Autori | Oivieri, Antonio |
Anno Compilazione | 1998 |
Anno Revisione | VERSIONE PROVVISORIA |
Provincia | Biella.
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Area storica | Compresa nel distretto vercellese per tutto il medioevo, Viverone fece parte in età moderna della Provincia di Biella.
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Abitanti | 1351 [ISTAT, 13° censimento].
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Estensione | ha 1237[ISTAT]
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Confini | Piverone (prov. di Torino), Zimone, Roppolo, Alice Castello, Borgo d’Ale, Azeglio (prov. di Torino, con la parte del territorio di Azeglio costituita dal lago).
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Frazioni | Casa Albert (nucleo speciale: casa di Riposo), Masserìa-Comuna (nucleo contiguo al nucleo Comuna del comune di Torino), Veneria [ISTAT, 13° censimento].
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Toponimo storico | Nel secoli medievali il toponimo si presenta nelle forme Viveronum, Veveronum, Veuronum.
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Diocesi | Appartenne alla diocesi di Vercelli fino al 1772, quando fu istituita la diocesi di Biella e Viverone entrò a farne parte. In epoca francese fu operata una generale riforma dell’assetto delle circoscrizioni diocesane del Piemonte: il 23 gennaio 1805 il cardinale Giambattista Caprara emanò il decreto esecutoriale della bolla di Pio VII, con cui venivano soppresse 9 delle 17 diocesi piemontesi. Tra le soppresse Biella, il cui territorio diocesano venne ricompreso nella diocesi di Vercelli. Quest’ultima fu in pari tempo sottratta alla giurisdizione metropolitana milanese e inserita in quella torinese. La diocesi di Biella fu nuovamente istituita nel periodo della Restaurazione.
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Pieve | S. Pellegrino di Puliaco fino al 1413, quando il vescovo di Vercelli aggregò la pieve di Puliaco e altre chiese alla chiesa di S. Maria di Salussola, assegnandole i diritti plebani [Lebole, La chiesa biellese, vol. II, p. 153 sg.].
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Altre Presenze Ecclesiastiche | Chiesa di S. Nicola: la chiesa di S. Nicola era, insieme con la chiesa di S. Maria di Viverone e Roppolo, una delle due parrocchie di Viverone; fu forse una dipendenza delle monache di Lenta, ma nel Quattrocento risulta sottostare alla Chiesa vercellese. Già nel 1197 è documentata come proprietaria di beni coerenti con beni della chiesa di S. Lorenzo di Paverano. Nel corso del medioevo S. Nicola fu sede di riunione del consiglio del comune di Viverone [Le comunità di Viverone e Roppolo, p. 8, n. 19, cfr. p. 20, n. 29 e Lebole]. Venne rifatta all’inizio del Settecento e alla fine del secolo (1791) tornò, dopo lungo tempo, a funzionare come parrocchia; titolari del diritto di patronato, dopo che questo venne trasferito dalla chiesa di S. Maria di Roppolo e Viverone, ormai abbandonata, furono i Dal Pozzo della Cisterna [Lebole, La chiesa biellese, vol. II, pp. 168, 171].
Chiesa di S. Maria di Viverone: la chiesa di S. Maria, che nei documenti medievali è detta "di Roppolo e Viverone", sembra fosse soggetta al patronato dell’abbazia di S. Andrea di Vercelli [cfr. doc. 1257 regestato in Le comunità di Viverone e Roppolo, p. 14, n. 5], conteso però all’abbazia prima da Pietro Bicchieri e poi dai suoi eredi, sostenuti dalle comunità stesse di Viverone e Roppolo [op. cit., p. 13, n. 2 del 1230, p. 15, nn. 11 e 12 del 1284]. Nel 1284 la controparte dell'abbazia - costituita dagli eredi di Pietro Bicchieri, dalle comunità di Viverone e Roppolo, da un certo Brizio di Roppolo, e da Filippo Avogadro di Quinto, chierico di S. Maria di Roppolo e Viverone - si vide annullare dal delegato del vescovo di Vercelli la nomina del rettore della chiesa contesa [op. cit., p. 15, n. 12]. Nello stesso anno le parti si accordarono su una nomina congiunta [p. 16, n. 13]. Più tardi, nel 1302, sembra che la primazìa nella nomina del rettore fosse riconosciuta ai Bicchieri e alle due comunità di Roppolo e Viverone, che dovevano proporre il prescelto al capitolo di S. Andrea per l’approvazione, e quindi al vescovo di Vercelli per la definitiva sanzione della nomina [p. 17, n. 17], anche se altri documenti trecenteschi lasciano intuire che la questione fosse tutt'altro che risolta (si veda op. cit., p. 17, n. 18 del 1314, p. 21, n. 30 del 1358). I diritti di patronato della chiesa vennero poi assunti dalla famiglia Tizzoni (gennaio del 1400: op. cit., p. 22, n. 33), e qualche anno dopo dalle monache di S. Margherita di Vercelli (op. cit., p. 23, n. 36 del 1422). Nel 1464 la situazione risulta essersi ulteriormente complicata (op. cit., p. 24, n. 40): a contendersi il diritto di nomina del rettore della chiesa di S. Maria sono ora da una parte la camera vescovile di Vercelli e il comune di Viverone, e dall’altra Ludovico di Valperga signore di Roppolo, Bartolomeo Avogadro di Olcenengo e la comunità di Roppolo, oltre a una nutrita schiera di enti religiosi vercellesi (l’abbazia di S. Andrea, il monastero di S. Margherita, il capitolo della cattedrale di Sant'Eusebio). Dal 1559, in seguito alle rinunce dei titolari, il patronato passò alla famiglia dal Pozzo di Biella, che lo tenne fino all’Ottocento. Pare che la chiesa di S. Maria avesse il cimitero, ma era priva di campana: ancora nel 1606, come risulta da una visita pastorale, erano le campane del castello di Viverone a chiamare all’ufficio divino le popolazioni di Viverone e di Roppolo. A fine XVIII secolo, quando, dopo numerosi tentativi degli abitanti di Roppolo, fu eretta a parrocchia la chiesa di Roppolo Piano (1789), la chiesa di S. Maria fu abbandonata anche dagli abitanti di Viverone, che le preferirono la chiesa di S. Nicola (cfr. sopra). La chiesa doveva disporre di un discreto patrimonio fondiario, se nel 1429 vari abitanti di Viverone furono chiamati dal giudice sabaudo avente competenza sul luogo (il giudice generale del Piemonte inferiore) a effettuare il consegnamento dei beni da loro tenuti appartenenti alla chiesa (op. cit., p. 23, n. 37).
