Autori | Battistoni, Marco |
Anno Compilazione | 2002 |
Provincia | Alessandria
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Area storica | Basso Monferrato. Vedi mappa 1. Vedi mappa 2.
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Abitanti | 504 (censimento 1991).
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Estensione | 581 ha (dati ISTAT); 563 ha (dati SITA).
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Confini | A nord Ozzano Monferrato, a est Rosignano Monferrato, a sud Frassinello Monferrato e Ottiglio, a ovest Sala Monferrato.
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Frazioni | Bossola, Coppi, Monti. L’ISTAT riconosce un «centro», nel quale risiede circa il 70 per cento della popolazione, e quattro «nuclei». La richiesta di aggregazione della frazione Moleto di Ottiglio nel 1872 sembra non avere avuto seguito (AC Cella Monte, Unità 65, 193). Vedi mappa.
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Toponimo storico | Le più antiche attestazioni del nome risalgono al XII secolo, tanto nella forma plurale «Cellae» (1116) che in quella singolare, «Cella» (1143), poi prevalsa (Gasca Queirazza 1997, p. 187-188.; Olivieri 1965, p. 121). «Cella Casalensium» (Casalis 1837, p. 343); Cellamonte dal 1863 (Ministero 1889, p. 4); nel 1864 richiesta, senza seguito, da parte del comune di mutare il nome in Cella Monferrato (AC Cella Monte, Unità 52).
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Diocesi | Vercelli fino alla costituzione della diocesi di Casale nel 1474, quando viene inclusa nella giurisdizione del nuovo ordinario.
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Pieve | San Vittore di Rosignano (ARMO, XVIII, pp. 36-37; CIX, pp. 235-236).
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Altre Presenze Ecclesiastiche | L’estimo redatto nel 1299 per la riscossione di decime papali registra una «ecclesia de cella» valutata per una lieve quota d’estimo (8 lire astensi). Assente dalle «rationes decimarum» trecentesche, ricompare come tale nell’elenco dei benefici del 1440 (ARMO XVIII, p. 37; CIX, p. 235).
Nell’età moderna, Cella è sede di chiesa parrocchiale sotto il titolo dei Santi Quirico e Giulitta, in un edificio costruito entro il primo decennio del Seicento e consacrato nel 1633, che utilizza parte del materiale della demolita chiesa di San Pietro. Nel secolo XVIII, la parrocchia dispone di un patrimonio fondiario di 66 moggia di Monferrato, costituitosi prima del 1617, e di un reddito annuo approssimativo di 400 lire di Piemonte. A quest’epoca, sono presenti la Compagnia del Santissimo Sacramento e la Compagnia o Altare di San Francesco, entrambe almeno dal 1657. La chiesa di Loreto è probabilmente patrocinata dalla comunità fino alla prima metà del secolo XVIII, quindi dai Radicati di Cocconato; in seguito, è rivendicata dalla comunità contro i conti Radicati che intendono demolirla; è ricostruita tra la fine del secolo XIX e l’inizio del XX. La Confraternita dei Disciplinati, fulcro della vita cerimoniale comunitaria, è nella chiesa di Sant’Antonio Abate. Nel 1691 tre confraternite locali fanno un prestito al comune (AC Cella Monte, Unità 13, 115). La comunità sostiene le spese della festa di San Spiridione (AC Cella Monte, Unità 30). Non sono più attestate, dopo la fine del secolo XVI, la cappella di San Giovanni Battista della famiglia Nicolenghi, l’oratorio di San Giuseppe della famiglia Tibaldeschi e il beneficio di Santa Maria «de Martio». La compagnia delle Vergini è presente a fine secolo XVI in una chiesa ai margini del concentrico, dedicata a San Rocco a partire dal secolo XVII. La famiglia Radicati possiede una cappella sotto il titolo di Sant’Ignazio a metà del secolo XVIII. Nella contrada Belvedere la chiesa di Sant’Anna è patrocinata da famiglie locali (Seneca e Pagliano) a partire dalla metà del secolo XVIII. Nella regione Perrona la chiesa della Madonna della Pace è costruita e patrocinata a partire dall’inizio del Settecento dalla famiglia Perrone. A Monti è attestata la presenza della chiesa di San Bernardino dal secolo XVI; la famiglia Ceresa costruisce un oratorio nella prima metà del secolo XIX. A Coppi esiste