornate 31» che erano appena sufficienti per l’impianto delle viti e per il «giornaliere foccaggio de’ possessori d’essi» per cui non risulta che esistessero dei beni comuni per quanto riguarda i boschi. Invece «li pochi zerbidi consistenti in giornate 37 per essere situati in terreno sterile, e arrenoso sono infecondi d’erbaggio ed apena possono servire per pascoli comuni», tuttavia «li affari del pubblico» erano «bene maneggiati» [BAt, Relazione dell’intendente (1753)].
Sempre al 1753 sono riferibili i Bandi campestri formati dall’Illustrissimo Consortile di Revigliasco e Contado di Celle per la conservazione di detti beni e pascoli in detto luogo e territorio. Dai bandi risulta che il consortile e la comunità di Celle possedevano pascoli comuni sui quali era permesso far pascolare il bestiame.
Liti Territoriali
Risalgono al 1358 le Squadre facte in Villa Reviliaschi che danno conto anche dei confini territoriali con Celle:
Prima squadra incipit super serra in qua est posita dicta Villa Reviliaschi versus solitu et incipiendo ad una qua itur versus Alba veniente versus Reviliascus per solitu usque ad ipsa villa Reviliaschi et deinde eundo per dicta terra usque ad villa seu posse Celaru in cludendo in dicta squadra tottu solitu a dicta via qua itur Alba usque ad fines Celaris per lungu et per transversu usque ad rivu qui vocatur rivus [Iavandre?] et usque ad ponte bandillia et a dicto rivo usque ad serra super qua est dicta villa Reviliaschi [A.C.R., 1358].
È ascrivibile al 1480 una lite che coinvolge San Damiano da una parte e San Martino, Celle e Ferrere dall’altra. La sentenza venne regolata con sentenza arbitramentale dai delegati del marchese Guglielmo del Monferrato e del governatore d’Asti il 12 agosto 1480. In essa si afferma che, relativamente al ripiantamento dei termini di confine, nell’aprile del 1574 il delegato di Piemonte Rumone e quello del Monferrato Risico avevano proceduto ad una nuova ispezione dei confini tra Celle e San Damiano. In base a tale ricognizione si approvava la sentenza del 1480 e si ordinava di piantare i termini con lievi modifiche [Brunazzi 1964-1965, pp. 10-12].
     Al 1623 risalgono gli atti di delimitamento dei territori di Celle, di Asti e di Revigliasco. Il 12 maggio 1623, infatti, i sindaci della comunità di Celle, diversi particolari di Celle e Revigliasco, il delegato Giacomo Muratore e il sindaco di Revigliasco si erano ritrovati ai confini di Celle, presso la:
strada detta del Montefenero pocco discosto dalla cassina di Bernardo Viorio, dove essi sindaci di Celle hanno detto che il suo finaggio comincia nel pendente della collina del Montefenero posta al Solivo, et mezzo giorno tra le possessioni et vigna di messier Carlo Solaro, et gli eredi del fu Francesco Geardo [?] di Montaldo Scarampo […] et dal detto termine si vada a passar per mezzo il bricco Vigna et gierbo delle molto reverende Madri di S. Agnese nella regione detta al Castelletto tirandosi […] per obliquo d’altre proprietà de’ particolari […] sino alla coherenza delle strade delle ragioni del Castelletto, et Castiglione, et che quanto al finaggio verso Vaglierano dalle possessioni sudette di Giacomo Torchio si venghi a continuare il finaggio di Revigliasco predetta strada sino al Confuso detto Caravino [A.C.C., categoria 5, classe 5, Catasto-Limiti territoriali, 1754, Atti di delimitazione dei territori di Celle e Asti].
Secondo la Relazione generale dell’intendente sullo stato della Provincia d’Asti del 1753 in quell’anno non c’era alcuna lite pendente, né beni comuni occupati né venduti senza le dovute «solennità» e gli affari pubblici erano bene «maneggiati» [B.A., Relazione dell’intendente (1753)].
     Al 1754, però, risalgono gli Atti di divisione, e Terminazione de Finaggi del predetto luogo di Celle con quello d’Antignano, segno che si era rotta la concordia dei sindaci di Celle e Antignano circa il tracciato dei rispettivi territori espressa poco più di un secolo prima durante la delimitazione dei confini tra Asti, Revigliasco e Celle [A.C.C., categoria 5, classe 5, Catasto-Limiti territoriali, 1754, Atti vertenza tra Celle e Antignano].