Abbazia di S. Andrea di Vercelli: dovette essere, nel corso del medioevo e per molto tempo ancora, la più grande proprietaria di beni nel territorio di Viverone: l’archivio comunale conserva 5 fascicoli d’età moderna (1539-1775) di consegnamenti di beni dell’abbazia posseduti da uomini di Viverone. L’ente vercellese era inoltre proprietario di 3/4 del lago di Viverone: siamo in possesso di un documento dell’agosto 1526 (A.S.T., Corte, Paesi per A e B, Viverone) con cui il capitolo dell’abbazia di S. Andrea approvò una transazione amichevole intercorsa tra l’abbazia e la comunità di Viverone che prevedeva da parte dell’abbazia una concessione in perpetua enfiteusi a rinnovamento novennale “trium partium unius lacus nuncupati lacus Sancti Martini de Viverone”. La concessione faceva seguito a una lite tra l’abbazia da una parte e la comunità e certi privati di Viverone dall’altra relativa alle stesse tre parti del lago (cfr. oltre, Descrizione comune) risolta a favore dell’abbazia (sentenza favorevole “in possessorio”) dal Consiglio ducale. Le parti erano quindi addivenute all’accordo di cui s’è detto. Vedi anche A.S.T., Corte, Materie ecclesiastiche, abbazia di S. Andrea di Vercelli.
Chiesa di S. Giovanni del Castello di Viverone: la prima attestazione reperita è del 1284 (Le comunità di Viverone e Roppolo, p. 15, n. 12). Nel 1314 il rettore era nominato dal capitolo cattedrale di Vercelli e dall’abazia di S. Andrea di Vercelli; nel 1348 dipendeva direttamente dal vescovo. In età moderna cadde in rovina (Lebole, La chiesa biellese, vol. II, p. 170).
Chiesa di S. Martino al Lago: sorgeva presso la frazione Comuna nei pressi del lago, che un tempo era denominato proprio lago di S. Martino. La prima attestazione pare essere del 1146, quando si ha notizia di una donazione destinata a questa chiesa. Fra XIII e XIV secolo la "ecclesia Sancti Martini de Lachu" risulta sottostare alla pieve di Puliaco (ARMO, I, doc. 18). Le ultime notizie risalgono alla fine del Quattrocento, quando risulta ancora officiata in occasione di certe feste, poi - come risulta da una visita pastorale del 1606 - cadde in completa rovina. Il suo decadere dal ruolo di rettoria nel Trecento è attribuito a una crisi demografico-insediativa dell’abitato di Comuna (Lebole, La chiesa biellese, vol. II, p. 171 sg.).
Cella di S. Michele di Viverone, dipendenza dell’abbazia di S. Genuario di Lucedio: attestata come tale da una bolla di papa Eugenio III del 1151 e ancora in una bolla del 1438. Da un documento del 1226 si sa che era titolare, insieme con l’abbazia di S. Andrea di Vercelli, di diritti di pesca nel lago di S. Genuario e aveva grandi possedimenti in Viverone. La cella fu unita ai canonici Lateranensi nel 1518: a questa unione va rimandata probababilmente l’origine della proprietà da parte dei lateranensi del lago di Bertignano, da loro venduto nel 1752 al Des Hayes d’Hallot conte di Dorzano [Lebole, La chiesa biellese, vol. I, p. 140].
Notizie di un priorato della canonica di S. Maria di Vezzolano a Viverone in A. Bosio, Storia dell’abbazia di Vezzolano, Torino 1872, p. 63.
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Assetto Insediativo | |
Luoghi Scomparsi | Si veda sopra quanto detto in Altre presenze ecclesiastiche circa il decadimento, nel XIV secolo, dal ruolo di rettoria della chiesa di S. Martino al Lago in seguito al decadimento demografico-insediativo della frazione Comuna. Tale decadimento venne attribuito dal Lebole alle vicende belliche che interessarono la zona nel XIV secolo (si veda la scheda Salussola in questa stessa voce): allo stato delle ricerche si può solo ipotizzare che la zona del lago e più in generale il Biellese fu interessato nel XIV secolo da una importante ristrutturazione insediativa, le cui cause vanno ricercate in un concorrere di fattori, non solo di carattere bellico, che sconvolse anche il fitto tessuto delle chiese parrocchiali ereditato dai secoli XI-XIII.