una chiesa di San Pietro in Vincoli patrocinata dalla famiglia Coppo tra lo scorcio del secolo XVII e la fine del successivo; la ricostruzione nella prima metà del secolo XX porta la dedicazione a San Giuseppe (AST, Camera dei conti, II Archiviazione, Capo 79, m. 6; Capo 26, mm. 32, 37, 40; AC Cella Monte, Unità 71). Tra Sala e Cella Monte, in corrispondenza dell’odierna cascina Narzo, sorgeva il priorato di Santa Maria e San Paolo di Narzo (ARMO, I, pp. 37 e 105). Un preludio alla sua fondazione è costituito dalla donazione effettuata nel 1127 dal marchese Oberto e dalla moglie Berta, tramite Stefano, priore del monastero cluniacanse di San Pietro di Castelletto (eretto nel 1083), a favore dell’abbazia madre di San Pietro di Cluny, di beni posti in Occimiano, Pomaro, San Salvatore, Lu e Conzano. Il priorato di Santa Maria e San Paolo di Narzo è in effetti recensito da una bolla di Lucio III del 1184 tra le dipendenze del monastero del Castelletto e probabilmente anche dei priorati di San Vitale di Occimiano e di San Benedetto di Conzano, entrambi cluniacensi (Ferraris 1975, pp. 16 e 56, n. 154). |
Assetto Insediativo | Il territorio di Cella Monte è fortemente nucleato entro un concentrico, una impronta insediativa risalente alla iniziativa del consortile medievale dei signori di Celle. Tuttavia, in epoche successive, furono presenti sul territorio dell’attuale comune di Cella Monte processi che potremmo definire “centrifughi”, in controtendenza rispetto a quella concentrazione insediativa entro un unico nucleo. In parte, questi processi trovarono i loro fondamenti in un nucleo minore quale Coppi, defilato rispetto al potere signorile e nel quale proprio il tramonto della feudalità nell’età contemporanea fece affiorare le ambizioni latenti di famiglie locali escluse dal novero dei precedenti signori.
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Luoghi Scomparsi | Sito insediativo precedente al secolo XIV presso la cappella di San Quirico (Cappellaro 1989; Sergi 1986, p. 523).
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Comunità, origine, funzionamento | Diversi indizi suggeriscono che le istituzioni comunitarie costruite intorno alla certezza dei possessi fondiari, alle scarse risorse collettive e alla ripartizione delle imposizioni fiscali, abbiano avuto un forte sviluppo entro il tardo medioevo. Il loro funzionamento dev’essere valutato entro un quadro di collaborazione conflittuale con i signori locali, sempre presenti tra il medioevo e l’età moderna sotto forma di consortile, le cui tensioni interne incoraggiarono un’attiva e ricorrente mediazione da parte delle magistrature del Monferrato.
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Statuti | Assenti, nonostante l’ipotesi verosimile di influenze degli statuti del vicinissimo comune di Rosignano (Nicodemi 1965). Cella disponeva di propri statuti, che appaiono confermati dai marchesi di Monferrato nel 1532 e nuovamente dal duca Guglielmo Gonzaga nel 1567, contestualmente all’atto di sottomissione e al giuramento di fedeltà loro prestato dalla comunità (AC Cella Monte, Sez. I, Pergamene, 4 e 6). La comunità non aveva tuttavia la facoltà di emettere bandi campestri, prerogativa che spettava al consortile dei signori, come risulta da quelli promulgati nel 1570 (AC Cella Monte, Sez. I, Unità 97, Bandi Campestri e regolamenti vari).
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Catasti | Presso l’archivio storico comunale sono conservati i seguenti registri: Libro dei consegnamenti, 1494-1495; Registri di consegnamenti e trasporti 1511-1547, 1547-1710, 1608-1733; Catasto 1730; Vacchetta o Libro dei trasporti 1777. Nello stesso archivio si segnala una ricca documentazione risalente all’età della Restaurazione: Mappa e Catasto 1817-1818, Libro figurato 1825, Sommarione (elenco dei proprietari con annotazione dei numeri di mappa degli appezzamenti posseduti) 1818. È inoltre presente un Registro dei consegnamenti delle primogeniture e dei fedecommessi 1778, con allegata documentazione notarile del 1739 (AC Cella Monte, Catasto: Registri dei consegnamenti e dei trasporti (1494-1777); Catastazione 1817; Miscellanea [1724-1906]).
