Autori | Lombardini, Sandro |
Anno Compilazione | 2002 |
Provincia | Alessandria
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Area storica | Basso Monferrato. Vedi mappa 1. Vedi mappa 2.
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Abitanti | 1612 [censimento 1991]; 1585 [dati comunali 1999].
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Estensione | Ha. 1709 [ISTAT] / ha. 1715 [SITA].
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Confini | Castelletto Merli, Gabiano, Mombello Monferrato, Odalengo Grande, Odalengo Piccolo, Villamiroglio.
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Frazioni | Le fonti ISTAT menzionano i centri abitati di Cerrina, Gaminella (centro abitato diviso con il comune di Mombello Monferrato), Montaldo, Montalero (comune autonomo fino al 1928), Piancerreto, Rosingo (comune autonomo fino al 1928), Valle Cerrina [Istituto Centrale 1930, p. 3]. Nell’odierno territorio comunale sono rilevabili due distinti modelli insediativi. Il centro abitato principale, Cerrina, e i centri di Gaminella, Rosingo e Valle Cerrina presentano una struttura insediativa accentuatamente concentrata, mentre a Montaldo, Montalero e Piancerreto, la popolazione risiede prevalentemente in aggregazioni minori e in case sparse. Valle Cerrina presenta una netta preponderanza demografica rispetto alle altre frazioni, acquisita in tempi recenti. Vedi mappa.
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Toponimo storico | Le più antiche testimonianze sono alquanto incerte, in quanto a un probabile radicale cerrus, assai diffuso nella toponomastica piemontese, si combinano suffissi variabili, a causa di fenomeni di metaplasmo, di sviluppi semantici e dell’interferenza di interpretazioni etimologiche dotte. Attestazioni pertinenti potrebbero comunque essere Cerradina, nel 1095, Cerriduna” che compare una sola volta nel 1178, e Cerreallus, documentato nel 1223 e nel 1273 [Gasca Queirazza 1997, p. 194]. Montalero (Momolerium per Montolerium, menzionato in un diploma concesso nel 1070 da Enrico IV al vescovo di Vercelli Gregorio) [Settia 1983, p. 179, nn. 105 e 107]. In una parte di documentazione anagrafica dello scorcio del secolo XX è utilizzato il toponimo “Cerrina Monferrato” [A.C.C.].
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Diocesi | Vercelli fino alla costituzione della diocesi di Casale nel 1474, quando entrò a far parte della nuova diocesi.
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Pieve | San Michele di Meda (Morsingo, Comune di Mombello Monferrato) [A.R.M.O., XVIII, p. 38; XXIV, p. 113; CIX, p. 236; Cognasso 1929, p. 229]. Una parte dell’attuale territorio di Cerrina era interessata dalla giurisdizione di due altre pievi, quella di Gabiano, dedicata a San Pietro, e quella di San Lorenzo di Castrum Turris [Vd. infra, Altre presenze ecclesiastiche; vd. anche scheda Mombello Monferrato].
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Altre Presenze Ecclesiastiche | L’estimo del 1299 registra, tra le chiese facenti capo alla pieve di Meda, una ecclesia de montealto (Montaldo) [A.R.M.O., XVIII, p. 38]. Nelle rationes decimarum redatte nel secolo XIV sono presenti sia una ecclesia – secondo il registro del 1348 – o capella – nell’elenco del 1360 – sancte Marie de Montealto sia un’ulteriore capella de Montealto. Al territorio di Cerrina va inoltre riferita la chiesa di San Nazario, situata nel luogo scomparso di Miosengo, variamente indicata nelle rationes decimarum come de Musongo o Milsengo (1299), de Musengo (1348 e 1440) de Mafengo (1360) [A.R.M.O., XVIII, p. 38; XXXIV, p. 113; CIX, p. 236; Cognasso 1929, p. 229; Settia 1983, p. 181 e nn. 114-115]. Dipendente dalla pieve di San Pietro di Gabiano era invece la chiesa di Rosingo, presente alla fine del secolo XIII e dedicata a San Giorgio, secondo gli elenchi trecenteschi [A.R.M.O., XVIII, p. 39; XXXIV, p. 113; Cognasso 1929, p. 228].
Tra i luoghi di culto medievali compresi in quello che nel secolo XVI divenne il territorio della comunità di Cerrina devono probabilmente annoverarsi anche le chiese di San Paolo e di Sant’Eusebio, che compaiono insieme nel Libro delle investiture del vescovo di Vercelli Giovanni Fieschi, alla data del 1349, come chiese situate in Vallis Sturie, nel territorio di Mombello (del quale Cerrina faceva allora parte). La prima si identifica probabilmente con la chiesa di San Paolo, elencata nelle rationes decimarum vercellesi dei secoli XIII-XV tra le chiese dipendenti dalla pieve di Castrum Turris e che in quelle del 1348 e del 1360 figura in effetti come ecclesia sancti Pauli de Valle Sturie. Della seconda non si trova invece menzione in questi documenti [Settia 1983, p. 188 e n. 148; A.R.M.O., XVIII, p. 39; XXXIV, p. 113; CIX, p. 237; Cognasso 1929, p. 230]. Alcuni atti notarili del 1095 (gli stessi in cui è attestato per la prima volta il toponimo Cerradina) documentano infine l’esistenza almeno fino alle soglie del secolo XII, nel luogo scomparso di Branchengo, di una chiesa privata intitolata ai Santi Giovanni e Paolo. In quell’anno, infatti, un membro del ceppo signorile che deteneva i diritti di proprietà sulla chiesa ne promuoveva la trasformazione in canonica, assicurandole contestualmente una cospicua dotazione fondiaria. Si tratta di un episodio che si ricollega al più vasto fenomeno della fondazione di canoniche regolari riformate da parte della piccola aristocrazia locale, caratteristica manifestazione della diffusione della riforma gregoriana nell’Italia nordoccidentale del secolo XI. Sul luogo, o in prossimità di esso, sorsero più tardi due chiese campestri: in epoca imprecisata, una cappella dedicata a San Giovanni, che lasciò il proprio nome al sito, e, nel 1710, la cappella della Beata Vergine Addolorata, attigua a un piccolo cimitero. La cappella dell'Addolorata, secondo le visite pastorali dei primi decenni del secolo XVIII, era oggetto di particolare devozione, raccogliendo forse la tradizione delle chiese che l’avevano preceduta sullo stesso luogo, a cominciare dalla primitiva fondazione medievale, della quale non si hanno più