Altra e più notevole ristrutturazione insediativa potrebbe aver riguardato tra tardo medioevo ed età moderna l’abitato stesso di Viverone: dopo la dedizione ai Savoia del 1404, dovuta, come recita il documento stesso di dedizione “guerris, rumoribus, divisionibus et dissensionibus in locis et terris ac dominiis dicto loco Viveroni circumvicinis vigentibus et existentibus de presenti” e alle connesse distruzioni e depredazioni (guerre del Monferrato contro Visconti, Savoia e Acaia), la comunità ottenne nel 1405 l’autorizzazione dal conte di Savoia alla costruzione di un ricetto, una fortificazione destinata a fungere da rifugio per la popolazione del villaggio. Secondo Ricaldone (che non fornisce gli estremi archivistici della autorizzazione del 1405) le mappe catastali renderebbero possibile riconoscere la posizione sul territorio del ricetto, del castello (di cui esistono i resti) e del centro abitato; inoltre, sempre secondo Ricaldone, l’abitato doveva in origine trovarsi sulla sponda del lago, da dove fu poi spostato nel ricetto, presso il castello (Ricaldone, Gli statuti e l’archivio storico del comune di Viverone, p. 80). Allo stato delle ricerche tali affermazioni sono, a mio parere, da considerare con prudenza. |
Comunità, origine, funzionamento | La prima notizia di cui disponga relativa a una organizzazione politica della comunità di Viverone è in un documento del 1284 cit. sopra (vd. v. Altre presenze ecclesiastiche) a proposito del patronato della chiesa di S. Maria di Viverone e Roppolo.
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Statuti | Statuti di Viverone del 1493, in A.S.T., Corte, Paesi per A e B, lett. V, m. 34, Viverone (c. 4r: “Sequntur statuta et ordinamenta facta per consules, credendarios, homines et communitatem Viveroni ad utilitatem rei publice ipsius loci de anno domini millesimo quatercentesimo nonagesimo tercio et die ultima mensis septembris prout infra, que sunt numero septuaginta duorum”). Lo statuto, di cui si conservano varie copie (Fontana, vol. III, pp. 375-76), venne accettato da Bianca di Savoia reggente per il figlio Carlo II dopo essere stato esaminato dal suo avvocato fiscale Defendente Pettenati. Comprende capitoli caratteristici di un bando campestre, e individua Viverone e il suo territorio come castello e villaggio di Viverone e pertinenze (c. 4 r) (cfr. Ricaldone, Gli statuti e l’archivio storico del comune di Viverone).
Il registro pergamenaceo, coevo alla redazione degli statuti, contiene anche la dedizione della comunità ad Amedeo VIII di Savoia del settembre 1404, la conferma degli statuti da parte di Emanuele Filiberto (Biella, 23 aprile 1561), e la conferma e interinazione da parte del Senato di qua da monti del 30 gennaio 1564.
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Catasti | L’archivio comunale conserva alcuni registri di beni cinque e seicenteschi; tre catasti 1702-1777; brogliacci di misurazione 1692-1744; sommarioni e mutazioni del sec. XVIII-XIX.
Una mappa del periodo francese, con il territorio diviso in quartieri contrassegnati da lettere e all’interno di ciascun quartiere particelle numerate progressivamente, è reperibile in A.S.T., Corte, Carte topografiche per A e B, Viverone n. 1: “Carta in due parti dei territori di Roppolo e di Viverone stata levata per ordine del governo dei 12 brumaio anno XI [3 novembre 1802] dall’ingegnere geometra Lirelli sulla scala di 1 al 5000”; A.S.T., Carte topografiche e disegni, Carte topografiche per A e per B, Viverone, Mazzo 1, "Mappe Territorial / et des / Lacs de / Viveron". Carta in due parti del Territorio di Viverone e di Ropolo, stata levata per Ordine del Governo dei 12. Brumajo Anno XI (3 novembre 1802) dall'Ing. Geometra Lirelli, sulla Scala di 1/5000 (Data: 1806-1-2)]. Vedi mappa.
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Ordinati | L’archivio comunale conserva una serie continua (salvo poche lacune) di volumi di ordinati e delibere comunali dal 1587 al 1900.
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Dipendenze nel Medioevo | Estese proprietà e diritti giurisdizionali ebbe in Viverone l’abbazia di S. Andrea di Vercelli, fondata dal cardinale Guala Bicchieri nel 1219: nell’ottobre 1221 fu condotta su mandato di quest’ultimo, insieme con rappresentanti del monastero di S. Genuario di Lucedio e della canonica cattedrale di S. Eusebio di Vercelli, un'indagine per definire “curiam territorio castri Veuroni et specialiter curiam Veuroni, silicet laci Veuroni” mediante una raccolta di testimonianze di uomini del luogo (A.S.T., Corte, Abbazia di S. Andrea di Vercelli, m. 1, ediz. in Fonseca, pp. 254-56). Del 1228 è un'alienazione di beni posti in Viverone a S. Andrea da parte di Bonifacio signore di Viverone e suo figlio Guglielmo. Accanto all’abbazia sembra abbia esercitato diritti in Viverone la famiglia Bicchieri: nel corso delle lotte di fazione a Vercelli degli anni quaranta del XIII secolo, Pietro Bicchieri si ribellò al comune schierandosi dalla parte imperiale, e si ritirò nel contado per organizzare la difesa della parte ghibellina, fortificando i castelli di S. Germano, Alice, Viverone, Roppolo e Azeglio (cfr. Fonseca, pp. 221, 230, 233 sg., 250 sg.).
