Autori | Peyrot, Silvio |
Anno Compilazione | 1996 |
Anno Revisione | Versione Provvisoria |
Provincia | Torino.
|
Area storica | Balivato valsusino (castellarla di Susa).
|
Abitanti | 905.
|
Estensione | (SITA) 1953; (ISTAT) 1960.
|
Confini | Villarfocchiardo (est), Perosa Argentina (sud), Bussoleno (ovest), Chianocco, Bruzolo, San Didero (nord).
|
Frazioni | Martinetti-Vietti, Città, La Balma, Malpasso, Pognant-Grangia, e case sparse (ab. 17).
|
Toponimo storico | Bassianum, Villa Sanati Ieorgii, Villa Sancii Iorii.
|
Diocesi | Diocesi di Torino, poi, dal 1772, diocesi di Susa. Prepositura monastica nullius dioecesis dipendente dai monaci di San Giusto di Susa.
|
Pieve | L'area dipendeva dalla pieve di Santa Maria Maggiore di Susa, ma l'insedimento dei monaci di San Giusto li portò al controllo della parrocchia.
|
Altre Presenze Ecclesiastiche | Chiesa e ospedale di Santa Maria de Fonte, dipendente dalla prevostura di Santa Maria del Moncenisio (canonici agostiniani). L'area montana fu largamente condizionata dalla presenza dei certosini di Monte Benedetto. Fondo Parrocchia di Sant'Anna di Città di San Giorio. Fondo Parrocchia di San Giorgio martire di San Giorio di SusaInventario 1398-1997. |
Luoghi Scomparsi | Bassianum. La scomparsa è spiegabile con il passaggio dall'insediamento sparso a quello accentrato intorno alla lama morenica dove sorsero il castello e la casaforte, la prevostura monastica e la villa nova.
|
Comunità, origine, funzionamento | Il 20 febbraio 1226, gli “homines de santo Iorio" si radunano sulla lama rocciosa che sorge ai piedi della chiesa di San Giorio alla presenza del conte Tommaso I per stabilire la fondazione di una villa nova in quello stesso molare dove sono radunati. Due anni più tardi, nel 1228, il castellano di Susa, Bertramino di Montméliant, è tenuto a rispettare le libertà degli uomini di San Giorio.
|
Statuti | È noto un atto di ratifica e conferma degli statuti e franchigie della comunità di San Giorio rilasciato da Giacomo Aschieri e Paolo Bertrandi in data 25 aprile 1422 (ASCSG, pergamene).
|
Catasti | AST, Camerale: napoleonico e Rabbini. Fonti precatastali dal Cinque al Settecento in ASCSG.
|
Ordinati | Serie non completa a partire dal secolo XVII (ASCSG).
|
Dipendenze nel Medioevo | Dal secolo XIII la comunità è coordinata all'interno della castellania sabauda di Susa.
|
Feudo | Nel 1270, Tommaso e Amedeo di Savoia, figli del conte Tommaso, I riconoscono che il loro padre aveva ceduto a Riccardo de Bargiis la villa e la casaforte di San Giorio e riconoscono ora a Giovanni Bertrandi di poter riscattare quei beni da Riccardo. Il feudo risulta così collegato alla potente famiglia dei Bertrandi de Canusco, che hanno la piena titolarità del feudo, a esclusione della quota parte controllata direttamente dall'abbazia di San Giusto. Tra tardo medioevo ed età moderna, subentrano nel feudo i de Aprile, i Parpaglia, i Falconeri, don Emanuele di Savoia, i Grosso, i Ressano di Pinerolo, i Carroccio.
|
Mutamenti di distrettuazione | II castello di San Giorio viene riconosciuto quale importante luogo fortificato tra i capisaldi di Susa e Avigliana nel corso del conflitto per il marchesato di Saluzzo. Il castello è così sede di una guarnigione fornita dalla milizia paesana dei villaggi circonvicini ed è posto sotto il comando di un capitano che dipende dal governatore di Susa. La qual cosa avviene indipendentemente dalla giurisdizione feudale, giacché non essendovi un uso residenziale del castello, lo stesso veniva riconosciuto in piena disposizione del duca di Savoia per usi militari e di presidio. Nel 1621 San Giorio entra a far parte della provincia di Susa. |
Comunanze | A metà del Settecento, delle 4457 giornate di superficie misurate, 857 sono costituite da beni comuni, classificati come pascoli e gerbidi, ma ben 2506 giornate sono inoltre i boschi dove vengono largamente praticate le comunanze, come normalmente sottolineano gli intendenti della provincia. Oltre a ciò, nell'area verso Dora, l'andamento ondivago del fiume, con continue mutazioni dell'asta fluviale, lascia spazio ai boschi di ontani (verneta), contestati e rivendicati dalle comunità di Bruzolo e San Didero. In sede di liquidazione degli usi civici furono accertati i diritti di comunanze sul territorio di Villarfocchiardo da parte di particolari della borgata Adryt sulla base di una transazione con i certosini di Banda e Collegno del 1 agosto 1752 in località Rivo del Biol, Andano, Rocca Cevrera, Bosco del Pleonetto, Alpe d'Andano e nelle località Novelle, Muretto Mollarsecco, Costa di Montebenedetto e fino al rio Claretto, con diritto di pascolo e boscheggio (CLUC, San Giorio).
