Autori | Battistoni, Marco |
Anno Compilazione | 2002 |
Provincia | Alessandria
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Area storica | Basso Monferrato. Vedi mappa 1. Vedi mappa 2.
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Abitanti | 760 [censimento 1991].
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Estensione | 1845 ha. [ISTAT]; 1865 ha. [SITA].
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Confini | A nord Palazzolo Vercellese e Trino, a est Morano sul Po e Pontestura, a sud Solonghello e Mombello Monferrato, a ovest Gabiano.
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Frazioni | Brusaschetto, Casalino, Casavione, Castel San Pietro, Isolengo-Monti, Piazzano, Rocca delle Donne, Cornale, Luparia, Ombra, Valle, Villanova, Zizano, Castello, Camino. In età contemporanea, i dati ISTAT distinguono tre «centri» e dodici «nuclei», nonché l’assenza di un insediamento in «case sparse»; la popolazione complessiva dei nuclei è quasi pari a quella totale dei centri. Nelle fonti relative ai secoli XVI-XIX figura un numero assai folto di «contrade» o «cantoni», collegati da un fitto reticolo di strade vicinali che si aprono sulle direttrici verso importanti centri di mercato e di transito, quali Moncalvo, Pontestura e Trino. Vedi mappa.
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Toponimo storico | Caminus, attestato dal secolo X e frequentemente documentato in forma identica a partire dall’inizio del secolo successivo [Gasca Queirazza 1997, p. 121]. «Caminum» [Casalis 1836, p. 359]; Castel San Pietro: «Castrum sancti Petri» [Casalis 1837, p. 224]. Castel San Pietro assume la denominazione Castel San Pietro Monferrato nel 1863 [Ministero 1889, p. 4].
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Diocesi | Vercelli fino alla costituzione della diocesi di Casale nel 1474, quando viene inclusa nella giurisdizione del nuovo ordinario.
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Pieve | Cornale, oggi frazione del comune di Camino, ospitava la chiesa plebana di San Lorenzo, affacciata sul lato destro della strada romana collinare che univa Torino a Valenza attraverso «Industria» (Monteu da Po) e «Vardacate» (Casale). Nelle vicinanze della chiesa sorgeva una istituzione ospedaliera, la «infirmeria Paudi», attestata in tre carte del monastero di Rocca delle Donne del 1217, 1227 e 1228 (Settia 1970, p. 48, ora in Settia 1991). Alla fine del secolo XIII, ricadevano sotto la giurisdizione della «plebs sancti laurenti de cornali sive de camino» le chiese di Piazzano e Castel San Pietro (nel territorio dell’odierno comune di Camino), Fabiano (Solonghello), Brusasca (Gabiano), Pontestura, la «ecclesia de gifalengo» e la «ecclesia de gisalengo» (secondo l’elenco risalente al 1299 [ARMO, XVIII, p. 38], che concorda sostanzialmente con l’elenco, assai più tardo, del 1440 [in ARMO, CIX, pp. 236-237], mentre si discosta per alcune omissioni e aggiunte dalla lista presente nel documento del 1348 [ARMO, XXXIV, p. 112]). In quel periodo, alla chiesa pievana era attribuita una quota d’estimo, ai fini della determinazione di decime papali, di 30 lire astensi (ARMO, XVIII, loc. cit.). È stata ipotizzata l’inclusione, fino a tutto il secolo VI, del territorio della futura pieve di San Lorenzo di Cornale in una ben più vasta circoscrizione facente capo alla sede plebana di San Vittore di Rosignano, di cui sembra comprovata l’antichità (Ferraris 1975, pp. 31-32 e 76-77, nn. 250 e 251).
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Altre Presenze Ecclesiastiche | Oltre alla sede plebana, nel territorio dell’odierno comune i tre elenchi citati dei secoli XIII-XV riportano chiese a Castel San Pietro e a Piazzano (che tuttavia non compare nel documento del 1348 [ARMO, loc. cit.]). Nel 1329 viene eretta a Camino una nuova chiesa dedicata a San Lorenzo, che eredita la denominazione e le prerogative della «pieve di Cornale». Ancora nel secolo XVIII, la parrocchiale di San Lorenzo possiede fondi (per un’estensione di 120 moggia di Monferrato) che la memoria locale ritiene parte della dote originaria. A quest’epoca, il suo reddito annuale è calcolato in 560 lire di Piemonte. Nella parrocchia di età moderna sono presenti la Compagnia del Suffragio, la Confraternita della Santissima Trinità (che, oltre a far celebrare messe e a stipendiare un cappellano, si fa carico della manutenzione della chiesa parrocchiale), e la Congregazione del Santissimo Sacramento; vi si aggiunge la Confraternita di San Gottardo, la cui chiesa si trova alla borgata Castello (Camino, in “Monferratoarte”, Associazione Casalese Arte e Storia, Sito web (2013))..