Viverone fu per tutto il Trecento saldamente compresa nel districtus del comune di Vercelli. Gli statuti di età viscontea si occupano della località in ragione delle risorse alimentari che offriva il suo lago: i “piscatores habitantes in Viverono et Ropolo et omnes piscatores districtus Vercellarum qui piscabuntur in lacu Sancti Martini” dovevano promettere di vendere i 2/3 dei pesci pescati nel lago sul mercato di Vercelli e il 1/3 restante nel distretto di Vercelli “et non alibi”. I consoli e le comunità dei luoghi detti venivano dallo statuto rese responsabili del trasporto del pescato a Vercelli (“non permittant portari extra eorum territorium nisi veniendo et portando Vercellas per stratam rectam”, p. 74 v). Un’altro capitolo cita anche il lago di Bertignano, sempre compreso nel territorio di Viverone: “ne pisces de lacu Sancti Martini et Bertognani portentur ad vendendum extra districtum Vercellarum” [p. 75 r]. La dedizione di Viverone ai duchi di Savoia è del settembre 1404: fu Umberto bastardo di Savoia a ricevere per il conte Amedeo VIII la sottomissione dei rappresentanti della comunità, spinta a questa soluzione dalle guerre e dai disordini che devastavano il territorio circostante. L’atto di sottomissione comportava come contropartita la concessione di 8 capitoli di franchigia riguardanti tributi, leva militare, conservazione di diritti, franchigie, immunità, patti riguardanti la custodia del castello, l’impegno a non dimittere Viverone alla città di Vercelli o ad altro dominus se non con il consenso della comunità, il focatico. Viverone venne così aggregata al territorio dei conti di Savoia (Ricaldone, Gli statuti e l’archivio storico del comune di Viverone, pp. 77-80, ma si veda il doc. in orig. in A.S.T., Corte, Paesi per A e B, Viverone, n. 10). |
Feudo | Nel 1534 Carlo III duca di Savoia investì di Viverone il capitano Francesco dal Pozzo. Nel 1572 la comunità fece ricorso al duca Emanuele Filiberto, affermando che la vendita del 1534 era invalida dato che l’atto di dedizione del 1404 (cfr. Dipendenza medioevo) sanciva l’inalienabilità della comunità. Il ricorso venne accolto e Viverone tornò a essere “terra immediata de soa altezza (...) coadiuvata et incorporata al suo patrimonio” (cfr. Ricaldone, Gli statuti e l’archivio storico del comune di Viverone, p. 80 sg.).
Famiglia Dal Pozzo della Cisterna; Beni e Feudi Viverone (1230-1888), mazzi 16, pergamene 72, rotoli 4, registri pergamenacei 1. Inventario (G.Bolengo, 1989).
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Mutamenti di distrettuazione | Come detto sopra (cfr. Feudo), nel 1572 fu annullata l’alienazione di Viverone ovvero la sua concessione in feudo alla famiglia dal Pozzo. La comunità ottenne questo annullamento grazie ala restituzione ai dal Pozzo di 1050 scudi d’oro di Italia, che Francesco dal Pozzo aveva sborsato nel 1534 per acquistare in feudo Viverone. La comunità nel dicembre 1573 stese un memoriale in cui, “considerando al carigho oneroso”, chiedeva la conferma di vecchie concessioni e nuove franchigie, in particolare “che il logho, feudo et territorio et la giurisditione de Viverone resti sempre sottoposto immediatamente a vostra altezza”, richiesta che fu accordata (cfr. Ricaldone, Gli statuti e l’archivio storico del comune di Viverone, pp. 81-84).