|
Liti Territoriali | I confini con Bussoleno furono definiti con sentenza arbitramentale del 21 maggio 1308. L'uso della montagna del Gravio fu definita con altra sentenza del 1336, pronunciata dal conte Aimone nella lite tra gli uomini di San Giorio e i certosini di Monte Benedetto (OLIVERO, 1925, 88). Lungo il corso della Dora le contestazioni territoriali riguardano Bruzolo e Chianocco circa l'uso dei boschi di ontano.
|
A.C.S. (Archivio Storicodel Comune di San Giorio di Susa).
A.S.T. (Archivio di Stato di Torino). A.S.T., Carte topografiche e disegni, Carte topografiche segrete, Borgonio B 1 Nero, Mazzo 1, "CARTA COROGRAFICA / DEGLI / Stati di S.M. il Re di SARDEGNA / data in luce / dall'Ingegnere / BORGONIO / nel 1683 / corretta ed accresciuta / nell'anno 1772". Borgonio (Ingegnere) [Stagnon 1772] Carta corografica degli Stati di terraferma di S.M. il Re di Sardegna. Copie 2 una in fol. 17, compresa la tabella di riunione; colla divisione per governi e la seconda composta di fol. 16 colla divisione della Provincia ed un'altra copia in 4 fol. (Manca la copia composta di fogli 16). (Note: Sul verso: "Carta III. / continente il Marchesato di Susa, il Contado di / Nizza, e le Provincie di Pinerolo, e Cuneo, con la maggior / parte di quella di Torino, piccola parte delle rispettive / Provincie di Moriena, Ivrea, Alba, Mondovì, e / Principato d'Oneglia, con le Frontiere di Francia / e parte della Provenza, il Principato di Monaco, e / piccola parte del Genovesato". L'originale seicentesco dal titolo "Carta generale de' Stati di Sua Altezza Reale" fu disegnato da Tommaso Borgonio ed inciso da Giovanni Maria Belgrano. Per l'edizione settecentesca qui conservata vennero aggiunti alcuni fogli raffiguranti i paesi di nuovo acquisto incisi da Stagnone su disegni di Castellino, Galletti e Boasso e vennero anche apportate alcune modifiche ai fogli disegnati dal Borgonio. Cfr. anche Carte Topografiche per A e B, PIEMONTE, n. 23 e Carte Topografiche Segrete, BORGONIO B 5 nero), Foglio 3, 1772, . Vedi mappa. | |
Bibliografia | M. BOSCO, II rapporto fra San Giusto e Monte Benedetto e fra due modelli di presenza monastica. in Esperienze monastiche nella val di Susa medievale, a cura di L. PATRIA e P. TAMBURRINO, Susa 1989, pp. 169 -174.
G. CASIRAGHI. La diocesi di Torino nel Medioevo, Torino 1979 (BSS, 196). C. CIPOLLA, Le più antiche carte diplomatiche del monastero di San Giusto di Susa (1029 -1212), in "Bullettino dell'Istituto storico italiano per il medio evo", 18 (1896), pp. 68 - 75. G. CLARETTA, Di Giaveno. Coazze e Valgioie. Cenni storici con annotazioni e documenti inediti, Torino 1859. E. OLIVERO, II castello e la casa forte di S. Giorio in vai di Susa. Torino 1925. L. PATRIA, Prima del Laietto. Chiese, oratori e cappelle cimiteriali su terra monastica di San Giusto di Susa (secc.XI – XV), in San Bernardo a Laietto. Chiese, cappelle e oratori frescati nella valle di Susa tardo-gotica,Susa!992, pp.9-59. G. SERGI, I confini del potere. Marche e signorie fra due regni medievali, Torino 1995. G. SERGI, L'aristocrazia della preghiera. Politica e scelte religiose nel Medioevo italiano. Roma 1994. |
Descrizione Comune | San Giorio di Susa
San Giorio è compreso tra i possedimenti arduinici su cui si fa riconoscere un'ampia immunità il marchese Olderico Manfredi nel 1001: Sanctus Glorius in Bassiano. Nel 1029 il semplice agionimo compare nell'elenco dei possedimenti con cui i marchesi fondano il monastero di San Giusto di Susa, che ottiene così un terzo della giurisdizione del luogo. I restanti due terzi sono destinati invece a passare sotto il controllo dei conti sabaudi, continuatori de facto della politica arduinica e impegnati a costituire una solida dominazione nella forma di un principato territoriale tra le Alpi e la pianura: i conti ne disporranno con infeudazioni a favore di esponenti della loro clientela vassallatica.