Secondo le informazioni fornite all’intendenza di Casale dai consiglieri della comunità nel 1781, era in uso un catasto (corredato dalla misura generale del territorio, ma privo di mappa), redatto nel 1738, oltre a un libro dei trasporti, iniziato in data imprecisata. Misura e catasto erano giudicati dagli stessi amministratori locali gravemente difettosi: «a misura si dà di niun effetto e profitto; il catasto è difforme». L’estimo a suo tempo adottato era basato su una suddivisione del territorio in «circoli»: «ogni fondo del territorio ha il suo preciso estimo di tanti denari per cadun staio, e tale estimo è antico, non si sa dove desunto, e si è a circolo per circolo, avendo un circolo estimo diverso dall’altro». Le case del recinto non erano iscritte a catasto, a differenza di quelle situate all’esterno di esso e di quelle sparse per la campagna. Le matrici di questo sistema di valutazione dell’imponibile, che non prendeva in considerazione la diversa capacità produttiva dei terreni, ma soltanto la loro distanza dal concentrico, si ritrovano nella suddivisione del territorio in «contrate» o «guancie», adottata dai più antichi catasti della comunità, risalenti come si è visto alla fine del XV secolo e alla prima metà del XVI secolo (AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 26, m. 13, Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale, in risposta alla circolare del Signor Intendente Generale, in data delli 10 dicembre 1781). |
Ordinati | Il primo convocato conservato risale al 1494; continuativi dal 1509 per tutta l’età moderna, con lacune (parziali) fra la seconda metà del secolo XVI e il 1616, negli anni Cinquanta del XVII secolo e fra il 1674 e il 1701 (AC Cella Monte, Sez. I, Unità 11, nn. 1 e sgg., Amministrazione Convocati dal 1509 al 1543, e successivi).
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Dipendenze nel Medioevo | E' possibile che, nel quadro della distrettuazione carolingia, Cella e buona parte delle località comprese nell’odierno Basso Monferrato facessero parte della «iudiciaria torrensis», un distretto minore di cui si hanno indizi in carte risalenti alla seconda metà del secolo IX e ai primi anni del secolo successivo e che avrebbe potuto estendersi, a nord del comitato di Asti, tra le propaggini orientali della collina torinese e la confluenza del Po e del Tanaro. Quest’area risulta comunque avere perso un’autonoma caratterizzazione pubblicistica già intorno alla metà del secolo X, quando fu probabilmente smembrata a favore dei comitati cittadini limitrofi di Torino, Asti e Vercelli, per divenire infine, nel secolo successivo, oggetto delle contrastanti ambizioni territoriali degli Aleramici e dei vescovi di Asti e di Vercelli (Settia 1983, pp. 11-53). Consortile dei signori di Celle; nel marchesato del Monferrato.
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Feudo | Signori di Celle dal secolo XII (Cane, Marescalco, Pocaparte, de Monteoriolo, Manasco, Scuca, Clerico, Guglielmengi, Guardengi, Rossi); Ardizzone; Picco; Perrone; Radicati; Francia; Turco; Cernola; Avellano; Millo; Morra; Bocca; Carisio.
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Mutamenti di distrettuazione | Appartenne al marchesato, poi ducato, del Monferrato, quando, sebbene con nozione priva di un preciso contenuto amministrativo era classificata fra le terre dello stato «al di qua del Tanaro» o «Monferrato fra Po e Tanaro» e direttamente ricadenti nell’area di gravitazione della città di Casale. Dopo l’annessione del ducato del Monferrato agli stati sabaudi nel 1708 entrò a far parte della provincia di Casale. Tale assetto fu confermato dalla definitiva sistemazione delle province piemontesi attuata nel 1749 e si mantenne perciò fino alla caduta dell’antico regime in Piemonte (1798) (Sturani 1995). Entro la maglia amministrativa francese, Cella seguì le sorti dell’intero territorio della vecchia provincia di appartenenza, aggregato, senza sostanziali alterazioni, a una circoscrizione di estensione variabile avente per capoluogo Alessandria. Si trattò dapprima del dipartimento del Tanaro, creato durante il primo effimero periodo di occupazione (1799), e, dopo il ritorno dei Francesi e in seguito alla riorganizzazione amministrativa del 1801, del dipartimento di Marengo, circondario (arrondissement) di Casale. Non toccato dal successivo rimaneggiamento del 1805, l’inquadramento amministrativo del Casalese e quindi di Cella non mutò fino alla Restaurazione (Sturani 2001; ANP, F2 I 863 [Montenotte]). Dopo la parentesi napoleonica, Cella rientrò a far parte della ricostituita provincia di Casale, inclusa nel 1818 nella divisione di Alessandria e dopo ulteriori instabili riorganizzazioni a livello sovraprovinciale durante la prima metà del secolo, ridotta a circondario della provincia di Alessandria nel 1859 (Sturani 1995).
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Mutamenti Territoriali | Una “regolarizzazione” dei confini, con minimi aggiustamenti territoriali, viene condotta con Rosignano, Ottiglio, Frassinello, Sala e Ozzano negli anni 1889-1916 (AC Cella Monte, Unità 193, n. 4). Pratica di separazione della frazione Moleto dal comune di Ottiglio e sua aggregazione al comune di Cella Monte nel 1872 (AC Cella Monte, Sez. I, Territorio, 2), senza esito.