attestazioni dopo il 1095 [Settia 1983, pp. 159-166]. Le visite pastorali svoltesi tra il 1577 e il 1607 menzionano nel luogo di Cerrina una parrocchiale intitolata a Santa Maria, probabilmente di costruzione recente. Nella visita del 1577 infatti, il vescovo ingiungeva di farla consacrare entro il termine di due anni, ordinando nello stesso tempo di procedere al restauro della vecchia chiesa dedicata a San Nazario (a Miosengo), per il quale si permetteva l’utilizzo di materiali provenienti da quella di San Paolo, avendo tuttavia cura di lasciarne in piedi la “cappella maggiore”. La chiesa di San Paolo compare in effetti ancora nella visita del 1619, come ormai remota dall’abitato e non più officiata, almeno per quanto riguarda l’amministrazione dei sacramenti. Alla parrocchia, di cui si segnalava la recente costruzione, si attribuiva però il titolo dei Santi Nazario e Paolo. Questo titolo veniva ripetuto, a distanza di un secolo, negli atti della visita del 1725, mentre, pochi anni dopo, in occasione della successiva visita del 1731, ricompariva la dedicazione mariana, benché le bolle di collazione del beneficio parrochiale risultassero indirizzate all’invocazione dei Santi Nazario e Paolo [Settia 1983, p. 189 e n. 150; Ferraris 1974, p. 28 e p. 57, n. 112]. Tracce di incertezza relative alle presenze ecclesiastiche di Cerrina si ritrovano anche nelle fonti settecentesche di origine statale sui benefici ecclesiastici. Secondo alcune relazioni della fine degli anni Venti, a Cerrina esisteva una sola parrocchiale, di cui non si forniva il titolo [A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 26, Mazzo 32, Monferrato, Province di Casale ed Acqui: memorie e stati concernenti la collettazione de’ beni ecclesiastici e luoghi pii (1728-1729); Mazzo 37, Relazione generale dell’operato dal Commendatore Petitti in dipendenza del Regio Editto delli 24 giugno 1728 concernente li beni posseduti dalli ecclesiastici e luoghi pii nel Ducato di Monferrato (1729), c. 21r]. La Statistica generale formata nel 1753 nominava, oltre alla parrocchia dei Santi Nazario e Paolo, una seconda sede parrocchiale, dedicata a San Candido. A questa data, alle due parrocchie erano attribuiti redditi annui valutati rispettivamente £500 e £300 piemontesi. Era segnalata inoltre la presenza di una Confraternita dei Disciplinati. Sempre nel territorio già allora facente capo a Cerrina, un’altra parrocchiale aveva sede a Montaldo (dove, come si è visto, esisteva una chiesa almeno dal XIII secolo), e qui era presente la Compagnia del Rosario. Nella comunità di Rosingo, la chiesa parrocchiale conservava nell’età moderna la dedicazione a San Giorgio della chiesa esistente in età medievale. Acquisì, tra il 1568 e il 1698, 50 moggia di beni fondiari posseduti attorno al 1730. Metà di questi si trovavano nel territorio di Cerrina, una semplice presenza patrimoniale che forse però testimonia di una più fondamentale intersezione tra aree di gravitazione attorno ai centri cultuali e confini (e “registri”) delle comunità, in un quadro di radicata organizzazione “cantonale” del territorio. Il reddito annuo calcolato alla metà del secolo XVIII era di £130 di Piemonte. A Montalero, infine, esistevano alla stessa epoca due parrocchie, una sotto il titolo di Santa Maria delle Grazie e l’altra dedicata a Sant’Antonio Abate [A.S.T., Sezioni Riunite, II archiviazione, Capo 79, Statistica generale, Mazzo 6, Provincia di Casale, tabb. 1-2 e testo corispondente]. L’odierna chiesa parrocchiale di Cerrina reca il titolo dei Santi Nazario e Celso, quest’ultimo aggiunto nel 1864 [Settia 1983, p. 189 e n. 150; Ferraris 1974, p. 28 e p. 57, n. 112; Cerrina Monferrato, in “Monferratoarte”, Associazione Casalese Arte e Storia. Sito web (2013)]. |
Assetto Insediativo | A partire probabilmente dal secolo XIII, il luogo di Cerrina cominciò a esercitare una certa attrazione sugli abitanti degli insediamenti vicini e venne, in data imprecisata, fortificato. Un ulteriore effetto di tale processo di accentramento è rappresentato dal trasporto in una nuova chiesa parocchiale eretta nel luogo di Cerrina della dedicazione a San Nazario propria dell’antica chiesa del cantone di Miosengo, abbandonata al pari di altri centri di culto sparsi per il territorio. E’ probabile che fino al secolo XVI Cerrina non abbia ospitato una sede di potere signorile e che perciò la concentrazione della popolazione e la fortificazione del luogo siano state iniziative comunitarie [Settia 1983, p. 189 e n. 149]. L’attuale territorio del comune di Cerrina è parte di un’area precocemente caratterizzata da un modello insediativo di tipo “cantonale” [Settia 1983, pp. 175-181], i cui elementi concorsero a comporre nel corso del tempo mutevoli configurazioni all’interno dei quadri territoriali, non sempre coerenti, dei feudi e delle giurisdizioni comunali. [Regione Piemonte: cartografia cascine. Vedi mappa.]
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Luoghi Scomparsi | Branchengo (Branchingum, Branchengum), sede di una chiesa intitolata ai Santi Giovanni e Paolo, che compare in alcuni documenti del 1095. Vanno probabilmente riferite allo stesso luogo forme attestate in documenti precedenti, quali Brankiquum, che figura in un diploma imperiale del 992, come sede di possedimenti dell’abbazia di San Pietro di Breme; Barcingum, Bracingum, menzionati in una carta dell’archivio capitolare di Asti, risalente al 1065. Il luogo è probabilemente da identificarsi con il toponimo della regione prediale “Prasenghi”, attestata nelle carte del catasto degli anni Quaranta del secolo XVIII, come contigua alla chiesa campestre dell’Addolorata [Settia, 1983, pp. 169-171 e nn. 53, 55, 56, 57, 60, 61 Samarotto, p. 109 Settia, 1983, pp. 166 e 168-169]. Miosengo, che compare negli stessi documenti del 1095 e che fu sede di una chiesa dedicata a San Nazario (la cui esistenza è documentata dalla fine del secolo XIII alla metà del XV), località da identificare con il “cantone de Bolli, contrata di San Nazzaro” o “cantone di Miosengo” che compare nel catasto della comunità di Cerrina redatto nel 1746.