Brusaschetto dispone dal 1589 di una propria chiesa parrocchiale, sotto il titolo di Sant’Emiliano, di giuspatronato degli Scarampi di Villanova, nella quale sono presenti la Compagnia del Rosario e la Compagnia del Santissimo Sacramento; è attestata anche la presenza della chiesa di San Sebastiano. Castel San Pietro ha tre chiese parrocchiali nel secolo XVIII: San Pietro (con il reddito di £200); San Martino a Isolengo (£200); San Giorgio a Piazzano (con il reddito di £60), più la Confraternita sotto il titolo della Santissima Trinità (AST, Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 79, Mazzo 6; Capo 26, Mazzi 32, 37, 40 ). L’attuale territorio comunale ospitò per secoli una importante presenza regolare: il monastero femminile di Santa Maria della Rocca, in luogo concesso in feudo nel 1167 dal marchese Guglielmo di Monferrato e divenuto quindi noto come Rocca delle Donne. Guglielmo aveva concesso la chiesa di Santa Maria di Gamondio a Rufino abate di Fruttuaria nel 1164, pregandolo di darla ai monaci della Chaise-Dieu e alla monache di Comps (tra le quali una sorella del marchese), ciò che Rufino fece nel 1165 (Savio 1899, p.39). Nelle «rationes decimarum» dei secoli XIII-XV, il monastero è registrato come «monasterium sive prioratus» (ARMO, XVIII [1299], p. 38; XXXIV [1348], p. 116; CIX [1440], p. 237; Bona 1853; Nada Patrone 1966). Nel 1520 Santa Maria della Rocca fu aggregato al convento femminile francescano della Maddalena di Casale. Nel corso dell’età moderna l’estensione delle sue proprietà fondiarie fiscalmente esenti è valutata in poco meno di 400 moggia di Monferrato, di cui gli amministratori statali consigliano, negli anni Ottanta del Settecento, l’aggregazione dapprima a Brusaschetto, quindi a Castel San Pietro. L’abbazia regolare di Lucedio possiede nel territorio di Camino beni per 196 moggia, appartenenti alla Grangia di Gaiano, «riconoscendosi da’ Cattastri della Communità prima del 1620 esser questi beni già dati per coerenti a pezze in essi registrate». Nell’età moderna è attestata a Castel San Pietro la presenza di un patrimonio fondiario di 44 moggia di Monferrato appartenente ai francescani conventuali di Monte Sion (AST, Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 26, nn. 15-17). |
Assetto Insediativo | Il territorio di Camino, Castel San Pietro e Brusaschetto presenta una configurazione marcatamente «cantonale», favorita, da un lato, dalle sue principali caratteristiche morfologiche e produttive, dall’altro dalla debolezza delle pressioni signorili in età medievale e moderna. L’assetto è a «cantoni», una pluralità di nuclei insediativi abitati da gruppi di discendenza a inflessione patrilineare di piccoli coltivatori-proprietari. «Cantone», termine corrente nel secolo XIII, è usato già in quello precedente nel senso di «quartiere cittadino» (1165), senso in genere rilevato dai glossari (cfr. Du Cange). Nell’accezione di «nucleo abitato minore sottoposto ad altro maggiore», il termine sembra peculiare della zona. Alcuni cantoni, i quali dal nome sembrerebbero nati in epoca recente, appaiono in realtà un travestimento toponimico di centri preesistenti (Bolli, nel territorio di Cerrina, come si desume dal catasto del 1746) (Settia 1983, pp. 175, 180-181, n. 113).
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Luoghi Scomparsi | Caminello (Sergi 1986, p. 529).
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Comunità, origine, funzionamento | Sullo scorcio del secolo XIII, gli «homines» di Camino sono organizzati in comune ed elaborano una precoce raccolta di statuti (Sergi 1986).
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Statuti | Del secolo XIII, con un nucleo originario quasi certamente anteriore al 1286 (Barelli, Durando e Gabotto 1907; Brusasca 1955).
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Catasti | Non sono conservati i catasti «antichi», né quello del 1710 (peraltro «senza misura né mappa») noto agli amministratori statali settecenteschi, ma sono conservati i Libri dei trasporti relativi a Camino del 1541-1771, 1695-1769, 1752-1802 (AC Camino, Faldoni 135-137). Per quanto riguarda la comunità di Brusaschetto, sebbene venga attestata, nel corso del Settecento, l’esistenza di un catasto con misura del territorio (senza mappa) del 1682, il più antico documento conservato di natura catastale è un registro delle mutazioni di proprietà del 1860-1889, oltre a un registro di beni feudali risalente alla fine del secolo XVII (AC Camino, Archivio Storico dell’ex Comune di Brusaschetto, Faldoni 10, 40). Non è conservata a Castel San Pietro la «misura» o catasto (senza mappe) del 1690, ma sono conservati un catasto con mutazioni annotate del 1743-1765 e due registri in cui si trovano estimi di beni della comunità dal 1661 al 1745 (AC Camino, Archivio Storico dell’ex Comune di Castel San Pietro, Faldoni 66, 66 bis).