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Comunanze | Non ebbero probabilmente mai un peso significativo nell’economia locale. Alla fine dell’antico regime consistevano in poche staia (misura di Monferrato) di terra «zerbida», ossia incolta, non immune e di nessun reddito, che risultano dati in affitto fino al 1941 (AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 26, m. 13, Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale, in risposta alla circolare del Signor Intendente Generale, in data delli 10 dicembre 1781; m. 18, Memorie del Basso Monferrato [s.d. ma 1784-1789]; I archiviazione, Provincia di Casale, m. 2, fasc. 4, Monferrato. Ricavo de’ redditi di quelle comunità, misura de’ territorj e de’ beni antichi e moderni e notizie diverse [s.d. ma 1760-1769]; AC Cella Monte, Unità 124). La liquidazione delle terre comuni avviene in gran parte alla fine degli anni Venti e quindi negli anni Ottanta e Novanta del secolo XIX (AC Cella Monte, Unità 70). Nel 1990 il territorio risulta privo di zone gravate da usi civici (CLUC).
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Liti Territoriali | Non si segnalano contenziosi territoriali di rilievo con le località limitrofe per gran parte dell’età moderna. Due liti con Rosignano nel secolo XVIII riguardano l’iscrizione a catasto nell’una o nell’altra comunità di altrettante pezze di terra (rispettivamente «coltiva» e «prativa», di 23 e 32 staia di superficie) appartenenti ai nobili (Morra e Francia). Nel XVIII secolo, una vertenza concernente l’accatastamento di alcuni appezzamenti di proprietari del luogo, tra i quali uno dei consignori del luogo, oppose per un certo tempo la comunità di Cella a quella di Rosignano (AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 26, m. 17, Tributi. Descrizione delle liti attive e passive delle comunità della Provincia di Casale [s.d. ma dopo il 1782]). Pratiche di regolarizzazione dei confini con lo stesso comune di Rosignano, con quelli di Frassinello, Ottiglio, Ozzano e Sala interessarono tuttavia il territorio di Cella Monte tra il 1889 e il 1916 (AC Cella Monte, Sez. I, Territorio, 4).
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AC Cella Monte (Archivo Storico del Comune di Cella Monte).
ANP (Archives Nationales, Paris), F2, Administration Départementale, I, 863 [Montenotte], Département de Marengo, Tableau de la Population par commune d’après le récensement fait par ordre du Préfet dans les derniers mois de l’an XII (1804). ABPT (Archivio della Biblioteca della Provincia di Torino), Documenti storici Monferrato, I, 1, 9, Raggionamento sopra l’antiche strade militari del Monferrato fatto dal C. F. M. di Casale già A. P. di questo D. [secolo XVIII], ms. ARMO (Acta Reginae Montis Oropae), Biella, Unione Tipografica Biellese, 1945 (i documenti XVIII, XXXIV e CIX sono editi a cura di Giuseppe Ferraris). ASA (Archivio di Stato di Alessandria), Senato del Monferrato, Atti di lite. AST (Archivio di Stato di Torino): Camera dei conti, I archiviazione, Provincia di Casale, m. 1, fasc. 18, Relazione dello stato e coltura de’ beni de’ territorj delle città e comunità della Provincia di Casale (1742-1743); n. 24, Casale. Stato delle liti attive e passive delle comunità (1757); Camera dei conti, I archiviazione, Provincia di Casale, m. 2, fasc. 4, Monferrato. Ricavo de’ redditi di quelle comunità, misura de’ territorj e de’ beni antichi e moderni e notizie diverse (s.d. ma 1760/1769); Camera dei conti , II archiviazione, Capo 10, Consegna della bocche umane e della bestie (regio editto 10 maggio 1734), mazzo 6, Provincia di Casale; Camera dei conti, II archiviazione, Capo 26, m. 13, Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale, in risposta alla circolare del Signor Intendente Generale, in data delli 10 dicembre 1781; Camera dei conti, II archiviazione, Capo 26, m. 17, Tributi. Descrizione delle liti attive e passive delle comunità della Provincia di Casale (s.d. ma dopo il 1782); Camera dei conti, II archiviazione, Capo 26, m. 18, Memorie del Basso Monferrato (s.d. ma 1784-1789); Camera dei conti, II archiviazione, Capo 26, m. 18, Comunità della Provincia di Casale che affermano essere necessaria la misura de’ territorj loro (s.d. ma 1786); Camera dei conti, II archiviazione, Capo 26, m. 32, Monferrato, Province di Casale ed Acqui: memorie e stati concernenti la collettazione de’ beni ecclesiastici e luoghi pii (1728-1729); Camera dei conti, II archiviazione, Capo 26, m. 37, Relazione generale