Due ulteriori presenze ecclesiastiche documentate nel basso medioevo, San Paolo e Sant’Eusebio in “Valle Stura”, sono indizio di altri probabili nuclei insediativi poi abbandonati. Questi luoghi, centri abitati nell secolo XI, documentano l’antichità nella valle del torrente Stura di un popolamento per piccoli nuclei insediativi o “cantoni” (il termine, nell’accezione di nucleo abitato minore sottoposto a un capoluogo, sembra peculiare dell’area del Basso Monferrato, nella quale quest’uso è attestato dal secolo XIII), matrice di una struttura territoriale giunta, attraverso alcune variazioni, fino all’età contemporanea [Settia 1983, pp. 175 e 180-181. Vd. anche Altre presenze ecclesiastiche]. |
Comunità, origine, funzionamento | Separata da Mombello (odierno Mombello Monferrato), di cui aveva costituito uno dei numerosi “cantoni”, Cerrina fu eretta a comune nel 1530 [Settia 1983, p. 189 e n. 149].
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Statuti | Trascrizioni frammentarie di epoca successiva attestano l'esistenza di una compilazione statutaria concessa dal marchese di Monferrato Giovanni Giorgio Paleologo nel 1530, forse riguardante competenze amministrative limitate [Fontana 1907,vol. I, pp. 314-315]. Lo stato attuale (2002) dell’archivio storico comunale non consente di verificare se vi si conservino statuti o documenti riportanti privilegi e franchigie. Lo statuto comunale oggi vigente è di data anteriore all'entrata in vigore della L. 265/99 e in attesa di aggiornamento.
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Catasti | In occasione della determinazione dei suoi confini, la comunità di Cerrina riformava il suo catasto e il libro dei trasporti, negli anni 1740-1744. L’operazione aveva però lasciato sussistere ampi elementi di opacità. In primo luogo, i beni feudali non erano stati esattamente distinti da quelli allodiali e misurati (“eviscerati”). Né l’estimo si era realmente applicato ai singoli appezzamenti, ma complessivamente ai diversi “corpi di pezze” che li inglobavano, con il risultato che scorpori e riaccorpamenti potevano causare forti e incontrollabili discrepanze tra la capacità contributiva precedentemente attribuita ai “corpi” e quella che sarebbe stata più adeguata alla loro nuova composizione. Il sistema d’estimo adottato appare inoltre composito, combinando il criterio dei “circoli” con quello della bontà del suolo. Quanto alle abitazioni, erano tutte accatastate e concorrevano al pagamento delle imposte gravanti sulla proprietà fondiaria, tranne quelle costruite “nel recinto murato del capo luogo”. La comunità di Montalero procedette alla misura del territorio e alla formazione di un catasto corredato di mappa nel 1778. L’estimo applicato alle terre era dichiarato dagli amministratori locali “antico” e “desunto dai vecchi catasti”, ma tuttavia basato sulla “qualità, bontà e reddito” di ogni tavola di giornata (a differenza di Cerrina e di gran parte delle comunità monferrine della stessa epoca, Montalero impiegava ormai le misure di superficie agraria piemontesi) dei terreni “e non a circoli”. Tuttavia, una traccia del diffuso sistema di allibramento per fasce di territorio sussisteva nel fatto che i terreni prossimi alle abitazioni fossero stati allibrati nella categoria d’estimo più elevata, nonostante la loro prevalente scarsa produttività. Le case stesse erano iscritte a catasto. Pochi anni prima, nel 1771, un’analoga operazione di misura del territorio, redazione di un catasto e di una mappa, era stata affrontata dalla comunità di Rosingo. Anche qui, dell’estimo, pur dichiarato “antico” e corrispondente a quello consegnato nel vecchio catasto, si sottolineava la calibratura sul criterio della bontà dei suoli. Il termine di confronto negativo sembra però a Rosingo non tanto quello dei “circoli”, ma una ripartizione dei tributi effettuata semplicemente in base all’estensione delle proprietà (“a giornate”: come a Montalero erano state abbandonate le misure del Monferrato a favore di quelle piemontesi), come ancora in quest’ultimo quarto del Settecento si dava qualche esempio nel Monferrato. Nel catasto di Rosingo erano comprese le abitazioni e i loro terreni, mentre non vi sarebbero state “case di campagna” presenti nel territorio [A.S.T., Camerale, II archiviazione, Capo 26, Monferrato: m. 13, Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale, in risposta alla circolare del Signor Intendente Generale, in data delli 10 dicembre 1781, cc. 101r-102v, 183r-184v e 265r-267v; m. 17, Tributi. Descrizione delle liti attive e passive delle comunità della Provincia di Casale (s. d., ma dopo il 1782); m. 18, Memorie del Basso Monferrato (s. d., ma 1784/ 1789); Comunità della Provincia di Casale che affermano essere necessaria la misura de’ territorj loro (s. d., ma 1786)].
L’archivio storico dell’attuale comune di Cerrina Monferrato conserva documentazione di tipo catastale risalente ai secoli XVII-XX, relativa alle tre comunità confluite nel comune odierno. Per quanto riguarda Cerrina, si possono segnalare: un “libro delle mutazioni”, concernente gli anni c.1770-c.1850; un “Catasto dei terreni” del 1925; due registri di “Matricola dei possessori”, riguardanti rispettivamente gli anni 1889-1894 e gli anni 1903-1915; due “giornali del catastaro”, il primo del 1899-1904 e il secondo del 1904-1908. Di Montalero si conserva un catasto e libro figurato del 1778 e una “Matricola dei possessori” del 1927-1935. La documentazione concernente Rosingo comprende un “Registro della Comunità di Rosingo” del 1647, con annotazioni apparentemente non sistematiche di mutamenti di proprietà degli appezzamenti che giungono fino al 1750; un “Catastro e Libro figurato, o sia Campagnolo della Communità di Rosingo (…) unitamente alla mappa” del 1769; il “Libro dei trasporti relativo al libro colonnario e figurativo del 1769”, con annotazioni relative ai mutamenti di proprietà degli appezzamenti intervenuti tra il 1776 e il 1849; una “Matricola dei possessori” per gli anni 1912-1922. |
Ordinati | Al 2002, l’archivio storico del comune di Cerrina Monferrato risulta non ordinato e solo parzialmente accessibile: non è perciò possibile effettuare una valutazione dell’antichità e della consistenza della serie degli ordinati e dei verbali dei consigli delle comunità di Cerrina, Montalero e Rosingo. Accanto a una nutrita raccolta di verbali prodotti dai consigli delle tre comunità lungo tutto il secolo XIX e i primi due decenni del Novecento, sono senz’altro presenti “ordinati e deliberazioni” del consiglio della comunità di Cerrina risalenti almeno alla prima metà del secolo XVIII.