Il comune di Viverone è compreso oggi nella provincia di Biella, istituita di nuovo, a più di un secolo dalla sua abolizione, con DL 6 marzo 1992, n. 248. Nell’aprile del 1622, quando Carlo Emanuele I aveva ripartito gli Stati di qua dai monti in 12 province (Duboin, t. IX v. XI, p. 337 sgg.), Viverone era compreso in quella di Vercelli. Sembra che la provincia di Biella sia stata creata dallo stesso Carlo Emanuele I nel novembre 1626 e che comprendesse allora anche il capitanato di Santhià (Mullatera, p. 238). Certamente comprendeva Viverone e avrebbe continuato a comprenderlo per tutto il Settecento e, dopo l’intermezzo francese, per parte dell’Ottocento, fino all’abolizione della provincia stessa, avvenuta nel 1859 in seguito alla promulgazione della cosiddetta “legge Rattazzi” (legge 23 ottobre 1859, n. 3702: cfr. Raccolta di leggi, pp. 1150-1233). Questa legge, all’art. 1 del titolo primo, stabiliva dividersi il Regno “in Provincie, Circondarii, Mandamenti e Comuni” secondo la tabella annessa alla legge: Viverone (che aveva allora 1.524 abitanti) era compreso nella Provincia di Novara, Circondario II di Biella, mandamento di Cavaglià (insieme con Roppolo e Dorzano) (pp. 1219, 1222). La situazione circoscrizionale mutò ancora, semplificandosi notevolmente, con il RDL 2 gennaio 1927, n. 1: per restare a ciò che ci riguarda venne (art. 1) istituita la provincia di Vercelli con capoluogo Vercelli, comprendente i comuni già costituenti i soppressi circondari di Vercelli, Biella e Varallo Sesia, più i comuni di Borgo Vercelli e Villata. Vennero poi soppresse tutte le sottoprefetture e quindi, di fatto, i mandamenti, ai quali la legge Rattazzi aveva preposto gli intendenti, sostituiti dai sottoprefetti con RD 9 ottobre 1861, n. 250. Ho accennato prima al periodo francese: il territorio del Piemonte fu diviso con decreto del 13 germile a. 7 (2 aprile 1799) in 4 dipartimenti: Viverone restò compreso nel dipartimento della Sesia con capoluogo Vercelli. Lo stesso giorno venne decretato che il dipartimento della Sesia avrebbe compreso “il Vercellese propriamente detto, la provincia di Ivrea, il Biellese, l’alto e basso Novarese” e ne vennero stabiliti i confini. Il 28 piovoso a. 8 (28 gennaio 1800) il Primo Console emanò la legge riguardante la divisione del territorio della Repubblica: l’art. 1 stabiliva che il territorio europeo della Repubblica fosse diviso in Dipartimenti e in circondari comunali, conformemente a una tabella annessa alla legge: Viverone restò compreso nel Dipartimento della Sesia, sottoprefettura di Biella. Successivamente venne emanato (3 brumaio a. 11/25 ottobre 1802) un regolamento per la formazione delle assemblee politiche di cantone per i 6 dipartimenti in cui risultava ora divisa la 27 divisione militare, vale a dire il Piemonte: Viverone fu compresa nel cantone di Cavaglià (Dip. Sesia) insieme con Salussola, Magnano, Zimone, Roppolo, Dorzano, Carisio, S. Damiano, Villanuova di Massazza e Vergnasco. |
Mutamenti Territoriali | Non sono state reperite informazioni.
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Comunanze | La prima attestazione di beni comuni può forse risalire al 1317: in quell’anno il consiglio del comune di Viverone stabilì di concedere a Martino di Robbio, verso cui il comune era debitore per 6000 lire pavesi, terre in affitto per un valore di 4300 lire (Le comunità di Viverone e Roppolo, p. 18, n. 19, cfr. anche p. 19, n. 22 del 1339). Per le vicende successive del credito di Martino, lasciato in testamento all’ospedale di S. Andrea di Vercelli, e quindi delle terre comuni di Viverone a suo tempo ricevute in affitto si veda, con qualche prudenza, Ferrari, Ospedale di S. Andrea contro Viverone.
Non si dispone per Viverone — contrariamente a quanto accade per altri comuni della zona, come Cavaglià e Salussola — dei vivaci carteggi ottocenteschi tra l’Intendenza di Biella e il ministero dell’Interno relativi alla questione, allora di scottante attualità, dei beni comuni. Tutto si riduce ai documenti relativi a una lite del 1827 tra la comunità e il parroco per un piccolo fabbricato di proprietà comunale annesso alla casa parrocchiale, che il parroco aveva usurpato al tempo del governo francese e la comunità aveva poi rivendicato; e a una permuta del 1841, debitamente autorizzata dalla Segretaria di Stato per gli Interni, tra il conte Arborio di Gattinara, che acquisì un gerbido in prossimità della parrocchia e della sua villa, e la comunità, che acquisì una vigna senza neppure pretendere un’integrazione in denaro che pure il conte si era offerto di pagare [A.S.T., Corte, Paesi per A e B, lett. V, Mazzo 34, Viverone, nn. 3 e 7]. |
Liti Territoriali | Impossibile dare conto di tutte le liti che Viverone ebbe con feudatari (come i Valperga signori di Roppolo o i signori d’Azeglio) e/o comunità contermini. Nel novero degli opponenti vanno messe Borgo d’Ale, Zimone, Roppolo, Piverone e Azeglio, per una storia interminabile di cause confinarie che si estende dal medioevo ai primi del’Ottocento. Il grande problema, a parte ogni lite confinaria sulla terraferma, era comunque costituita dal lago: esso ha attraversato come territorio vicende molto complesse (un assaggio delle quali viene offerto nella seconda parte della scheda), e ha sempre rivestito una grande importanza per le risorse alimentari provenienti dalla pesca nelle sue acque, praticata sin dalla preistoria.
L’indagine del 1221 (per cui si veda qui sopra, Dipendenza medioevo) vide la deposizione di 11 testimoni: di essi ben 7 risposero di non saper discernere il territorio di Viverone né per la parte di terraferma né per la parte lacustre. Degli altri 4 uno solo rispose in entrambi i casi: di aver sentito dire dai suoi antecessori e da altri uomini di Viverone che la terraferma si estendeva usque ad ridus de prato vetero et usque ad ridus de baxo e del lago, quod (...) est de curia Veuroni usque ad predictum ridus de baxo versus Onzascum et usque ad pizium de Gimonello. Un’altro rispose soltanto che il territorio (curia) di terraferma si estendeva usque ad Sanctam Mariam de Plano Ropoli et usque ad ridus quod venit de prato de silva; un’altro ancora disse che gli era stato mostrato un termine de predicta curia prope ecclesie Sancte Marie de Unzasco; il quarto rispose riguardo ai confini del lago di aver sentito dire da alcuni testimoni di Viverone quod predicta curia, silicet de laco, tenet usque ad ecclesiam Sancte Marie de Unzasco et usque ad pizium de Gimonello.