dell’operato dal Commendatore Petitti in dipendenza del Regio Editto delli 24 giugno 1728 concernente li beni posseduti dalli ecclesiastici e luoghi pii nel Ducato di Monferrato (1729); Camera dei conti, II archiviazione, Capo 79, Statistica generale, m. 6, Relazione della Provincia di Casale (1753); Corte, Paesi, Ducato del Monferrato, m. 50, fasc. 15, Stato delle città, communità e cassinali del Ducato di Monferrato, coi nomi de’ vassalli ch’anno prestato il giuramento di fedeltà a S. A. R., formato dal Consigliere Mellarede (s.d. ma attorno al 1710); n. 28, Memorie diverse riguardanti le debiture del Monferrato e le alienazioni cadenti sovra l’ordinario (1770); Corte, Paesi, Paesi per A e per B, C, Cella; Corte, Monferrato, Materie economiche, Mazzo 18, n. 19: M. A. Tartaglione, Calcolo delle città, terre, anime e moggia de’ terreni del ducato di Monferrato [inizi del secolo XVII], ms. B.N.F. (Bibliothèque nationale de France). Vedi catalogo. B.N.F., département Cartes et plans, GE DD-2987 (5054 B), La principauté de Piémont, les marquisats de Saluce et de Suze, les comtés de Nice et d'Ast, le Montferrat / dediée au roy par son très humble, très obéissant, très fidèle sujet et serviteur H. Jaillot, géographe de sa Majesté, [chez l'auteur] (A Paris), 1695 [Jaillot, Alexis-Hubert (1632?-1712). Cartographe]. Vedi mappa. B.N.F., département Cartes et plans, CPL GE DD-2987 (5043), Le Piémont et le Montferrat avecque les passages de France en Italie ... / Par P. Du Val, Chez l'Autheur (A Paris), 1600-1699 [Duval, Pierre (1619-1683). Cartographe]. Vedi mappa. CUC (Commissariato per la liquidazione degli usi civici, Torno). Saletta 1711 (AST, Corte, Monferrato Ducato, ultima addizione: Giacomo Giacinto Saletta, Ducato del Monferrato descritto, 1711, 7 tomi ms.). | |
Bibliografia | Casalis, Goffredo, Dizionario geografico storico-statistico-commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna, Vol. IV, Torino, G. Maspero, 1837.
Ferraris, Giuseppe, Le chiese “stazionali” delle rogazioni minori a Vercelli dal sec. X al sec. XIV, 1975, in “Bollettino Storico Vercellese”, a. III (1974), n. 1, pp. 5-58; a. III (1974), n. 2 – a. IV, n. 1 (1975), pp. 9-92.
Giorcelli, Giuseppe, Le città, le terre ed i castelli del Monferrato descritti nel 1604 da Evandro Baronino, Alessandria 1905.
Ministero per l’agricoltura, industria e commercio, Variazioni nel nome del territorio o nella dipendenza amministrativa dei comuni, dei circondari (o distretti) e delle provincie, Roma, Tipografia Fratelli Centenari, 1889.
Olivieri, Dante, Dizionario di toponomastica piemontese, Brescia, Paideia, 1965
Saletta, G.G., Decretorum Montisferrati (…) collectio, Casale, 1675.
Savio, F., Gli antichi vescovi d’Italia dalle origini al 1300 descritti per regioni, Torino, 1899.
Sturani, Maria Luisa, Il Piemonte, in Lucio Gambi, Francesco Merloni (a cura di), Amministrazione e territorio in Italia, Bologna, Il Mulino, 1995, pp. 107-153.
Valerani, Flavio, Saggio di toponomastica del Circondario casalese, in “Rivista di Storia Arte e Archeologia”, 1907 (a. XVI), f. XXVI, pp. 237-49.
Vitullo, Fulvio, I signori feudali di Frassinello e Olivola, in “Rivista di Storia Arte e Archeologia”, 1939 (a. XLVIIII), q. II/III, pp. 400-27.
Wickham, Chris, Comunità e clientele, Roma, Viella, 1995.
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Descrizione Comune | Cella Monte
Il territorio di Cella Monte è fortemente nucleato entro un concentrico, una impronta insediativa risalente alla iniziativa del consortile medievale dei signori di Celle. Tuttavia, in epoche successive, furono presenti sul territorio dell’attuale comune di Cella Monte processi che potremmo definire “centrifughi”, in controtendenza rispetto a quella concentrazione insediativa entro un unico nucleo. In parte, questi processi trovano i loro fondamenti nei nuclei minori, quale Coppi, relativamente defilato rispetto al potere signorile e nel quale proprio il tramonto della feudalità fece affiorare, durante l’età contemporanea, le ambizioni latenti di famiglie locali escluse dal novero dei precedenti signori. A ridosso delle grandi migrazioni permanenti dei secoli XIX-XX, non mancano indizi di una incipiente evoluzione in senso policentrico del territorio comunale, soprattutto quando venne prospettato un possibile tracciato lungo la Valle Ghenza della erigenda ferrovia Asti-Casale, per la quale l’amministrazione comunale offrì un premio di £ 10000 alla Società Strade Ferrate (AC Cella Monte, Unità 44).