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Dipendenze nel Medioevo | E’ possibile che, nel quadro della distrettuazione carolingia, i luoghi compresi nell’area corrispondente all’attuale territorio del comune di Cerrina, così come buona parte delle località comprese nell’odierno Basso Monferrato, facessero parte della Iudiciaria torrensis, un distretto minore di cui si hanno indizi in carte risalenti alla seconda metà del secolo IX e ai primi anni del secolo successivo e che avrebbe potuto estendersi, a nord del comitato di Asti, tra le propaggini orientali della collina torinese e la confluenza del Po e del Tanaro. Quest’area risulta comunque avere perso un’autonoma caratterizzazione pubblicistica già intorno alla metà del secolo X, quando fu probabilmente smembrata a favore dei comitati cittadini limitrofi di Torino, Asti e Vercelli, per divenire infine, nel secolo successivo, oggetto delle contrastanti ambizioni territoriali dei vescovi di Asti e di Vercelli e degli Aleramici [Settia 1983, pp. 11-53].
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Feudo | Da poco separata dal territorio di Mombello e conseguita un’organizzazione di tipo comunale, nel 1531 Cerrina fu infeudata dalla reggente Anna d’Alençon a Carlo Montiglio, che l’anno seguente avrebbe ottenuto una quota della giurisdizione sul feudo di Mombello e su quello di Piancerreto, insieme ai Montaleri, signori di Montalero. Rosingo fu invece tra medioevo e prima età moderna feudo dei Miroglio. Verso il 1620 i Montiglio alienarono il loro feudo di Cerrina alla camera ducale, che a sua volta lo cedette al patrizio genovese Agostino Durazzo, insieme con il feudo di Gabiano. Montalero passò, negli anni Trenta del Seicento, per via di successione femminile e matrimonio, ai Mazzetti, consignori di Saluggia. Il feudo di Rosingo rimase, attraverso i secoli XVII e XVIII, retto da un consortile familiare dei Miroglio. Ai Durazzo, come parte del marchesato di Gabiano, nel 1624; donazione controversa ai Beccaguti da parte del duca Vincenzo II di Mantova [Guasco 1911, I, p. 520; II, p. 1029; III, p. 1059, pp. 1064-1065 e p. 1321; Sergi 1986, pp. 545-57].
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Mutamenti di distrettuazione | Cerrina, Montalero e Rosingo appartennero al marchesato, poi ducato, del Monferrato, quando, dapprima con debole valenza in termini di ordinamento amministrativo (al di là cioè della designazione dell’area di competenza, prevalentemente militare, dei governatori delle principali piazzeforti) e poi, dal 1560 circa, con più saldo profilo istituzionale, erano classificate fra le terre dello stato “al di qua del Tanaro” o della provincia di Casale [Raviola 2001, pp. 103 e 359]. Dopo l’annessione del ducato del Monferrato agli stati sabaudi nel 1708 entrarono a far parte della provincia di Casale. Tale assetto fu confermato dalla definitiva sistemazione delle province piemontesi attuata nel 1749 e si mantenne perciò fino alla caduta dell’antico regime in Piemonte (1798) [Sturani 1995].
Entro la maglia amministrativa francese, Cerrina, Montalero e Rosingo seguirono le sorti dell’intero territorio della vecchia provincia di appartenenza, aggregato, senza sostanziali alterazioni, a una circoscrizione di estensione variabile avente per capoluogo Alessandria. Si trattò dapprima del dipartimento del Tanaro, creato durante il primo effimero periodo di occupazione (1799), e, dopo il ritorno dei Francesi e in seguito alla riorganizzazione amministrativa del 1801, del dipartimento di Marengo, circondario (arrondissement) di Casale. (Vedi mappa.) Non toccato dal successivo rimaneggiamento del 1805, l’inquadramento amministrativo del Casalese e quindi di Cerrina, Montalero e Rosingo non mutò fino alla Restaurazione [Sturani 2001; A.N., Paris F2 I 863 (Montenotte)]. Dopo la parentesi napoleonica, i tre comuni rientrarono a far parte della ricostituita provincia di Casale, inclusa nel 1818 nella divisione di Alessandria e dopo ulteriori instabili riorganizzazioni a livello sovraprovinciale durante la prima metà del secolo, ridotta a circondario della provincia di Alessandria nel 1859 [Sturani 1995]. Attualmente Cerrina Monferrato fa parte della Unione dei Comuni "Comunità collinare della Valcerrina". |
Mutamenti Territoriali | In origine semplice “cantone” di Mombello, il luogo di Cerrina cominciò probabilmente a partire dal secolo XIII a esercitare una certa attrazione sugli abitanti degli insediamenti vicini e venne, in data imprecisata, fortificato [Settia 1983, p. 189 e n. 149]. Fu separato da Mombello nel 153 e successivamente infeudato. Nel 1928 i comuni di Montalero e di Rosingo furono soppressi ed aggregati come frazioni al comune di Cerrina [Istituto Centrale 1930, p. 3; vd. anche scheda Mombello Monferrato].
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Comunanze | Nell’età moderna, i beni comuni avevano probabilmente un’estensione modesta in tutte e tre le comunità che oggi costituiscono il comune di Cerrina. Verso la fine dell’antico regime (1781-1782) occupavano meno dell’1 per cento del territorio comunale a Cerrina e a Montalero, circa il 3 per cento a Rosingo: quasi interamente boschi in quest’ultima comunità, incolti e boschi nella prime due. Mentre i terreni comuni di Montalero sono descritti come “ghiaiosi” e sterili, gli “zerbidi” di Cerrina apparivano tuttavia provvisti di un buon manto erboso e adatto al pascolo. Peraltro, a differenza di quelli di Montalero, non erano ubicati unicamente sulle colline più impervie (“alpestri”), ma anche nel piano, a poca distanza dal “luogo” e dai suoi “cantoni”. “Immemorabile possesso” della comunità di Cerrina erano inoltre “le fosse all’intorno del recinto del capo luogo”, lasciate “parte gerbide e parte affittate a vicini, per goderle a loro piacere”, queste ultime tenute a prato, arativo e orto. A parte questi appezzamenti attorno al recinto di Cerrina e qualche “pezzicola” di bosco a Montalero, gli scarsi terreni posseduti dalle tre comunità non venivano usualmente dati in affitto a privati, ma erano riservati all’uso collettivo degli abitanti o, nel caso dei boschi di Montalero, al rifornimento della legna da ardere necessaria al consiglio comunitativo. Nel 1990 il territorio risulta privo di usi civici [A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 26, Mazzo 13, Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale, in risposta alla circolare del Signor Intendente Generale, in data delli 10 dicembre 1781, cc. 101r-102v, 183r-184v e 265r-267v; C.U.C.].