     Sempre nella documentazione settecentesca [Atti vertenza tra Celle e Revigliasco relativa a questioni territoriali con atti di delimitazione dei territori] è riprodotto un estratto degli ordini seicenteschi della comunità di Celle (1667), citati in estratto negli atti di vertenza tra la comunità di Celle e Revigliasco, nei quali si dichiara in modo esplicito che, per quanto riguardava la «litte pendente», la comunità di Celle non accettava la divisione per la «terra vineata detta a Monteferrero a fare che la presente comunità rimettesse la metà di detta proprietà alla comunità di Revigliasco». La documentazione citata, risalente al 1754, è relativa agli atti di vertenza tra le comunità di Celle di Revigliasco circa le questioni territoriali riguardanti le comunità stesse. Attraverso tale documentazione veniamo a sapere che si erano «amichevolmente agiustate le differenze tra questa comunità e quella d’Antignano sendosi ancora da piantare li termini divisionali come del tutto ne resta già inteso questo consiglio», mentre i rappresentanti delle comunità di Revigliasco e Celle vennero sentiti in contraddittorio circa le differenze esistenti nell’individuazione dei confini [A.C.C., categoria 5, classe 5, Catasto-Limiti territoriali, 1754, Atti vertenza tra Celle e Revigliasco].
     Al 1778, infine, sono ascrivibili gli atti di delimitazione dei territori di Celle e San Damiano d’Asti [A.C.C., categoria 5, classe 5, Catasto-Limiti territoriali, 1778]. Atti di lite con altre comunità sono presenti anche per gli anni: 1756 (Celle-Asti); 1757, 1771, 1774, 1776 (Celle-Antignano).
     Al 1829 risale invece un documento di lite con il comune di Asti: il motivo del contendere risiedeva nella richiesta di quest’ultima «per essere esonerata da alcune taglie che paga alla communità di Celle in vigor d’ordinanza 3 settembre 1740» ciò che Celle respinge poiché «venne mutual obbligo alla città ingiunto perché li beni da essa ceduti al Registro di Celle erano in parte e pel quantitativo di giornate 10 […] 15 piedi 4 immuni dai tributi quando che quelli della communità di Celle incorporati al Territorio d’Asti erano tutti collettabili» [A.C.C., fald. 19, fasc. 1, Atti di lite. Inchieste].
Fonti
A.C.C.  (Archivio Storico del Comune di Celle Enomondo):
categoria 5, classe 5, Catasto-Limiti territoriali, 1754, Atti di delimitazione dei territori di Celle e Asti;
categoria 5, classe 5, Catasto-Limiti territoriali, 1754, Atti vertenza tra Celle e Antignano;
categoria 5, classe 5, Catasto-Limiti territoriali, 1754, Atti vertenza tra Celle e Revigliasco;
A.C.C., fald. 19, fasc. 1, Atti di lite. Inchieste.
A.C.R.  (Archivio Storico del Comune di Revigliasco d’Asti), 1358.
A.S.T. (Archivio di Stato di Torino).
A.S.T., Corte, Paesi, Monferrato, Confini, S 3, Vol.e di Documen.ti riferibili alle controversie territoriali tra S. Damiano da una parte, e S. Martino, Celle, e Ferrere dall’altra, e qualche poco anche la Cisterna Coll’Indice, e Tipi (1480-1616).
A.S.T.,  Paesi, Monferrato, Confini, S 3, Vol.e di Documen.ti riferibili alle controversie territoriali tra S. Damiano da una parte, e S. Martino, Celle, e Ferrere dall’altra, e qualche poco anche la Cisterna Coll’Indice, e Tipi (1480-1616), Tipo dei confini tra i territori di San Damiano e San Martino, s.d. Vedi mappa.
A.S.T.,  Carte topografiche e disegni, Disegni Monferrato Confini. mazzo 3, Volume S,  Tipo dei territori di Govone e San Martino. San Damiano - 1480-1616. Volume di documenti riferibili alle controversie territoriali tra S. Damiano da una parte, e S. Martino, Celle, e Ferrere dall'altra, e qualche poco anche la Cisterna. Coll'Indice, e Tipi. s.d.    Vedi mappa.