A quell’epoca si assiste alla richiesta della frazione Moleto di Ottiglio di aggregarsi a Cella Monte (1873), mentre Coppi ottiene l’apertura di una scuola (1881), di una rivendita di stato (1904), nonché il restauro della chiesa da allora dedicata a San Giuseppe (AC Cella Monte, Unità 55, 65, 71, 78). Di fatto, la tendenza a uno sviluppo territoriale articolato in una maglia più ampia non ha visto a tutt’oggi un impulso più deciso, né si è realizzata l’aspirazione degli abitanti ad affacciarsi su flussi di transito commerciale. Ciò che però qui occorre sottolineare è lo stretto collegamento storico, a partire dagli inizi dell’età moderna, tra le caratteristiche del consortile di signori e la presenza di spinte centrifughe affioranti su un lungo arco di tempo. Se infatti la nucleazione medievale di Cella avvenne per iniziativa e sotto il controllo di un consortile di signori locali, proprio il parossistico infoltirsi del consortile nel corso dell’età moderna favorì probabilmente il proliferare di dimore fortificate sul suo territorio, possedute a diverso titolo dalle numerose famiglie dei consignori e oggi in gran parte scomparse, così come il patrocinio di numerosi luoghi di culto. Talvolta, come è stato segnalato, esso ha ingenerato risvolti mitici, quali l’immagine di luogo popolato di ben cinque castelli feudali, o la presunta esistenza di un «cantone» denominato «Castelveri» (Sergi 1986, pp. 522-23). La storiografia ha prestato parecchia attenzione all’antichità delle origini del consortile di nobili che, in un diploma imperiale del 23 maggio 1116, risulta già esercitare piena autorità e giurisdizione sugli abitanti del luogo di Cella, insieme a quelli di Frassinello, Cuccaro, e Fubine: in questi luoghi, che all’epoca appaiono già muniti di strutture fortificate di difesa («castra»), gli uomini liberi, o arimanni, devono presentarsi ai placiti dei signori e accettarne i giudizi. A partire dai primi de cenni del secolo XIII, tuttavia, si avvia un processo, precoce e continuativo, di segmentazione familiare e territoriale. Si assiste infatti, tra i signori, a una crescente individuazione di singoli cognomi e di altre specificazioni familiari, che tendono a separare sempre più l’antica organizzazione di dominio in rami familiari ben distinti, ma anche, corrispettivamente, a ripartire il territorio in segmenti territoriali più precisi e circoscritti. Così, già dal 1311, la fine, di fatto, di un’unica «terra dei nobili di Celle» fa sfumare l’idea stessa di un consortile unico: la realtà, sempre più incalzante, vede protagonisti consortili minori, composti di uno o due casati, con una crescente immissione di famiglie estranee al gruppi di discendenti dei consignori a causa delle successioni in linea femminile e/o a nuove investiture. In particolare, il processo di crescente frattura all’interno dell’antico consortile è da ricondursi alla contrapposizione, nel secolo XIII, tra due schieramenti: quello alleato ai comuni di Vercelli e Alessandria, e quello, contrapposto, filoaleramico, che sostiene cioè le ragioni dei marchesi di Monferrato; mentre il primo, tra i cui esponenti figura la famiglia Cane, sembra mostrare un orientamento territoriale in direzione di Casale fino a Paciliano (presso San Germano nell’odierno territorio di Casale), il secondo schieramento annovera tra i propri esponenti i signori de Cellis. Il conflitto si risolverà con sconfitta del fronte filovercellese-alessandrino e con la sottomissione dei vincitori ai marchesi del Monferrato, e di qui in poi la politica dei marchesi accentuerà le suddivisioni del beneficio e delle proprietà, le immunità e i privilegi concessi a singole famiglie e la conseguente dislocazione dei rami familiari in zone circoscritte di quasi esclusiva giurisdizione. Parallelamente, a partire da quegli stessi anni, si assiste allo sviluppo e alla crescente indipendenza del comune di Rosignano (centro fortificato e già sede dell’antica pieve) con il suo distretto, i cui confini contribuiscono a definire, per contrapposto, anche i confini di Celle (oggi Cella Monte) e di Frassinello (Nicodemi 1965, pp. 28, 42 131-32, 160; Sangiorgio 1975, p. 58; Sergi 1986, pp. 433, 463-65; Vitullo 1939, pp. 401 sgg). L’età moderna è caratterizzata da un forte rinnovamento delle investiture e delle concessioni di altre prerogative signorili, che portano alla ipertrofia del consortile, con