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Liti Territoriali | Nonostante la separazione cinquecentesca di Cerrina da Mombello, ancora negli anni Ottanta del secolo XVIII rimanevano aperte differenze territoriali tra le due comunità, pur non essendo apparentemente mai approdate al contenzioso giudiziario. Gli amministratori della comunità di Cerrina, in risposta a una richiesta di informazioni avanzata dall’intendente della provincia di Casale, dichiaravano infatti nel 1782: “Vi è questione di territorio tra questo e quello di Mombello, sin ora non proposta avanti alcun tribunale, e consiste che, separato questo territorio da quello di Mombello, questo, contro il titolo di separazione, risiede sin ora in possesso, sin ora non torbido né conteso, di una parte del presente territorio come sopra separato, onde, nelli atti della narrata misura, si è sospesa la linea di circonferenza e delli confini tra l’uno e l’altro territorio” [A.S.T., Camerale, II archiviazione, Capo 26, Monferrato: m. 13, Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale, in risposta alla circolare del Signor Intendente Generale, in data delli 10 dicembre 1781, cc. 101r-102v, 183r-184v e 265r-267v; m. 17, Tributi. Descrizione delle liti attive e passive delle comunità della Provincia di Casale (s. d., ma dopo il 1782)].
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A.C.C. (Archivio Storico del Comune di Cerrina Monferrato): non inventariato e solo parzialmente accessibile (al 2002).
A.N.P. (Archives Nationales, Paris). Vedi inventario.
A.N.P., F2, Administration Départementale, I, 863 [Montenotte], Département de Marengo, Tableau de la Population par commune d’après le récensement fait par ordre du Préfet dans les derniers mois de l’an XII (1804). A.R.M.O. (Acta Reginae Montis Oropae), Biella, Unione Tipografica Biellese, 1945 (i documenti XVIII, XXXIV e CIX sono editi a cura di Giuseppe Ferraris).
A.S.T. (Archivio di Stato di Torino). Vedi inventario.
A.S.T., Carte topografiche e disegni, Carte topografiche per A e B, Dipartimenti, Mazzo 1, "DÉPARTEMENT / DE / MARENGO / Divise en 3 Arrondisemens / et en 31 Cantons." Carte dei dipartimenti della Dora (n.1), di Marengo (n. 2, 2 bis), del Po (n. 3), della Sesia (n. 4), delle Alpi Marittime (n. 5, 5 bis). Note : In alto: "N.° 101.", "ATLAS NATIONAL DE FRANCE", s.d., [Autore incisioni: P.A.F. Tardieu; autore edizione: P.G. Chanlaire]. Vedi mappa. A.S.T., Corte, Paesi, Ducato del Monferrato, Mazzo 50, fasc. 15, Stato delle città, communità e cassinali del Ducato di Monferrato, coi nomi de’ vassalli ch’anno prestato il giuramento di fedeltà a S. A. R., formato dal Consigliere Mellarède (s. d., ma attorno al 1710); n. 28, Memorie diverse riguardanti le debiture del Monferrato e le alienazioni cadenti sovra l’ordinario (1770). A.S.T.,Sezioni Riunite, I Archiviazione, Provincia di Casale: Mazzo 1, fasc. 18, Relazione dello stato e coltura de’ beni de’ territorj delle città e comunità della Provincia di Casale (1742-1743); fasc. 24, Casale. Stato delle liti attive e passive delle comunità (1757); Mazzo 2, fasc. 4, Monferrato. Ricavo de’ redditi di quelle comunità, misura de’ territorj e de’ beni antichi e moderni e notizie diverse (s. d., ma 1760/1769). A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 10, Consegna della bocche umane e della bestie (regio editto 10 maggio 1734), Mazzo 6, Provincia di Casale, n.2. A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 26, Monferrato: Mazzo 13, Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale, in risposta alla circolare del Signor Intendente Generale, in data delli 10 dicembre 1781, cc. 101r-102v, 183r-184v e 265r-267v; Mazzo 17, Tributi. Descrizione delle liti attive e passive delle comunità della Provincia di Casale (s. d., ma dopo il 1782); m. 18, Memorie del Basso Monferrato (s. d., ma 1784/ 1789); Comunità della Provincia di Casale che affermano essere necessaria la misura de’ territorj loro (s. d., ma 1786); Mazzo 32, Monferrato, Province di Casale ed Acqui: memorie e stati concernenti la collettazione de’ beni ecclesiastici e luoghi pii (1728-1729); Mazzo 37, Relazione generale dell’operato dal Commendatore Petitti in dipendenza del Regio Editto delli 24 giugno 1728 concernente li beni posseduti dalli ecclesiastici e luoghi pii nel Ducato di Monferrato (1729), c. 21r. A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 79, Statistica generale, Mazzo 6, Relazione della Provincia di Casale (1753). B.N.F. (Bibliothèque nationale de France). Vedi catalogo.
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Saletta 1711 (A.S.T., Corte, Monferrato Ducato, ultima addizione: Giacomo Giacinto Saletta, Ducato del Monferrato descritto, 1711, 7 tomi mss.).
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Descrizione Comune | Cerrina Monferrato
E’ difficile, allo stato attuale delle conoscenze storiche e in assenza di studi specifici, delineare con una qualche precisione le linee evolutive che caratterizzarono il territorio di Cerrina Monferrato, ma si può ipotizzare la presenza di due processi di fondo su un arco di tempo lungo, tra il tardo medioevo e la fine dell’età moderna.