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Ordinati | Gli ordinati di Camino sono conservati a partire dal 1740 (AC Camino, Faldone 5, Libro dei convocati, 1740-1796). Gli ordinati di Brusaschetto sono conservati dal 1714 al 1722 e, con continuità dal 1818 (AC Camino, AC dell’ex Comune di Brusaschetto, Faldone 1, Registro dei convocati della comunità, 1714-1722; Faldone 2, Registro raccolta degli ordinati, 1818-1897). Gli ordinati di Castel San Pietro sono conservati dal 1588 al 1655 (AC Camino, Archivio Storico dell’ex Comune di Castel San Pietro, Faldone 2, Libri raccolta convocati originali, 1588-1655 e 1832-1869), quindi dal 1687 al 1723 (AC Camino, Archivio Storico dell’ex Comune di Castel San Pietro, Faldone 3, Registro raccolta convocati, 1687-1723). Verbali che documentano l’attività del consiglio della comunità sono presenti con continuità dal 1742 (AC Camino, Archivio Storico dell’ex Comune di Castel San Pietro, Faldoni 4 sgg., Libri dei deliberamenti, n. 1, 1742-1795).
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Dipendenze nel Medioevo | Si tratta di un’area dipendente dapprima dall’abbazia di Fruttuaria e dal Monastero di San Pietro di Breme e quindi contesa tra il dominio di Vercelli e quello dei marchesi del Monferrato. La dipendenza dai marchesi del Monferrato si stabilizza a partire dal secolo XIII. È possibile che, nel quadro della distrettuazione carolingia, Camino e buona parte delle località comprese nell’odierno Basso Monferrato facessero parte della «iudiciaria torrensis», un distretto minore di cui si hanno indizi in carte risalenti alla seconda metà del secolo IX e ai primi anni del secolo successivo e che avrebbe potuto estendersi, a nord del comitato di Asti, tra le propaggini orientali della collina torinese e la confluenza del Po e del Tanaro. Quest’area risulta comunque avere perso un’autonoma caratterizzazione pubblicistica già intorno alla metà del secolo X, quando fu probabilmente smembrata a favore dei comitati cittadini limitrofi di Torino, Asti e Vercelli, per divenire infine, nel secolo successivo, oggetto delle contrastanti ambizioni territoriali degli Aleramici e dei vescovi di Asti e di Vercelli (Settia 1983, pp. 11-53).
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Feudo | Signori di Camino (secolo XII); Scarampi (1232), con investitura definitiva dal 1329 (Guasco 1911).
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Mutamenti di distrettuazione | Già direttamente soggette al Monferrato in quanto terre marchionali, Camino, Brusaschetto e Castel San Pietro, sebbene con nozione priva di un preciso contenuto, erano classificate fra le terre dello stato «al di qua del Tanaro» o «Monferrato fra Po e Tanaro» e direttamente ricadenti nell’area di gravitazione della città di Casale. Dopo l’annessione del ducato del Monferrato agli stati sabaudi nel 1708 entrarono a far parte della provincia di Casale. Tale assetto fu confermato dalla definitiva sistemazione delle province piemontesi attuata nel 1749 e si mantenne perciò fino alla caduta dell’antico regime in Piemonte (1798) (Sturani 1995). Entro la maglia amministrativa francese, le comunità le sorti dell’intero territorio della vecchia provincia di appartenenza, aggregate, senza sostanziali alterazioni, a una circoscrizione di estensione variabile avente per capoluogo Alessandria. Si trattò dapprima del dipartimento del Tanaro, creato durante il primo effimero periodo di occupazione (1799), e, dopo il ritorno dei Francesi e in seguito alla riorganizzazione amministrativa del 1801, del dipartimento di Marengo, circondario (arrondissement) di Casale. Non toccato dal successivo rimaneggiamento del 1805, l’inquadramento amministrativo del Casalese e quindi di Camino, Brusaschetto e Castel San Pietro non mutò fino alla Restaurazione (Sturani 2001; ANP, F2 I 863 [Montenotte]). Dopo la parentesi napoleonica, rientrarono a far parte della ricostituita provincia di Casale, inclusa nel 1818 nella divisione di Alessandria e dopo ulteriori instabili riorganizzazioni a livello sovraprovinciale durante la prima metà del secolo, ridotta a circondario della provincia di Alessandria nel 1859 (Sturani 1995).
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Mutamenti Territoriali | Esistono indizi di un variare nel tempo della importanza relativa dei diversi nuclei insediativi, in particolare con un declino della più antica «villa» di Camino a fronte dello sviluppo di Villanova nel secolo XIII (Sergi 1986). Durante l’antico regime, Rocca delle Donne, come feudo a sé stante, «non facente corpo di comunità», costituì una enclave giurisdizionale di compatta esenzione fiscale nella maglia più articolata dei feudi laici e delle comunità della zona. Nel 1781 il feudo di Rocca delle Donne è elencato tra i «castelli», il cui territorio, esente dal pagamento delle imposizioni ordinarie, concorre tuttavia al pagamento di quelle straordinarie, in solido con la città di Casale (AST, Camera dei conti, II Archiviazione, Capo 26, m. 13, Stato delle Città e Terre componenti la Provincia di Casale). Nel 1929 Brusaschetto e Castel San Pietro vengono soppressi in quanto comuni autonomi e inglobati in quello di Camino. Alla stessa data viene staccata dal comune di Mombello Monferrato e aggregata a quello di Camino una parte (pari a 36 ha con 42 abitanti) della frazione Isolengo (Istituto Centrale 1930, p. 10).