Dal 19 ottobre al 12 novembre 1479 venne discussa ed esaminata di fronte agli arbitri Antonio Pettenati e Nicola de Agaciis una lite per ragioni di confine tra la comunità di Viverone e la comunità di Borgo d’Ale: gli atti sono conservati nell’archivio del comune di Viverone (Cassetti 1985, p. 8, doc. 3).
Lo stesso archivio conserva una “Transazione fra le comunità di Viverone e quella di Zimone per le quistioni territoriali” (Cassetti 1985, p. 23, doc. 40).
Nell’archivio comunale di Roppolo si conservano numerosi fascicoli di atti di lite tra le comunità di Roppolo e Viverone per questioni confinarie di durata secolare: un documento dell’ottobre 1221 in copia del XVII secolo (l’archivio dell’abbazia di S. Andrea di Vercelli ne conserva l’originale, cfr. qui sopra e alla v. Dipendenza medioevo); 3 grossi volumi cartacei del 1498-99; vari atti di lite dei secoli XVI e XVII; una lite del 1766-80; una transazione per confini del 1771; un’altra lite del 1772-75. Non manca la documentazione di natura cartografica: due mappe del 1724 (“Raffigurazione d’una parte del territorio compreso tra il Palvario e il Bassetto conteso tra le comunità di Roppolo e di Viverone e il monastero di S. Margherita di Vercelli”; “Raffigurazione della parte di territorio conteso tra le comunità di Roppolo e di Viverone e il monastero di S. Margherita di Vercelli”; una mappa “Linea di confine tra i territori di Viverone e Roppolo” del 1744 (Memorie storiche del comune di Roppolo, pp. 19, 21 sgg., 56; si veda anche la scheda Roppolo).
Una memoria non datata, ma probabilmente non molto posteriore al 1576 (A.S.T., Camerale, Camera dei conti, art. 475, lett. P-V), reca una messa a punto della lite territoriale tra Viverone e Roppolo per numerose ‘regioni’. Il documento presenta il punto di vista della comunità di Viverone. Riporto il lungo elenco delle ‘regioni’: “La Longoria o sia Becco overo Pisto”, Cambayardo, Praye e Coste, Regione delle rogge, S. Martino ossia ponte di S. Martino, Prato de lago, Monasterolo, Prelle, Prato del Salice ossia Prato Rotondo, Lunera, Maronazza o Cucuello, Roletto e Riondino, “Piano del Solito, Solito ossia costa di Cugno verso le Loggie”, Verrulo, Regione detta alla Chiesa, Chiesa di Santa Maria, Monpiano, Bosa, Ponte, Oriola, Paluaro, Ronzino, Leboraglio. Il memoriale esamina regione per regione, indicando per ognuna le pezze di appoggio documentarie, tra cui incartamenti di processi e atti di visita, che servono ad assegnare ciascuna ‘regione’ al territorio di Viverone, aggiungendo talvolta alcune considerazioni atte a situare la data ‘regione’ entro il territorio. P. es. Cambayardo “è di sopra detto Becco o sii Longoria, et anco di quella delle Roggie”; Rogge è invece coerente al lago e misura trabucchi 82 (= circa m. 253); Prato del lago è anch’essa coerente al lago e misura trabucchi 126 (= circa m. 388); Monasterolo, tutta posseduta da particolari di Viverone, è “dalla detta regione del prato del lago continua di longo in longo circondando il lago trabucchi 105 (= circa m. 324) sino alla regione di Prelle”; ecc.
Tali porzioni di territorio erano già state oggetto di lite: il memoriale cita una sentenza del 1521 in un volume segnato ".B." contenente le carte di un processo; per la regione “Piano del Solito, Solito ossia costa di Cugno verso le Loggie” si cita una sentenza data contro Roppolo e Alice nel 1473 e una sentenza senatoria sfavorevole invece, per questa e altre ‘regioni’, a Viverone, oltre che il processo ".B.". Per la region detta “Alla Chiesa” (“tra la chiesa e il Verruol verso Roppolo etiandio sopra la strada publica (...), ove anco si dice ‘ad ecclesiam sive ad montem’”) si citano instrumenti contenuti nel volume segnato ".C."; ecc. Tutta la questione riguardante questa e altre liti verrà trattata nelle parte interpretativa delle schede Viverone e Roppolo.
La mappa citata sopra (v. Catasti: “Carta in due parti dei territori di Roppolo e di Viverone” levata per ordine del governo francese del 3 novembre 1802) porta sul bordo del lago, dalla parte di Azeglio, la scritta “Du signe B côtoyant le lac il y a 3271 mêtres pour la questiòn entre Viveron et Azeglio jusqu’au signe A”. Il segno A, a differenza del B posto verso Azeglio, non è rintracciabile. Va rilevato tuttavia che il territorio di Viverone, secondo la carta, terminava sulla riva nord del lago, escludendo la riva di Anzasco, che oggi appartiene a Viverone. La carta per altro segnava sul lago un confine che coincide con quello odierno: era la costa di Anzasco a essere contesa, oppure apparteneva allora a Piverone, che non dispone oggi di uno sbocco sul lago? [Vd. anche scheda Roppolo].