Vi è, da un lato, una storia di segmentazione territoriale, ovvero di tendenziale fissione vuoi della maglia insediativa, vuoi della vita sociale, politica e amministrativa dei luoghi. E' un processo capillare, radicato nella vita dei gruppi di parentela, caratterizzato da una dinamica di conflitto e di coesione, che include momenti cerimoniali e simbolici di integrazione, nonché il ricorrente affiorare di istanze programmatiche di coordinamento e controllo. Trra queste, le più recenti e, per così dire, le più impersonali sono le dinamiche di insediamento e gravitazione di attività di carattere soprattutto commerciale, che hanno interessato nei secoli XIX e XX la strada carrozzabile lungo la valle del torrente Stura. Dall’altro lato, Cerrina presenta, sul lungo periodo e con evidenza maggiore di altre comunità del Basso Monferrato situate tra la Valle del torrente Stura e il Po, una storia di interventi politici esterni e superiori, da parte cioè di poteri signorili, ecclesiastici e statali, che ebbero carattere al tempo stesso assiduo e, almeno negli esiti immediati, scarsamente incisivo. Per quanto riguarda il primo aspetto, osserviamo come l’assetto territoriale di Cerrina, nonostante i processi di accentramento avvenuti in età tardo medievale e in età contemporanea, offra marcati indizi di un insediamento policentrico, articolato in una maglia di nuclei, tradizionalmente denominati cantoni, o ville. Questo assetto, nel corso dei secoli tra il medioevo e l’età contemporanea, si è mostrato refrattario a sviluppare un unico polo di gravitazione consistente e stabile. In un certo senso, si può dire che nessun singolo nucleo ha preso chiaramente un sopravvento sugli altri nel corso del tempo. La storiografia ha segnalato l’importanza di questa impronta insediativa per altre comunità del Basso Monferrato, nonché alcuni indizi di tradizioni storiche di riconoscimento delle articolazioni dei diversi cantoni nella vita amministrativa locale, per esempio nella stesura dei verbali, o convocati, delle comunità: così, per esempio a Camino, Gabiano e Pontestura durante l’età moderna [Merlo 1967; Sergi 1986 ]. A Cerrina, come in altre comunità, gli indizi presenti nella documentazione locale (che attende di essere studiata compiutamente) suggeriscono di ravvisare nell’organizzazione territoriale il risultato, su un arco di tempo assai lungo, di processi di eredità e successione di coltivatori-proprietari che dividono in loco, entro i gruppi di discendenza patrilineari, le case e i beni fondiari tra i discendenti maschi e dotano, al matrimonio, le figlie soprattutto di beni fiduciari. Le donne, al matrimonio, vanno ad abitare in casa del marito e vicino ai parenti di lui. L’effetto cumulativo di simili processi sulle forme di insediamento rurale è noto alla storiografia come “quartieri di lignaggio” ed è attestato in molte zone del Piemonte, e altrove, nelle quali furono deboli i processi di incastellamento e di sviluppo insediativo basati sulla nucleazione in un concentrico [Regione Piemonte 1994, pp. 30-66]. Sarebbe azzardato, allo stato delle conoscenze, formulare ipotesi circa le origini e lo sviluppo dei quartieri di lignaggio a Cerrina e in altre comunità di un’area situata in posizione strategica di controllo dei nodi stradali sulla direttrice Torino-Casale e su quella Vercelli-Asti [ma vedi Settia 1983]. E’ tuttavia suggestivo immaginare che un elevato grado di autonomia della vita locale, forse risalente alla conduzione altomedievale delle terre dell’abbazia di San Pietro di Breme, possa avere a sua volta posto le basi della organizzazione territoriale locale. Una maglia assai fitta di nuclei insediativi è suggerita dalla pluralità di luoghi di culto attestata nei secoli XIII-XV, la cui tendenza a svilupparsi come sedi distinte di cura d’anime, di sepolture e di strutture parrocchiali si è progressivamente affermata e prolungata fino al cuore dell’età contemporanea. La funzione di ricomposizione cerimoniale e simbolica delle tensioni centrifughe presenti entro la maglia insediativa appare talvolta demandata a luoghi di culto apparentemente defilati, che sono sede di pellegrinaggio, quali la cappella della Beata Vergine Addolorata.. Diversi indizi documentari suggeriscono che la storia di Cerrina, più di quella di altre comunità del Basso Monferrato, sia stata caratterizzata da uno stillicidio di interventi capillari dei vescovi di Vercelli entro la trama di prerogative ecclesiatiche fino al secolo XIV inoltrato, interventi tesi a riconfermare prerogative di patronato e di decimazione, talvolta in favore di signori gravitanti entro l’area politica vercellese, quali i Miroglio [A.S.T., Corte, Paesi, Provincia di Casale]. Tra il secolo XVI e il XIX, i centri cultuali ai quali principalmente si rivolgevano gli abitanti di Cerrina e le loro dedicazioni santoriali attraversarono una serie alquanto complessa di mutamenti e di traslazioni, che, almeno in parte, sono probabilmente da collegare a processi innescati dal profondo riassetto insediativo e politico sperimentato da quel territorio nel passaggio tra gli ultimi secoli del medioevo e i primi decenni dell’età moderna. Più in generale, le vicende della maglia ecclesiastica locale risentirono probabilmente delle dinamiche e delle tensioni proprie della configurazione territoriale caratterizzata da molteplici nuclei insediativi, alla quale, più che sovrapporsi, dovettero intrecciarsi inestricabilmente. D’altra parte, sebbene lo studio dei rapporti tra i Miroglio, i Montiglio, le comunità che oggi formano Cerrina e diverse comunità vicine, prime fra tutte Gabiano, Moncestino e Villamiroglio, interessate alle loro prerogative signorili, attenda approfondimenti sistematici, è importante tenere presenti gli indizi di un impegno assai maggiore da parte dei siignori in attività che potremmo definire di coordinamento commerciale, più che non per la costruzione di un dominio compatto di tipo territoriale, o anche solo fondiario. La rete dei traffici si interseca profondamente, in quest’area, con quella delle giurisdizioni signorili. Ai signori appartengono la maggior parte dei pedaggi riscossi lungo i cammini, anzitutto la strada per il Genovese, oltre che luoghi di sosta e di deposito per gli uomini, gli animali e le merci che transitano sulle lunghe distanze. Alcuni esponenti delle famiglie signorili della zona appaiono direttamente impegnati ad accompagnare i convogli. Si tratta di famiglie che appartengono a configurazioni potenti, estese e ramificate, quali gli Scarampi di Camino e di diverse altre località del Monferrato e dello stato di Milano, talvolta impegnate in faide. Non mancano, in questo senso, gli indizi di un interesse preminente dei diversi rami della famiglia Miroglio per il controllo, e probabilmente per il coordinamento, dei transiti, più che non per il controllo diretto di altre risorse