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Comunanze | Le inchieste delle autorità statali condotte nella seconda metà del Settecento offrono un quadro complessivo: a Camino boschi e «zerbidi» della comunità assommano a 180 moggia di estensione; si tratta, in particolare, di otto appezzamenti di bosco ceduo che «si sogliono affittare da sei in sei anni per l’atterramento della legna e salvume degli alberi». La legna viene tagliata ogni anno, «ratatamente»; il fitto annuo è tradizionalmente impiegate per il pagamento dei tributi governativi, «in sollievo» del «registro universale». Non è consentito agli abitanti del luogo «boscheggiarvi»: il terreno è infatti «sterile d’erba, per essere li medesimi situati in colline alte». Nei tempi consentiti, vengono utilizzati come pascolo comune dai «particolari» del luogo ed è allora possibile nutrirvi circa 300 capi. Hanno un’estensione di poco minore i beni della comunità di Castel San Pietro, che consistono in quindici appezzamenti di boschi cedui e «zerbidi per la maggior parte e sterili, per essere in collina ove esiston pietre e tovo», per un totale di circa 151 moggia. Qui le piante vengono abbattute ogni anno «ratatamente»; non è consentito «boscheggiarvi», ma, nei tempi consentiti, possono pascolarvi circa 250 capi A differrenza che a Camino, le comunanze di Castel San Pietro non contribuiscono direttamente al pagamento delle tasse e così anche a Brusaschetto, dove i beni della comunità consistono in appena 29 moggia di terreni, tutti «boschivi e gerbidi, di bosco ceduo a d’alto fusto, quali sono inservienti per il popolo» (AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 26, m. 13, Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale, in risposta alla circolare del Signor Intendente Generale, in data delli 10 dicembre 1781; m. 18, Memorie del Basso Monferrato [s.d. ma 1784-1789]; I archiviazione, Provincia di Casale, m. 2, fasc. 4, Monferrato. Ricavo de’ redditi di quelle comunità, misura de’ territorj e de’ beni antichi e moderni e notizie diverse [s.d. ma 1760-1769]).
Camino possiede inoltre, nella Pezza delle Zerbe da Po, una «cava di fornace», che risulterà pienamente attiva nei primi decenni dell’Ottocento (Casalis 1836, p. 360), mentre a Brusaschetto i «fornaci di calcina» vengono esportati, «essendo questi il loro commercio» (AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 79, Statistica generale, m. 6, Relazione della Provincia di Casale [1753]). Nel 1990 il territorio gravato da usi civici è calcolato in circa 23,33 ha (CLUC). |
AC Camino (Archivo Storico del Comune di Camino, dove sono depositati gli archivi esistenti nei tre comuni di Camino, Brusaschetto e Castel San Pietro al momento della loro aggregazione nel 1929.)
ANP (Archives Nationales, Paris), F2, Administration Départementale, I, 863 [Montenotte], Département de Marengo, Tableau de la Population par commune d’après le récensement fait par ordre du Préfet dans les derniers mois de l’an XII (1804). ARMO (Acta Reginae Montis Oropae), Biella, Unione Tipografica Biellese, 1945 (i documenti XVIII, XXXIV e CIX sono editi a cura di Giuseppe Ferraris). ASA (Archivio di Stato di Alessandria), Senato del Monferrato, Atti di lite. AST (Archivio di Stato di Torino): Camera dei conti, I archiviazione, Provincia di Casale, m. 1, fasc. 18, Relazione dello stato e coltura de’ beni de’ territorj delle città e comunità della Provincia di Casale (1742-1743); n. 24, Casale. Stato delle liti attive e passive delle comunità (1757); Camera dei conti, I archiviazione, Provincia di Casale, m. 2, fasc. 4, Monferrato. Ricavo de’ redditi di quelle comunità, misura de’ territorj e de’ beni antichi e moderni e notizie diverse (s.d. ma 1760-1769); Camera dei conti, II archiviazione, Capo 10, Consegna della bocche umane e della bestie (regio editto 10 maggio 1734), mazzo 