una forte presenza della Camera del Monferrato nel ruolo di arbitra delle tensioni interne al consortile stesso, oltre che di parte in causa nei conflitti con la comunità e con le istituzioni locali. La compresenza di signori di assai difforme “peso”, residenti sia a Casale sia a Cella e in altre località, ci è segnalata da questa descrizione della frammentazione dei diritti giurisdizionali verso la metà del secolo XVIII (AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 79, Statistica generale, m. 6, Relazione della Provincia di Casale [1753]): La giurisdizione spetta, come sotto: alla Camera, per anni 4, mesi 29, giorni 15, ore 6; Conte Ignazio [Radicati di] Coconato, abitante in Casale, mesi 7, giorni 27, ore 6; fu Signor Conte Bartolomeo Picco, che abitava in Casale, mesi 3, giorni 15, ore 12; Gio. Battista Turco, abitante in Montemagno, mesi 2, giorni 8; Giuseppe Ludovico Cernola, abitante in Fontanetto, mesi 1, giorni 8; Steffano ed Antonio, fratelli Perroni, abitanti in Casale, giorni 29; Bartolomeo Antonio Maria e Lorenzo, fratelli Carisi, abitanti nel Luogo di Cella, giorni 26, ore 12; Pietro e Giuseppe Maria, cugini Francia e Giuseppe fu Pietro Francia, abitanti in Cella, giorni 13, ore 12; Teodoro Marescalchi, abitante in Cella, giorni 12; Conte Facello Avellano, abitante in Casale, giorni 8; Signor Marchese Francesco Carlo Millo, abitante in Casale, giorni 5; fratelli Bocca, abitanti [spazio bianco], giorni 4; e tutto il Consortile, per indiviso, giorni 15. La vita della comunità nella prima età moderna è segnata dalla tensione quasi permanente con il pletorico consortile dei suoi feudatari attorno alla definizione delle prerogative giurisdizionali e alle esenzioni fiscali pretese dai signori. Questi ultimi manifestarono in effetti in diverse occasioni il loro rifiuto di assolvere una parte degli obblighi fiscali gravanti su Cella, in particolare di quelli più gravosi come le «ospitazioni militari», imposte nel 1535, o come il «mensuale», tributo anch’esso di destinazione militare, sostitutivo degli alloggiamenti, cui si dovette far fronte qualche anno più tardi. Nel 1543, su istanza degli agenti della comunità, il senato di Monferrato intervenne infine con due sentenze che obbligavano «i nobili di Cella» al pagamento non soltanto del mensuale, ma anche di tutti gli altri tributi gravanti sulla comunità (AC Cella Monte, Unità 5). D’altro canto, l’esercizio delle prerogative bannali dei feudatari, fece sorgere frequenti eccezioni da parte comunitaria. Fu, ad esempio, al termine di un lungo contenzioso, che nel 1579 un decreto del duca Guglielmo Gonzaga liberalizzò, a titolo oneroso, a favore della comunità e dei suoi abitanti la possibilità di aprire forni e di affittarli. Le forte somma di denaro che il principe pretese in cambio della concessione di questo privilegio (1000 scudi d’oro, effettivamente versati alla camera ducale entro il 1584) finì peraltro con l’evidenziare linee di tensione interne alla comunità stessa, visto che nel 1582 fu necessaria una sentenza senatoria per costringere alcuni renitenti al pagamento della taglia finalizzata per l’appunto al conseguimento della somma necessaria all’acquisto della «libertà del forno» (AC Cella Monte, Unità 7). Il confronto tra le due entità che, pur con diversità di attribuzioni e di forze, si disputavano la giurisdizione sulle risorse del territorio non si attenuò nel secolo seguente: nel 1652 il consiglio comunitativo appare infatti intento a promuovere e organizzare la resistenza alle «grida» promulgate dal consortile, impegnandosi a garantire assistenza finanziaria a coloro che fossero stati danneggiati dall’inosservanza degli ordini signorili. A cavallo tra i secoli XVII e il XVIII, un proclama emanato nel 1699 dal consortile, che rivendicava a sé il diritto esclusivo di concedere licenze di caccia, di porto d’armi, esercizio del macello e balli pubblici, metteva nuovamente in moto il meccanismo della lite giudiziaria di fronte al senato (AC Cella Monte, Unità 12, 97, 127). Una serie di diritti e di conseguenti cespiti come il forno, la «brenta», la privativa dell’osteria, della «beccaria», della panetteria e del «ritaglio» (AST, Camera dei conti, I archiviazione, Provincia di Casale, m. 2, fasc. 4, Monferrato. Ricavo de’ redditi di quelle comunità, misura de’ territorj e de’ beni antichi e moderni e notizie diverse [s.d. ma 