locali, a partire, con la fine del secolo XV, dai trasporti di legna che, flottata lungo il Po fino a Casale, serve come materiale da costruzione e come combustibile, un’attività che interessa i Miroglio a Moncestino e dalla quale non è forse estraneo il loro interessamento per Rosingo e per il suo patrimonio boschivo, pur modesto. Più in generale, gli scambi a largo raggio sono certo presenti agli interessi dei Montiglio nel quadro un po’ più ampio della costruzione della Contea di Gabiano, comprendente Cerrina con Montaldo e metà di Piancerreto, oltre che Gabiano e Varengo a partire dagli anni Trenta del secolo XVI, una vocazione che si colloca, cronologicamente, tra quelle di altri signori con interessi di comunicazione commerciale tra il Basso Monferrato, l’Alto Monferrato e la Riviera genovese quali gli Incisa e i Durazzo, gli uni e gli altri presenti con diverso respiro nella signoria di Gabiano. Verso la fine del secolo XVIII il pedaggio di Cerrina sarà dichiarato “possesso del marchese feudatario del luogo di Mombello, per verosimile acquisto fatto dalla Camera di Monferrato”, con un modesto reddito, stimato in 10 lire annue. Rosingo, alla stessa epoca, “paga al marchese di Mombello Carlo Gerolamo Guerrieri di Mantova il pedaggio o sia per l’esenzione del medesimo lire 4. 3. 4 che annualmente s’impone da questo con aver avuto esso pedaggio il marchese di Mombello dal Marchese Giovanni di Monferrato e sia per tradizione che siasi convenuto dett’esenzione di pedaggio da tempo antico” [A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 26, Mazzo 13, Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale, in risposta alla circolare del Signor Intendente Generale, in data delli 10 dicembre 1781, cc. 101r-102v; 265r-267v]. Viceversa, la vita agricola locale appare sostanzialmente, a Cerrina, Rosingo e Montalero, sotto il controllo delle famiglie di coltivatori e piccoli conduttori, che si dedicano a una policoltura di sussistenza su terreni interessati solo in parte dalla viticoltura. Alcuni aspetti importanti della vita locale emergono in questo senso dalla ricca documentazione della età moderna. Prendiamo, per esempio, le inchieste e le rilevazioni compiute a più riprese lungo l’arco del Settecento dai funzionari del governo sabaudo per tutti e tre le comunità corrispondenti al territorio odierno di Cerrina, una documentazione che consente dunque confronti tra le comunità sia in uno stesso momento storico sia in anni diversi [.A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 79, Statistica generale, Mazzo 6, Relazione della Provincia di Casale (1753)]. La Statistica generale fornisce un dato sull’estensione complessiva del territorio (2054 moggia di Monferrato) inferiore di ben 384 moggia rispetto alla cifra di 2438 moggia, indicata nel convocato del consiglio comunitativo del 13 gennaio 1782 - redatto in ottemperanza alla circolare emanata dall’intendenza provinciale il 16 dicembre 1781. Il quadro della distribuzione delle colture che propongono le due fonti settecentesche appare nettamente divergente: secondo la Statistica il territorio di Cerrina sarebbe stato composto per il 27,4 per cento da campi, per il 34,3 per cento da vigne, per il 20,3 per cento da prati, per il 17,4 per cento da boschi, per lo 0,6 per cento infine da pascoli e incolti. I dati del 1782 assegnano invece ai campi il 68,5 per cento , ai prati il 12,3 per cento , ai boschi la stessa percentuale e agli incolti lo 0, 7 per cento , alle vigne soltanto il 6, 2 per cento [A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 79, Statistica generale, Mazzo 6, Relazione della Provincia di Casale (1753), testo corrispondente a tab. 3 e tab. 4; A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 26: Mazzo 13, Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale, in risposta alla circolare del Signor Intendente Generale, in data delli 10 dicembre 1781, cc. 101r-102v]. Come si vede, la differenza più marcata riguarda il peso relativo dell’aratorio e della vigna. Si potrebbe cercarne una causa nell’eventuale presenza di “alteni” o terreni a coltura promiscua cereali-vigna, diversamente classificati nelle due fonti come aratorio o come vigneto. Una voce specificamente riservata a questo tipo di colture manca in effetti sia nella Statistica generale (per quanto riguarda la provincia di Casale) sia nei convocati del 1781-1782 relativi alle comunità della stessa provincia, ma ciò induce piuttosto a ritenere che l’assenza di una rilevazione specifica corrispondesse a un’effettiva inesistenza nel territorio. L’ipotesi di una drastica riconversione produttiva nel giro di meno di trent’anni appare tuttavia difficile da ammettere senza puntuali verifiche. E’ peraltro vero che dalla stessa Statistica generale emerge qualche indizio di squilibrio per l’agricoltura locale attorno alla metà del secolo. Dalle tabelle dedicate alla produzione agricola risulta infatti che il territorio di Cerrina non era in grado di produrre eccedenze e anzi neppure quantità sufficienti al consumo dei suoi abitanti in nessuno dei generi presi in considerazione: la produzione del mais e dei cereali minori segnavano un deficit corrispondente al 90 per cento del fabbisogno locale, ma carenze si verificavano anche per quanto riguarda il frumento (quasi il 27 per cento del necessario) e addirittura il vino (il 7 per cento), che qui perciò non sarebbe stato come in molte comunità del Basso Monferrato una voce importante - spesso la principale, seguita o preceduta dal frumento - di esportazione. Nel 1782, gli amministratori della comunità indicavano nel frumento il prodotto principale del territorio. La Statistica generale riferiva inoltre che “diversi” abitanti di Cerrina si spostavano stagionalmente nei campi e nelle risaie del Vercellese alla ricerca di lavoro [A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 79, Statistica generale, Mazzo 6, Relazione della Provincia di Casale (1753), tab. 3]. A quest’epoca il possesso dei bandi campestri è condiviso, in maniera diseguale, tra il feudo e la comunità. A quest’ultima spetta infatti un quarto dei proventi delle sanzioni previste per i contravventori. Tre quarti spettano invece al feudatario [A.S.T., Sezioni Riunite, I Archiviazione, Provincia di Casale, Mazzo 2, n. 4, Monferrato. Ricavo de’ redditi di quelle Comunità, misura de’ Territorj e de’ beni antichi e moderni e notizie diverse (s. d., ma 1760/1769)]. La Consegna del 1734 censisce a Cerrina 134 capifamiglia e un totale di 708 abitanti, mentre la Statistica Generale del 1753 registra 136 “fuochi” e 690 “anime”. La Consegna, inoltre, censisce 328 capi di bestiame bovino, contro i 256 indicati nella Statistica Generale. Tra i “consegnanti” del 1734, si possono individuare come non agricoltori, oltre alla famiglia del notaio e podestà del luogo, a quella di un cerusico, dell’accensatore