6, Provincia di Casale, n. 2; Camera dei conti, II archiviazione, Capo 26, m. 13, Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale, in risposta alla circolare del Signor Intendente Generale, in data delli 10 dicembre 1781; Camera dei conti, II archiviazione, Capo 26, m. 17, Tributi. Descrizione delle liti attive e passive delle comunità della Provincia di Casale (s.d. ma dopo il 1782); Camera dei conti, II archiviazione, Capo 26, m. 18, Memorie del Basso Monferrato (s.d. ma 1784-1789); Camera dei conti, II archiviazione, Capo 26, m. 18, Comunità della Provincia di Casale che affermano essere necessaria la misura de’ territorj loro (s.d. ma del 1786); Camera dei conti, II archiviazione, Capo 26, m. 32, Monferrato, Province di Casale ed Acqui: memorie e stati concernenti la collettazione de’ beni ecclesiastici e luoghi pii (1728-1729); Camera dei conti, II archiviazione, Capo 26, m. 37, Relazione generale dell’operato dal Commendatore Petitti in dipendenza del Regio Editto delli 24 giugno 1728 concernente li beni posseduti dalli ecclesiastici e luoghi pii nel Ducato di Monferrato (1729); Camera dei conti, II archiviazione, Capo 79, Statistica generale, m. 6, Relazione della Provincia di Casale (1753); Corte, Paesi, Ducato del Monferrato, m. 50, fasc. 15, Stato delle città, communità e cassinali del Ducato di Monferrato, coi nomi de’ vassalli ch’anno prestato il giuramento di fedeltà a S. A. R., formato dal Consigliere Mellarede (s.d. ma attorno al 1710); n. 28, Memorie diverse riguardanti le debiture del Monferrato e le alienazioni cadenti sovra l’ordinario (1770); Corte, Paesi, Paesi per A e per B; Corte, Monferrato, Materie economiche, Mazzo 18, n. 19: M.A. Tartaglione, Calcolo delle città, terre, anime e moggia de’ terreni del ducato di Monferrato [inizi del secolo XVII], ms. Archivio della Biblioteca della Provincia di Torino, Documenti storici Monferrato, I, 1, 9, Raggionamento sopra l’antiche strade militari del Monferrato fatto dal C. F. M. di Casale già A. P. di questo D. [secolo XVIII], ms. B.N.F. (Bibliothèque nationale de France). Vedi catalogo. B.N.F., département Cartes et plans, GE DD-2987 (5054 B), La principauté de Piémont, les marquisats de Saluce et de Suze, les comtés de Nice et d'Ast, le Montferrat / dediée au roy par son très humble, très obéissant, très fidèle sujet et serviteur H. Jaillot, géographe de sa Majesté, [chez l'auteur] (A Paris), 1695 [Jaillot, Alexis-Hubert (1632?-1712). Cartographe]. Vedi mappa. B.N.F., département Cartes et plans, CPL GE DD-2987 (5043), Le Piémont et le Montferrat avecque les passages de France en Italie ... / Par P. Du Val, Chez l'Autheur (A Paris), 1600-1699 [Duval, Pierre (1619-1683). Cartographe]. Vedi mappa. CUC (Commissariato per la liquidazione degli usi civici, Torino). Saletta 1711 (AST, Corte, Monferrato Ducato, ultima addizione: Giacomo Giacinto Saletta, Ducato del Monferrato descritto, 1711, 7 tomi ms.) | |
Bibliografia | Barelli, G, Durando, E. e Gabotto, G., 1. Il “Libro della catena” del comune di Garessio. 2. Statuti di Ormea. 3. Statuti di Montiglio. 4. Statuti di Camino, Pinerolo, 1907 (B.S.S.S. 27).
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Descrizione Comune | Camino
L’assetto territoriale di Camino è caratterizzato da un insediamento policentrico, articolato in una maglia di nuclei, tradizionalmente denominati cantoni. Questo assetto, nel corso dei secoli tra il medioevo e l’età contemporanea, si è mostrato refrattario a sviluppare poli di gravitazione consistenti e stabili. In un certo senso, si può dire che nessun singolo nucleo ha preso chiaramente un sopravvento sugli altri nel corso del tempo. Dopo il 1929, l’aggregazione di Brusaschetto e di Castel San Pietro ha contribuito a ricalcare questo tipo di organizzazione territoriale su un’area più estesa, più che non a semplificarla.