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A.C.V. (Archivio Storico del Comune di Viverone).
A.S.T. (Archivio di Stato di Torino). Vedi inventario.
A.S.T., Carte topografiche e disegni, Carte topografiche serie III, Biella, Mazzo 2, Foglio 1, Carta Topografica Regolare del Circondario di Biella / dipartimento della Sesia. Carta topografica regolare del circondario di Biella, dipartimento della Sesia, anni dal 1800 al 1814, Antonio de Steffani di Graglia Misuratore. Inchiostro e acquerello di vari colori (s.d.) [Autore disegno originale: Antonio Desteffani di Graglia]. Vedi mappa. A.S.T., Carte topografiche e disegni, Carte topografiche per A e per B, Viverone, Mazzo 1, "Mappe Territorial / et des / Lacs de / Viveron". Carta in due parti del Territorio di Viverone e di Ropolo, stata levata per Ordine del Governo dei 12. Brumajo Anno XI (3 novembre 1802) dall'Ing. Geometra Lirelli, sulla Scala di 1/5000 (Data: 1806-1-2) . Vedi mappa. A.S.T., Carte topografiche e disegni, Carte topografiche per A e per B, Viverone, Mazzo 2, Carta geometrica dello scaricatore del lago di Viverone. Carta geometrica dello Scaricatore del Lago di Viverone da detto Lago sino al suo sbocco nella Dora Baltea; con tutte le pezze dei particolari adiacenti, sulla Scala di 1/1580 circa, s.d. Vedi mappa. | |
Bibliografia | Carte IGM: f. 43 III NO, Azeglio
AA.VV., Memorie storiche del comune di Roppolo, Roppolo 1985.
Dizionario di toponomastica. Storia e significato dei nomi geografici italiani, Torino 1990.
Raccolta per ordine di materie delle leggi, editti, manifesti, ecc. pubblicati sino agli 8 dicembre 1798 sotto il felice dominio della real casa di Savoia, compilata da F. A. Duboin, tomo IX vol. XI, Torino 1833
C. Ferrari, Ospedale di S. Andrea contro Viverone: una vertenza complessa, in «Bollettino Storico Vercellese», (1987), pp. 77-94.
C.D. Fonseca, Ricerche sulla famiglia Bicchieri e la società Vercellese dei secoli XII e XIII, in Raccolta di studi in onore di Giovanni Soranzo, Milano 1968, pp. 205-59.
L. Fontana, Bibliografia degli Statuti dell'Italia superiore, vol. III, Torino, 1907.
La comunità di Viverone dal 1404 al 1801. Briciole di storia, Mostra documentaria a cura di M. Cassetti, Ivrea 1985. M. Cassetti - G. Giordano (a cura di), Le comunità di Viverone e Roppolo nei secoli XIII-XV. Frammenti di storia. Mostra documentaria, Vercelli 1983.
F. Guasco, Dizionario feudale degli antichi stati sardi e della Lombardia (dall’epoca carolingia ai nostri tempi), 3 voll., Pinerolo 1911 (B.S.S.S. 54).
D. Lebole, La chiesa biellese nella storia e nell’arte, 2 voll., Biella 1962.
D. Lebole, La pieve di Biella, 2 voll., Biella 1984.
13° censimento: Istituto Nazionale di Statistica, 13° censimento generale della popolazione e delle abitazioni, 20 ottobre 1991. Fascicolo provinciale Cuneo, Roma 1994.
A. Manno, Bibliografia storica degli stati della monarchia di Savoia, 10 voll., Torino 1884-1934.
G.T. Mullatera, Le memorie di Biella, Biella 1968. Raccolta di leggi, decreti, circolari ed altri provvedimenti dei magistrati ed uffizii pubblicati negli Stati Sardi nell’anno 1859, vol. XXIII serie V, Torino 1859.
G.A. Di Ricaldone, Gli statuti e l’archivio storico del comune di Viverone, Castelnuovo Don Bosco (Asti) 1975.
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Descrizione Comune | Viverone
Un documento dell’agosto 1526 [A.S.T., Corte, Paesi per A e B, Viverone] contiene l’approvazione da parte del capitolo dell’abbazia di S. Andrea di una transazione amichevole intercorsa tra l’abbazia e la comunità di Viverone. Negli anni precedenti era nata una lite tra l’abbazia da una parte e la comunità e certi privati di Viverone dall’altra relativa al possesso di tre parti del lago, lite che si risolse nel 1526 a favore dell’abbazia (sentenza favorevole “in possessorio”) dal Consiglio ducale. L'accordo raggiunto dalle parti prevedeva da parte dell’abbazia una concessione in perpetua enfiteusi a rinnovamento novennale “trium partium unius lacus nuncupati lacus Sancti Martini de Viverone”.