1760-1769]). Il funzionamento della comunità, la configurazione dei suoi diritti e delle sue funzioni in rapporto ai suoi abitanti e al territorio durante l’età moderna si definisce essenzialmente nel quadro di questo permanente contenzioso, nelle sentenze emesse delle magistrature statali, gonzaghesche prima e sabaude poi, nei «consilia» dei giureconsulti conservati nell’Archivio Storico comunale. La Consegna del 1734 censisce 88 capifamiglia e un totale di 480 abitanti, contro i 68 «fuochi» e le 400 «anime» registrate dalla Statistica Generale del 1753. La Consegna, inoltre, censisce 255 capi di bestiame bovino, contro i 169 indicati nella Statistica Generale (AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 10, Consegna della bocche umane e della bestie [regio editto 10 maggio 1734], mazzo 6, Provincia di Casale, n. 2; AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 79, Statistica generale, m. 6, Relazione della Provincia di Casale [1753]). Tra i «consegnanti» del 1734, si possono individuare 4 consignori del luogo: si tratta dei signori effettivamente presenti alla data della consegna, appartenenti alle famiglie Carisio, Marescalco e Francia (due, uno dei quali medico). Vi sono il locale prevosto, due «agenti» e un redditiere (anch’egli della famiglia Francia) che ha il titolo di «alfiere»; 7 capifamiglia artigiani e 73 agricoltori, fra i quali 15 giornalieri, un servo, 19 «massari» e 37 «campagneri». La categoria dei massari si distingue nettamente dal resto dei coltivatori, per le caratteristiche demografiche e la quantità del bestiame a disposizione: in media 8,6 componenti per famiglia e 8,2 bovini posseduti rispetto ai 5,2 componenti e ai 1,9 bovini posseduti in media dalle famiglie di «campagneri». I nuclei di giornalieri sono ancora più ristretti (3,9 componenti) e possiedono in media soltanto un capo di bestiame bovino ciascuno. Per quanto riguarda la provenienza geografica dei capifamiglia, essa risulta fra i massari molto più frequentemente forestiera che nel resto della popolazione, precisamente nel 36,8 per cento dei casi contro il 15,9 per cento. Le provenienze da altre località delle mogli dei capifamiglia sono invece distribuite in maniera abbastanza simile nella popolazione, eccettuati i quattro consignori censiti, le cui spose sono tutte forestiere. I forestieri, sia i capifamiglia sia le mogli, provengono senza eccezioni da vicine località del Basso Monferrato. I capifamiglia originari di Cella che si sono ammogliati con donne di provenienza diversa costituiscono il 43,4 per cento del totale. Le loro donne provengono da 15 comunità, tra le quali spicca per numero di occorrenze Rosignano, con 10 casi. Quattro poi sono le mogli originarie di Ottiglio, tre quelle di Frassinello. A parte ancora Calliano, Olivola e Sala, per ognuna delle quali si contano due casi, le altre località registrano una sola provenienza. Contadini, massari e giornalieri di Cella condividono largamente gli stessi cognomi. Il cognome «Francia» in particolare, è comune a consignori, «agenti», massari e «campagneri» (ma non ai giornalieri). La Statistica generale del 1753 riporta un dato sull’estensione complessiva del territorio (1469 moggia) inferiore di 269 moggia rispetto alla quantità che si trova nelle risposte fornite il 22 dicembre 1781 dal consiglio di comunità ai quesiti posti dalla circolare emanata dall’intendenza provinciale di Casale il 16 dicembre dello stesso anno («circa 1600» moggia). La distribuzione percentuale delle colture non sembra però troppo dissimile. Si registra solo un lieve ridimensionamento dell’area destinata alla vigna e una maggiore incidenza di prati, boschi e incolti. Altre tabelle della Statistica generale registrano la presenza di eccedenze di frumento (pari al 50,8 per cento della produzione) e di vino (il 58,7 per cento del prodotto), accanto alla consueta carenza di «meliga bianca» (l’80 per cento del fabbisogno locale) e di «marzaschi» (al 90 per cento ). Il relativo equilibrio dell’agricoltura locale sembra trasparire dallo scarno commento della stessa Statistica generale, là dove presenta gli abitanti di Cella come dediti «unicamente all’agricoltura» e non segnala la presenza di manodopera locale che cerchi uno sbocco in altri territori (AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 79, Statistica generale, m. 6, Relazione della Provincia di Casale, tabb. 5-9). |