La storiografia ha segnalato questa impronta insediativa, nonché alcuni indizi di una tradizione storica di riconoscimento delle articolazioni dei diversi cantoni nella vita amministrativa locale, per esempio nella stesura dei verbali, o convocati, della comunità di Camino durante tutta l’età moderna (Sergi 1986, p. 529; AC Camino, Convocati e Ordinati [di Camino, di Castel San Pietro e di Brusaschetto]). Una funzione analoga e parallela ha rivestito l’organizzazione ecclesiastica locale, con una vita parrocchiale demandata a punto d’incontro periodico, cerimoniale e largamente simbolico tra gli abitanti della maglia frazionata di insediamenti. Molti altri indizi di una vasta documentazione locale, che attende di essere studiata compiutamente, suggeriscono di ravvisare nell’organizzazione territoriale di Camino il risultato, su un arco di tempo assai lungo, di processi di eredità e successione di coltivatori-proprietari che dividono in loco, entro i gruppi di discendenza patrilineari, le case e i beni fondiari tra i discendenti maschi e dotano, al matrimonio, le figlie soprattutto di beni fiduciari. Le donne, al matrimonio, vanno ad abitare in casa del marito e vicino ai parenti di lui. L’effetto cumulativo di simili processi sulle forme di insediamento rurale è noto alla storiografia come «quartieri di lignaggio» ed è attestato in molte zone del Piemonte, e altrove, nelle quali furono deboli i processi di incastellamento e di sviluppo insediativo basati sulla nucleazione in un concentrico (Regione Piemonte 1994, pp. 30-66). Sarebbe azzardato, allo stato delle conoscenze, formulare ipotesi circa le origini e lo sviluppo dei quartieri di lignaggio a Camino, Castel San Pietro e Brusaschetto, un’area situata in posizione strategica di controllo dei nodi stradali sulla direttrice Torino-Casale e su quella Vercelli-Asti (ma vedi Settia 1983). È tuttavia suggestivo immaginare che un elevato grado di autonomia della vita locale, forse risalente alla conduzione altomedievale delle terre dell’abbazia di Fruttuaria e di San Pietro di Breme, possa avere a sua volta posto le basi della organizzazione territoriale locale. Insieme e analogamente a quanto avvenne per Pontestura e altre comunità, il controllo della zona offrì, per molti secoli, quello dei transiti del Po. Sebbene sia chiaro che l’importanza militare del sito determinò la costruzione di fortificazioni permanenti a partire almeno dal secolo XIII, all’epoca dei conflitti tra il comune di Vercelli e i marchesi del Monferrato, non sembra che l’apparato difensivo abbia innescato un processo di nucleazione o concentrazione dell’abitato (Sergi 1986, pp. 537-38). Da quell’epoca in poi, Camino, Brusachetto e Castel San Pietro godettero di una dipendenza diretta dal marchesato, che probabilmente favorì lo sviluppo di una forte autonomia amministrativa e ne garantì il consolidamento nel corso del tempo, come suggerisce, per esempio, la precoce stesura di statuti locali e, soprattutto, il loro frequente aggiornamento (Brusasca 1955). L’investitura alla famiglia Scarmpi, definitiva a partire dai primi decenni del Trecento, ebbe probabilmente, sul lungo periodo, l’effetto di rinsaldare, o cristallizzare, l’assetto insediativo e territoriale preesistente, anziché mutarlo in maniera sensibile, forse, almeno in parte, grazie al permanere, nel cuore dell’età moderna, dei rapporti di dipendenza diretta delle comunità locali dal marchesato del Monferrato e dalla capacità di appello alle sue magistrature (Bozzola 1926; Giorcelli 1905). Paradossalemente, in un certo senso, soltanto nel 1929, molto tempo dopo l’abolizione delle prerogative signorili, venne realizzata la formazione di un’unità amministrativa compatta corrispondente ai precedenti domini degli Scarampi: quando il consolidamento dei nuovi confini comunali di Camino vide l’aggregazione di Brusaschetto (già passato agli Scarampi nella seconda metà del secolo XIV) e di Castel San Pietro (dove i diritti signorili degli Scarampi risalivano al secolo XVI) (Saletta 1711; Istituto Centrale 1930). Fino all’assorbimento del Monferrato entro i domini sabaudi ai primi del Settecento, Camino, Castel San Pietro e Brusaschetto videro talvolta rafforzarsi, anziché affievolirsi, agli occhi delle autorità centrali del Monferrato i loro ruoli rispettivi di comunità di frontiera su Trino e sul Vercellese, segnatamente durante il secolo XVII, limitando la capacità degli Scarampi di espandersi localmente con un dominio territoriale forte e indifferenziato. Parallelamente, non mancano indizi di un interesse preminente dei diversi rami della famiglia Scarampi (non soltanto quelli della zona di Camino) per il controllo, e probabilmente per il coordinamento, dei transiti lungo il percorso dell’importante asse di comunicazione che unisce Casale alla riviera genovese, più che non per il controllo diretto di altre risorse locali. I transiti riguardano, in particolare, due sezioni dello Stato del Monferrato, quella situata a nord del Tanaro e quella posta a sud del fiume, prive di continuità territoriale perché ormai totalmente separate dall’incunearsi del territorio milanese. Quest’area comprende importanti centri agricoli situati a nord del Tanaro, a ovest e a est rispetto all’asse della strada, nello Stato di Milano, come Annone, Quargnento, Quattordio, Solero e, nel Monferrato, come Montemagno, Altavilla, Cuccaro e soprattutto San Salvatore. Da queste località si dipartono strade e cammini che convergono radialmente su Felizzano e sul grande asse di