A.S.T., Corte, Paesi, Monferrato, Materie economiche ed altre, Mazzo 7, Confini (1574-1621): [...]; n. 14, Nota delle differenze de confini, che vertono tra diverse Terre del Monferrato, con quelle del Piemonte [cam.]; [...]; n. 24, Relazione del Senatore Fausto Crova Delegato del Duca di Monferrato della Visita fatta col Senatore Roasenda Delegato dal Duca di Savoja de Siti contentiosi tra S. Damiano, e S.t Martino [...] Col Parere del Senato di Monf.o sulla d.a Relazione e con Copia di varj Documenti, de’ quali si sono li detti Delegati serviti p. la terminazione di tali differenze (1612) [Fausto Crova al duca di Monferrato, Casale 13 agosto 1612]; [...]; Instrumentum Transactionis sequutae inter Communitatem Sancti Damiani / Ac / Condominos, Communitatem, et ho.i. es Sancti Martini De ano, c. 11v sgg. 1564 [copia, …12 luglio 1564].
A.S.T., Corte, Paesi, Provincia di Asti, Mazzo 22, n. 2, Atti Della Com.unità et Huomini di S.to Martino in Asteggiana contro La Com.unità di S. Damiano fatti Avanti li M.to Ill.ri ss.ri Senatori Ricardo Cesare Rovasenda, et Fausto Crova Dellegati dall’Altezze Ser.me di Savoia, et Mantoa Masino sec.ro (1612) [fasc. ril.; cc. non num.te, compr. atti diversi in copia].
A.S.T., Corte, Paesi, Monferrato, Confini per A e B, S, n. 3, Vol.e di Documenti riferibili alle controversie territoriali tra S. Damiano da una parte, e S. Martino, Celle, e Ferrere dall’altra, e qualche poco anche la Cisterna (1480-1616): Istromen.to di Divisione dei Confini di S. Martino, e S. Damiano [...] (1564), cc. 7-16, 17-22; Sussidiali del Giusd.te di S. Martino a quello di S. Damiano p. astringere alcuni del suo distretto, li quali in vigor della sud.a transaz.e, si trovano posseder beni soggetti a S. Martino, p. farli descrivere nel Registro di questo Luogo (1565), c. 25; Sussidiali del Giusd.te di S. Dam.o a quelli della Cisterna, Ferrere, Cantarana, Tigliole, Govone, S. Martino, Antignano, e Celle, p. astringere alcuni della lor giurid.ne a soddisfar i pesi reali p. i beni, che nel suo distretto posseggono (1566), cc. 26, 27; [...]; Requisitorie del Giusd.te di S. Damiano a quelli di Cisterna, Ferrere, Tigliole, Celle, Antignano, S. Martino, e Govone p. il pagam.to delle taglie di quei beni che alcuni dei loro distrittuali possedono sulle fini di S. Damiano: Colla Nota di quei debitori (1577), cc.90-91; Altre Requisitorie come s.a, ed Atti contro li renitenti (1579, 1580) cc. 92-98; [...]; Atti della lite degli Accensatori della tratta d’Astiggiana contro Petrino Cappellino di S. Damiano, le Bestie di cui furono ritrovate, e prese in un suo Prato al di qua del Rivo d’Azello in Marlaccia nell’atto di voler passar quel Rivo p. portarsi verso S. Damiano, perlocché si pretesero cadute in commesso, costando dalle Informaz.i essere l’accenn.o Prato del terr.io di S. Martino, e divisorio di quei due finaggi l’anzid.o Rivo (1608), cc. 220-49; [...]; Informazioni prese dal Giusd.te di S. Damiano per verificare la preda di 2 Vacche stata fatta dai Soldati della tratta d’Asti nella Marlaccia, e nel Prato di Gio.no Giacomo Ballicora (Prato, che vien nominato nella predesignata Transazione tra S. Damiano, e S. Martino): E p. giustificazione d’essere quel sito del terr.io di S. Damiano (1612), cc. 269-81; [...]; Informazioni tendenti a provare che i beni del fu Gorgio Falletti (dei quali si fa pur menzione nella succenn.a Transazione) in Marlaccia, son quelli che attualm.te si possedevano da Gio.no M.a Buzzolino di S. Martino, e che situati siano nel terr.io di S. Damiano (1612) cc. 298-304; [...]; (1612); Atti di Visita della Marlaccia controversa, fatta dai sud.i Delegati, con produzione dei Docum.ti rispettivam.te favorevoli alle Parti cc. 313-21 [cc. 313r-17v]; Lett.e dei sud.i Delegati, dalle quali ricavasi, trall’altre che dal canto nostro s’impugnasse la Sentenza del 1574, perché non costava d’alcuna Ratificanza del Duca (1612), cc. 307-12, 322-38; Descrizione de’ terreni di Marlaccia posti in contesa, colla loro Misura, e verificazione di chi fossero al tempo dell’accenn.a Sentenza, e da chi sieno attualm.te posseduti:Con alcuni Incombenti delle Parti (1612), cc. 339-53; Informazioni prese dal Giusd.te di S. Dam.o p. verificare, che ‘l luogo, ove furono arrestati due Uomini della Montata con robbe, fosse di quel territorio, cioè in un Prato contiguo al Mollino della Rabbia(1616), cc. 354-61.A.S.T., Sezioni Riunite, I Archiviazione, Provincia di Asti, Mazzo 1, n. 3, Stato delle liti, che hanno vertenti le Città, e Communità della Provincia d’Asti [cc. non num.te 1r-16v] (Intendente Granella, Asti, 16 ottobre 1717).