L’abbazia era stata dunque dichiarata proprietaria di tre quarti del lago di S. Martino: il documento sembra inequivocabile. Eppure, ampliando lo sguardo a un’altra porzione della documentazione che fu prodotta nella prima metà del Cinquecento, è possibile rendersi conto che i tre quarti di proprietà dei canonici lateranensi di S. Andrea di Vercelli, erano i tre quarti del solo lago di S. Martino o di Viverone che, insieme a altre due parti, dette lago di Azeglio e lago di Anzasco, andavano a comporre lo specchio d’acqua che le carte geografiche chiamano oggi lago di Viverone. Ricaldone trasse dall’archivio comunale di Viverone una serie di documenti datati tra il 1505 e il 1548 dai quali si può ricostruire il processo che portò la comunità a divenire titolare del lago (Ricaldone, Gli statuti e l’archivio storico, pp. 86-112). Il lodo arbitrale del giugno 1505 tra l’abbazia di S. Andrea da una parte e membri della famiglia Mazia e aventi causa da loro, stabilì una linea di confine sul lago tesa “dal palo Tealdo fisso e piantato nel suddetto lago a dirimpetto dei confini di Zeglio sino al rivo del Salice o sii d’Anzasco”. Ciascuna delle parti avrebbe dovuto pescare nella sua porzione ossia, si indovina, Mazia e aventi causa dalla parte più prossima al territorio di Azeglio, l’abbazia dall’altra parte, di gran lunga più grande, antistante l’abitato di Viverone (p. 87).
Tale confine era in realtà solo una delle linee confinarie che solcavano il lago, e non la principale: definiva una porzione proprietà di una famiglia, che sarebbe stata di lì a poco, nel marzo 1506, donata ad Agostino e Giovanni Francesco Ponzone d’Azeglio (meglio: dei signori d’Azeglio e marchesi di Ponzone). La donazione e la sua successiva ratifica tornavano a definire le coerenze di quella minore porzione: beni di Viverone, beni di Piverone, maresco dei signori e uomini di Azeglio, monte Cuneo (pp. 87-88). Essa, in seguito alla donazione, fu compresa nella definizione arbitrale della lite tra l’abbazia di S. Andrea e i Ponzone d’Azeglio. La questione era sempre quella della pesca e della ripartizione del territorio lacustre. L’arbitro scelto dalle parti, un giuresconsulto di Vercelli, concluse che il lago era di Viverone “cominciando verso Viverone per tutto il circuito e per quanto dura esso luogo di Viverone sino al monte Cuneo, quale confina con Azeglio”, precisando quindi i confini mediante una serie di riferimenti sul terreno: incominciare “dal detto monte dove ritrovasi fissa la pietra Spinaria” ed estendendersi il territorio lacustre di Viverone entro un confine definito da una linea retta tirata dalla detta pietra “per traverso d’esso lago sino al predetto rivo di Salice o sii d’Anzasco dove si distinguono li confini di Piverone e Viverone”. Il lago designato entro questi termini spettava “in pieno dominio” a S. Andrea di Vercelli, fatta eccezione per una quarta parte spettante al capitolo della cattedrale di S. Eusebio di Vercelli. Dall’altra parte, verso Piverone e Azeglio, il lago spettava “a detti signori d’Azeglio per loro ragioni proprie e antiche”. Esisteva poi un residuo, dal palo detto di Tealdo al rivo d’Anzasco, porzione detta “lago d’Anzasco”, che era stata ceduta ai d’Azeglio dai Mazia, come detto di sopra. Tale sentenza fu pronunciata l’11 novembre 1508.
I soggetti titolari del ‘pieno dominio’, per usare i termini della sentenza arbitrale ora vista, erano quindi alla fine del 1508, per quel che si sa, tre: i signori d’Azeglio, cui spettava una porzione occidentale del lago, risultato dell’accorpamento di due diverse porzioni; l’abbazia di S. Andrea di Vercelli, titolare di 3/4 del rimanente; il capitolo cattedrale di S. Eusebio di Vercelli, titolare del restante quarto.
Nel marzo del 1548 un d’Azeglio vendette alla comunità di Viverone “il lago contiguo o sii vicino al lago inferiore di Viverono (...) cioé il lago denominato lago d’Anzasco” ceduto a suo tempo ai signori d’Azeglio con instrumento del marzo 1506 (la parte alienata dai Mazia), al prezzo di 50 scudi d’oro (pp. 89-90 e cfr. pp. 91-96). Nel giugno seguente l’abbazia di S. Andrea di Vercelli, ricevute le autorizzazioni necessarie a un ente ecclesiastico per procedere a un’alienazione, vendette alla comunità di Viverone la piena proprietà dei tre quarti del lago di Viverone o di San Martino, dal rivo di Anzasco verso Viverone e la chiesa di S. Martino, sul territorio di Viverone, e di qui sino al monte Cuneo, al pezzo di 375 scudi d’oro di conio genovese (pp. 90-91 e cfr. pp. 96-100: la vendita si rese necessaria per saldare un debito che l’abbazia aveva verso la comunità di Viverone, consistente nelle spese che quest’ultima aveva sostenuto nella lite intercorsa tra la comunità stessa e il signore di Roppolo, spese che per un precedente accordo dovevano essere sostenute dall’abbazia: cfr. p. 97). Vendette quindi alla comunità, che già l’aveva ricevuta in perpetua enfiteusi nell’agosto 1526, i tre quarti di una porzione, di cui il restante quarto spettava, come si ricorderà, ai canonici del duomo di Vercelli.
L’instrumento della vendita di S. Andrea a Viverone contiene inserta la lettera di autorizzazione alla vendita del Rettore Generale della Congregazione Lateranense (di cui S. Andrea era parte) (pp. 99-100). Essa ricorda sia la lite tra l’abbazia e la comunità, sia una lite tra l’abbazia e la comunità di Viverone da una parte e il signore di Roppolo dall’altra.
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