comunicazione nord-sud, uno dei cui sbocchi è, appunto, l’attraversamento del Po in direzione di Trino (AST, Corte, Monferrato, Materie Economiche, mazzo 16 e 16.2, a cui si deve aggiungere un corposo fascicolo in AST, Corte, Paesi di nuovo acquisto, Alessandrino, mazzo 10, Felizzano, numero 10; Giorcelli 1905). La rete dei traffici si interseca profondamente, in quest’area, con quella delle giurisdizioni signorili. A differenza di Felizzano, quasi tutte le altre terre dell’area sono infeudate. Ai signori appartengono la maggior parte dei pedaggi riscossi lungo i cammini, anzitutto la strada per il Genovese, oltre che luoghi di sosta e di deposito per gli uomini, gli animali e le merci che transitano sulle lunghe distanze. Alcuni esponenti delle famiglie signorili della zona appaiono direttamente impegnati ad accompagnare i convogli. Si tratta di famiglie che appartengono a configurazioni potenti, estese e ramificate, quali gli Incisa, gli Scarampi, i Faà, talvolta impegnate in faide (Giorcelli 1919; Raviola 2001). Sebbene lo studio dei rapporti tra gli Scarampi e le comunità interessate alle loro prerogative signorili nel quadro dei conflitti giurisdizionali intorno ai transiti tra Alto e Basso Monferrato attenda approfondimenti sistematici, è importante tenere presenti gli indizi di un interessamento assai maggiore per un’attività che potremmo definire di coordinamento commerciale, più che non per la costruzione di un dominio compatto di tipo territoriale, o anche solo fondiario. Si segnalano in questo senso gli stretti collegamenti attestati, durante l’età moderna, tra i rami della famiglia preposti al controllo di piccole “enclave”, o, per così dire, zone franche nei pressi del Tanaro, segnatamente a Masio e a Quattordio, e gli Scarampi della zona di Camino. In particolare, a Camino, Brusaschetto e Castel San Pietro l’interesse degli Scarampi per le attività economiche locali più legate alla produzione agricola appare trascurabile, con una estensione minima di beni fondiari fiscalmente immuni. Se volgiamo lo sguardo alla seconda metà del Settecento, la comunità di Camino paga al feudatario, il conte Scarampi, la parte a lui ceduta, o alienata, del tributo noto come tasso ordinario, «in lire 96 annue, che s’impongono sovra il registro universale, quali si dice portate da investiture del detto Feudo, antiche e moderne». Inoltre, alcuni «particolari» pagano in natura «per certi loro beni caponi al Signor Paroco della Parochiale di questo luogo, come anche del pepe e drogherie». Al feudo sono annessi i mulini e i «porti» sul Po. Il pedaggio presente nel luogo appartiene in effetti al feudatario, il quale lo affitta unitamente al «porto volante» sul Po. Pedaggio e porto rendono, nel 1780, un fitto annuo di 1200 lire. I due mulini sul Po, sono affittati, nel 1773, per 828 lire all’anno e per un periodo novennale, mentre alla comunità spettano invece i diritti della «beccaria ed osteria» (AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 26, m. 13, Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale, in risposta alla circolare del Signor Intendente Generale, in data delli 10 dicembre 1781). A Castel San Pietro la comunità paga la porzione alienata di tasso ordinario al conte Gerolamo Scarampi, feudatario del luogo, «di scudi quattro da lire otto Piemonte caduno, aquistati assieme al Feudo di questo luogo, come si ha da investiture antiche e moderne, e l’ultima del 1776, con la prestazione di cinque capponi e cinque galline, state convenute per essi in lire cinque, e tal prestazione pure apparente dalle suddette investiture». Inoltre, il feudatario «esige da vari particolari, per moggia n. 70 di beni feudali ed immuni, sian esenti, lire trentadue, apparenti pure da investiture antiche e moderne, ed altresì esige la terza successione a chi more senza prole e la terza vendita, ciò pure sovra dette investiture antiche e moderne, allegando essergli stato ciò concesso dalli Principi all’ora padroni di questo luogo». Anche a Castel San Pietro è il conte Scarampi di Camino a possedere il «porto volante» sul Po, che dà in affitto, nel 1780, per 220 lire annue (AST, Camera dei conti, I archiviazione, Provincia di Casale, m. 2, fasc. 4, Monferrato. Ricavo de’ redditi di quelle comunità, misura de’ territorj e de’ beni antichi e moderni e notizie diverse [s.d. ma 1760-1769]). Viceversa, la vita agricola locale appare sostanzialmente sotto il controllo delle famiglie di coltivatori e piccoli conduttori, che si dedicano a una policoltura di sussistenza su terreni interessati solo in parte dalla viticoltura. Alcuni aspetti importanti della vita locale emergono in questo senso dalla ricca documentazione della età moderna. Prendiamo, per esempio, le inchieste e le rilevazioni compiute a più riprese lungo l’arco del Settecento dai funzionari del governo sabaudo per tutti e tre le comunità corrispondenti al territorio odierno di Camino, una documentazione che consente dunque confronti tra le comunità sia in uno stesso momento storico sia in anni diversi (AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 79, Statistica generale, m. 6, Relazione della Provincia di Casale [1753]). Secondo la Statistica Generale degli anni centrali del Settecento, il territorio di Camino è composto per il 20,6 per cento da campi, per il 44,1 per cento da vigne, per il 21,3 per cento da prati, per il 6,8 per cento da boschi e incolti e per il 7,2 per cento da pascoli. La percentuali relative ai prati e ai pascoli sono tra le più elevate registrate dalla