della gabella dell’acquavite e del tabacco e del servente di giustizia, 10 nuclei familiari il cui capofamiglia svolge un mestiere artigianale (tra i quali 4 tessitori di tele). I restanti 120 capifamiglia sono indistintamente classificati come “lavoranti di campagna”. Non vengono menzionati massari. Ogni nucleo di coltivatori possiede in media 2,5 bovini (ma il 26,7 per cento non ne possiede alcuno) [A.S.T., Sezoni Riunite, II Archiviazione, Capo 10, Consegna della bocche umane e della bestie (regio editto 10 maggio 1734), Mazzo 6, Provincia di Casale, n. 2]. Quasi tutti i capifamiglia di sesso maschile coniugati sono originari della comunità (116 su 124) e di essi, 44 (pari al 37,9 per cento ) hanno sposato una donna proveniente da un’altra comunità. Le località rappresentate sono 24, tutte appartenenti all’area del Basso Monferrato: Montalero (con 6 casi), Mombello (5 casi), Odalengo Grande e Gabiano (con 4 casi per ciascuna), risultano le più ricorrenti. A Montalero i dati della Statistica generale e quelli che si ricavano dal convocato del consiglio comunitativo del 24 gennaio 1782 - redatto in ottemperanza alla circolare emanata dall’intendenza provinciale il 16 dicembre 1781 -, pur non perfettamente confrontabili, non sembrano fornire immagini troppo discordi della distribuzione delle colture nel territorio, soprattutto per quanto riguarda l’aratorio e la vigna – rispettivamente attorno al 25 per cento e al 38 per cento della superficie totale indicata – sia nel primo che nel secondo documento. Il divario più ampio riguarda i prati, ai quali la Statistica generale attribuisce un’estensione pari al 6,1 per cento del territorio, contro il 13, 8 per cento dichiarato nel 1781. In altre parti della Statistica Generale si segnalano eccedenze di vino (un terzo della produzione), alle quali fa riscontro la fortissimo insufficienza rispetto al fabbisogno della “meliga bianca” (81,7 per cento ) e dei cereali minori, i “marzaschi” (l’ 86,1 per cento ), destinati al consumo locale. Anche la produzione del frumento risulterebbe carente rispetto alle necessità degli abitanti di Montalero, per il 26,7 per cento [A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 79, Statistica generale, Mazzo 6, Relazione della Provincia di Casale (1753), testo corrispondente a tab. 3 e tab. 4; A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 26, Mazzo 13, Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale, in risposta alla circolare del Signor Intendente Generale, in data delli 10 dicembre 1781, cc. 183r-184v]. La Statistica generale riferiva inoltre che da Montalero un flusso di manodopera stagionale si dirigeva nelle pianure al di là del Po in occasione della mietitura dei grani, della raccolta del riso e della fienagione [A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 79, Statistica generale, Mazzo 6, Relazione della Provincia di Casale (1753), tab. 3]. A Montalero la Consegna del 1734 censisce 51 capifamiglia e un totale di 305 abitanti, mentre la Statistica Generale del 1753 registra 42 “fuochi” e 290 “anime”. La Consegna, inoltre, censisce 181 capi di bestiame bovino, contro i 113 indicati nella Statistica Generale. I “consegnanti” del 1734, a parte quattro capifamiglia – un chirurgo e consigliere di comunità, un redditiere, un maniscalco anch’egli consigliere, un sarto - sono classificati come “rurali” (39) o come “massari” (7), oltre a uno “schiavendaro” alle dipendenze del castello. I nuclei dei massari comprendono in media 7,4 individui, quelli dei rurali, 5,9. I rurali possiedono in media 2,9 capi di bestiame bovino, i massari, 7,9. Otto capifamiglia provengono da altre località del Basso Monferrato: tra di loro, 3 massari. I mariti di donne forestiere sono 23 dei 38 capifamiglia originari del luogo su 38 (ossia il 60, 5 per cento ). Le località di origine di queste donne appartengono tutte al Basso Monferrato: ad esempio, 4 donne provengono da Odalengo Grande, 3 da Cerrina, altrettante da Castelletto Merli, 2 da Villamiroglio [A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 10, Consegna della bocche umane e della bestie (regio editto 10 maggio 1734), Mazzo 6, Provincia di Casale, n. 2]. Per Rosingo la Statistica generale fornisce un dato sull’estensione complessiva del territorio (311 moggia di Monferrato) inferiore di ben 109 moggia/92 giornate di Piemonte alla cifra di 354 giornate di Piemonte (ossia 420 moggia di Monferrato, comprese in questo caso le superfici occupate dalle abitazioni e annessi, occupanti il 2,3 per cento del totale), indicata nel convocato del consiglio comunitativo del 26 dicembre 1781 - redatto in ottemperanza alla circolare emanata dall’intendenza provinciale il 16 dello stesso mese. Il quadro della distribuzione delle colture che propongono le due fonti settecentesche appare tuttavia piuttosto simile: secondo la Statistica il territorio di Rosingo sarebbe stato composto per il 13,8 per cento da campi, per il 52 per cento da vigne, per il 14,1 per cento da prati, per il 19, 3 per cento da boschi, per lo 0,8 per cento infine da pascoli e incolti. I dati del 1781 assegnano ai campi il 15 per cento , alle vigne il 53,5 per cento , ai prati il 15,1 per cento , ai boschi il 17,4 per cento [A.S.T., Camerale, II Archiviazione, Capo 79, Statistica generale, m. 6, Relazione della Provincia di Casale (1753), testo corrispondente a tab. 3 e tab. 4; A.S.T., Camerale, II archiviazione, Capo 26, Mazzo 13, Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale, in risposta alla circolare del Signor Intendente Generale, in data delli 10 dicembre 1781, cc. 265r-267v]. Dalle tabelle dedicate nella Statistica generale alle stime della produzione agricola risulta una notevole insufficienza della produzione di frumento rispetto alle necessità di consumo locali (nella misura del 56 per cento ). Quasi assente la produzione di “meliga bianca” (carente del 92,5 per cento in rapporto al fabbisogno) e i “marzaschi” (mancanti per il 94 per cento ). Soltanto per il vino si indicavano eccedenze, pari al 53,7 per cento del prodotto totale del territorio. Nel 1781, tuttavia, gli amministratori della comunità, pur indicando nel vino la principale produzione di Rosingo, ne sottolineavano l’insufficienza a garantire ai coltivatori del luogo i mezzi per potersi rifornire delle granaglie necessarie al loro sostentamento (non prodotte in misura bastante localmente) e di che pagare i tributi [A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 79, Statistica generale, Mazzo 6, Relazione della Provincia di Casale (1753), tabb. 5-9]. Anche tra gli abitanti di Rosingo, secondo la stessa Statistica generale era diffusa la prestazione di lavoro stagionale nei campi e nelle risaie al di là del Po [A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 79, Statistica generale, Mazzo 6, Relazione della Provincia di Casale (1753), tab. 3]. |