L'iniziativa della fondazione di una villa nova in località Molar, ove ancora oggi si trova il nucleo più antico del paese, tra il castello, la casaforte, gli edifici ecclesiastici di S. Giorio e S. Lorenzo, porta, nel 1226, a modificare la struttura insediativa del luogo, che, fino a quel momento, aveva assunto le forme di un insediamento sparso in un territorio caratterizzato dalle vaste coperture boschive e dai pesanti terreni alluvionali del fondovalle, flagellato da un'asta fluviale della Dora Riparia in quel tratto settentrionale alquanto instabile. La chiesa parrocchiale rientrava invece nei titilli dipendenti dalla pieve mariana segusina, che la contessa Adelaide aveva collegato alla prestigiosa canonica regolare agostiniana di S. Lorenzo d'Oulx. Nel momento di più aspra contestazione dei diritti parrocchiali di valle, che si aprì a metà del secolo XII fra i canonici segusini e i monaci di San Giusto, S. Giorio risultò sottratta al controllo della pieve a tutto favore dei monaci neri e, nonostante compaia in tutte le conferme delle dipendenze della pieve segusina fino al diploma del vescovo di Torino, Carlo, nel 1226, non fu più possibile reintegrare i canonici in quelle antiche prerogative plebane che l'azione sistematica dei monaci benedettini andava indebolendo. Un'altra chiesa, quella di S. Maria de fonte, ai confini con Villarfocchiardo, fu oggetto di contestazione tra i benedettini di Susa e i canonici del Moncenisio, ma, pur essendo collegata a un ospedale lungo la via francigena, non riuscì a invertire la tendenza che vedeva ormai formarsi il nucleo direzionale del villaggio a ridosso della lama morenica ormai incastellata e caratterizzata da un insediamento accentrato. La chiesa mariana, che pur doveva aver svolto una funzione non indifferente per la popolazione contermine, tende a scomparire dalle fonti alla fine del secolo XIII e non è più menzionata nel secolo successivo. Il feudo si organizzò così nella signoria di milites della famiglia Bertrandi, a cui, intorno al 1290, si deve la trasformazione di una elementare casaforte nel più ampio castello di forte ispirazione savoiarda. Nell'atto con cui Ugone Bertrandi, anche a nome del fratello Giovanni, il 16 novembre 1294 riconosce il feudo verso il conte di Savoia per il castrum locale, la ricognizione comprende "castrum Sancti Georii in valle Secusie cum suis pertinenciis et iuribus et mero et misto imperio et iurisdictione a fine Boçoleni usque ad finem Villarii Folchardi et a summitate montis usque ad aquam Durie", ponendo il feudo come elemento di definizione territoriale rispetto alle comunità contermini. La chiesa di S. Giorio fu invece una importante prevostura monastica, che esercitava anche diritti signorili su una parte della popolazione fino alla cessione degli stessi (con riserva di quelli ecclesiastici e spirituali) avvenuta nel 1325 da parte dell'abate Enrico Barrali a favore di Giovanni Bertrandi. L'accordo tra monaci e milites fu sancito con la costruzione dell'edificio tardoromanico della chiesuola di S. Lorenzo: una cappella signorile a ridosso dell'antico cimitero, in cui ancora oggi si possono ammirare degli affreschi trecenteschi con la legenda dei tre vivi e dei tre morti. Anche la presenza della certosa di Monte Benedetto, sul territorio di Villarfocchiardo ma con un vasto radicamento fondiario nella montagna di San Giorio, fu elemento di identità e confronto per la comunità locale. La compressione degli usi civici e di vicinato, negati dall'amministrazione speculativa dei monaci bianchi di san Brunone, portò a continue tensioni in un'area boschiva, dove, al solito sfruttamento dell'incolto produttivo per usi silvo-pastorali, si aggiunse l'attività particolare dei tornerii, che fabbricavano scodelle e recipienti lignei sfruttando le essenze legnose delle selve montane. Ai primi accordi a schema pattizio e transattivo del 1274, seguirono però veri e propri atti di violenza contro i certosini e i loro conversi verso il Gravio e la Punta Rossa nel corso del Tre e Quattrocento. Proprio lo sfruttamento boschivo secondo consuetudini di comunanze e vicinato pareva agli intendenti di Susa un disdicevole utilizzo delle risorse, poiché "la comunità possiede quantità di boschi alla montagna oltre i vernetti verso Dora contenziosi colla comunità di Bruzolo, ma si è sempre negligentato dalla medesima il tirar partito da detti boschi per lasciar libero il campo agli abitanti di devastargli e servirsene a suo piacimento non affittandone che una porzione fruttante lire 500 circa di reddito, quando se ne potrebbe tirare lire 1.500 circa". |