Statistica nei territori delle comunità del Basso Monferrato. I dati forniti dagli amministratori della comunità nel 1781 assegnano invece l’ 8,1 per cento ai campi, il 5,2 per cento ai prati, il 50,2 per cento alla vigna, il 22,8 per cento ai boschi e agli incolti e, infine, il 13,7 per cento alle «ghiare». L’impressione di netta discrepanza tra le informazioni veicolate dalle due fonti settecentesche si attenua parzialmente se sommiamo nella Statistica Generale le estensioni relative al prato, al bosco-incolto e al pascolo (che ammontano al 35,3 per cento del territorio) e se confrontiamo questa percentuale con il 41,7 per cento, al quale ascende l’estensione complessiva di prati, boschi-incolti e «ghiare» del territorio secondo i dati del 1781. Resta comunque indubbia la notevole estensione della superficie destinata al pascolo e al nutrimento del bestiame, soprattutto quella dei boschi, degli incolti, dei ghiaieti in riva al Po, circa il 30 per cento dei quali di proprietà comunale. Le tabelle della Statistica Generale segnalano una quota del 45,9 per cento della produzione vinicola locale destinata all’esportazione dalla comunità, alla quale non si accompagna, come avviene in diverse altre situazione bassomonferrine, una disponibilità di frumento per il mercato esterno, genere che qui anzi registra un deficit del 12 per cento rispetto al fabbisogno locale. Comune a numerose altre comunità del Casalese è invece l’insufficienza della «meliga bianca» e dei cereali marzuoli prodotti nel territorio di Camino, pari rispettivamente all’87,5 per cento e al 76,6 per cento delle necessità alimentari della popolazione del luogo. Questa situazione corrisponde a quella descritta dagli amministratori della comunità nel 1781, che, accanto al predominio della viticoltura, segnalano una generale carenza di granaglie e «vernaglie» che gli abitanti del luogo devono acquistare dalle zone cerealicole a nord del Po. L’interdipendenza economica con la pianura settentrionale e con le grandi aziende che essa ospita è ribadito, sotto un ulteriore aspetto, dal fatto, segnalato dalla Statistica Generale, che diversi abitanti di Camino si recano a lavorare come servitori o salariati agricoli stagionali nel Vercellese e nelle grange dell’abbazia di Lucedio (che possiede inoltre una grande tenuta, la grangia di Gaiano, con 196 moggia di terra fiscalmente immune, a sud del Po, nello stesso territorio di Camino), una pratica che la Consegna del 1734 conferma come diffusa, soprattutto tra i membri più giovani delle famiglie contadine del luogo. La Statistica Generale indica anche come occupazione presente nel territorio quella della fabbricazione di calce e materiali per l’edilizia, attività che la Consegna del 1734 non rivela e che forse veniva svolta come attività integrativa o nel quadro dell’azienda signorile o abbaziale. Se guardiamo ora la «consegna», o censimento della popolazione, assai particolareggiata, del 1734, troviamo la quasi totalità della popolazione descritta a Camino classificata in maniera indifferenziata sotto la dizione di «lavorante di campagna», a parte l’agente e i servi del castello, 6 capifamiglia appartenenti a mestieri artigiani comunemente presenti nelle aree rurali, un cerusico, un barbiere, un camparo e quattro tessitori. Si registra inoltre la presenza temporanea di un gruppo di pecorai forestieri con un numeroso gregge di ovini (108 capi) (AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 10, Consegna della bocche umane e della bestie [regio editto 10 maggio 1734], mazzo 6, Provincia di Casale, n. 2). I 131 nuclei di «lavoranti di campagna», contano in media 5,4 componenti, una cifra generalmente superiore a quella che si ottiene dai dati relativi alle altre comunità del Basso Monferrato. Tra i «lavoranti di campagna» di Camino sono comprese unità con un assetto demografico (e presumibilmente produttivo) simile a quello proprio delle famiglie tipicamente a ceppo o «allargate». Queste caratteristiche sono ancora più marcate dove, come a Castel San Pietro, una maggiore quota di imposizione dei prelievi fiscali statali avviene sui fuochi, o «fumanti». La peculiarità dei nuclei contadini di Camino rispetto al quadro più diffuso delle campagne del Casalese sembra riaffermata dal numero medio di bovini posseduti, più elevato rispetto ad altre situazioni del Casalese; inoltre sono relativamente poche le famiglie del tutto prive di bestiame: meno di una su tre a Camino, meno di una su cinque a Castel San Pietro. La “circolazione” delle donne al momento del matrimonio, un aspetto essenziale della vita locale e della sua organizzazione in quartieri di lignaggio, è bene attestata dal quasi 90 per cento di uomini che hanno sposato donne provenienti da altri luoghi, lungo una trama ravvicinata di contatti che unisce, con slittamenti progressivi, le comunità adiacenti. In questo ambiente politico e produttivo le imposizioni fiscali sulla terra sembrano organizzate intorno a criteri di valutazione che tendono a incorporare sia l’estensione dei terreni sia la loro qualità: un sistema a «circoli» che include una valutazione delle distanze dagli insediamenti di riferimento, più elaborato a Camino, con quattro circoli, e più semplificato a Brusachetto, con tre. La sopravvivenza migliore dei libri di trasporti rispetto agli stessi catasti suggerisce non soltanto le modalità tecniche delle imposizioni fiscali, ma anche l’importanza dei passaggi di proprietà nel determinare la responsabilità fiscale e di versamento dei tributi. |