Sezione I, Registro di tutti i volumi delle scritture concernenti le pendenze dei confini del Monferrato.
Sezioni riunite, Registro Concessioni e investiture, da 1614 a 1794 e consegnamenti.
B.A. (Biblioteca Astense), Relazione dell’intendente sullo stato generale della Provincia di Asti 1753.
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Descrizione Comune

Celle Enomondo

     La vicinanza dell’insediamento di Celle ad Asti fa si che in Età medievale la comunità di Celle risulti soggetta alla città d’Asti. Localmente sembrano non emergere in modo deciso dei nuclei familiari forti. Forse la ragione di ciò è data dalla presenza sul territorio della Chiesa d’Asti e in particolare dei canonici i quali possedevano le decime della cittadine e molti luoghi adiacenti ad Asti fra cui Celle. Ancora nel 1041, Enrico III conferma a favore della Chiesa d’Asti le concessioni regie e imperiali nominando anche la presenza di un castrum a Celle la cui costruzione può essere forse riferita alla volontà della Chiesa astense o di figure locali ad essa collegate. Come s’è detto, trapassando i poteri di controllo sul districtus dal vescovo al comune di Asti, non si modificano gli obiettivi generali. Anche il comune mira al controllo di un’area vasta e compatta attorno alla città che viene intesa anche sotto l’amministrazione laica come una circoscrizione territoriale omogenea.
La struttura dell’abitato all’inizio del X secolo, è quella di un insediamento a maglie larghe, ed è destinata a subire, come accade in questi casi, un processo di “restringimento” attorno al castrum. Alla metà del XV secolo Celle è dotata di spalti, del fossato e di altre fortificazioni. In ogni caso la località possiede, sin dalla metà del XII secolo, un suo territorio riconoscibile ed è strutturata politicamente.
Sul finire del Medioevo la struttura del comune, era articolata in un arengo, in un consiglio e nella figura del podestà di nomina cittadina. L’arengo era l’assemblea popolare ristretta ai capi-famiglia. L’approvazione degli statuti veniva fatta dal consiglio, convocato dal vicepodestà su mandato del podestà. Se ne disponeva poi l’invio al governatore ducale di Asti per la conferma.
Dagli statuti di Celle è possibile visualizzare, almeno in parte, il territorio della comunità all’inizio dell’Età moderna. Negli statuti, infatti, alcuni articoli, sono dedicati a illustrare le pene previste per coloro che avessero arrecato danni ai boschi, ai canneti, ai saliceti o, comunque, a piantagioni atte a fornire legna. Un articolo particolare è previsto per gli apicoltori e riguarda le modalità con le quali essi possono entrare nelle proprietà altrui per recuperare gli sciami.
Per quanto attiene ai confini del territorio per tutta l’Età moderna si rilevano dei contrasti lungo i confini con Antignano, Revigliasco e anche San Damiano. Con Revigliasco contrasti sono evidenti fin dal XIV secolo allorquando questo comune registra una misura del territorio comunale. È ascrivibile alla fine del secolo successivo, invece, una lite che coinvolge San Damiano da una parte e San Martino, Celle e Ferrere dall’altra. Trascorre ancora un secolo ed è necessaria una nuova ispezione dei confini tra Celle e San Damiano che produce lievi modifiche dei confini.
Al 1623 risalgono gli atti di delimitamento dei territori di Celle, di Asti e di Revigliasco. Negli ordini seicenteschi della comunità di Celle si dichiara in modo esplicito che, per quanto riguardava la lite pendente con la comunità di Revigliasco, la comunità di Celle non accettava di spartire una «terra vineata detta a Monteferrero» con la comunità di Revigliasco.
Al 1754 risalgono gli Atti di divisione, e Terminazione de Finaggi del predetto luogo di Celle con quello d’Antignano. Atti di delimitazione dei territori di Celle e San Damiano d’Asti, Asti e Antignano sono presenti per tutto il Settecento e, in alcuni casi, giungono fino al secolo successivo.
Il Settecento fu un secolo difficile dal punto di vista economico per Celle. Secondo la Relazione generale dell’intendente sullo stato della Provincia d’Asti del 1753 Celle si presentava suddiviso in tre “borgate”, il capoluogo, quella detta di Merlazza e quella detta di Boschetto. La località era sprovvista di fiere e di mercati e, stante la povertà degli abitanti «non vi è luogo ad introdurvi alcun commercio». È vero che il torrente Borbore scorreva in una parte del territorio ma ciò non apportava «nessun profitto alli abitanti poiché ivi non vi sono né molini né edificii».
Da ciò derivava la necessità per gli abitanti che volessero integrare il proprio reddito («non possono gli abitanti ritrarne [dai campi] la quantità di granaglie sufficienti per il loro mantenimento, e la mancanza di queste sogliono provvedersela con col prezzo del vino che risparmiano»), di emigrare, specialmente verso il Vercellese durante la stagione del riso o verso il resto del Piemonte in occasione della mietitura.
Sempre secondo la Relazione del 1753, il territorio di Celle risultava «mediocremente coltivato» e anche la qualità dei campi era mediocre. Il terreno non era adatto neppure per il «germoglio de moricelli» per cui non c’era altra soluzione, secondo l’intendente, per modificarne produttività e utilizzabilità, che piantare salici nei siti umidi, in virtù delle note qualità di tali piante che asciugano il terreno e di «meglio coltivarlo».
Oltre alla chiesa parrocchiale, nel Settecento a Celle vi era la Congregazione di carità senza redditi. Il beneficio di San Pietro e Paolo, invece, aveva a Celle beni immuni per 23 giornate, il seminario d’Asti per giornate 13, il beneficio di San Andrea per 23, la prevostura della cattedrale d’Asti per 30, il canonico Fasolis per 5,76, il beneficio di San Euscopio per 3,80, il beneficio di San Martino per 22,11, la sagrestia della cattedrale d’Asti per 6,50, la commenda di San Pietro per 10, i padri canonici lateranensi di S. Maria Nuova d’Asti «che pagano L. 20 annue di tassa per convenzione antica» per 20, le monache di S. Agnese d’Asti «che pagano L. 3.10 annue» per 10 giornate.
Dopo l’unità d’Italia, su impulso dell’amministrazione del regno, Celle muta il proprio nome. La decisione dell’amministrazione locale è quella di associare al nome della comunità un identificativo che metta in evidenza la speciale vocazione vitivinicola del territorio.
La situazione della viabilità nel XIX secolo è descritta da Casalis: «delle sue strade comunali, una, a levante, conduce al capo-luogo di provincia; un’altra, da mezzodì, scorge ad Antignano; una terza, da ponente, tende a San Damiano; una quarta, da mezzanotte, accenna a Torino. L’ameno colle su cui sta questo villaggio, è praticabile con vetture nella bella stagione». Anche Casalis notava le scarse capacità produttive dell’agricoltura e della zootecnica locale «non vi si mantiene che il bestiame necessario all’agricoltura; esso è soggetto a malattie infiammatore. Sonovi pochissime selve; scarseggia il selvaggiume» [Casalis 1857]. La popolazione era di 850 abitanti, quasi il doppio dell’attuale. Secondo la Relazione generale dell’intendente sullo stato della Provincia d’Asti del 1753 a Celle risultavano presenti 112 capifamiglia.
Interessanti sono le proposte che giungono dal comune in occasione della tornata di riordino e accorpamenti comunali previsti dal Fascismo, per evitare di incorrere nei processi di aggregazione. Laddove il rispetto dell’autonomia amministrativa di Celle non risultasse praticabile, il comune proponeva l’unione a Vaglierano. Inoltre a tale nuova entità si sarebbe potuta aggiungere una porzione del territorio di Asti, più precisamente la regione Battibò a ridosso del Borbore fino al confine di San Damiano. In alternativa a tutto ciò Celle proponeva, infine, l’aggregazione diretta con Asti.
Tuttavia tali ipotesi non si realizzarono. Infatti, l’Atlante dei Comuni del Regno d’Italia del 1938 non registra nessuna variazione in tal senso e i confini del comune di Celle risultano essere quelli attuali e cioè Antignano, San Damiano d’Asti, Asti e Revigliasco d’Asti.